Svelati i natali del Prosecco, sono triestini

Vi siete mai chiesti quale sia l’origine del Prosecco? E il perché del nome? Molti di voi amano le bollicine di questo pregiato vino ma pochi forse sanno che i natali del vino, attualmente prodotto in Veneto e Friuli, in realtà sono triestini.

Le prime attestazioni sono antecedenti al XVI secolo e narrano di un vino di Prosecco, paesino in provincia di Trieste,che  anticamente era chiamato “ribolla”. Era un vino assai apprezzato, tanto che anche la letteratura lo ha celebrato.  In un sonetto dedicato ai vini di Ermes di Colloredo (XVII secolo)infatti, si legge: “ci doni il Friuli il vino di cui porta il vanto”.

La fama del prosecco già nell’antichità era diffusa oltre i confini regionali,  nel 1781 infatti veniva comprato dai “coriziani e dai cragnolini”, ovvero dagli austriaci di Carinzia e dagli sloveni; è quanto riportato all’interno di alcuni documenti di “censimenti vinicoli”, risalenti all’epoca in cui regnava  l’imperatrice Maria Teresa.  Il vino più pregiato di Trieste era riconosciuto al punta tale che verso la fine dell’800, la Società dell’Agricoltura di Trieste stabilisce un’ordinanza per la salvaguardia della produzione e lo smercio di vini spumanti di Prosecco, per arginare la concorrenza dell’estero

Il Prosecco inoltre nell’800 era già uno dei protagonisti delle numerose fiere vinicole, dove il vino era tra i più pregiati e apprezzati. Una storia che si ripete.

 

 

 

Se il prosecco arriva sulle note del tango

 

La guerra al Prosecco ‘tarocco’ è appena cominciata. E poco importa se si tratti di brasiliano, neozelandese o made in Melbourne, spacciarsi per bollicine nostrane non va già ai produttori di vino e prosecco DOP.

L’ultimo in ordine di arrivo è il famigerato Prosecco di Buenos Aires: note tanguere, bouquet speziato con un retrogusto di pampa e note di fondo che evocano la Terra del Fuoco. “Noi produttori di vero Prosecco DOP siamo arcistufi. Quello scovato a Buenos Aires e’ solo l’ultimo caso, in ordine di tempo, di Prosecco ‘tarocco’”: sono le parole con cui Mirco Battistella, produttore 27enne veneto delle celebri bollicine trevigiane, denuncia l’ultima scoperta enologica proveniente dalla Slovenia. Nel corso di  ‘Slovenian Wine Event’, la kermesse enogastronomica organizzata dall’Hotel Kempinski Palace è stato scoperto un Prosecco spacciato per made in Italy e commercializzato in Sudamerica, con tanto di leone marciano come logo in etichetta, prodotto da uve coltivate nella campagna attorno alla città argentina di Mendoza, al confine con il Cile.

Anche l’Argentina ci scippa il Prosecco – prosegue Battistella.Siamo arrabbiati e demoralizzati, mentre nell’azienda Battistella e in centinaia di altre piccole e grandi aziende italiane si produce del Prosecco DOP – vino a denominazione protetta tutelato dalla UE ndr – rispettoso di un rigido disciplinare, garanzia di qualità per il consumatore, in Argentina, viene prodotto un vino ‘metodo classico’ dal nome ‘Proseccus Vino Espumoso Prosecco’ che del vero Prosecco DOP ha davvero poco se non il nome”.

Battistella denuncia la situazione in cui si trovano ad operare i produttori di Prosecco DOP: “Da una parte ci troviamo costretti ad operare in un mercato nazionale e internazionale che valorizza bollicine sempre più economiche, talvolta ‘veicolate’ con il nome prosecco, anche se in etichetta la magica parola Prosecco non e’ inserita: bensì si leggono ‘Glera’ o nomi di fantasia. Stiamo vivendo, infatti, un abbassamento costante dei prezzi, fenomeno allarmante e, negli ultimi 12 mesi, sempre più frequente e tendente a dinamiche di dumping. Dall’ altra l’attuale contesto normativo non e’ in grado di tutela, e quindi valorizzare, all’ estero le peculiarità della Denominazione: il nome ‘Prosecco’ ad esempio

E il tema dell’Italian sounding è tra le questioni poste al centro dell’incontro che si è tenuto il 12 dicembre a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, e i rappresentanti delle maggiori organizzazioni della filiera agroalimentare nazionale: Sergio Marini, presidente di Coldiretti, Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, Giuseppe Politi, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori, Franco Verrascina, presidente di Copagri, Maurizio Gardini, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane – settore Agroalimentare, e Filippo Ferrua Magliani, presidente di Federalimentare.

Qualche numero: l’italian sounding “scippa” al nostro paese 50 miliardi, con 2 prodotti alimentari su 3venduti all’estero che di italiano hanno soltanto il nome. La pirateria agroalimentare è il nuovo fenomeno da combattere, almeno a suon di bollicine.