Giusti: “Il made in Italy è il futuro del nostro manifatturiero”

 

La filiera tessile costituisce senza dubbio uno dei punti di forza del manifatturiero made in Italy e, conseguentemente, la sua ripresa può costituire una valido punto di partenza per una più generale ripartenza dell’economia del nostro Paese, in particolare per quelle filiere che, insieme ad essa, costituiscono il più ampio “sistema moda” italiano. Continuiamo oggi il nostro approfondimento a riguardo intervistando Luca Giusti, presidente Unionfiliere, Associazione delle Camere di Commercio per la valorizzazione delle filiere del Made in Italy.

Dott. Giusti, secondo i dati Istat nel primo semestre del 2014 la produzione di tessuti italiana è cresciuta del 7,6% e il Centro Studi di Sistema Moda Italia prevede un andamento positivo anche per la seconda parte dell’anno. La ripresa della filiera del tessile può rappresentare il punto di partenza per la ripresa dell’intera economia italiana?
La crisi che le imprese hanno affrontato e da cui ancora non sono del tutto uscite è stata una crisi strutturale e non solo congiunturale. Questo ha comportato un rimodellamento della filiera e, purtroppo, la chiusura di molte aziende che non hanno saputo o non hanno potuto vincere questa dura sfida. La cosa importante, comunque, è che non si siano perse le competenze, cioè quelle capacità artigianali, creative e tecniche che hanno consentito al nostro made in Italy di affermarsi nei mercati internazionali.

Trasparenza è la vostra parola d’ordine, il consumatore deve sapere non soltanto che cosa mangia ma anche cio’ che indossa.
La richiesta di una sempre maggiore trasparenza anche nella filiera moda è la conseguenza naturale della globalizzazione dei mercati. Il consumatore, messo di fronte ad una moltitudine di offerte, comincia a porsi domande che vanno oltre l’estetica e la qualità del prodotto e riguardano anche l’impatto sociale ed ambientale del capo che acquista.
Per questo tipo di consumatore, la trasparenza delle informazioni è fondamentale perché fa la differenza tra l’acquistare o meno un prodotto.
La “trasparenza” è diventata, di conseguenza, un’esigenza per le aziende che vogliono conquistare il mercato e la tracciabilità del prodotto è la risposta a questa nuova esigenza. Per questo stiamo investendo, da alcuni anni, sul progetto TFashion: il sistema di tracciabilità volontario delle Camere di Commercio italiane, che attraverso un’etichetta consente di comunicare al consumatore la storia del prodotto.

Una sola etichetta che contiene piu’ informazioni, un vero e proprio passaporto del prodotto?
Esatto! TFashion racconta la storia del prodotto andando oltre gli obblighi di informazione previsti dalla legge.
Oggi, per restare competitivi, non è più sufficiente offrire un buon prodotto, occorre anche comunicare con chiarezza ulteriori informazioni: dall’origine all’assenza di sostanze nocive, al rispetto delle persone e dell’ambiente. Ben 240 aziende con il coinvolgimento di oltre 1.400 fornitori dei principali distretti italiani hanno aderito a TFashion. Un risultato estremamente positivo perché vuol dire che, nonostante la crisi, le imprese hanno intercettato i cambiamenti del mercato e stanno investendo su strumenti, come la tracciabilità TFashion, di qualificazione dell’intera filiera moda.

E’ più importante valorizzare o tutelare il made in italy ?
Il made in Italy va tutelato e ben vengano tutte le misure normative volte alla difesa delle nostre aziende da fenomeni di concorrenza sleale.
Ma non ci possiamo limitare a questo: la vera sfida è andare oltre la tutela e costruire un sistema innovativo e sempre più efficace di valorizzazione del made in Italy. Con TFashion le Camere di commercio vogliono promuovere nel mondo una filiera moda italiana più etica, autentica e trasparente per essere al fianco di quelle imprese e di quegli imprenditori che hanno intrapreso percorsi innovativi di sviluppo mostrando, al tempo stesso, attenzione al contesto in cui operano. Questo made in Italy va difeso ma anche sostenuto e valorizzato perché rappresenta il futuro manifatturiero del nostro Paese.

Jacopo MARCHESANO

Pmi manifatturiero, è l’ora della crescita

L’anno nuovo, finalmente, porta con sé, oltre ai rincari, anche buone notizie. L’indice Pmi manifattura dell’Eurozona a dicembre è salito ai massimi da due anni e mezzo a 52,7 punti, secondo la lettura finale di Markit Economics, che conferma la prima stima, top da giugno 2011. Per quanto riguarda il nostro Paese, l’indice Pmi manifatturiero è salito a 53,3 in dicembre – quasi due punti oltre i 51,4 di novembre e ampiamente al di sopra del consensus di 51,8 – attestandosi ai massimi da aprile 2011.

Il dato non può che rinforzare l’ipotesi di una ripresa, seppur moderata e dalle tempistiche notevolmente rallentate, dell’economia italiana nel corso dell’anno appena iniziato e potrà fare gioco all’impegno del governo guidato dal democratico Enrico Letta di accelerare sul fronte delle riforme a sostegno della crescita.

La maggior parte degli economisti prevede un ritorno dell’economia italiana ad una lieve crescita nell’ultimo trimestre del 2013, i dati ufficiali verrano forniti tra non molto, anche se l’intero anno dovrebbe chiudersi con una contrazione complessiva del Pil ancora pesante, -1,8%, dopo il -2,4% del 2012. Il governo in carica, comunque, prevede una crescita dell’1,1% per il 2014, mentre l’Ocse, più cauta, indica per quest’anno un +0,6%. Fondamentale, ovviamente, l’apporto del settore manifatturiero che rappresenta circa il 19% del prodotto italiano.

Jacopo MARCHESANO