Le Pmi italiane puntano ai mercati di lingua tedesca

Anche se la Germania ha un po’ rallentato la propria corsa, resta sempre la locomotiva d’Europa e il primo Paese del continente nel comparto manifatturiero, tallonato proprio dall’Italia. Per le Pmi italiane, il mercato tedesco, così come quello austriaco e quello svizzero, restano quindi ottimi “terreni di caccia”.

Ecco dunque che, nei giorni scorsi, UniCredit e DEinternational Italia Srl, società controllata dalla Camera di Commercio Italo-Germanica, hanno firmato a Milano un accordo di collaborazione finalizzato a favorire la crescita internazionale delle Pmi italiane.

L’accordo prevede la fornitura alle Pmi italiane segnalate da UniCredit, da parte della società di servizi DEinternational Italia Srl, di una serie di servizi finalizzati a definire e a realizzare progetti di commercializzazione dei propri prodotti e piani di espansione sui mercati tedesco, svizzero e austriaco.

Sono circa 9mila le Pmi italiane individuate da UniCredit come potenzialmente interessate a espandere la propria attività su mercati che rappresentano già ora l’area di maggiore interscambio con il nostro Paese. A tali imprese sarà proposto, attraverso le strutture di DEiInternational Italia Srl, un servizio di consulenza che va dalle analisi di mercato alla creazione di strutture commerciali, dallo scouting per operazioni di M&A all’advisory fiscale e legale, dall’individuazione dei partner commerciali all’acquisizione di clienti.

Pmi italiane alla prova della ripresa

Il fatto che siano la vera forza del tessuto produttivo nazionale fa sì che le Pmi italiane costituiscano anche il più importante bacino occupazionale, anche e soprattutto in tempi di crisi.

Secondo un’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia, infatti sarebbero poco più di 250mila (253.500, per la precisione…) le nuove assunzioni non stagionali previste nei 6 mesi del 2015 nei settori dell’industria e dei servizi privati. Un aumento consistente, +25,6% rispetto allo stesso periodo del 2014. Segno che le Pmi italiane provano a rispondere alla crisi con i numeri.

Entrando nel dettaglio delle assunzioni delle Pmi italiane, poco più di 164mila (pari al 65%) sono state impiegate nel settore dei servizi, che si conferma un buon bacino per combattere la crisi: in particolare, 40.300 sono stati i nuovi assunti nel commercio, 29.710 in quello nei servizi alle persone e poco meno di 27mila (26.910) nel turismo e nella ristorazione.

Nell’industria, dove le Pmi italiane hanno una presenza più significativa, le previsioni sono invece di sapore un po’ meno dolce, visto che i neo assunti non stagionali dovrebbero essere poco meno di 89.500 (il 35% circa del totale).

Il segnale incoraggiante, in questo caso, per le Pmi italiane viene dal settore delle costruzioni dove, tra ingegneri, geometri, carpentieri, muratori, gruisti e lattonieri, i nuovi occupati sarebbero quasi 2mila, 1.930. Una cifra all’apparenza piccola, ma se si pensa che sono state le Pmi italiane di questo settore a soffrire di più (anche adesso) le sferzate della crisi, forse è il caso di provare a vedere positivo.

Nei settori meccanico ed elettronico, invece, fiori all’occhiello della nostra impresa, i soggetti che avrebbero cominciato a lavorare nel primo semestre 2015 sarebbero 16.870.

Pmi italiane frenate dall’illegalità

La ripresa delle Pmi italiane? Non è frenata solo dalla difficoltà di accesso al credito e da un mercato che non cresce, ma anche dalla palla al piede dell’illegalità. È questo il senso di quanto emerge da una ricerca sulle Pmi italiane nell’ambito della V edizione del Focus Pmi, organizzato dallo Studio LS Lexjus Sinacta e dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne e incentrato sul tema del “valore economico della legalita”.

La ricerca ha coinvolto 1150 Pmi italiane, che hanno individuato tra i nemici della produttività legati all’illegalità corruzione, usura e racket, riciclaggio, contraffazione, lavoro sommerso. Per le aziende intervistate, in un ambiente privo di illegalità, il loro fatturato resterebbe stabile nel 36,6% dei casi, crescerebbe di meno di un quarto nel 47,3% %, nel 23,4% dei casi aumenterebbe del 13,4% e nel 2,6% di oltre il 50%.

Ma qual è, tra le Pmi italiane, la percezione delle regioni più “criminali”? Soprattutto Calabria, Campania (dove opera il maggior numero di imprese condizionate dall’illegalità), Puglia, Umbria e, al Nord, la Liguria. Hanno un percepito di criminalità medio-basso regioni come Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte e Sicilia. Anche se, soprattutto nel caso della Lombardia, questo percepito delle Pmi italiane è poi contraddetto dalla cronaca.

Interessante, e preoccupante, il fatto che l’88,7% delle Pmi italiane intervistate pensi che il sistema economico porti in sé uno o più elementi che minano la trasparenza e la sicurezza del mercato. Nello specifico, si tratta di elementi come leggi poco chiare (41,7%), mercato non sicuro (21%), imprenditori improvvisati (18,7%), scarsa capacità di vigilanza (12%).

Al contrario, chi porta avanti le Pmi italiane pensa che la legalità risieda soprattutto nel rispetto delle leggi e dell’ordine pubblico (31,8%), nella trasparenza amministrativa (29,5%), nella libertà di azione imprenditoriale (18,3%) e nella sicurezza del mercato (9,6%).

Infine, quali sono le Pmi italiane più immuni dall’illegalità? Secondo lo studio, si tratta di imprese con almeno 50 addetti e un fatturato superiore ai 2,5 milioni di euro, molto internazionalizzate e caratterizzate da un’elevata longevità. Le altre… tengano duro.

Expo 2015, le occasioni per le Pmi italiane

Expo 2015 è un evento che va guardato al di là della mediaticità che porta con sé e va visto come una straordinaria occasione per le imprese di annodare contatti, aprire i propri mercati, creare relazioni nella prospettiva di una crescita globale. Lo sanno le imprese, lo sanno le istituzioni, italiane e internazionali.

Ecco perché, nell’ambito di Expo 2015, la Commissione europea organizza una serie di eventi legati al tema dell’Esposizione Universale Nutrire il Pianeta. Energia per la vita, cercando di sfruttare al massimo le occasioni che offre la partecipazione di 145 Paesi e 3 Organizzazioni Internazionali. Infatti, la Direzione Generale per il Mercato Interno, l’Industria, Imprenditorialità e le Pmi (Dg Grow) della Commissione Europea, promuove un ciclo di eventi a Milano per rafforzare il sistema delle Pmi europee e favorirne lo sviluppo globale.

Nel corso degli eventi dedicati ad alcune delle principali aree geografiche, organizzati in collaborazione con Promos, l’Azienda Speciale per le Attività Internazionali della Camera di Commercio di Milano, sono previsti incontri B2B gratuiti tra aziende europee e aziende del mercato oggetto dell’evento. Le imprese invitate sono quelle attive in alcuni settori industriali legati al tema di Expo 2015, tra cui l’agro-industria, le energie rinnovabili, le biotecnologie, la gestione delle risorse ambientali.

Il primo evento in ambito Expo 2015 è previsto per il 6 e 7 maggio 2015 al Palazzo delle Stelline, Corso Magenta 61, Milano, sarà dedicato ai Paesi Euro-Mediterranei e avrà la seguente struttura:

–  Una prima sessione il 6 maggio mattina dedicata alla presentazione delle politiche e degli strumenti per migliorare il contesto per gli affari e promuovere cooperazione industriale, investimenti e commercio  tra le due sponde del Mediterraneo.

–  Il 6 maggio pomeriggio e il 7 maggio si terranno degli incontri Business to Business tra le imprese degli stati membri e dei paesi del sud del Mediterraneo. I settori industriali interessati saranno: l’industria di alimenti e bevande, prodotti alimentari innovativi e di alta qualità, la sicurezza alimentare e il controllo di qualità, la gestione della catena alimentare, la denominazione di origine (DOP) e l’indicazione geografica protetta (IGP) dei prodotti alimentari.

– Nel pomeriggio del 7 maggio è prevista una visita a Expo 2015 organizzata dalla Commissione europea. L’8 maggio l’Unione Industriale di Parma offre alle aziende interessate la possibilità di una visita alle eccellenze dell’industria agroalimentare emiliana.

Le imprese che operano nei settori sopra menzionati e che vogliono di partecipare alle giornate Euro-Mediterranee di Expo 2015, inclusi gli incontri interaziendali, si possono registrare cliccando qui. Le imprese selezionate dovranno coprire le proprie spese.

Alle giornate Euro-Mediterranee seguiranno le giornate Ue-Cina il 9 e 10 giugno, CELAC il 12 giugno, Giappone il 10 e 11 luglio, Asean 29-30 settembre, Stati Uniti e Canada il 5-6 ottobre, Africa Sub Sahariana il 15 e 16 ottobre.

Cerved fa il check up alle Pmi italiane

Come stanno le Pmi italiane? A farne una fotografia dello stato di salute è Cerved, con un’analisi che parte dal 2007, ultimo anno prima della grande crisi.
Secondo i dati Cerved, il comparto conta complessivamente 3,3 milioni di imprese individuali, 900 mila società di persone attive e 1 milione di società di capitale. Tutte insieme fanno 5,2 milioni di Pmi tra le quali, però, non vengono considerate le microimprese, ossia quelle con meno di 10 addetti e un fatturato inferiore a 2 milioni di euro.

L’analisi di Cerved ci restituisce l’immagine di una realtà di quasi 4 milioni di addetti, con una media di 20 persone per azienda, che genera un fatturato annuo di 851 miliardi di euro e un valore aggiunto di 183 miliardi. Numeri che fanno il 12% del Pil italiano.

Il rovescio della medaglia è un debito complessivo di 271 miliardi e il fatto che, dall’inizio della crisi, un quinto delle Pmi attive nel 2007 è stato interessato da una procedura di chiusura, anche se per la maggior parte si tratta di impresa già in difficoltà nel periodo pre-crisi.

Secondo Cerved, ci sono ancora 24mila società a rischio default nei prossimi data la loro forte esposizione (71 miliardi) nei confronti del sistema finanziario e bancario.

Per contro, Cerved rileva che sono state oltre 3.400 le Pmi che tra il 2007 e il 2012 hanno almeno raddoppiato il giro d’affari. A dispetto di quanto si possa pensare, sono imprese presenti anche nei settori in cui la crisi ha morso di più, che devono il loro successo al fatto di aver investito di più esponendosi meno con le banche o usando in modo importante la leva finanziaria.

Notizie non belle, invece, sul fronte delle start up. Secondo Cerved, infatti, a causa della crisi il loro numero si è ridotto e, tra le aziende fondate ex novo, è diminuito il numero di quelle vive a tre anni dalla nascita. In questo devono “ringraziare” anche le banche: la metà delle startup nate nel 2012 rispetto a quelle nate nel 2007 (circa 5mila) ha iniziato l’attività con prestiti bancari.

Cerved ha anche analizzato l’impatto che l’introduzione delle Srl semplificate e a capitale ridotto ha avuto per lo sviluppo dell’imprenditoria. La Srl semplificata è stata scelta da 16mila imprenditori nel 2013 e da quasi 14mila nei primo semestre 2014, pari al 30% delle start up nate tra gennaio e giugno di quest’anno. Una riduzione della scala potenziale delle nuove aziende, accompagnata dalla crescita di quelle che non riescono a insediarsi nel mercato.

Insomma, Cerved, la foto l’ha scattata. Vedremo ora se chi la deve analizzare lo farà con attenzione.

Crollo dei consumi, il 20% delle pmi ridurrà il personale

Il futuro è sempre più incerto per le micro e piccole imprese italiane. Secondo l’ultima indagine dell’Adnkronos, il 20% di esse sarà costretta a ricorrere nelle prossime setimane a tagli di personale per cercare di sopravvivere nel difficile contesto di tutti i giorni. Una quota che sale addirittura al 28% se si considerano le imprese con meno di 20 dipendenti.

Tra le motivazioni indicate nel sondaggio, prevale quasi esclusivamente la previsione di un giro d’affari ridimensionato a causa della perdurante caduta dei consumi. Nonostante tutto, il 70% delle micro, piccole e medie imprese punterà nel futuro più prossimo, invece, a mantenere, tra mille difficoltà, la forza lavoro attuale, sperando che i mesi più complicati della crisi economica dell’ultimo quinquennio siano finalmente alle spalle.

In conclusione, la quasi totalità delle imprese coinvolte nel sondaggio Adnkronos lamenta la mancanza di regole precise e certe e un’eccessiva, manco a dirlo, pressione fiscale arrivata negli ultimi anni ad un livello sempre più insostenibile.

JM

Le pmi italiane verso tecnologia e innovazione

Ormai è stato detto e ridetto: per non soccombere e rimanere altamente competitive, le pmi devono affidarsi ad innovazione e tecnologia.

Ora però ci sono anche i numeri a confermarlo, e arrivano da una ricerca condotta dall’istituto Oxford Economics su 2.100 Cio e decisori It di Pmi operanti in tutti i principali settori, con un fatturato annuo compreso tra i 20 e i 750 milioni di dollari, in 21 Paesi del mondo.

Tra queste, come si stanno comportando le pmi italiane?
Ebbene, a quanto pare il 59% di esse, e quindi in linea con il resto d’Europa, sta evolvendo i propri modelli di business, l’offerta di prodotti e le strategie di go-to-market per rimanere al passo con i nuovi scenari di mercato.

In questa direzione, il 55% delle pmi italiane sta avviando nuove collaborazioni con fornitori e partner di altri Paesi, dimostrando la propria propensione e volontà a muoversi ed espandersi a livello internazionale: non a caso, nel 32% dei casi l’espansione del business su scala globale è considerata un fattore altamente strategico per la competitività e la crescita.

Solo il 14% delle Pmi del nostro Paese (contro il 21% a livello europeo) non genera ricavi al di fuori dell’Italia, dato destinato a scendere all’8% nei prossimi 3 anni (contro il 15% previsto in Europa). Inoltre, circa un terzo (31%) delle imprese italiane prevede che nei prossimi 3 anni tra il 21% e il 40% dei propri ricavi sarà generato su scala globale, contro il 24% odierno.

Non si tratta, dunque, di risultati negativi, anche se, tra le piccole e medie imprese in Italia, c’è la convinzione che più di tutto, per mantenersi attivi sul mercato, serve l’innovazione, considerata lo strumento per il raggiungimento dell’efficienza e il contenimento dei costi (per il 46% delle aziende, rispetto al 49% a livello europeo). In questo contesto, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale.
A fronte di un 47% che dichiara di investire in innovazione tecnologica solo quando esiste un chiaro ritorno sugli investimenti (Roi), entro i prossimi 3 anni le Pmi italiane prevedono un incremento consistente nell’utilizzo della tecnologia a servizio del business.

In particolare, le soluzioni di business analytics ricevono le previsioni di crescita maggiore, passando dal 32% al 48% di utilizzo.
Crescerà del 36% anche l’uso dei social media, utilizzati oggi dal 28% delle Pmi, così come sperimenterà un incremento l’adozione di soluzioni cloud, sfruttate oggi dal 33% delle imprese e destinate a salire al 44% (con una crescita del 33%).
Infine, ad aumentare sarà anche l’uso di tecnologie oggi già ampiamente presenti all’interno delle Pmi come i software gestionali, utilizzati nel 47% dei casi e per i quali è prevista una crescita del 17%, e il mobile, che passerà dal 45% odierno al 48% nei prossimi tre anni.

L’incertezza economica, per il 45% delle pmi nostrane, è da spiegarsi soprattutto considerando il movimento storico che stiamo vivendo, colpevole di generare apprensione molto più che in altri Paesi d’Europa, dove la percentuale in questo caso è ferma al 30%.

A seguire, secondo quanto evidenziato dallo studio, anche i costi del lavoro in costante crescita (31%) e il livello di competizione globale sempre più alto (26%) rappresentano ulteriori fattori di indeterminatezza fortemente sentiti dalle imprese in Italia.

Vera MORETTI

Aziende Vincenti, la “Bibbia” delle PMi italiane

Come fanno le PMI italiane,  spesso oggetto di studio di accademici e non solo, ad avere successo? Su questo si sono concentrati nel loro nuovo libro il celebre management thinker Hermann Simon e l’esperto di strategie aziendali Danilo Zatta.

Delle grandi aziende si sente spesso parlare, mentre le PMi leader nei propri mercati sono dei veri e propri Campioni nascosti, che rimangono una fonte di ispirazione ancora inesplorata, nonostante il nostro Paese sia caratterizzato dalla presenze di piccole e medie imprese.

Ecco allora il volume “Aziende Vincenti”, nel quale i due accademici cercano di capire le ragioni che trasformano PMI italane, magari anche a conduzione familiare, in veri e propri Campioni nascosti.

Quali sono i fattori che portano le aziende al successo? Come fa una PMI a conduzione familiare a diventare leader nel proprio mercato? Quali sono i casi di successo internazionali e quali quelli italiani? Rispondendo a queste domande Simon e Zatta cercano di offrire una ricetta che possa trasformare una piccola realtà in un’azienda leader del settore, in grado anche di rilanciare l’economia italiana.

Concetti teorici ed esempi pratici si susseguono in un volume che all’estero ha già riscosso un discreto successo, come testimoniano le recensioni dell’Economist e del Wall Street Journal: “Aziende Vincenti svela che le migliori aziende del mondo resistono alle mode manageriali. Il resto del mondo se ne accorge solo ora”, “Le Aziende Vincenti seguono la loro strada. Il segreto del loro successo sono visione, flessibilità e buon senso – qualità difficili da trovare!”.

Giulia Dondoni

Microsoft investe sulle PMI: pronti 130 milioni di euro in tre anni

In questi tempi di crisi uno spiraglio di luce viene da Microsoft che ha dichiarato pubblicamente di voler investire 130 milioni di euro sulle PMI italine; durata dell’impegno triennale.

La casa di Redmond afferma di voler puntare forte sulla digitalizzazione delle aziende del vecchio stivale, ma non solo su di esse, l’impegno infatti è esteso anche a scuola e sanità.

In uno scenario aspro come quello attuale, dove molte PMI riversano in uno stato di profonda anossia, le intenzioni di Microsoft potrebbero apparire come una vera e propria manna dal cielo. In questo modo molte imprese potranno rinnovare le proprie infrastrutture software e formarsi sulle nuove tecnologie.

Il pacchetto di aiuti della casa americana è così suddiviso: il 60 % circa del denaro investito sarà destinato per incrementare il business dei partner Microsoft, che si traduce in 25mila aziende a cui verranno forniti software e servizi; il 30% verrà invece destinato per la consulenza alle aziende che intendono migrare verso un tipo di infrastruttura cloud.

Per coloro che non conoscessero questa tecnologia, il cloud computing permette ad un’azienda di eseguire le applicazioni necessarie per il suo business in un data center condiviso, attraverso un semplice collegamento internet. Tutto questo significa una drastica riduzione dei costi, perché comunque vengono abbattute le spese necessarie per pagare il personale destinato alla gestione delle applicazioni.

Il modello di Cloud computing è molto vantaggioso sia per le applicazioni consumer che per quelle aziendali, soprattutto perché bastano pochi giorni per essere operativi e perché l’azienda può personalizzare l’applicazione secondo le proprie esigenze. Secondo Microsoft sarebbero circa 500 mila le imprese che dovrebbero digitalizzarsi. Pietro Scott Jovane, CEO di Microsoft Italia, ha dichiarato che il progetto Microsoft è ambizioso e non riguarda solo il mettere online le aziende, ma offrire loro servizi consulenziali a 360° su come sviluppare infrastrutture informatiche performanti che possano costituire per l’azienda un valido strumento di sviluppo.

A tal proposito Microsoft ha inoltre dichiarato di aver completato l’acquisizione di Skype, che contribuirà ulteriormente a delineare la volontà della casa americana di mettere a disposizione delle aziende una soluzione capace di agevolare il processo comunicativo infra e intra aziendale.

Emiliano Ragoni

Confesercenti: l’aumento dell’Iva deprime i consumi

L’aumento dell’Iva di 1 punto percentuale (dal 20% al 21%) deliberato ieri nell’ultima versione della manovra comincia, come si prevedeva, a creare scontento tra le diverse associazioni, preoccupando così la possibilità di un ritorno all’inflazione.

A questo proposito, il presidente di Confesercenti, l’associazione di categoria rappresentante le PMI italiane del commercio, del turismo e dei servizi, Marco Venturi ha così dichiarato: “Il ventilato aumento dell’Iva di un punto non farebbe altro che allontanare la crescita, deprimendo ancora di più i consumi. Un onere sulle famiglie ed un freno per l’economia che fanno di questa manovra sempre di più un cane che si morde la coda: ovvero si decidono sacrifici seri per far superare un momento di grande difficoltà, ma poi si mettono paletti sempre più stretti alla ripresa dell’economia”.

“Ogni aumento dell’Iva si va a sommare ai recenti rialzi delle materie prime che a sua volta stanno surriscaldando l’inflazione: questa è la prova che si sta imboccando una via ad alto rischio. Fra l’altro si dimentica che fra le prime vittime della misura ci sarà il turismo che invece deve confrontarsi con concorrenti internazionali diretti che godono di un’Iva mediamente più bassa. Serve un ripensamento che deve fare chiarezza su un nodo che invece si continua ad evitare: quello del taglio delle spese, degli sprechi, della miriade di realtà istituzionali.”

Giulia Dondoni