Regime agevolato per gli impatriati: ulteriore estensione del beneficio

Il fenomeno migratorio dall’Italia verso l’estero e in particolare verso altri Paesi dell’Unione Europea ha portato nel tempo a un generale impoverimento dell’Italia in quanto colpita da bassa natalità e dalla perdita di maestranze. Per rendere l’Italia maggiormente attraente per gli italiani residenti all’estero, iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), si è pensato a un regime fiscale di favore, si tratta del regime impatriati. Lo stesso è stato oggetto di proroghe e con la nota 60353/2021  dell’Agenzia delle Entrate sono state rese note le modalità operative per esercitare l’opzione per la proroga del benefici.

Chi sono i lavoratori impatriati

Il regime di tassazione per i lavoratori impatriati è dettato dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015. Vi sono state poi ulteriori modificazioni con l’articolo 5 comma 2 bis del decreto legge 30 aprile 2019 n° 34, convertito in legge 28 giugno 2019 n° 58 e modificato da ultimo dall’articolo 1 comma 50 della legge 30 dicembre 2020 n° 178. I lavoratori impatriati sono soggetti che trasferiscono la residenza in Italia, a questi sono riconosciuti del benefici fiscali a patto che sussistano delle condizioni:

  1. l’attività lavorativa sia stata svolta prevalentemente in Italia;
  2. che il lavoratore non sia stato residente in Italia nei due anni precedenti e si impegni a restare in Italia almeno per i due anni successivi.

Il regime generale dei lavoratori impatriati prevede che nel periodo di imposta del trasferimento e nei successivi 4 periodi di imposta il reddito da lavoro dipendente o autonomo non viene calcolato al 100% ai fini dell’imposizione fiscale, ma viene calcolato al 30%. Questo regime è maggiormente agevolato nel caso in cui la residenza sia in una Regione economicamente svantaggiata, cioè Campania, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria, Sardegna, Sicilia e Basilicata. In questo caso il reddito si calcola addirittura al 10%.

Estensione del regime agevolato impatriati

Tali benefici ottengono l’estensione per ulteriori 5 anni per gli impatriati che hanno almeno un figlio minorenne a carico, oppure diventano proprietari di un’abitazione dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti al trasferimento.

Per il prolungamento i redditi sono calcolati al 50% o al 10% in concomitanza con la presenza di figli minorenni. Deve essere precisato che l’acquisto dell’abitazione si riconosce come criterio per il prolungamento del periodo di imposta agevolato anche nel caso in cui lo stesso abbia l’intestazione del coniuge o in comunione dei beni, o dei figli. Inoltre il requisito inerente la presenza in famiglia di figli minori si ritiene compiuto anche nel caso in cui trattasi di affidamento pre-adottivo.

L’obiettivo è facilitare lo sviluppo economico dell’Italia e in particolare delle zone del Sud e questo con il riconoscimento di importanti agevolazioni fiscali.

La legge di bilancio 2021 ha esteso l’applicazione del regime agevolato degli impatriati a coloro che hanno trasferito la residenza in Italia prima del 30 aprile 2020 e, al 31 dicembre 2019 .

Indicazioni operative per beneficiare dell’estensione del regime agevolato

Questo visto è il regime generale previsto per gli impatriati, ma l’Agenzia delle Entrate con la nota 60353 del 2021 ha chiarito le istruzioni per accedere a ulteriori 5 periodi di imposta con regime agevolato per gli impatriati. In questo caso è necessario però esercitare l’opzione per ottenere l’estensione del beneficio.

L’esercizio dell’opzione prevede un reddito imponibile:

  • al 10% per gli impatriati con un figlio minorenne o un immobile di proprietà;
  • un imponibile al 5% per coloro che hanno almeno 3 figli minorenni, anche in affidamento pre-adottivo, e un immobile di proprietà.

Nel secondo caso quindi i requisiti sono cumulativi, cioè devono sussistere contemporaneamente.

L’opzione si esercita attraverso il pagamento delle imposte con il modello F24 utilizzando il codice tributo 1860 per il versamento al 10% e 1861 per l’importo al 5%.

L’importo deve essere versato entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015” .

Obbligo di comunicazione dei requisiti

Per poter esercitare l’opzione il lavoratore dipendente, che quindi ha il datore di lavoro come sostituto di imposta, entro gli stessi termini visti in precedenza deve comunicare al datore di lavoro l’intenzione di aderire alla proroga del regime agevolato.

Nella comunicazione devono essere indicate:

  • le generalità del lavoratore impatriato che vuole usufruire delle agevolazioni comprese di codice fiscale;
  • l’indicazione di essere rientrati in Italia prima del 30 aprile 2019;
  • l’indicazione del primo anno per il quale sono state usufruite le agevolazioni;
  • in caso di acquisto di un’abitazione, gli estremi identificativi dell’immobile;
  • le generalità degli eventuali figli minorenni a carico;
  • l’ammontare dei redditi;
  • l’impegno a comunicare al datore di lavoro eventuali modifiche della propria condizione e che facciano venire meno il diritto al regime agevolato per gli impatriati;
  • l’ammontare dei redditi da lavoro dipendente o autonomo;
  • gli estremi del versamento dovuto per procedere all’opzione.

Le nuove partite Iva nel 2015

Non sono del tutto inattesi i dati dell’Osservatorio Iva del Mef, resi noti nei giorni scorsi riguardo all’apertura delle partite Iva nel 2015. Secondo i numeri, circa il 29% delle partite Iva aperte lo scorso anno è stato attivato in regime agevolato, sia come regime dei minimi sia come regime forfettario.

Le due tipologie di regime agevolato che si sono divise il mercato nel 2015 hanno fatto registrare una netta prevalenza del regime dei minimi (70%), rispetto al regime forfettario, che si è attestato sul rimanente 30%. Nemmeno inatteso il picco di adesioni al regime agevolato da parte delle nuove partite Iva nel mese di dicembre, l’ultimo mese utile per aderirvi.

Rispetto al 2014, però, le nuove partite Iva aperte sono calate sensibilmente: -10,7%. L’Osservatorio del Mef ha registrato che la maggior parte delle nuove aperture ha riguardato le persone fisiche, 71,5% contro il 22% delle società di capitali, tra le quali la più scelta è stata la società a responsabilità limitata semplificata (Srls).

Interessante lo spaccato delle nuove partite Iva tra le persone fisiche: il 19,4% è stato aperto da persone non nate in Italia, mentre quasi la metà (46%) è stata aperta da soggetti under 35. Una spia della voglia di imprenditorialità o della difficoltà a entrare nel mercato del lavoro dipendente?

Nuove partite Iva in calo

Guardando i dati sulle aperture delle nuove partite Iva, si possono capire tante cose sull’andamento dell’economia e sul cosiddetto “sentiment” degli operatori economici.

Secondo l’Osservatorio sulle partite IVA, i dati aggiornati al mese di aprile 2014 parlano di 45.879 nuove partite Iva aperte, con un moderato calo (-3,3%) rispetto al corrispondente mese del 2013. Dai dati resi noti dal Dipartimento delle Finanze, emerge che la quota relativa alle persone fisiche nelle nuove aperture è del 72,8%, le società di capitali sono il 20%, le società di persone il 6,4%, mentre la quota dei cosiddetti “non residenti” e le “altre forme giuridiche” sono solo lo 0,7% del totale.

Andando più nel dettaglio, rispetto ad aprile dello scorso anno, si registra un aumento di aperture dellesocietà di capitali (+12,6%) che, secondo il Dipartimento, è “legato verosimilmente alle recenti norme civilistiche che facilitano l’apertura di società a responsabilità limitata”. Giù le aperture di persone fisiche (-6,7%) e di società di persone (-7,1%).

Guardando la ripartizione territoriale, si nota che il 42,5% delle partite Iva avviate ad aprile è localizzato al Nord, il 22,6% al Centro e il 34,8% al Sud e Isole. Le regioni nelle quali si registrano le flessioni più evidenti sono la Puglia (-9,9%) e la Toscana (-9,8%).

Osservando la ripartizione per sesso, relativamente alle persone fisiche, si nota una certa stabilità: i maschi risultano intestatari del 64% di nuove partite Iva. Sul totale, il 48% delle aperture è avvenuta da parte di giovani fino a 35 anni e il 34% nella fascia 36-50 anni. La prima delle due fasce registra il maggiore calo di aperture anno su anno (-10,3%), mentre è in lievissima crescita la fascia over 65 (+0,5%).

Infine, un’occhiata ai settori produttivi. Ilcommercio si conferma al primo posto con un numero di aperture di partite Iva pari al 23% del totale; seguono le attività professionali con il 14% e l’agricoltura con l’11%. Rispetto all’aprile 2013, tra i principali settori, gli aumenti maggiori si notano nell’agricoltura (+4,9%), nei servizi informativi (+4,4%) e nell’alloggio/ristorazione (+3,7%), mentre i cali più consistenti si osservano nelle attività finanziarie (-38,6%, un vero crollo) e nell’edilizia (-9,2%).