Credito di imposta in arrivo per le aziende che usano imballaggi riciclati

In arrivo un nuovo credito di imposta per le aziende e le attività che utilizzano gli imballaggi riciclati. A darne il via libera è stato il ministero per la Transizione ecologica in base al decreto del 14 dicembre scorso. Il provvedimento è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale numero 33 del 9 febbraio 2022. Si tratta di un contributo corrispondente al 36% delle spese ammissibili e documentabili, per le attività che acquistino prodotti realizzati con materiali la cui provenienza derivi da raccolta differenziata.

Quali sono i prodotti in plastica, carta e alluminio ammessi al credito di imposta del 36% per gli imballaggi?

Tale raccolta deve riguardare gli imballaggi in plastica o biodegradabili. Vanno bene anche i compostabili in base a quanto prevede la normativa Uni En 13432.20022. Oltre ai prodotti sopra elencati, ai fini del credito di imposta del 36% sull’utilizzo di imballaggi riciclati, sono ammessi anche la carta e l’alluminio. Il credito di imposta si può domandare fino a un massimo di 20 mila euro all’anno e per ogni richiedente.

Credito di imposta sugli imballaggi, specifiche tecniche dei prodotti ammessi all’incentivo

Più nel dettaglio, gli imballaggi riciclati ammessi al credito di imposta devono essere acquistati dalle aziende richiedenti e possedere le seguenti caratteristiche:

  • i prodotti finiti ottenuti da materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica. Il riciclo di questi prodotti dovrà essere di almeno il 30% e avere le caratteristiche richieste dalla normativa Uni 10667;
  • gli imballaggi compostabili in base a quanto prevede la normativa Uni En 13432.20022. In questa categoria rientrano gli imballaggi in cartone e in carta, con eccezione di quelli stampati con inchiostri, in carta spalmata o trattata con prodotti chimici differenti da quelli utilizzati, di norma, nell’impasto cartaceo;
  • gli imballaggi realizzati con il legno, non impregnati.

Ulteriori caratteristiche degli imballaggi acquistati per avere il credito di imposta del 36%

Altre caratteristiche che devono possedere gli imballaggi per ottenere il credito di imposta riguardano quelli derivanti dalla raccolta differenziata della carta. Il riciclo, in questo caso, deve essere di almeno il 70%. Per gli imballaggi ottenuti dalla raccolta differenziata di alluminio, il riciclo deve essere di almeno il 50%.

Come certificare le spese per gli acquisti di imballaggi riciclati ai fini del credito di imposta?

L’acquisto di imballaggi che danno diritto al credito di imposta del 36% deve essere certificato dall’attestazione del presidente del collegio sindacale. In alternativa, le spese possono essere documentate da un professionista equivalente. Ai fini del credito di imposta si possono certificare anche le spese sostenute negli anni 2019 e 2020. In tal caso, le imprese possono presentare specifica domanda al ministero per la Transizione ecologica.

Come presentare domanda di bonus sugli imballaggi da parte delle imprese interessate?

Tutte le domande inerenti il bonus sull’utilizzo degli imballaggi da materiale riciclato possono essere presentate sulla piattaforma del ministero per la Transizione ecologica. Tale piattaforma sarà messa a disposizione dei richiedenti entro 2 mesi dalla data di comunicazione dell’apertura della piattaforma stessa. Per rimanere aggiornati è necessario consultare la sezione delle “news” del sito istituzionale del ministero.

Divieto vendita plastica monouso: novità e sanzioni per i trasgressori

Il decreto legislativo 196 del 2021 prevede il divieto di vendita di plastica monouso, tranne nel caso in cui gli oggetti siano realizzati in materiale biodegradabile e compostabile conforme alle norme Uni En 13432 o Uni En 14995 quindi con una percentuale minima di materia prima rinnovabile del 40%, percentuale destinata a salire al 60% nel 2024.

Cosa prevede il decreto legislativo 196 del 2021

Il decreto legislativo 196 del 2021 mira a sensibilizzare le persone verso l’uso di contenitori e prodotti riutilizzabili.  Si occupa di “Sup-single use plastics” e di prodotti oxo-degradabili, cioè contenenti additivi chimici per la frammentazione, si tratta quindi di additivi che vanno a velocizzare la degradazione dei prodotti stessi. L’obiettivo è ridurre drasticamente l’uso delle plastiche entro il 2026, questo avviene attraverso una strategia congiunta tra Ministero per la Transizione Ecologica, Sviluppo Economico, Regioni, imprese e associazioni di categoria, ad esempio le associazioni ambientaliste.

Naturalmente i soggetti coinvolti sono numerosi, si va dal produttore, fino al consumatore finale, passando per la grande distribuzione e per le varie attività commerciali del settore ristorazione che, ad esempio, non potranno servire il caffè in tazza di plastica, oppure l’aperitivo con la cannuccia. In realtà questo cambiamento già si è notato, infatti i negozi ormai non fanno più rifornimento di piatti, bicchieri e posate in plastica già da tempo e nelle confezioni monouso di succhi, non ci sono più le cannucce in plastica.

Quali sono i prodotti interessati dal divieto di vendita plastica monouso?

Il decreto legislativo 196 prevede la lista delle plastiche monouso negli allegati A e B. L’allegato A comprende tazze e bicchieri per bevande inclusi i tappi, contenitori per alimenti, ad esempio le scatole contenenti alimenti a consumo immediato, quindi non devono essere ulteriormente riscaldati o sottoposti a preparazione. Vietati anche gli agitatori di bevande in plastica e prodotti per la pesca sempre in plastica. Nell’allegato B c’è la lista più ampia e che comprende posate, piatti, cannucce e bicchieri monouso (quelli che comunemente abbiamo tutti in casa), aste utilizzate per il sostegno dei palloncini gonfiabili ( chi ha bambini sa bene di cosa si tratta), cotton fioc, contenitori per alimenti in polistirene espanso.

La norma va a colpire molte aziende del settore alimentare, dal classico bar che non potrà più dare ai clienti delle cannucce, ai fast food che spesso consegnano il cibo da asporto nelle confezioni di polistirene espanso, naturalmente anche presso gli esercizi commerciali sarà vietata la vendita di piatti, posate e bicchieri di plastica.

Per le aziende che “collaborano” sono previsti degli incentivi, infatti per il 2022, 2023 e 2024 è previsto lo stanziamento di 3 milioni di euro per ogni anno in favore imprese che acquistano e utilizzano prodotti riutilizzabili o biodegradabili e compostabili. Le aziende potranno ricevere il credito di imposta pari al 20% delle spese sostenute per l’acquisto di tali prodotti, nel limite massimo però di 10.000 euro.

Le sanzioni per chi trasgredisce al divieto di vendita di plastica monouso

Per chi invece non si adegua vi sono delle sanzioni, in particolare l’immissione in commercio e la messa a disposizione di prodotti di cui è vietata la vendita porta all’applicazione di una sanzione amministrativa di importo minimo di 2.500 euro e massimo di 25.000 euro. La stessa sanzione viene comminata a coloro che mettono in commercio prodotti senza l’idonea etichettatura (deve informare sulla corretta gestione dei rifiuti) o con caratteristiche difformi rispetto a quelle indicate nell’articolo 6 del decreto legislativo 196 del 2021. L’articolo 6 comma 1 in realtà entra in vigore dal 3 luglio 2024 e prevede che è vietato il commercio di prodotti in plastica monouso i cui tappi e coperchi in plastica si stacchino dal corpo principale, ad esempio la bottiglia in plastica monouso per essere conforme deve avere il tappo di plastica che anche quando aperto, non si stacca.

Ricordiamo che l’etichettarura ambientale a breve sarà obbligatoria per tutti i prodotti. Leggi l’articolo: Obblighi delle aziende per l’etichettarura ambientale.

Le sanzioni aumentano fino al raddoppio nel caso in cui dalla vendita e messa in commercio di prodotti vietati ci siano entrate superiori al 10% del fatturato dell’azienda, quindi nel caso in cui il giro d’affari legato a questi prodotti abbia una certa rilevanza rispetto al totale delle entrate/fatturato.

Limiti alla vendita di prodotti biodegradabili e compostabili

Si è detto che l’obiettivo della normativa è quella di incentivare l’uso di prodotti riutilizzabili, ecco perché anche la vendita di prodotti biodegradabili e compostabili viene ridotta. L’uso di essi prevede che abbiano percentuale di materia prima rinnovabile non inferiore al 40% e al 60% dal 2024. Tali prodotti possono essere utilizzati e venduti solo:

  • quando non è possibile utilizzare alternative;
  • per l’impiego in circuiti controllati, ad esempio mense di ospedali, strutture sanitarie o socio-assistenziali;
  • quando le alternative all’uso di materiali biodegradabili e compostabili non offrono sufficienti garanzie di igiene;
  • in considerazione della particolare tipologia di alimenti e bevande per cui non si possono utilizzare materiali alternativi riutilizzabili;
  • se l’uso di materiali riutilizzabili abbia un impatto ambientale peggiore rispetto a quello che avrebbero i contenitori in materiale biodegradabile e compostabile.

Infine, deve essere sottolineato che la vendita di prodotti in plastica è possibile fino ad esaurimento scorte, ma deve essere dimostrato che la fornitura è appunto antecedente rispetto all’entrata in vigore dei divieto che è stata il 14 gennaio. Ad esempio se il bar ha avuto la fornitura di cannucce a dicembre 2021 può utilizzarle, ma se la fornitura è successiva, c’è la sanzione.