4 mosse per abbassare il costo del lavoro

Il Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro ha lanciato una proposta per ridurre dell’8% i costi del lavoro.

Per far sì che questa tesi possa essere attuata concretamente, i Consulenti propongono una revisione delle tariffe di rischio Inail, una nuova destinazione delle risorse accumulate con il fondo di tesoreria del Tfr, l’utilizzo del 20% delle risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale e dalla riduzione di uno dei capitoli della spesa pubblica.

Il principio da adottare deve essere, dunque, quello di restituire alle imprese parte delle somme che versano a vario titolo nelle finanze pubbliche che attualmente sono destinate a finanziare la spesa pubblica.

In Italia ci sono circa 15 milioni di lavoratori privati ai quali vengono corrisposte retribuzioni per un ammontare di circa 295 miliardi. I contribuenti che dichiarano un reddito superiore a 40.000 euro sono circa 1 milione 870 mila persone. Per questa fascia di contribuenti, le retribuzioni corrisposte sono circa 138 miliardi 556 milioni di euro“.

Un primo intervento deve riguardare la riduzione del carico fiscale e contributivo di 8 punti percentuali, “distribuiti al 50% tra datore di lavoro e lavoratore, per coloro che percepiscono una retribuzione non superiore a 40.000 euro. Complessivamente, dunque, sarebbero interessati oltre 13 milioni di lavoratori ai quali sono corrisposte retribuzioni per complessivi 156 miliardi 444 milioni di euro. La riduzione avrebbe una spesa di circa 12 miliardi 500 milioni di euro“.

Per quanto riguarda la revisione delle tariffe Inail, si afferma che, se venisse applicata, le imprese risparmierebbero 800 milioni di euro da destinare integralmente alla riduzione del costo del lavoro.

Il secondo intervento riguarda la nuova destinazione delle risorse accumulate con il fondo di tesoreria del Tfr: “La Corte dei conti, nella determinazione sul bilancio 2010 dell’Inps, ha spiegato che nel 2010 il Tfr versato dalle imprese ammonta a 5,4 miliardi di euro (5,6 miliardi nel 2009), mentre le prestazioni erogate (liquidazioni e anticipazioni del Tfr) superano l’importo di 1,6 miliardi di euro (1,2 miliardi nel 2009), cui si aggiungono circa 4 miliardi di euro (4,5 miliardi nel 2009) di trasferimenti passivi allo Stato“.
Le risorse eccedenti le prestazioni devono essere destinati alla riduzione del costo del lavoro.

Terzo intervento ipotizzato dai consulenti del lavoro è l’utilizzo del 20% delle risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale: “Sono circa 12 miliardi le risorse recuperate ogni anno dalla lotta all’evasione fiscale. E’ necessario destinare almeno il 50% alla riduzione del costo del lavoro. In questo modo, ogni anno si avrebbero a disposizione 6 miliardi di euro“.

Per quanto riguarda la riduzione della spesa pubblica, viene chiesto al governo di ridurre uno dei capitoli della spesa pubblica per un valore annuo di 1 miliardo 700 milioni.
In questo caso, i tagli potrebbero toccare i costi della politica, degli enti locali (Province e Regioni), delle sovrastrutture statali, delle Authority, dei finanziamenti pubblici a soggetti privati datoriali e sindacali oppure degli apparati di sottogoverno.

Insomma, per i Consulenti una via d’uscita dalla crisi esiste.

Vera MORETTI

Riforma fiscale: le novità per le donne

Più spazio alle donne e ai giovani per superare l’attuale crisi. Sono queste le priorità espresse dal neopremier Mario Monti durante il suo discorso alle Camere, prima del voto di fiducia. L’obiettivo è trovare soluzioni che garantiscano un più facile accesso alle donne nel mondo del lavoro, in particolare per le mamme e le neomamme. Anche se è di oggi la notizia di un’infermiera che in 9 anni ha lavorato solo 6 giorni grazie a finte maternità, l’impegno di Monti è volto a trovare soluzioni alle “difficoltà di inserimento o di permanenza in condizione di occupazione delle donne”.

Ma quali sono le proposte?

Abbassare l’imposta pagata dalle lavoratrici, con corrispondente innalzamento per gli uomini, in modo da ridurre il costo del lavoro per le aziende che assumono donne. Questa iniziativa dovrebbe favorire l’accesso al mondo del lavoro da parte delle donne. Alzando di un punto percentuale l’Irpef degli uomini e abbassando corrispettivamente quella femminile si avrebbe un gettito fiscale invariato, ma di stimolo per l’assunzione “in rosa”. L’idea alla base d questo progetto nasce da un lavoro di due economisti, Alberto Alesina e Andrea Ichino.

Numerosi i riscontri favorevoli a questa iniziativa: l’aumento dell’imponibile sul lavoro maschile incrementa il gettito fiscale, ma non intacca la forza lavoro degli uomini, non causando cioè licenziamenti. Dall’altro lato, se si aumenta il numero delle donne impiegate a un’aliquota inferiore, si assiste ad una riduzione del costo del lavoro per le aziende, laddove il gettito fiscale rimarrebbe invariato.

Esistono però dei limiti a tale proposta. La disoccupazione femminile in Italia, la più alta in Europa, non è legata al costo del lavoro, ma è quanto più un deficit di tipo culturale. Il rischio per un’azienda che decida di assumere una donna al posto di un uomo è che la donna potrebbe lasciare temporaneamente il posto di lavoro per maternità. Inoltre, i maggiori problemi legati alla disoccupazione femminile sono riscontrabili nel Mezzogiorno, dove le famiglie in cui lavoro solo l’uomo sono più numerose. Un aumento dell’imponibile sul lavoro maschile colpirebbe dunque la capacità di spesa delle famiglie.

Una medaglia dalla doppia faccia, dunque la proposta avanzata dal nuovo governo Monti. Più facilmente attuabili appaiono invece le iniziative legate al sostegno alla famiglia per favorire il rapporto tra donne e lavoro. Qualche esempio? Garantire un accesso più facile agli asili nido e allungare il tempo scolastico. Ma siamo appena all’inizio, e la sfida si preannuncia difficile.

Alessia Casiraghi