Passaggio generazionale azienda e neutralità fiscale

Al fine di favorire la continuità aziendale il legislatore ha previsto delle agevolazioni per il passaggio generazionale. Vi sono però delle limitazioni all’applicazione di tale principio e a sottolinearle è la Corte di Cassazione con l’ordinanza 33789 del 2021.

Neutralità fiscale nel passaggio generazionale

La normativa sul passaggio generazionale delle aziende mira a trasferire a soggetti terzi ( in passato solo eredi, oggi qualunque terzo) l’azienda senza applicazione di imposte e quindi in regime di neutralità fiscale. L’obiettivo è favorire la continuità aziendale e quindi assicurare un passaggio non traumatico da una gestione all’altra. Generalmente si vuole favorire la sopravvivenza di aziende solide che potrebbero essere danneggiate da un passaggio generazionale tassato con regole ordinarie. L’articolo 58 del TUIR, Testo Unico Imposte sul Reddito, prevede che “Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa; l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.”

Vi sono però dubbi interpretativi su tale norma in particolare nel caso in cui la donazione avviene non in favore di una persona fisica ma di una società.

Il caso concreto: passaggio generazionale in favore di SRL

Nel caso concreto un imprenditore cede con atto di donazione un ramo d’azienda del valore di oltre 177.000 euro a una SRL che aveva come socio al 50% la figlia del donante.

L’imprenditore intende tale donazione fatta in applicazione del principio di neutralità fiscale dell’articolo 58 del TUIR, ma l’Agenzia delle Entrate impugna l’atto ritenendo invece che i proventi conseguiti dalla SRL a titolo di liberalità debbano essere considerati sopravvenienze attive e conseguentemente tassati.

Naturalmente il contribuente decide di impugnare l’atto dell’Agenzia delle Entrate e la Commissione Tributaria Provinciale accoglie la posizione dell’Agenzia delle Entrate. La parte propone ricorso in secondo grado e la Commissione Tributaria Regionale accoglie invece la tesi del contribuente. Secondo questa la donazione doveva essere considerata come un passaggio generazionale anche se avvenuto tra un’impresa individuale e una Società. A questo punto è l’Agenzia delle Entrate a proporre un ulteriore appello in Cassazione e la Corte offre un’interpretazione in linea con quella della Commissione Tributaria Provinciale.

Secondo l’Agenzia delle Entrate la neutralità fiscale prevista dal comma 1 dell’articolo 58 del TUIR si applica esclusivamente quando il donatario è una persona fisica, mentre nel caso in cui il donatario sia una società o un imprenditore, trova applicazione l’articolo 58, ma comma 3 che tratta le plusvalenze e riconosce in capo al donatario, una sopravvenienza attiva, ex art. 88, comma 3, lett. b) .

Ordinanza 33789 del 12 novembre 2021 della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, in linea con l’Agenzia delle Entrate, afferma che in realtà la neutralità fiscale dell’articolo 58 comma 1 del TUIR si realizza esclusivamente in capo al donante, ma non in capo al donatario, infatti, la tassazione viene semplicemente rimandata in un secondo momento in quanto in caso di successiva cessione o vendita del ramo di azienda, le plusvalenze realizzate vengono tassate. Precisa però la Corte di Cassazione nell’ordinanza citata che nel caso in cui il donatario non sia una persona fisica ma una società trova applicazione l’articolo 88 comma 3 del TUIR, questo stabilisce che sono considerate sopravvenienze attive le liberalità. Lo stesso comma sottolinea che “Tali proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto”.

Tale trattamento differenziato a seconda che il destinatario della donazione sia una persona fisica o una società commerciale è dovuto al fatto che nel secondo caso non è possibile distinguere tra la sfera personale e quella imprenditoriale del soggetto che si vorrebbe beneficiare, in questo caso si tratta della figlia dell’imprenditore socia al 50% della SRL che dovrebbe beneficiare della liberalità.

La Corte di Cassazione ritiene che quindi nel caso in oggetto la SRL abbia solo la possibilità di scegliere tra la tassazione immediata nell’esercizio in cui i proventi sono incassati oppure in quote costanti per i successivi 4 anni.

Passaggio generazionale: la neutralità fiscale si applica sono tra impresa individuale e persona fisica

Riassumendo, nel caso in cui un imprenditore voglia ottenere i benefici fiscali inerenti il passaggio generazionale dell’azienda, la donazione della stessa o di un ramo della stessa non deve essere fatta in favore di un ente commerciale collettivo o una società, ma in favore di una persona fisica.

A questo punto occorre ricordare che le aziende agricole sono sottoposte a una normativa speciale, per saperne di più leggi l’articolo: Patto di famiglia per la continuità dell’azienda agricola

Imprese familiari e passaggio generazionale

In Italia e nel mondo, le imprese familiari producono circa il 70% del prodotto interno lordo globale, stando ai dati della ricerca “Up close and professional: the family factor”, condotta da PWC nel 2014. Per molte di esse il cosiddetto passaggio generazionale rappresenta spesso non tanto una sfida, quanto un problema. Sempre secondo la ricerca, nei prossimi 5 anni il 40% delle imprese familiari cercherà di rendere più organizzata e professionale la propria attività di impresa, anche in previsione del passaggio generazionale.

Numeri, questi della ricerca, che divergono su alcuni aspetti importanti, specialmente su quello del fatturato. Nel mondo, infatti, il 65% delle imprese familiari lo ha visto crescere, mentre in Italia l’incremento ha interessato solo il 52% di esse a fine 2014, addirittura in calo rispetto al 2012, quando era al 60%.

Del resto, la ricerca sottolinea come, a livello globale, il 53% dei soggetti intervistati ha pianificato la successione dei ruoli senior nelle proprie imprese familiari, percentuale che, in Italia, crolla al 35%.

Eppure certi aspetti, specialmente da noi, dovrebbero essere presi in considerazione dai titolari di imprese familiari, perché un’operazione di passaggio generazionale e di successione ha anche degli impatti fiscali importanti sull’azienda.

Al momento, infatti, l’Italia è uno dei Paesi europei che gode dell’aliquota più bassa per l’imposta di successione e donazione: dal 4% all’8%. Un vantaggio notevole, visto che in Paesi come la Francia vige una aliquota massima del 40% e in Germania del 50%. Da noi, invece, l’imposta di successione in linea retta prevede una franchigia di 1 milione di euro, che scende a 100mila euro per i fratelli e le sorelle. Un’occasione da sfruttare per le imprese familiari che hanno in previsione la gestione del passaggio generazionale.

Purché, però, siano sufficientemente managerializzate. Ancora la ricerca PWC sottolinea infatti come sia proprio il passaggio generazionale il tallone di Achille delle imprese familiari che non hanno intrapreso un corretto percorso di managerializzazione. Nel mondo, solo il 16% delle imprese familiari sostiene di avere già avviato processo di successione, in Italia solo il 9% di loro.

A Milano si premia il passaggio generazionale

Avverrà domani, 30 novembre, il premio Di padre in figlio. Il gusto di fare impresa, dedicato ai migliori passaggi generazionali d’impresa.

Il riconoscimento, che verrà consegnato a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Italiana in Piazza Affari di Milano, è giunto alla sua quinta edizione, ed è promosso da Eidos Partners in collaborazione tra gli altri con le CdC di Milano e di Monza e Brianza con il supporto di Borsa Italiana, Schroders PB, Deloitte, Bain & Co., Negri-Clementi Studio Legale Associato.

Si tratta di una cerimonia sempre attuale, se si considera che in Italia sono 286mila gli imprenditori ultrasettantenni, di cui il 27,1% (77.573 titolari) è donna.
La maggior parte di essi è attivo nel settore agricolo (63,2%), seguito da commercio (16,8%) e attività manifatturiere (4,9%).

Considerando la Lombardia, essa conta 21.270 imprenditori ultrasettantenni titolari di impresa individuale, di cui il 24% donne (5.109 titolari) e la prima provincia per numero di imprenditori over 70 è Milano con 5.335 imprese (il 25,1% regionale), seguita da Brescia (3.091, 14,5%), Mantova (2.486, 11,7%) e Pavia (2.348, 11%).

A livello nazionale, invece, è Roma la prima nella classifica delle province italiane per numero di ditte individuali con titolare ultra settantenne (12.434 imprese, 4,3% del totale Italia), seguita da Napoli (8.404 imprese, 2,9%) e Bari (8.169, 2,9%).
Tra le regioni guidano la Sicilia con 30.530 imprese (10,7% italiano), l’Emilia – Romagna (26.422, 9,2%) e il Veneto (26.209, 9,2%).

Dario Bossi, consigliere della Camera di Commercio di Milano, ha dichiarato: “Le imprese sono una vera ricchezza del territorio. A partire dalle imprese di famiglia che durano diverse generazioni e che caratterizzano il tessuto economico milanese ma anche lombardo e nazionale. Questo premio è un riconoscimento a questo valore. L’economia milanese che guarda all’innovazione e al futuro ha infatti radici solide nella tradizione”.

Ha poi aggiunto Gian Luca Brambilla, consigliere della CdC di Monza e Brianza: “La continuità generazionale é un tema condiviso e diffuso, perché rappresenta un valore per l’intero sistema economico e sociale, garantendo all’impresa di resistere e adattarsi nel tempo. Infatti il passaggio generazionale significa anche cambiamento in quanto spesso i figli, in particolare le nuove generazioni, riescono a introdurre innovazioni nell’impresa e contribuiscono al consolidamento dell’azienda”.

Vera MORETTI

Beni rifugio o gabbie?

Lo dice la parola: beni su cui rifugiarsi quando succede il peggio. E se invece non sono un rifugio ma solo un miraggio? Disastro!

Un bene rifugio deve proteggere da un evento infausto: la perdita di potere d’acquisto del denaro liquido, per qualunque causa si verifichi, prevedibile (inflazione) o imprevedibile.

Quindi la domanda da porsi è se tutti i beni o gli investimenti hanno questa caratteristica e come possano proteggere il capitale nel tempo.

L’elenco è lungo, farò solo qualche esempio nello schema seguente, ipotizzando di avere investito 100mila euro in uno solo di questi beni:

Bene

Protezione inflazione

Protezione catastrofe

Problemi rivendita

Vendita parziale

Problemi stoccaggio

Casa no no secondo il mercato locale No (molti anziani ora vendono l’usufrutto) no
Auto no no secondo il mercato no si
Arte si si secondo il mercato si si
Oro si si prezzo definito e quotato su mercati regolamentati internazionali si no
Gioielli no si prezzo di mercato, manodopera non rivendibile si no

Alcuni beni non sono divisibili e vendibili separatamente (una casa può essere venduta solo per intero, a meno che non sia possibile frazionarla in più unità abitative, con i relativi costi; un’auto d’epoca la si può vendere solo intera), quasi tutti (tranne l’oro) non hanno un prezzo definito da un mercato regolamentato, ma il prezzo si realizza dall’incontro tra domanda e offerta.

Ci sono beni che hanno bisogno di spazio adeguato dove conservarli (auto o quadri), altri incorporano un elevato valore di manodopera all’acquisto, che non è riconosciuto quando li si vuole rivendere (gioielli, orologi, a meno che non si tratti di oggetti da collezione, rari o antichi); alcuni sono soggetti a valutazioni “modaiole” (dipinti, sculture, arte) con le eccezioni di oggetti d’arte antichi.

Da chi farsi consigliare? Sicuramente non da chi vi deve vendere l’oggetto, che lo decanterà come il miglior bene rifugio esistente.

Un perito sarà in grado di stabilire un valore teorico, magari diverso dal valore di mercato, ma non potrà dirvi se è un bene rifugio e se è in grado di mantenere il suo valore nel tempo. Un consulente patrimoniale indipendente sarà in grado di affiancarvi e di aiutarvi nella scelta più opportuna, non avendo nulla da vendervi: l’importante è che conosca la vostra situazione patrimoniale da ogni punto di vista, poiché un bene rifugio deve essere considerato parte dell’intero patrimonio e acquistato nelle adeguate proporzioni.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Imprese familiari, come fare progetti di vita felici

Nuovo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio.

Voglio il meglio per i miei figli”: è quanto pensa ogni buon padre di famiglia anche quando si accinge a fare una pianificazione dei propri beni. Dal dire al fare però c’è di mezzo il mare di decisioni che occorre prendere in un ambito che spesso si conosce poco, molto frastagliato e sul quale si esprimono numerosi attori, media, amici, promotori, commercialisti etc, creando più confusione che altro.

Come ogni progetto occorre definire bene l’obiettivo. Che cosa si intende per ‘meglio’?

Il denaro non fa la felicità ma figuriamo senza, diceva qualcuno…

La felicità è il vero obiettivo, e non c’è nulla di più difficile da definire della felicità.

Se poi la propria disponibilità finanziaria è in parte impiegata in azienda, le cose si complicano ancor di più.

Gli elementi da considerare sono infatti un mix di dati obiettivi – numeri, tempi…- ed estremamente soggettivi e irrazionali – affetti, psicologia, emotività. Le esperienze pregresse con il denaro hanno il loro peso.

Immaginate una persona a cui è stato detto, sin da piccolo, che nella vita non avrebbe mai dovuto preoccuparsi del denaro, che ne avrebbe avuto a disposizione in quantità infinita, e che invece si trova a dover faticare per arrivare a fine mese. Probabilmente farà fatica ad avere una percezione del valore del denaro adeguata alla nuova situazione. Oppure una persona che è stata sempre costretta ad umiliarsi per ottenere il denaro che gli serviva. Forse avrà psicologicamente bisogno di gestire il denaro con un sentimento di rivalsa.

Ogni nostra decisione è influenzata da quanto abbiamo vissuto in passato, anche quando si tratta di un investimento, una forma di risparmio, etc. E’ quindi molto difficile che le persone abbiano chiaro ciò che vogliono veramente ottenere con il proprio denaro.

C’è una figura professionale nuova, indipendente da interessi propri sulle varie forme di investimento, in grado di guidare alle decisioni più coerenti con il proprio vissuto, il consulente patrimoniale indipendente specializzato in life planning, in grado quindi di aiutare a districare la matassa di sentimenti, affetti, educazione, avvenimenti, informazioni, bisogni materiali che occorre gestire per una pianificazione finanziaria che dia soddisfazione. Ecco le domande principali a cui rispondere.

Quali sono gli obiettivi che stanno più a cuore? Tempi? Quantità? Quali gli obiettivi subordinati? Con quale priorità li consideriamo?

A questo punto si può ipotizzare una ‘rotta’ che consenta il raggiungimento degli obiettivi e che preveda anche rotte alternative, in caso di tempesta. Adattamento e flessibilità sono sempre indispensabili quanto la verifica, il controllo e la disciplina, se si vuole giungere in porto. La verifica deve essere effettuata sia nei confronti di agenti esogeni, cioè di mutamenti non dipendenti dalla volontà propria (un investimento in azioni di una società terza, etc), sia nei confronti di agenti endogeni, cioè di cambiamenti che avvengono per proprie necessità o volontà (nasce un figlio, pensione anticipata, etc).

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Quando le imprese familiari rischiano il naufragio

Nuovo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio.

Che cosa significa fare pianificazione finanziaria? Vuol dire non navigare a vista nell’incerto mare delle vicissitudini finanziarie di un’impresa, ma dotarsi invece di una buona mappa, tracciare una rotta ed utilizzare tutti gli strumenti (moderni e tradizionali) necessari a mantenerla.

Per tracciare una rotta, bisogna definire però una destinazione, le tappe intermedie, i rifornimenti necessari, quante e quali persone ci saranno a bordo e così via. Quindi si tratta di stabilire a priori un percorso e di fare in modo che questo percorso sia seguito il più fedelmente possibile. E’ anche necessario prevedere alternative alla rotta, poiché gli imprevisti possono sempre accadere, ma non devono impedire di giungere in porto. Sono ragionamenti complessi specie nelle PMI a carattere familiare dove interesse privato e aziendale si intrecciano fino a confondersi, con il rischio di guidare la nave diritta sugli scogli.

E’ difficile identificare gli obiettivi e decidere le priorità degli interessi dell’impresa e della famiglia per fare piani dell’una e dell’altra coerenti.

Gli americani usano una definizione molto calzante, “life planning”, cioè pensare alla vita come ad un piano da modellare secondo le proprie esigenze, e non viceversa, lasciarsi condizionare e trasportare dagli eventi. Occorrono tutele appropriate, personali ed aziendali. Immaginiamo il danno e le difficoltà che può causare una malattia o un infortunio dell’imprenditore/capo famiglia; esistono strumenti come le assicurazioni che possono limitare il danno, si tratta di capire quali siano quelle adatte allo scopo e alla persona in questione.

Il life planning è assolutamente personale, adattabile ad ogni mutamento della vita, e, per questo, in continuo divenire; non serve a nulla avere un piano se non viene monitorato costantemente e rettificato all’occorrenza. Poi è indispensabile sapere cosa si vuole ottenere dalle proprie disponibilità finanziarie e quanta parte di queste è impiegata in azienda: la definizione deve essere precisa, calcolando anche gli ostacoli che impediscono di ottenere quanto agognato e se sono superabili (e come) oppure no.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Pmi: i patrimoni personali a garanzia dei rischi aziendali

 

Secondo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio. Dopo aver affrontato, la scorsa settimana, il tema di “Passaggi generazionali in azienda, oggi ci parlerà di patrimoni personali.

 

Per ottenere finanziamenti, troppo spesso l’imprenditore pone a garanzia il patrimonio della famiglia, a volte inconsapevolmente a causa della scarsa trasparenza di alcune operazioni. Il rischio è di raggiungere uno squilibrio finanziario, a danno dei finanziatori dell’azienda, cioè la  famiglia, che può portare al totale dissesto, con una conseguente perdita di valore e un danno per la società. Poiché in Italia  la maggior parte delle PMI sono imprese familiari, in cui impresa e famiglia sono appunto interdipendenti, l’ “insalata” tra beni di famiglia e beni dell’azienda può fare molto male alla economia del Paese. La tutela del valore dell’impresa dovrebbe essere un compito dell’imprenditore, compito che implica dunque grandi responsabilità non solo personali e familiari.

Purtroppo però l’imprenditore tipico italiano della PMI familiare ha una competenza altissima sui suoi prodotti, molto meno sugli aspetti manageriali.

Ecco allora entrare in gioco la figura del consulente. Ma come scegliere un professionista di una materia che non si conosce o si conosce poco?

Vediamo come è suddivisa oggi l’offerta e quali sono i punti critici.

tipologia di consulenti

valore per la persona e l’impresa

lacune

Studi professionali, commercialisti, consulenti aziendali conoscenza contabile, societaria e fiscale dell’impresa non hanno competenze di gestione finanziaria
Confidi analisi finanziaria, tramite con la banca scarsa conoscenza della realtà delle imprese
Promotori Finanziari vendono prodotti finanziari interesse personale nella scelta dei prodotti che rappresentano
Associazioni di categoria servizi a basso costo organizzazione funzionale solo a rapporti standard
Consulenti Indipendenti vendono competenze finanziarie e patrimoniali, non prodotti e operano in customer intimacy non sono esperti di materia fiscale e contabile

 

Da questo schema si evince che l’integrazione tra competenze di studi professionali e consulenti indipendenti favorirebbe la necessaria visione strategica della situazione contabile, fiscale e patrimoniale dell’impresa/famiglia, consentendo di ottenere indubbi benefici, immediati e per il futuro.

Intanto alcune semplici regole da seguire: distinguere il patrimonio familiare da quello aziendale,  limitare i prelievi dai conti aziendali per consumi personali, fare attenzione nell’assumere rischi sul patrimonio familiare, non sovrainvestire in azienda (sopratutto se il modello di business non è più sostenibile).

Solo in questo modo si può tutelare il benessere patrimoniale dell’imprenditore e salvaguardare la famiglia: considerare le esigenze di entrambi i soggetti come separate, anche se in capo alla stessa persona e nel tempo. E’ un processo che non è mai semplice e richiede una intensa attività di life planning, per individuare necessità e desideri della famiglia, “misurarli”, evidenziare le priorità, stabilire se sono o meno raggiungibili con le risorse finanziarie presenti e future.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

I passaggi generazionali in azienda tra opportunità e rischi

 

Secondo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio. Dopo aver affrontato, la scorsa settimana, il tema di “Famiglia e impresa nella pmi“, oggi ci parlerà di passaggi generazionali.

 

Il passaggio generazionale in azienda è un processo di mutamento assai delicato, che intreccia interessi (e affetti) familiari e imprenditoriali. Uno o più membri della famiglia, la nuova generazione, devono sostituire altri membri della famiglia, la vecchia generazione, in posizioni strategiche e operative; un cambio della guardia, insomma, con l’imprenditore uscente che assume un ruolo via via più defilato. In Italia il 40% delle aziende affronterà il passaggio generazionale entro i prossimi 10 anni e le stime dicono che solo 3 aziende su 100 sono ancora vive dopo due generazioni. In pratica, l’industria italiana, tipicamente familiare, è al capolinea per incapacità di gestire il passaggio generazionale, prima e più che per altre dinamiche di macroeconomia.

Per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, le aziende italiane non fanno le adeguate distinzioni tra azienda e famiglia, neppure quando  una generazione deve passare il testimone alla successiva, creando squilibri e scompensi pericolosi per il patrimonio familiare.

Alcuni dati:

  1. il 60% degli imprenditori ha più di 60 anni
  2. il 68% degli imprenditori pensa di lasciare l’impresa in famiglia, affidandola ad un figlio o ad un nipote
  3. l’80% degli imprenditori è molto preoccupato dal passaggio generazionale, tanto da considerarlo ingestibile
  4. il 24% delle aziende sopravvive al primo passaggio generazionale
  5. il 14% delle aziende sopravvive al secondo passaggio generazionale

Non dimentichiamo che un’azienda che non riesce a proseguire l’attività rappresenta un danno economico e sociale rilevante.

Perché il cambiamento generazionale alla testa delle imprese non sia traumatico è dunque importante che sia vissuto consapevolmente dagli interessati. Chi si trova a dover affrontare la questione come generazione uscente, dovrebbe tener presente che ha la responsabilità di far condividere obiettivi, sviluppo e realizzazione del passaggio, costruendo un nuovo ruolo per se stessi. Si tratta di delegare per gradi, fino a divenire un consigliere, ruolo importante, ma non decisivo, e di sostenere le nuove leve.

Per la generazione entrante, crescita professionale e una progressiva assunzione di responsabilità, rappresentano gli obiettivi.

Tutto questo può essere fatto elaborando assieme un piano di cui si condividano obiettivi, intermedi e finali, in modo costruttivo e strategico. In pratica occorre ‘fare squadra’ tra generazioni e lavorare insieme per la realizzazione di un progetto complesso perché implica dei rapporti familiari che non sempre sono lineari e felici.

Stesse logiche per la gestione dei patrimoni: gli asset familiari e aziendali dovrebbero essere distinti e gestiti in modo congruo e condiviso, con beneficio per proprietari, management e personale, nonché per la collettività. Sarebbe opportuno quindi predisporre il passaggio generazionale degli asset, utilizzando gli strumenti più adatti alla situazione, quali trust, fondo, polizza, disposizioni testamentarie….

E’ indispensabile però affidarsi a professionisti, competenti e specializzati nel valutare il patrimonio personale ed aziendale, come i consulenti finanziari indipendenti, che possano seguire ed affiancare tutte le delicate fasi  prima, durante e dopo, del passaggio generazionale.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis 

 

Famiglia e impresa nelle Pmi, un connubio pericoloso?

Inizia da questa settimana la sua collaborazione con Infoiva il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio. Un professionista il cui contributo potrà risultare utile e interessante, anche in virtù anche del fatto di essere una delle poche figure che attualmente, in Italia, svolgono questo tipo di consulenza indipendente.

 

Un fattore accomuna le imprese italiane, indipendentemente dalle dimensioni, dal settore, dalla dislocazione geografica: la famiglia coincide con la proprietà dell’azienda.

Da questo fatto derivano intrecci complicati di interessi e contesti, che sarebbe opportuno invece considerare separatamente. Una cosa è l’azienda, altra cosa è la famiglia ed il patrimonio personale.

La principale lacuna nella gestione finanziaria delle Pmi italiane è una totale mancanza di chiarezza su:

1) quanto renda e a quanto ammonti il capitale investito nell’impresa
2) come siano generati i flussi di cassa
3) come i flussi di cassa si correlino alla produzione del reddito, alla fiscalità, alle scelte di investimento e di prelievo degli utili
4) quanto renda la ricchezza dei soci investita nell’impresa
5) quanto si può realizzare dall’impresa in caso di cessione o di passaggio generazionale o di liquidazione

Il benessere dell’imprenditore e della sua famiglia dovrebbero essere correlati alla tutela del valore dell’impresa. Sono aspetti  interdipendenti e fondamentali nell’economia italiana, dove domina l’impresa familiare: molte scelte critiche di gestione finanziaria aziendale, in particolare la politica dei dividendi e le operazioni di trasferimento dell’azienda, sono guidate dalle esigenze del nucleo familiare.

In caso di indebitamento, le Pmi utilizzano le disponibilità finanziarie familiari a garanzia dei rischi aziendali; tuttavia, ciò avviene quasi sempre in modo non trasparente e non sono chiari i costi, i benefici e i rischi.

Non è semplice gestire l’intreccio tra reddito e patrimonio aziendale e personale, è necessario affrontare la questione radicalmente, controllando valore e rischi degli investimenti sia dell’impresa sia della famiglia.

Per le questioni personali, si dovrà considerare una corretta pianificazione finanziaria, che tenga conto delle forme di previdenza integrativa, delle coperture assicurative, delle scelte di investimento, delle necessità dei figli, della sostenibilità del tenore di vita.

Le imprese di medie dimensioni possono rivolgersi a servizi di family office, offerti da studi legali o a divisioni di private banking, mentre imprese medio-piccole o perfino micro-imprese potrebbero trovare risposte adeguate ed economicamente sostenibili in soggetti professionali nuovi, come i consulenti finanziari indipendenti, che si occupano di valutare e gestire i patrimoni familiari.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Solo il 25% delle imprese arriva al primo passaggio generazionale

“Solamente il 25% delle imprese italiane sopravvive al primo passaggio generazionale, e addirittura soltanto il 5% delle aziende arriva alla terza generazione. La successione rappresenta un momento molto delicato nella vita di un’impresa familiare”. “Il passaggio generazionale, ossia il cambiamento di leadership in azienda che prevede la successione da parte dei figli, è un momento molto particolare nella vita di un’impresa. Se poi consideriamo che circa il 90% delle aziende del Sud è a conduzione familiare, possiamo immaginare quali possano essere le ripercussioni sull’economia del territorio”.

Lo ha detto Antonio Tuccillo, consigliere dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli, presentando il forum “La famiglia-impresa” che si terrà venerdì 2 marzo alle ore 10 presso la sede dell’Odcec partenopeo (Piazza dei Martiri 30), presieduto da Achille Coppola. Il convegno è stato organizzato dall’Ordine con il patrocinio del Consiglio notarile dei distretti di Napoli, Torre Annunziata e Nola e dell’Ordine degli avvocati di Napoli.

“I patti di famiglia, in particolare, – ha continuato Tuccillo – possono consentire all’imprenditore di indirizzare la successione ereditaria nell’azienda a favore di un figlio o di un altro: si tratta di accordi che vengono raggiunti tra l’imprenditore e i suoi familiari sulla conduzione dell’attività. Non è un patto sui beni da ereditare, quindi, ma sull’impresa e sul business, su chi riceverà in affidamento le sorti dell’azienda”.

“Un altro aspetto sul quale è necessario soffermarsi – ha evidenziato Fabio Foglia Manzillo, procuratore rotale – riguarda l’impatto di separazioni e divorzi sulle imprese. Mentre nel primo caso si ha solo una sospensione di alcuni effetti sul matrimonio, con il divorzio si ha una ricaduta anche sugli effetti patrimoniali ed economici. Nel caso di nullità ecclesiastica del matrimonio, invece, tutti gli effetti patrimoniali vengono annullati dal momento in cui il matrimonio è stato stipulato”.

Il forum, moderato da Massimo Cesare Bianca, emerito dell’Università “La Sapienza” di Roma e presidente della Commissione parlamentare sulla Riforma del diritto di famiglia, sarà introdotto dagli indirizzi di saluto di Achille Coppola, presidente Odcec Napoli; Francesco Caia, numero uno dell’Ordine degli avvocati partenopeo; Antonio Areniello, presidente del Consiglio notarile di Napoli, Torre Annunziata e Nola. Interverranno Lucilla Gatt, ordinario di Diritto privato dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli; il magistrato Raffaele Sdino; il notaio Paolo Guida; Roberta Foglia Manzillo, componente della Commissione Famiglia e Minori del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli; Domenico Ruggiero, associato di Diritto Privato presso la Seconda Università di Napoli.

Fonte: agenparl.it