Vado, fallisco, non torno

Niente da fare. Sembra proprio che l’emorragia di imprese non voglia cessare mai. Alla faccia di chi parla di ripresa e di luce in fondo al tunnel. Secondo i dati Cerved, società specializzata nell’analisi delle imprese e nella valutazione del rischio di credito, visionati dall’Ansa in Italia assistiamo a un nuovo record di fallimenti: quasi 10mila nei primi 9 mesi dell’anno. Bum. Il settore più colpito è quello dei servizi, con un aumento dei fallimenti del 14% rispetto all’anno precedente, seguito dal manifatturiero (+11%) e da quello edile (+ 9,7%).

Un aumento secco del 12% rispetto allo stesso periodo del 2012, mentre la crescita nel terzo trimestre è del 9%. A rincarare la dose, Cerved sottolinea che il numero di imprese è a livello “massimo osservato da più di un decennio nel periodo gennaio-settembre”.

La regione più colpita è la Lombardia, con 2.250 fallimenti nei primi nove mesi (+13%), male anche l’Emilia Romagna e il Veneto (+19%) e il Lazio (+15%), mentre fanno registrare dati in controtendenza la Liguria (-11%) e l’Umbria (-18%).

Le statistiche di Cerved rilevano che a portare i libri dal giudice sono soprattutto le società di capitale (+12%), le società di persone (+10%) e le altre forme giuridiche si attestano al +11%.

Un altro triste record è quello delle liquidazioni volontarie. Nel terzo trimestre del 2013 hanno avviato procedure di liquidazione volontaria 14mila aziende che non avevano precedenti procedure, il 5,3% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Da gennaio a settembre sono state oltre 50mila le liquidazioni. Ad aumentare sono state le liquidazioni delle società che non hanno depositato alcun bilancio negli ultimi 3 anni, mentre sono calate dello 0,9% le liquidazioni tra le società di persone. Aumenti a ritmi inferiori rispetto al 2012 per le liquidazioni tra le società di capitale che avevano almeno un bilancio valido nelle ultime tre annualità: sono state quasi 25mila le liquidazioni nei primi nove mesi dell’anno.

Al di là delle rilevazioni Cerved, secondo alcuni osservatori la causa di questo aumento non sarebbe dovuta solo alla crisi economica, ma anche alla legislazione che favorisce chi chiude per non pagare i debiti allo Stato.

Fallimenti, un 2013 nero. Come fare per invertire la tendenza?

di Davide PASSONI

Uno degli aspetti più odiosi che la crisi si porta con sé è quello dei fallimenti per i ritardati pagamenti. In Italia, infatti, sono oltre 3 milioni le imprese che soffrono di problemi di liquidità dovuti al ritardo dei pagamenti. Una cifra pari al 70% del totale. Le perdite per i mancati incassi toccano i 40,5 miliardi di euro all’anno.

Secondo la Cgia di Mestre, le cause di questo orrore tutto italiano vanno ricercate nei tempi medi di pagamento effettivi che intercorrono nelle transazioni commerciali con le altre imprese e con la Pubblica amministrazione. Nel primo caso, i giorni medi necessari per il saldo fattura sono 96; nel secondo caso, scandalo degli scandali, si arriva fino a 180 giorni. In entrambe le situazioni siamo maglia nera quando ci confrontiamo con i nostri principali partner economici dell’Ue. Il dato è stato ricavato dalla Cgia elaborando un’analisi condotta da Intrum Justitia.

I problemi legati ai ritardi nei pagamenti, ricorda la Cgia, sono all’origine di una moltitudine di problemi che le piccole imprese devono affrontare quotidianamente. La contrazione nell’erogazione del credito avvenuta in questi ultimi anni di crisi economica, nonché la dilatazione dei tempi con i quali le imprese (soprattutto quelle di piccola dimensione) vengono pagate dai propri committenti, hanno contribuito a mettere sul lastrico moltissime realtà. Grazie all’introduzione dell’Iva per cassa – che dal 1° dicembre di quest’anno consente alle aziende con un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro di versare l’Iva allo Stato solo dopo il pagamento avvenuto – e a una legge che dovrebbe ridurre i tempi medi di pagamento, le piccole imprese hanno qualche strumento in più per difendersi in questa fase economica così difficile. Ma la strada da percorrere è ancora lunga, visto che per educare lo stato ladro l’unica vera soluzione sarebbe quella di adottare forme di resistenza civile come lo sciopero fiscale.

Questo è solo uno dei fattori che, ogni anno, portano al fallimento e alla chiusura di migliaia di imprese. Anche questo 2013 non ha fatto eccezione e il 2014 arriva sotto il segno dell’incertezza. Questa settimana Infoiva cercherà di capirne di più.