Lagarde conferma: lo scudo antispread ci sarà. Effetti per imprese e famiglie

Al Forum annuale della Banca Centrale Europea Christine Lagarde, presisente della BCE, ha confermato: lo scudo antispread ci sarà per proteggere i Paesi maggiormente esposti al rischio di uno spread elevato.

Lagarde conferma: lo scudo antispread proteggerà i Paesi esposti

Il rialzo del costo del denaro, e quindi dei tassi di interesse generalmente applicati, è ormai una certezza. Prenderà il via tra pochi giorni, ma la Presidente della Banca Centrale Europea ci tiene a ribadire che non ci saranno rischi per i Paesi, come l’Italia, che hanno un elevato debito pubblico e che quindi rischiano un rialzo dello spread. La BCE ,al fine di contrastare un’esplosione nei differenziali di rendimento, adotterà anche misure flessibili per il reinvestimento di titoli in scadenza in obbligazioni dei Paesi maggiormente esposti. Le obbligazioni sono un modo per aumentare la liquidità dei Paesi e quindi si tratta di una sorta di quantitative easing mirato a tutela solo di specifiche situazioni a rischio.

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Parola d’ordine: contenere l’inflazione

Lagarde nelle dichiarazioni rilasciate all’apertura del Forum annuale della Banca Centrale Europea ha sottolineato che in questo momento la sfida più importante è contenere nei limiti l’inflazione. Secondo le previsioni per qualche tempo l’inflazione continuerà a viaggiare a ritmi sostenuti, per poi ricominciare una lenta discesa. I primi risultati dovrebbero esservi già alla fine del 2022 con un rallentamento della corsa.

Le tappe previste per il rialzo dei tassi di interesse sono già fissate, un primo rialzo di sarà a luglio 2022, mentre a settembre sarà presentato un percorso a tappe con ulteriori rialzi del costo del denaro. Lagarde ha dichiarato che il processo di normalizzazione della politica monetaria continuerà a ritmo sostenuto. Vista l’incertezza del periodo storico che tutti stiamo affrontando, non si può definire ex ante il ritmo con cui tale processo sarà portato avanti. Lo stesso sarà quindi caratterizzato da gradualità e opzionalità. Insomma si tratterà di una procedura abbastanza flessibile da consentire interventi costanti in caso di bisogno.

Ricordiamo che per 11 anni la politica monetaria europea è stata “pilotata o manipolata” attraverso misure volte a contenere il costo del denaro, aumentare la liquidità disponibile e di conseguenza favorire gli investimenti. Si tratta di politiche espansive applicate quando c’è necessità di crescita. Parlare di normalizzazione della politica monetaria vuol dire lasciare che la stessa segua le “naturali” leggi del mercato.

Come inciderà sulle famiglie e sulle imprese il rialzo dei tassi di interesse?

Naturalmente queste decisioni avranno riflessi nella vita quotidiana dei cittadini. In primo luogo con un sicuro aumento dei tassi di interesse su mutui e prestiti, si prevedono quindi maggiori difficoltà per famiglie e imprese che vogliono fare degli acquisti o degli investimenti importanti. Non solo, perché il rialzo dei tassi di interesse avrà effetti anche sui piccoli prestiti. Maggiori vantaggi vi sono invece per coloro che hanno dei risparmi da investire perché potranno avere rendimenti maggiori.

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Ricordiamo che il Forum della BCE si tiene in Portogallo, a Sintra e continuerà fino al 29 giugno 2022.

Un’azienda su quattro vittima di corruzione e frodi

La corruzione e i crimini economici sono, per le imprese italiane, uno dei deterrenti a continuare la propria attività in proprio.

E’ stato appurato, da Pwc nella sua indagine Global Crime Survey 2014, che hanno a che fare con frodi e criminalità un quarto delle aziende del Belpaese, che diventano una su tre a livello mondiale.
Colpevole numero uno sarebbe, nella maggior parte dei casi, un senior manager, che arriverebbe a causare danni fino a 75 milioni di euro.

Questa ricerca sul fenomeno delle frodi economico-finanziarie è stata fatta compiendo più di cinquemila interviste in 95 Paesi, con il coinvolgimento di 101 aziende italiane.

Negli ultimi due anni, inoltre, nel nostro Paese le frodi sono cresciute dal 17 al 23%, pur restando sotto la media globale del 37% e quindi messi meglio di Turchia, Perù, Hong Kong/Macao, Giappone, Portogallo, Danimarca e Arabia Saudita.

Per il 65% dei casi si tratta di appropriazione indebita ma si fanno largo anche il cyber crime e le frodi contabili (22%). A subire il maggior numero di frodi sono le aziende del settore manifatturiero, (67%), energia e utility (43%), trasporto e logistica (40%), servizi finanziari (28%).

Alberto Beretta, partner forensic services di Pwc, ha voluto specificare: “Abbiamo però rilevato una crescente sensibilità e un maggior impegno nella fase di prevenzione da parte delle aziende. Infatti è cresciuto il numero delle organizzazioni che negli ultimi 24 mesi ha effettuato un fraud risk assessment (dal 54% al 70%)”.

Oltre ai danni economici, le organizzazioni sono preoccupate anche dei cosiddetti ‘danni collaterali’, difficilmente stimabili in termini finanziari, che riguardano in particolare la motivazione dei dipendenti (22%), la reputazione dell’azienda (17%) e le sanzioni delle autorità di vigilanza (13%).

Vera MORETTI

Rapporto Imd amaro per l’Italia

L’Italia è sempre meno competitiva, a livello economico, e, appesantita dal debito pubblico e dal carico fiscale che pesa su aziende e lavoro, è scivolata al 44esimo posto, su 60, nella classifica dell’ultimo rapporto dell’Istituto svizzero di Losanna Imd.

In un anno, il Belpaese ha perso ben 4 posizioni, a causa di performance economiche molto deboli, ma anche dell’inefficienza del settore pubblico, le difficoltà del sistema bancario e la rigidità del mercato del lavoro.

Ma non è solo l’Italia ad arrancare, perché la Spagna è in caduta libera, dal 39esimo al 45esimo posto, seguita anche dal Portogallo, ora al 46esimo posto, mentre l’anno scorso era al 41esimo.
Fanalino di coda rimane la Grecia, in 54esima posizione.

Gli economisti vedono in estrema difficoltà l’area meridionale dell’Europa, colpevole di non aver “abbastanza diversificato la loro industria o controllato la spesa pubblica e ora devono far fronte a programmi di austerità”.

Ma anche ai “piani alti” c’è poco da sorridere, perché perdono punti, e posizioni, anche Gran Bretagna, ora in 18esima posizione, e la Francia, 28esima, superate da paesi in ascesa come gli Emirati Arabi, che guadagnano 8 posizioni e, dalla 16esima, balzano all’ottava posizione.

Hanno ragione a gloriarsi sugli allori la Svizzera, che recupera un secondo posto a seguito degli Usa, che si sono riappropriati della la prima posizione. Bene anche la Svezia, al quarto posto, e la Germania che resta al nono posto.

Vera MORETTI

L’economia italiana (quasi) la peggiore d’Europa

La notizia non è inaspettata, ma certo neanche piacevole.

Nella bozza del World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale indica l’Italia, rispetto agli altri Paesi dell’UE, in ritardo per quanto riguarda l’economia, anche a causa di un calo del Pil dell’1% registrato nell’ultimo anno e una crescita, prevista per il 2013, di un misero 0,5%.

Il Belpaese non è il fanalino di coda dell’Europa, ma peggio è messa solo la Spagna (-1,5% nel 2013), mentre si raffronta alla crescita dello 0,6% in Germania e dello 0,3% in Francia.
Ai nostri livelli c’è il Portogallo, mentre peggio di noi solo Slovenia (-1,5%), Cipro (-3,1%) e Grecia (-4,2%).

Le prospettive globali “sono migliorate ancora, ma la strada per la ripresa nelle economie avanzate resta sconnessa”.
A peggiorare le cose nel nostro Paese è anche l’incertezza politica dovuta ai risultati delle elezioni.

Vera MORETTI

Ceramiche, il made in Italy che incanta l’estero

Le presenze di buyers e compratori stranieri alledizione 2012 di Cersaie ha raggiunto la quota record di oltre 30.000, ovvero il 32% del totale dei visitatori che hanno partecipato alla fiera di riferimento a livello internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno. Numeri che trovano una perfetta corrispondenza nei dati export per il 2012 dell’industria della ceramica in Italia: circa l’80% della produzione made in Italy è destinata infatti a mercati extranazionali.

Ma qual è la geografia dei Paesi compratori delle ceramiche prodotte nei distretti industriali del Modenese e del resto d’Italia? Qual è il segreto delle ceramiche italiane apprezzate in tutto il mondo? Quanto l’export ha permesso una rinascita del settore, messo a durissima prova dalla crisi della domanda interna e dagli sfortunati eventi sismici che hanno messo in ginocchio le aziende del modenese?

Leggi i dati sull’export dell’industria della ceramica italiana

Le ceramiche italiane puntano sull’export

Oltre 2 miliardi di euro di fatturato nel primo semestre del 2012, grazie soprattutto al giro d’affari dell’export. L’industria della ceramica made in Italy reagisce con grinta alla crisi, segnando solo una leggera flessione (-0,56%) rispetto allo stesso periodo del 2011. Il risultato nasconde però luci e ombre su un comparto dell’industria nazionale che resta il principale player del settore ceramiche a livello internazionale (36,8%):  se la domanda del mercato interno, e in parte di quello Ue, ha subito un forte ridimensionamento, a farla da padrone sono i Paesi extra Ue che registrano aumenti a due cifre.

In Italia si produce, guardando ai metri quadrati, il 20,8% della quota mondiale di ceramica,  superata solo dalla Cina che ne produce il 29,5%. Le posizioni si invertono però se si guarda alla quota export: l’Italia è il principale esportatore internazionale con oltre il 36%, seguito dalla Cina, con il 20,1%, e dalla Spagna che si ferma al 14,9%.

Ma come si sono suddivise le fette di mercato interno ed export nella prima parte di 2012? Le vendite domestiche, riferite al territorio nazionale che ricoprono una fetta pari al 21,2% delle vendite totali, si sono fermate nel 2012 a 501 milioni, con una diminuzione del 16,2% rispetto al 2011. Estendendo lo sguardo al mercato Ue, che vale per il 42,4% delle vendite totali del comparto,  la flessione si arresta invece al -1,4%.

Nel dettaglio, il mercato che maggiormente ha risentito della crisi è stato quello greco (-40,9%), ma va specificato che l’export ellenico riguarda una fetta esigua del fatturato totale (1%). Maglia nera anche a Portogallo, Irlanda e Spagna, con flessioni stimate tra il -25 e il -16%. Il rigore imposto dal governo tedesco ha garantito un +9% nelle vendite del comparto ceramica in Germania che, un mercato che rappresenta una quota pari 10,5% delle vendite totali, performance positiva doppiata solo in Europa dall’Austria, che ha segnato +13,6%, ma che dispone di una fetta più esigua nella quota export (2,7%).

Estendendo lo sguardo fuori dal mercato Ue e verso i Paesi Emergenti, il dato che maggiormente colpisce riguarda l’area del Golfo Persico: il Medio Oriente segna un balzo in avanti del +43,7%, seguito a distanza solo dai mercati di Australia e Oceania, che hanno invece registrato nei primi 6 mesi del 2012 una crescita  pari al +20,3%. Ottime performance anche per il continente Africano che ha chiuso con un +16,5%, mentre al secondo posto fra i mercati più interessanti per l’export di ceramiche made in Italy si confermano il Sud America (+18,4%) e gli Usa (+17,8%).  A registrare la crescita più contenuta infine, come era facilmente prevedibile, il mercato del Far East (11,2%), principale produttore di ceramiche nel mondo.

Alessia CASIRAGHI

 

Cresce l’importazione di vino in Italia

L’andamento delle importazioni di vino in Italia, registrato per tutto il 2011, va di pari passo con le esportazioni. Se, infatti, l’export ha segnalato un incremento del 12% annuo, le importazioni sono cresciute del 14%.
Ma se in percentuale si equilibrano, il volume d’affari non è certo alla pari.
Con 300 milioni di euro, l’import non è certo a livello dei 4,4 miliardi di euro dell’export, come era prevedibile.

Ma cosa importiamo, e da chi?
Ad entrare in Italia sono soprattutto spumanti e vini sfusi.
Per quanto riguarda i primi, i prodotti chiave rimangono Champagne e Cava, con un incremento dei volumi del 18% a 120 mila ettolitri.
I vini sfusi sono cresciuti del 28% a 92 milioni di ettolitri, a fronte di un quasi raddoppio del volume importato a 2 milioni di ettolitri. Tale incremento continua nei primi 2 mesi del 2012 e proprio questo andamento sostiene le importazioni di vino, che altrimenti sarebbero scese.

I principali mercati da cui importiamo sono sempre la Francia, gli USA e la Spagna, con il Portogallo in aumento.
Tra questi mercati, quello che ha registrato la maggior crescita è stato lo spagnolo, anche se la Francia rimane quello maggiore, con nel complesso il 57% delle importazioni, contro il 20% della Spagna.

Vera MORETTI

Veicoli commerciali: la crescita continua, ma ancora per poco

di Vera MORETTI

L’ACEA, Associazione europea dei costruttori di autoveicoli ha diramato i dati riguardanti le vendite di mezzi commerciali, industriali e autobus nel mese di novembre nel mercato continentale (area UE27).

Il bilancio può essere definito positivo, dal momento che sono state immatricolate 161.670 unità con un aumento dell’8,4%. Questo risultato lo si deve soprattutto a Germania, che ha registrato un personale +18.9%, Regno Unito, +18% e Francia, +5,9%.

Il totale delle unità vendute tra gennaio e novembre è di 1.769.994 unità, pari ad una crescita del 10,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. ACEA sottolinea che nell’Unione dei 27, dalla quale sono esclusi Malta e Cipro, i cui dati non sono disponibili, a contribuire a questa crescita sono stati soprattutto Paesi come la Francia, +9,9%, e la Gran Bretagna (+19,4%).

Nonostante ciò, comunque, bisogna ricordare che tali dati non risentono ancora dell’ondata di crisi che ha colpito anche questa fetta di mercato, ma già qualcosa si presagisce, considerando che, se la crescita nel mese di novembre era del 9%, quest’anno, nello stesso periodo, è del 10,8%, con un +1,8% che fa intendere quale potrebbe essere la tendenza per i prossimi mesi.

Più evidente è la crescita in altre zone d’Europa, con Lettonia e Lituania in testa, che registrano rispettivamente +169,6% e +105,2%. A seguire Estonia, +82,8%.
Sono andate male, invece, Grecia, – 44,8%, Portogallo, – 25,3%, Bulgaria, -8,2%, Spagna, -5,9% e Italia, -0,7%.

Considerando nel dettaglio i vari comparti, i modelli commerciali fino a 3,5 tonnellate è calato, in Italia, del 2,1%, in controtendenza con le stime europee, che parlano di un +8%.
Anche il mercato dei mezzi per merci con portata superiore a 3,5 tonnellate in Europa è ancora positivo, ma sta comunque rallentando. Nel mese scorso la crescita è stata infatti del 10,5%, mentre da gennaio a novembre l’incremento è stato del 29,7%. Per l’Italia invece novembre è in calo dello 0,4% e il consuntivo a fine novembre mostra ancora un incremento del 6,2%.
Diversa è la situazione per quanto riguarda gli autobus, che ha registrato una crescita del 29,5%, con un calo a livello europeo dello 0,9%.