Le esportazioni tengono, la moda maschile italiana respira

In mezzo a tanta devastazione, la moda italiana tiene. Il comparto moda maschile italiana (in un’accezione ampia che comprende ovviamente il vestiario e la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle), secondo le stime elaborate in questi giorni dal SMI sulla base delle indicazioni provenienti dalle indagini campionarie nonché sulla base dell’andamento congiunturale del quadro macroeconomico di riferimento, dovrebbe archiviare l’anno appena trascorso in area positiva, ma su livelli di turnover di poco superiori a quelli raggiunti nei dodici mesi precedenti. Una crescita minima dell’1% del fatturato, in questo periodo vera manna dal cielo…

Come per il comparto dedicato al mondo del bimbo, anche sul risultato settoriale ha inciso negativamente  l’arretramento della domanda interna, mentre le esportazioni, in crescita specialmente fuori dai confini europei, pur in rallentamento rispetto al medesimo periodo del 2012, ha contribuito positivamente alle performance della moda maschile nostrana: l’incidenza del fatturato derivato dalle esportazioni guadagnerebbe, del resto, oltre un punto e mezzo in un anno, passando addirittura al 60,5%.

Tra i maggiori mercati della moda italiana, i cugini transalpini, pur confermandosi i primi clienti del menswear italiano con una quota del 12,1% sull’export settoriale, mostrano un decremento del -1,1%; di contro, la Germania sperimenta un aumento del +6,2%, mentre il Regno Unito del +6,8%.

Relativamente alle principali piazze fuori dai confini del Vecchio Continente, gli Stati Uniti frenano al +0,9%, mentre la Russia non va oltre un +0,2%. Si sono rivelati, invece, particolarmente favorevoli Hong Kong e Cina, in crescita rispettivamente addirittura dell’impressionate percentuale del +14,6% (corrispondente a 184 milioni nei primi nove mesi dell’anno scorso) e del +26%; in deciso aumento anche le vendite in Corea del Sud, in aumento del +34,4%. Analizzando la situazione dei mercati di approvvigionamento, la Cina, come da scontate previsioni, si conferma in assoluto top supplier anche per questo segmento dell’abbigliamento, assicurando poco meno di un quarto della moda maschile importata nel nostro Paese.

Jacopo MARCHESANO

Tessile italiano da Milano al mondo

Il recente successo di Milano Moda Uomo è stato l’occasione per fare il punto sulla capacità del capoluogo lombardo e della regione di creare eccellenza e ricchezza nel settore del tessile e della moda.

Ci ha pensato l’ufficio studi della Camera di commercio di Milano, su dati Infocamere 2013 e 2012 e su dati Istat al III trimestre 2013 e 2012, e ha certificato come sia di oltre 14 miliardi l’interscambio lombardo nel settore della moda nei primi 9 mesi del 2013 (+1,6% rispetto al 2012). Milano è la capitale indiscussa, con circa 7 miliardi di interscambio (quasi 4 miliardi di esportazioni e 3,2 miliardi di importazioni).

In crescita l’export milanese (+6,4%), soprattutto verso i Paesi del Medio Oriente (17,9%), dell’Asia Orientale (11,8%), dell’America centro-meridionale e dell’Asia Centrale (6,7%). Oltre la metà delle esportazioni è diretta in Europa (il 31,4% nei Paesi dell’Unione Europea e il 20,6% verso gli altri Paesi europei) e oltre un quarto in Asia orientale. Tra i Paesi dell’Ue si esporta soprattutto verso Francia (37,4%), Germania (15,3%) e Regno Unito (11,5%). Tra gli altri Paesi europei si esporta soprattutto verso la Svizzera (48,4%) ed è di oltre 200 milioni di euro il valore delle esportazioni in Russia (25,6%).

In Asia orientale le principali mete di esportazione sono il Giappone (25%) e Hong Kong (23,1%). Forte la richiesta USA, il 10% dell’export milanese va in America settentrionale.

In Lombardia sono quasi 15mila le imprese attive nel settore della moda, di cui quasi una su tre a Milano (4.482): oltre 2.600 si occupano di abbigliamento e quasi mille sono industrie tessili e altrettante imprese del settore della pelletteria. Il capoluogo è anche al primo posto in Italia per numero di addetti (80.030), seguito da Napoli (42.304) e Firenze (37.605).

Secondo Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano,“il settore della moda con tutta la sua filiera rappresenta un elemento di punta per rilanciare l’economia di Milano e dell’Italia. Per questo, come Camera di commercio collaboriamo attivamente con la Camera Nazionale della Moda Italiana per sostenere in modo particolare le iniziative rivolte ai giovani stilisti, così da offrire alle nuove generazioni di creativi occasioni di visibilità e la possibilità di sviluppare i propri progetti”.

L’Italia tesse il proprio futuro. O almeno ci prova…

di Davide PASSONI

L’inizio di gennaio ha visto, come da tradizione, i primi appuntamenti di prestigio per il tessile italiano, con i saloni fiorentini di Pitti e le sfilate di Milano Moda Uomo. Si tratta di due delle vetrine più prestigiose per una delle eccellenze della manifattura italiana, quella tessile appunto.

In un mercato mondiale nel quale i Paesi dell’estremo Oriente, Cina in testa, hanno ormai raggiunto una egemonia fatta di grandi volumi, prezzi bassi, costo della manodopera irrisoria ma qualità comunque in crescita, l’Italia è riuscita ancora a ritagliarsi un ruolo da leader. Questo nonostante la difficoltà tutta italiana nel fare impresa, la burocrazia, la fiscalità impazzita.

Nel disgraziato 2013 che ci siamo lasciati alle spalle, si è registrato comunque un export da record per la nostra industria. Il surplus ha toccato quota 110 miliardi di euro e, tra i comparti produttivi, l’Italia si è confermata prima al mondo nel tessile, nell’abbigliamento, nei prodotti in cuoio e nell’occhialeria. Un primato ottenuto a dispetto di tutto e di tutti che deve essere mantenuto e, se possibile, migliorato.

Ma ci sono le condizioni perché questo accada? Come si presenta il 2014 per la filiera tessile italiana. INFOIVA cercherà di scoprirlo questa settimana, attraverso dati, studi, testimonianze dirette. Perché se l’Italia vuole continuare a… filare, non può abbassare la guardia.

La moda è sempre più Made in Tuscany

La Toscana sta diventando sempre più una regione leader per quanto riguarda la moda.
Lo stesso presidente della Regione, Enrico Rossi, in occasione dell’inaugurazione dell’85esima edizione di Pitti Uomo, svoltosi a Firenze dal 7 al 10 gennaio, ha dichiarato: “Se oggi questa regione è in piedi in buona misura lo dobbiamo alla presenza del settore moda“.

Quello di Rossi è stato un vero e proprio omaggio alle tante piccole e medie aziende che operano nel settore dell’abbigliamento e della pelletteria d’alta gamma e che contribuiscono all’esportazione del Made in Tuscany, non solo nelle altre regioni italiane ma anche all’estero.

Anche UniCredit ha deciso di muoversi in questa direzione, tramite una collaborazione col Centro di Firenze per la Moda Italiana.
A questo proposito, si sono incontrati Federico Ghizzoni, amministratore delegato dell’Istituto di credito e Stefano Ricci, presidente del Centro di Firenze.

Lo stesso Ghizzoni ha dichiarato: “A oggi con UniCredit International per la Moda abbiamo erogato quasi 100 milioni di nuovi finanziamenti e oltre 100 delle aziende segnalate da CFMI, espositrici di Pitti Uomo a Firenze e di CPM a Mosca, hanno usufruito dei prodotti UniCredit dedicati alla loro attività internazionale. Abbiamo lavorato seriamente al progetto Fatto in Italia e abbiamo contattato 440 imprese, creando anche il portale UniCredit International per la Moda che ha registrato nell’anno 8000 visitatori unici. Ancora 389 aziende hanno partecipato con noi all’iniziativa Destinazione Cina, che si è tenuta lo scorso ottobre a Firenze e a Napoli per supportare chi vuole esportare in quel Paese“.

I progetti futuri riguardano una serie di contatti ed incontri, per il settore calzaturiero, tra i buyer di Emirati Arabi, Oman, Germania e Polonia.
Inoltre, tra il 16 e il 18 gennaio, durante il Pitti Bimbo, avrà luogo un B2B dedicato, appunto, all‘abbigliamento bimbo con 30 aziende esportatrici.

Gaetano Marzotto, presidente di Pitti Immagine, ha confermato che i dati relativi all’export sono molto incoraggianti: “Nel mercato interno abbiamo perso il 20% del fatturato, consumi per circa 10 milioni di euro“.

Vera MORETTI