Fallimenti e privatizzazioni, lo Stato ci prova…

Nel corso di questa nostra settimana dedicate alle imprese italiane in crisi e all’uso distorto delle procedure prefallimentari, abbiamo cercato di delineare meglio una situazione sempre più caotica e in alcuni casi drammatica. Abbiamo appurato come il ricorso al concordato preventivo sia spesso una scorciatoia per non rispettare gli impegni presi, soprattutto se non si raggiunge una percentuale di soddisfacimento dei creditori almeno del 25- 30%, ma come spesso accade il reale problema è la capacità di prevedere il futuro dell’azienda che accede al concordato e capirne il vero valore sul mercato.

Per evitare il drammatico fallimento di aziende storiche italiane, creature e proprietà dello Stato, negli ultimi anni la tendenza è stata quella di privatizzare quelle in oggettiva e irrimediabile difficoltà economica, ma in pochi casi l’imprenditoria nazionale ha saputo cogliere l’opportunità immensa del trasferimento di centinaia di imprese dalla proprietà pubblica alla mano privata. Inutile ricordare come gli affari migliori negli scorsi anni furono realizzati dalla famiglia Benetton, che in tre diverse tornate si aggiudicò Autostrade, Autogrill e Gs.

In questi giorni sul tavolo del consiglio dei ministri sono in ballo privatizzazioni per ben 12 miliardi di euro, partendo dalle cessioni di quote minoritarie di Cdp Reti, Stm, Enav, Fincantieri e successivamente anche del 3% dell’Eni (che da sola porterà 2 miliardi), che in parte andrebbero per la ricapitalizzazione della Cassa depositi e prestiti e alla riduzione del debito pubblico nel 2014. “Contiamo che tutto ciò possa possa dare risultati in tempi brevi, ma abbiamo intenzione di privatizzare anche altri soggetti per i quali sarà necessaria un’istruttoria di più lunga durata” ha dichiarato ieri il premier Letta. Ma la partita rimane complicatissima, trovare un compratore, che sia possibilmente quello giusto, non sembra propriamente un gioco da ragazzi…

Jacopo MARCHESANO

Liberalizzazioni: 1000 euro in più nelle tasche degli italiani

Mentre i tassisti si preparano a scioperare nelle più grande città italiane e i farmacisti sono già sul piede di guerra da mesi, l’Adiconsum ha già calcolato quanto le liberalizzazioni previste dalla nuova manovra potranno farci risparmiare nel 2012.

Secondo l’associazione di difesa dei consumatori il risparmio medio per famiglia italiana sarà di 1000 euro. Così suddiviso:

  • 70 euro per i farmaci
  • 350 euro per il commercio
  • 250 euro per benzina e diesel
  • 400 euro grazie alla liberalizzazione delle professioni.

Un bottino notevole, quasi una mensilità per uno stipendio minimo, che tornerà nelle tasche delle famiglie italiane già messe in ginocchio dalla crisi.

Liberalizzare è questa allora la chiave delle rinascita economica italiana? “E’ necessario liberalizzare e non privatizzare gli asset fondamentali e necessari per lo sviluppo del nostro Paese” ci tiene a precisare Pietro Giordano, segretario generale Adiconsum.

“Le privatizzazioni sono state pagate pesantemente dai consumatori e hanno arrecato danni enormi al Paese – continua Giordano. – Non e’ possibile vendere, o peggio svendere, le strutture e le aziende pubbliche dell’energia, ne’ privatizzare le Poste o le ferrovie. Le reti (ferroviarie, telefoniche, energetiche, ecc.) devono rimanere saldamente in mano pubblica e le aziende che ne usufruiscono, devono pagare il giusto onere allo Stato, che cosi’ potrà effettuare investimenti e dare impulso allo sviluppo delle stesse reti”.

Maggior controllo da parte delle Istituzioni e da parte delle Associazioni dei Consumatori sui servizi pubblici liberalizzati, si auspica Giordano.

“Si migliori lo strumento della class-action, rendendolo un mezzo di tutela collettiva piu’ gestibile dalle Associazioni Consumatori e quindi più efficace”.