In calo le vendite dei veicoli commerciali

di Vera MORETTI

Il centro studi dell’Unrae, l’Associazione delle case automobilistiche estere in Italia, ha reso noto i dati delle vendite dei veicoli commerciali, che non dicono nulla di buono.
Nel primo bimestre del 2012, infatti, il settore ha registrato una flessione del 30,1%, pari a 22.410 immatricolazioni, rispetto alle 32.062 del gennaio-febbraio dello scorso anno.

La recessione e la stretta creditizia sono indicate come le maggiori responsabili di questo vertiginoso calo che, se si considera solo il mese di febbraio, ha registrato l’immatricolazione di 11.435 veicoli, il 28,3% in meno rispetto allo stesso mese dello scorso anno.

Il direttore generale dell’Unrae, Romano Valente, ha dichiarato : ”I veicoli commerciali risentono fortemente della situazione economica generale e dello stato di recessione in corso. In particolare le problematiche legate al credit crunch incidono pesantemente sul settore e sulle capacità di investimento delle piccole e medie imprese clienti, acquirenti tipici di veicoli commerciali“.

Per questo motivo, si auspica che si dia ascolto alle raccomandazioni provenienti dai governatori della Banca d’Italia e della Bce, rispettivamente Ignazio Visco e Mario Draghi, di “introdurre sul mercato finanziario i 139 miliardi di euro erogati al tasso dell’1% al sistema bancario italiano“.

Secondo Valente, questo è l’unico modo per assistere ad una ripresa nei mesi futuri.

Anche l’Abi si unisce al coro: 2012 = recessione

Non bastavano Confindustria, i consumatori, le associazioni di categoria. Ora al coro dei catastrofisti si unisce anche l’Abi: secondo l’associazione delle banche italiane, l’Italia sarà in recessione nel 2012 con un Pil in calo dello 0,7%: per il 2013 è prevista invece una modesta crescita dello 0,2%.

Certo, se il consesso dei gufi si fa sempre più folto significa che qualcosa di vero su cui gufare c’è, e non lo neghiamo; ma una sana iniezione di ottimismo, ogni tanto e soprattutto in un momento come questo, non guasterebbe.

Comunque, nel dettaglio, secondo il Rapporto Afo per il 2011-2013 pubblicato dall’Abi, l’Italia dovrebbe chiudere l’anno con una crescita che non supererà lo 0,6% e sarà in recessione nel 2012 e in stagnazione nel 2013. Un trend influenzato ma non determinato dal decreto ‘Salva Italia’, per il quale il Rapporto ha comunque parole di apprezzamento: “Il nostro governo con il decreto Salva Italia ha fatto la prima mossa nella direzione giusta. Ora è necessario che tale sforzo sia accompagnato da risposte a livello comunitario finalmente credibili, risposte da vero Stato Europeo“, vi si legge. Secondo le stime dell’Abi, la manovra di dicembre determina una riduzione della crescita per 4 decimi di punto, ripartiti tra il 2012 e il 2013.

Il tasso di disoccupazione, secondo il Rapporto Abi, rimarrà molto al di sopra dell’8% e sopra il dato del 2010 per tutto il triennio di previsione, a causa di una riduzione degli occupati nel biennio finale della previsione, mentre parziale contrasto fornirà una leggera riduzione delle forze di lavoro.

Alla luce dell’esperienza degli ultimi due mesi – si legge ancora nel Rapporto, disegniamo un profilo di rientro degli spread sovrani decisamente meno rapido di quanto fatto nel nostro precedente Rapporto e, soprattutto, imponiamo a regime uno spread tra i nostri titoli sovrani e quelli medi dell’area più elevato, per 6-7 decimi di punto, rispetto a quello registrato nel 2011“.

Non buone neppure le previsioni sulla redditività delle banche italiane, quest’anno al minimo storico. “Quest’anno il Roe dovrebbe segnare con lo 0,3% un nuovo minimo storico – dice il Rapporto –. Negli anni successivi prevediamo una lieve ripresa che, però, non sarà in grado di modificare in modo significativo il livello della redditività: al 2013 il Roe si collocherà al 3%“. Una redditività che deve fare i conti anche con le pressioni della crisi finanziaria: “nel triennio di previsione il valore degli accantonamenti sarà pari a 54 miliardi di euro – prosegue il Rapportodopo un’ulteriore contrazione attesa per quest’anno, il margine di intermediazione dovrebbe avere un incremento intorno al 4% nel biennio finale di previsione, risultato non sufficiente a recuperare le perdite reddituali: al 2013 il flusso complessivo di ricavi netti nel settore bancario risulterà inferiore di 8 miliardi di euro rispetto ai valori pre-crisi“.

Nei prossimi mesi l’operatività delle nostre banche sarà ulteriormente stressata dall’imposizione di vincoli ancora più stringenti sui requisiti patrimoniali in seguito alle recenti deliberazioni dell’Eba che richiedono, entro il giugno 2012, una crescita al 9% del Ct1 ratio accompagnato dalla costruzione di un ‘buffer’ patrimoniale a fronte di una svalutazione dei titoli sovrani nel portafoglio bancario“.

Chi va con il gufo impara a gufare, ma chi vuole vedere il positivo al di là del negativo può anche lavorare per migliorare le cose. Del resto, lo cantavano anche i Pooh: “Il cielo è blu sopra le nuvole“.

Confindustria: la recessione è già iniziata

Il Centro Studi di Confindustria lancia l’allarme: in Europa è arrivato “l’inverno della recessione” che “in Italia è iniziata prima e risulterà più marcata“. Le cifre? Una su tutte, la flessione del Pil: -2% punti percentuali tra l’estate 2011 e la primavera 2012.

Il Centro Studi evidenzia “quanto la crisi abbia falcidiato i posti di lavoro tra i giovani (-24,4% per i 15-24enni, -13% per i 25-34enni da metà 2008 a metà 2011; + 6,6% per gli over 45enni)“. Penalizzati “i maschi (-3,4%; zero tra le donne) e chi ha una minore istruzione (-10,6% per quanti hanno solo la licenza media, +3,1% per i diplomati, +3,9% i laureati)“.

Secondo Confindustria è “molto probabile che si attenui il reintegro delle persone in Cig, aumentino i licenziamenti, il tasso di disoccupazione salga più velocemente e raggiunga il 9% a fine 2012“. Ma il dato globale non lascia spazio alla fantasia: con un ulteriore calo di 219mila occupati, il biennio 2012-2013 si chiuderà con un –800mila lavoratori dall’inizio del 2008.

Dice ancora il Centro Studi che “la pressione fiscale raggiungerà livelli record: 45,5% del Pil tra due anni, inclusi i tagli alle agevolazioni fiscali che dovranno scattare a partire dall’ultima parte del 2012“. “La pressione effettiva, che esclude il sommerso dal denominatore, supera abbondantemente il 54%“.

E la manovra varata dal governo Monti? Secondo Viale dell’Astronomia è “un primo passo nella direzione della crescita“, ma ne servono altre su “mercato del lavoro,ammortizzatori sociali, infrastrutture, costi della politica, semplificazioni amministrative, giustizia civile, istruzione e formazione, ricerca e innovazione, lotta a evasione accompagnata da abbattimento delle aliquote“.

Ma Confindustria non vede solo nero: “L’esito più probabile” della crisi è una ripresa “dalla tarda primavera 2012“. Il Centro Studi avverte che l’Italia sarà a un bivio “senza mezze misure” con dissolvimento dell’euro, fallimento di imprese e banche, milioni di posti lavoro persi, crisi del debito anche nei Paesi virtuosi.

Allarme Confcommercio: Italia già in recessione

Variazioni congiunturali negative su Pil e consumi sono attese già tra il terzo e il quarto trimestre 2011. La recessione per l’Italia è già alle porte, o meglio ha già girato la chiave della serratura. Secondo le stime di Confcommercio, che ha effettuato un’indagine sui consumi degli italiani in vista del Natale, già nel 2012 sono attese variazioni negative sul Pil (- 0,6%) e sui consumi degli italiani(- 0,3%). Per il 2013 si prevede un lievissimo rialzo del prodotto interno lordo dello 0,3%. Le precedenti stime di Confcommercio per il 2012 si attestavano invece sul +0,3% per il Pil e un +0,4% per i consumi.

La recessione è già cominciata. Il calo tendenziale (-0,5%) e congiunturale (-0,8%), rilevati a ottobre 2011 sarebbero, secondo Confcommercio, la “spia” di un probabile avvio, nel terzo trimestre, di una fase di contrazione dei consumi delle famiglie la cui entità non sembra trascurabile e che sarebbe destinata a proseguire anche nella prima parte del 2012. L’associazione ci tiene a precisare che si tratta per il momento di valutazioni ancora “grezze e approssimative”, ma quel che è certo è che con l’aumento delle tasse, la reintroduzione dell’Ici e il maggior sgravio fiscale destinato a incombere sulle famiglie, gli italiani spenderanno meno. Le maggiori imposte comprimeranno infatti il reddito disponibile e l‘occupazione non crescente, il clima sfiducia e la contrazione del potere d’acquisto faranno il resto.

“Le difficoltà sono evidenti. Ma speriamo che le vendite possano reggere perché regge ancora il clima di fiducia delle famiglie – ha affermato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. – Quello che ci preoccupa è il nuovo consistente calo dei consumi, che tra settembre e ottobre ha di fatto azzerato gran parte del recupero registrato nei mesi estivi, e il permanere, a livello nazionale e internazionale, di uno scenario di emergenza“.

Alessia CASIRAGHI

Imprese dei servizi di mercato e del commercio analizzati da Confcommercio

L’Ufficio Studi di Confcommercio ha analizzato il ruolo e l’evoluzione negli ultimi anni delle imprese dei servizi di mercato e del commercio evidenziando come negli ultimi decenni il macrosettore dei servizi abbia assunto un ruolo centrale nella nostra economia. Il documento evidenzia quali siano le difficoltà incontrate e le prospettive per il futuro: “Se l’ammontare complessivo di risorse destinabili ai consumi non cresce e se questo ammontare viene ulteriormente compresso dalla quota crescente di spese obbligate cui i cittadini devono fare fronte (es. bollette, affitti, utenze, ecc.), si comprende come le difficoltà incontrate dal commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio, siano di particolare gravità. Infatti, proprio queste spese, sostanzialmente al di fuori dalla potestà di scelta dei consumatori, sono cresciute in quota sui consumi totali dal 18,9% del 1970 al 29,5% del 2010. Uno degli effetti più visibili – l’altro è la riduzione dei margini delle imprese – di tali difficoltà, si riscontra dai dati di nati-mortalità delle imprese”.

Nel biennio 2009-2010 si sono registrate 129.664 cessazioni di attività al dettaglio che, a fronte delle oltre 98 mila nuove iscrizioni, hanno determinato un consistente saldo negativo, pari a -30.912 unità.il ruolo dei servizi e del commercio, pure in un contesto di stagnazione dei consumi, appare ancora vitale. Durante e dopo la recessione del 2008-2009, il commercio al dettaglio ha perso valore aggiunto per occupato nella misura dell’1,5%, in linea con l’economia nel complesso. La riduzione di occupazione nel settore (-2,3%), tuttavia, è stata inferiore sia a quella patita da altri settori (l’industria ha registrato un -10,5%), sia alla media dell’economia (-3,9%).

La concorrenza dei negozi al dettagli è elevata però nonostante questo occorre pensare ad una nuova produttività da giocarsi sotto 3 punti essenziali: “1) la liberalizzazione dei settori ancora protetti che assorbono risorse dal reddito disponibile dei cittadini, proponendo a prezzi troppo elevati soprattutto i consumi obbligati, e che implicano costi di produzione in eccesso per le imprese, in particolare le micro e piccole imprese e l’impresa diffusa; 2) il ritorno alla crescita dei consumi i quali, indirizzandosi per l’80% a produzione nazionale, sono lo stimolo che da troppo tempo manca per fare crescere il Pil; 3) lo sviluppo delle reti d’impresa e le politiche di incentivazione non discrezionale all’aggregazione tra imprese, non tanto in termini giuridici quanto, soprattutto, in termini organizzativi“.