Federalimentare: no all’aumento dell’Iva

Il potere di acquisto delle famiglie, già ridotto all’osso dalla crisi economica, rischia di diminuire ulteriormente a causa dell’imminente aumento dell’Iva, che dovrebbe passare da 21 a 22%.

La disamina è di Federalimentare, che ha voluto, nella persona del suo presidente, Filippo Ferrua Magliani, lanciare l’allarme alla vigilia delle decisioni importanti che il Governo dovrà prendere: “Il passaggio dell’IVA dal 21 al 22% coinvolgerebbe oltre il 30% del carrello della spesa alimentare, pari a circa 70 miliardi di Euro. E ad essere colpite sarebbero soprattutto le famiglie a basso reddito dove il peso dell’alimentare sulla spesa complessiva sale dal 17% fino al 25-30%”.

Si tratta, inoltre, di una stima prudente, poiché non considera gli effetti moltiplicatori dell’aumento dell’IVA, capaci di colpire l’intera filiera, con alcuni alimenti più vulnerabili di altri.
Ad esempio, a rischio di rincaro ci sono acque minerali, caffè e tè, vino, birra, succhi di frutta, limonate, cole e altre bevande gassate, fino al cibo per cani e gatti.

Senza contare le ripercussioni che ciò avrebbe sulla nostra economia: gli italiani si vedrebbero costretti a tagliare sulle spese, facendo tardare ancora la ripresa, assolutamente necessaria per rimettersi in carreggiata.

Conclude Ferrua Magliani: “Questa zavorra non è sopportabile ne per le tasche dei consumatori ne per l’industria alimentare, che sta vivendo una congiuntura difficile, con prospettive di ripresa lenta e sofferta rimandate, nella migliore delle ipotesi, al 2014. Inoltre l’impatto di questo provvedimento sarebbe tanto più grave in quanto accelererebbe e rafforzerebbe la tendenza alla flessione dei consumi alimentari delle famiglie, che da inizio 2013 stanno subendo il calo più marcato dall’inizio della crisi: -4,5% in valori costanti, quasi la meta’ del calo accumulato nell’ultimo quinquennio”.

Vera MORETTI

Confcommercio boccia l’aumento dell’Iva

Dopo avere ripetutamente dichiarato che il primo obiettivo della spending review e della legge di stabilità sarebbe stato quello di evitare, a partire dal prossimo mese di luglio, l’aumento di due punti percentuali delle aliquote IVA, il Governo ha deciso, nella seduta del Consiglio dei Ministri di ieri conclusasi a notte avanzata, di procedere alla riduzione di un solo punto dei programmati aumenti IVA e, contestualmente, di ridurre di un punto l’aliquota Irpef sui primi due scaglioni di reddito. E’ il caso di dire che la notte non ha portato consiglio“.

Bocciata su tutta la linea da parte di Confcommercio-Imprese per l’Italia la manovra elaborata dal Governo con la Legge di Stabilità che prevede un incremento per le aliquote Iva dal primo luglio 2013 dal 21 al 22%, per l’aliquota ordinaria e dal 10 all’11% per l’aliquota agevolata, cui fanno da contraltare le riduzioni delle aliquote Irpef dal 23 al 22% per il primo scaglione (fino a 15.000 euro) e dal 27 al 26% per il secondo scaglione (da 15.001 euro a 28.000 euro).

Per Confcommercio si tratta, infatti, di un duplice errore di metodo e di merito: di metodo, perché gli obiettivi fondamentali dell’azione di politica economica del Governo non possono essere repentinamente rimessi in discussione; di merito, perché l’aumento dell’aliquota IVA del 10 per cento all’11 % e dell’aliquota Iva del 21% al 22 %, in un contesto ancora pienamente recessivo e segnato dall’estrema debolezza della domanda interna, genererà effetti pesantissimi a carico dei consumi e degli investimenti, delle imprese e dell’occupazione. Effetti che non saranno neppure compensati dalle riduzioni IRPEF, posto che gli aumenti IVA incideranno maggiormente proprio sugli scaglioni di reddito più bassi, a partire dai soggetti fiscalmente incapienti”.

Secondo le stime elaborate da Confcommercio l’aumento dell’Iva comporterà nel 2014 una perdita dei consumi correnti tra 5 e 7 miliardi di euro. In particolare i 5 miliardi ‘guadagnati’ dalla riduzione delle imposte dovute all’Irpef verranno largamente mangiati dall’incremento dell’Iva, che su base annua si aggirerà attorno ai 7 miliardi di euro. In questo scenario, destinata a crescere infatti è l’inflazione:la modificazione di tutti i prezzi dovuta all’incremento dell’Iva, che comporterà un gradino di 8 decimi di punto nel luglio 2013, per un’inflazione che passerà nella media del 2013 dal previsto +1,8% a +2,2%, ridurrà il valore, in termini di potere d’acquisto, di tutti i risparmi attualmente detenuti dalle famiglie – continua Confcommercio. – E’ verosimile una riduzione dei consumi nel 2013 rispetto allo scenario di base (-0,8%) di un ulteriore decimo di punto (quindi a -0,9%). Ovviamente gli effetti sul 2014 sono ben peggiori e quantificabili complessivamente in 3-4 decimi di punto (da +0,5 a +0,1-0,2%). L’inflazione nel 2014 passa dal 2,0% dello scenario di base a 2,4% dello scenario con incremento Iva”.

L’inasprimento dell’aliquota IVA ridotta penalizzerà poi prodotti alimentari, e ricadrà a domino sull’impresa turistica e sul settore delle ristrutturazioni edilizie: “evidentemente il Governo non ha considerato che i turisti stranieri non godono della riduzione delle nostre aliquote Irpef mentre dovranno pagare di più per i prezzi interni che cresceranno perché l’Iva aumenta dal 10% all’11%” sottolinea Confcommercio.

Il presidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia Carlo Sangalli ci tiene poi a sottolineare che la decisione dell’aumento dell’Iva non è stata discussa tra Governo e parti sociali: per ridurre la pressione fiscale, che in Italia pesa per il 55%, la via maestra da perseguire è quella della lotta all’evasione e all’elusione fiscale,così pure devono andare avanti i processi di dismissione del patrimonio pubblico e le semplificazioni per abbattere la tassa della burocrazia”. La strada per la crescita è ancora lontana.

Alessia CASIRAGHI

Foccillo: “Il potere d’acquisto è sempre più in calo”

“L’ulteriore riduzione delle vendite al dettaglio anche per questo mese è l’ennesima dimostrazione di come sia sempre più sensibile nella vita degli italiani il calo del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, aggravata da una tassazione sempre piu’ insopportabile e da una continua caduta dell’occupazione”. E’ il commento del segretario confederale Uil Antonio Foccillo ai dati Istat sul commercio al dettaglio diffusi ieri mattina.

“Bisogna prevedere – continua Foccillo – un intervento immediato e deciso per la riduzione, almeno, della tassazione su stipendi e pensioni, invece di pensare a fantasiosi interventi di taglio delle tredicesime che aggraverebbero ancora di più la situazione” conclude.

Crisi e famiglie, le strategie per resistere

Più vulnerabili e meno ricche. Le famiglie italiane si ritrovano ogni giorno a fare i conti con la crisi. Meno uscite – al cinema, al ristorante, nei locali – meno shopping e mete meno invidiabili per trascorrere le proprie vacanze. La conferma arriva anche dall’ultimo rapporto Istat 2012, diffuso in questi giorni, che registra come il potere d’acquisto delle famiglie italiane sia passato dai 130,2 miliardi del 2007, l’ultimo anno precrisi, ai 93,4 miliardi nel 2012.

Ma questa riduzione come ha inciso sulle abitudini quotidiane dei cittadini? Dove si cerca di risparmiare maggiormente? Infoiva ha scelto di chiedere ai diretti interessati, per capire come la crisi abbia influenzato stili di vita e tempo libero degli italiani. Che non si concedono più lussi, nemmeno quello ci credere che le riforme dell’attuale Governo possano davvero aiutarli a crescere. Ecco il video: vi riconoscete in queste storie?

Alessia CASIRAGHI

Cala il potere d’acquisto del 10%

di Vera MORETTI

Alberto Morselli, segretario generale Filctem Cgil, chiamato ad esprimere un parere circa i rincari previsti per l’energia e le misure previste dal decreto “Salva Italia”, ha fatto pollice verso sui provvedimenti che, per risanare la situazione economica italiana, ricorrono alla leva fiscale.

Le sue parole, infatti, sono state molto dure al riguardo: “L’aumento dei costi energetici si va a sommare al differenziale, mediamente sul 30%, tra l’Italia e il resto dell’Europa. E’ un ulteriore aumento che va ad appesantire la bolletta energetica del nostro Paese per le imprese e per le famiglie. Sommando i vari aumenti, come il pedaggio autostradale e altri servizi, si calcola una perdita attorno al 10% del potere d’acquisto per un salario medio di lavoratori dipendenti”.

E ciò che preoccupa ulteriormente Morselli è che le aziende erogatrici dei servizi elettrici non sono più solo quelle municipalizzate. Con l’abbattimento del monopolio, infatti, se da una parte è stato possibile per molti italiani scegliere un’erogazione diversa, dall’altra non è possibile verificare l’esattezza e l’efficienza delle aziende private che hanno sostituito quelle “vecchie”, e ciò potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio.

Le società multi servizi italiane, ribadisce Morselli, sono, soprattutto al Nord, indipendenti e perfettamente autonome per quanto riguarda la gestione industriale, ma ne esistono alcune che necessiterebbero, invece, di un aiuto esterno. Il governo, dunque, viene chiamato ad intervenire in merito, “perché la gestione industriale sia la più efficiente possibile”.

Il segretario generale della Filctem Cgil, poi, affronta il problema delle pensioni,
che interessa in particolar modo i lavoratori precoci, pesantemente penalizzati dalla manovra di fine anno. Insomma, a Morselli il nuovo governo proprio non piace, e lo accusa di essere “non forte con i forti, ma forte con i deboli”.

Allarme Confcommercio: Italia già in recessione

Variazioni congiunturali negative su Pil e consumi sono attese già tra il terzo e il quarto trimestre 2011. La recessione per l’Italia è già alle porte, o meglio ha già girato la chiave della serratura. Secondo le stime di Confcommercio, che ha effettuato un’indagine sui consumi degli italiani in vista del Natale, già nel 2012 sono attese variazioni negative sul Pil (- 0,6%) e sui consumi degli italiani(- 0,3%). Per il 2013 si prevede un lievissimo rialzo del prodotto interno lordo dello 0,3%. Le precedenti stime di Confcommercio per il 2012 si attestavano invece sul +0,3% per il Pil e un +0,4% per i consumi.

La recessione è già cominciata. Il calo tendenziale (-0,5%) e congiunturale (-0,8%), rilevati a ottobre 2011 sarebbero, secondo Confcommercio, la “spia” di un probabile avvio, nel terzo trimestre, di una fase di contrazione dei consumi delle famiglie la cui entità non sembra trascurabile e che sarebbe destinata a proseguire anche nella prima parte del 2012. L’associazione ci tiene a precisare che si tratta per il momento di valutazioni ancora “grezze e approssimative”, ma quel che è certo è che con l’aumento delle tasse, la reintroduzione dell’Ici e il maggior sgravio fiscale destinato a incombere sulle famiglie, gli italiani spenderanno meno. Le maggiori imposte comprimeranno infatti il reddito disponibile e l‘occupazione non crescente, il clima sfiducia e la contrazione del potere d’acquisto faranno il resto.

“Le difficoltà sono evidenti. Ma speriamo che le vendite possano reggere perché regge ancora il clima di fiducia delle famiglie – ha affermato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. – Quello che ci preoccupa è il nuovo consistente calo dei consumi, che tra settembre e ottobre ha di fatto azzerato gran parte del recupero registrato nei mesi estivi, e il permanere, a livello nazionale e internazionale, di uno scenario di emergenza“.

Alessia CASIRAGHI

Confcommercio: spese fisse sempre più alte per le famiglie italiane

Un’analisi effettuata dall’Ufficio Studi Confcommercio su come è cambiata negli ultimi quaranta anni l’incidenza delle spese obbligate sui consumi e sul potere di acquisto delle famiglie mette in luce una situazione che fa riflettere: tra il 1970 e il 2010 la quota di consumi assorbita dalle cosiddette spese obbligate (bollette, affitti, servizi bancari e assicurativi, carburanti…) è quasi raddoppiata ed è passata dal 23,3% sul totale dei consumi a poco meno del 40%. Nello stesso periodo, la quota di consumi “liberi” delle famiglie – quelli per beni e servizi commercializzabili – si è ridotta dal 76,7% al 61,2%, con una forte contrazione per gli alimentari la cui quota si è più che dimezzata, dal 36,1% del 1970 al 15,1% del 2010.

Entrando nel dettaglio dello studio, si scopre che tra le spese fisse, le maggiori quote, in valore, sono destinate all’abitazione (57,4%) e ad assicurazioni e trasporti (25%). Quanto alle dinamiche dei prezzi, i consumi obbligati hanno mostrato, tra il 1970 e il 2010, un’inflazione mediamente superiore al 60% rispetto a quella delle spese libere. Gli over 65 che vivono da soli destinano ai “consumi di base” oltre i tre quarti della spesa media mensile. Sul totale dei consumi liberi, le coppie senza figli spendono più di un terzo per i servizi; per le famiglie numerose con 3 o più figli, invece, quasi i tre quarti delle spese libere se ne vanno per l’acquisto di beni, soprattutto alimentari. Secondo il direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella, la crisi attuale, almeno fino al luglio scorso “era una crisi di produzione e reddito, non di consumi“. Ma la caduta della fiducia dei consumatori che si è registrata ad agosto comporta un grave rischio, ovvero “una nuova recessione se le famiglie ridurranno la propensione al consumo“. Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “lo studio ci indica qual è la situazione reale del Paese: bassa crescita, consumi stagnanti, redditi fremi, tassazione alta, aumento delle spese obbligate. E ci dice che sono molti i settori con ampi margini per una maggiore apertura alla concorrenza“.

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Confesercenti: crisi, la ripresa non arriva nemmeno nel 2012

Un Pil che fatica a raggiungere il +0,4%, i consumi delle famiglie italiane in caduta libera e l’export che dimezza per il prossimo anno l’attuale +4%. Una radiografia impietosa dell’attuale stato dell’economia italiana quella che emerge dal rapporto Ref-Confesercenti, che non lascia spazio a false speranze nemmeno per il 2012.

Un’economia ferma o quasi, che impone scelte rapide e decise soprattutto sul versante della spesa‘, così si legge nel rapporto stilato da Confesercenti.

La situazione si fa meno allarmante sul piano della disoccupazione, in calo dal 8,2% del 2011 al 7,9% per il 2012, mentre le previsioni sul debito pubblico segnano una diminuzione dal 120,5% del 2011 al 119,8% per il 2012.

I dati restano comunque preoccupanti, mentre i consumi delle famiglie registrano una netta diminuzione dal +0,6% del 2011 al +0,3% previsto per il 2012. La ripresa economica ha infatti tardato a manifestare i suoi effetti sui consumi a seguito dell’aumento dell’inflazione determinato dai rincari nei prezzi delle materie prime. Tale aumento ha ridimensionato il potere d’acquisto del reddito delle famiglie proprio quando il ciclo economico stava invertendo la rotta.

Le famiglie italiane subiscono i contraccolpi della politica fiscale, incrementati dalla manovra Iva da 4 miliardi, che penalizzerà ancor più la spesa dei cittadini. ‘Molte famiglie hanno esaurito l’ammortizzatore rappresentato dal flusso di risparmio, e la crisi ha anche ridimensionato la platea dei soggetti che possono contare sull’aumento del grado di indebitamento per sostenere il tenore di vita. Man mano che le famiglie interiorizzano che le prospettive di medio termine sono poco promettenti, potrebbe anzi verificarsi anche un nuovo aumento della quota di risparmio di natura precauzionale, finalizzata a fronteggiare eventuali shock inattesi sul reddito.’

Un andamento relativamente debole delle esportazioni e la crescente tendenza della domanda interna ad essere soddisfatta attraverso incrementi delle quantità importate hanno poi determinato una diminuzione della competitività dell’economia italiana sul mercato estero.

Alessia Casiraghi