Riforma della giustizia, è ora di una riforma giusta e uguale per tutti

La riforma della giustizia è la riforma politica totale o parziale della magistratura di un paese. In Italia c’è bisogno di una giustizia più giusta, i lavori sono in corso.

La riforma della giustizia, l’approvazione dei ministri

Tra le prime cose che sono state chieste a questo Governo al suo insediamento c’è la riforma della giustizia. Un lungo iter che dovrebbe portare ad una serie di cambiamenti per adeguare la legge a quelli che sono i mutamenti della nostra società. Così il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge proposto dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio. 

Si tratta di un pacchetto composto da ben 8 articoli che riguardano tra le altre cose anche il divieto per i pubblici ministeri di impugnare le sentenze di assoluzione. L’assoluzione è un provvedimento che il giudice penale pronuncia in seguito a dibattimento o, comunque, in giudizio, e che determina il proscioglimento dell’imputato, giudicato non colpevole in ordine al reato di cui era accusato.

Gli altri punti Cruciali della riforma

La riforma però tocca anche dei punti cruciali. Uno tra questi è l‘abrogazione del reato di abuso d’ufficio. Viene abrogato e quindi elimina la “paura della firma” da parte di molti amministratori. Nel reato di abuso d’ufficio, il pubblico ufficiale abusa del suo potere o della sua posizione per ottenere un vantaggio personale o per arrecare un danno ad altri. Fa parte dei reati penali, pertanto deve essere combattuto con qualsiasi strumento necessario, per garantire pari trattamento di tutti i cittadini.

Altro problema è quello legato alle intercettazioni. Secondo quanto afferma lo stesso Ministro, la normativa introdotta impedisce la diffusione dei nominativi di coloro che sono citati nelle stesse. Tuttavia questa approvazione è un primo passo verso un progetto più ampio del Governo Meloni. Inoltre è anche prevista la divisione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici. Riforme che chiamano in causa anche delle modifiche alla costituzione

Il parere dei partiti italiani

E come sempre, ad ogni nuova riforma, arrivano gli sconti tra maggioranza ed opposizione. Elly Schlein leader del Partito Democratico si è detta non favorevole all’abrogazione del reato di abuso di ufficio. Anche il movimento 5 stella non è favorevole alla riforma proposta dal Governo. Mentre Azione ed Italia viva sembrano favorevoli al disegno di legge, con riforme moderate ma che devono essere approvate. Tuttavia la maggioranza è sempre più convinta di portare avanti il disegno di legge. Infine il Governo incassa anche il parere negativo anche da parte dei Magistrati italiani che sembrano promettere battaglia.

Riforma della Giustizia, il ministro Nordio presenta la bozza. Novità

Il ministro della Giustizia Nordio ha presentato la bozza del disegno di legge per la riforma delle giustizia. I punti principali sono 6. Ecco le più importanti novità che dovrebbero essere introdotte.

Addio al reato di abuso d’ufficio

La prima novità importante che in realtà sta già creando molte polemiche è l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Si tratta di uno dei reati contro la pubblica amministrazione, previsto dall’articolo 323 del codice penale. Il comportamento ad oggi sanzionato è quello del pubblico ufficiale o incaricato del pubblico servizio che “in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Limitato il ricorso al carcere preventivo e depenalizzazione del millantato credito

La seconda novità importante è la modifica delle norme sul carcere preventivo, nella modifica è previsto che la decisione di applicare la misura cautelare del carcere preventivo debba essere assunta da un collegio di 3 giudici e non da un giudice monocratico. Inoltre, deve esserne dato avviso all’interessato almeno 5 giorni prima dell’applicazione della misura, tranne nel caso in cui ci sia pericolo di fuga o di inquinamento delle prove.

La riforma prevede la depenalizzazione del millantato credito o traffico di influenze illecite, resteranno punibili solo i soggetti che ottengono vantaggi di tipo economico sfruttando conoscenze reali con pubblici ufficiali, il classico esempio è quello dello scambio di favori.

Divieto di pubblicazione di intercettazioni, avvisi di garanzia e limiti alle impugnazioni

La riforma della giustizia intende intervenire anche sulle intercettazioni vietando la pubblicazione delle intercettazioni che non compaiono nelle motivazioni dei provvedimenti adottati dal giudice e nelle richieste avanzate dai Pm. Sarà, infine, vietata la pubblicazione degli avvisi di garanzia. Si potrà fornire la notizia limitandosi a una descrizione sommaria dei fatti.

Per i reati punibili con la multa o reclusione massima di 4 anni, il Pm non potrà impugnare una sentenza di proscioglimento in primo grado. Per i reati minori si tende quindi ad accelerare la fine dei processi e ad alleggerire il carico dei giudici.

Naturalmente trattandosi solo di una bozza non è detto che si riesca ad arrivare all’approvazione e di conseguenza per ora queste restano solo intenzioni.

Chi rappresenta la base dell’avvocatura?

Dalle nuove tecnologie spirano venti di democrazia. L’esperienza delle “rivoluzioni” dei Paesi del Nord Africa evidenzia come l’ausilio della rete globale, attraverso i social network utilizzati anche come strumento di divulgazione di immagini e come elemento aggregativo, rappresenti un mezzo imprescindibile per dare parola a chi, essendo privo di rappresentanti istituzionali di riferimento, resterebbe altrimenti imbavagliato dalla censura o ancor peggio dalla supponenza del potere.

Il compito di discutere ed approvare la legge sulla riforma della professione forense spetta solo ed esclusivamente al parlamento. Nessuna delega, più o meno in bianco, è ipotizzabile a favore del CNF il cui ruolo istituzionale, in questa sede, non può che essere quello di fornire un parere tecnico non vincolante sul disegno di legge (ove richiesto dal ministro). Nessuna rappresentanza politica è concepibile in capo al CNF e ciò non solo perché nessuna norma gli attribuisce tale potere ma anche perché, un’eventuale rappresentanza politica si andrebbe a sovrapporre al potere giurisdizionale e alla potestà regolamentare.

L’elezione dei componenti del CNF avviene su base distrettuale da parte dei Consigli dell’Ordine, senza alcun criterio di proporzionalità rispetto al numero degli iscritti.

Il compito di rappresentare gli avvocati spetta, a mio giudizio, a tutte quelle associazioni che si rendono portatrici degli interessi della categoria e che siano nella loro struttura e composizione ispirate ai criteri di democraticità e proporzionalità (del resto anche i partiti politici altro non sono che associazioni private non riconosciute).

L’Associazione Nazionale Forense non è l’unica associazione contraria alla riforma forense così come concepita dal disegno di legge all’esame della Camera dei Deputati (e già licenziato dal Senato)! Chi afferma ciò significa che non conosce il panorama forense attuale fatto di molteplici associazioni e movimenti che sono nati e stanno nascendo non solo sotto la spinta del malcontento generale della base dell’avvocatura ma anche e soprattutto per dar voce a proposte concrete. Mai sottovalutare il fenomeno dei nuovi movimenti, delle nuove associazioni e delle istanze della base; e questo vale a prescindere dal numero degli aderenti o dallo strumento espressivo utilizzato.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma
È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Avvocati, c’è una categoria da salvare

 

Le criticità del mondo della giustizia sono uno dei mali della società moderna. Il funzionamento del sistema giustizia è uno dei parametri affinché uno Stato possa definirsi democratico. La lentezza dei procedimenti e gli ostacoli frapposti tra il cittadino e l’accesso alla giustizia sono un pericoloso freno anche all’economia. Molti imprenditori (piccoli e grandi) preferiscono investire all’estero nella fondata consapevolezza che, in caso di contenzioso civile, i loro diritti creditori resteranno irrimediabilmente frustrati a causa della lentezza dei processi.

Gli avvocati rappresentano il filtro tra il cittadino e la giustizia e molti degli aberranti provvedimenti emanati dal governo negli ultimi anni, colpiscono non solo la categoria forense, non solo il sistema giustizia ma anche tutti i cittadini indistintamente.

Limitare l’accesso alla giustizia non può essere la panacea per porre rimedio alla lentezza e alla inefficienza della giustizia. Possiamo accettare sacrifici ma non ingiustizie. L’entrata in vigore della media conciliazione obbligatoria e l’aumento sconsiderato del contributo unificato avranno come unico risultato quello di aumentare i costi dell’accesso alla giustizia e forse dissuaderanno qualche cittadino meno abbiente dal far valere i propri diritti in sede giudiziaria.

E tutto ciò a quale prezzo ?

Il prezzo da pagare è altissimo; ed è in primis, la violazione della nostra legge Fondamentale; ovvero la Costituzione.

E’ noto come la questione relativa alla obbligatorietà della media conciliazione sia all’esame della Corte Costituzionale. A prescindere da quella che sarà la decisione della Corte dobbiamo comunque riflettere sull’odiosità e l’inopportunità di una norma che per porre rimedio al sovraffollamento della giustizia limita l’accesso dei cittadini alle corti anziché aumentare le strutture e gli organici.

Dall’altra parte della barricata ci sono gli avvocati, sempre più numerosi in vista delle imminenti liberalizzazioni; un esercito di professionisti spaesati e senza un solido punto di riferimento nelle istituzioni (nonostante in Parlamento il mestiere più voga sia quello dell’avvocato).

Una maggior tutela della nostra categoria e valorizzazione del ruolo dell’avvocato, dinnanzi alle Istituzioni; questo è il primo passo per “salvare” la categoria forense da una morte annunciata.

Nel mio sito web www.matteosantini.org ho individuato alcuni punti critici che intendo affrontare e risolvere, con l’aiuto di tutti, per restituire alla professione la dignità ed il ruolo che si merita.

Questi i punti:

  1. abolizione della media conciliazione obbligatoria
  2. abolizione della figura dell’ausiliario del Giudice
  3. abolizione della disciplina sulle specializzazioni così come concepita dalla legge di riforma
  4. abolizione di ogni parametro connesso al reddito, in riferimento alla prova dell’esercizio continuo della professione (si veda attuale formulazione dell’articolo 20 del DDL 1198)
  5. abolizione dei crediti formativi con individuazione di criteri alternativi per l’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento professionale
  6. tutela delle categorie “deboli” dell’avvocatura a) donne in gravidanza e durante i primi anni di vita dei figli b) giovani avvocati c) avvocati diversamente abili
  7. abolizione di ogni barriera (non solo di natura architettonica) che impedisca, di fatto, agli avvocati “svantaggiati” di potere accedere agli uffici giudiziari o, in genere, che limiti l’esercizio dell’attività a cagione delle condizioni fisiche
  8. individuazione e predisposizione degli strumenti che consentano ai giovani avvocati un agevole inserimento professionale all’interno degli studi legali
  9. introduzione all’interno del Tribunale di Roma di asili nido e scuole di infanzia gratuite, destinate ai figli dei colleghi e delle colleghe
  10. creazione ed introduzione di una rivista gratuita on line settimanale, attraverso la quale tutti i colleghi possano essere costantemente informati su novità normative e giurisprudenziali
  11. reintroduzione dell’obbligatorietà delle tariffe forensi e adeguamento delle medesime ed aggiornamento delle stesse (ferme al 2004)
  12. modifica del sistema di accesso e retribuzione delle difese d’ufficio e del patrocinio a spese dello Stato per una migliore garanzia della difesa, onde consentire in concreto l’applicazione dei precetti costituzionali.
  13. partecipazione attiva di tutti i colleghi alle decisioni più rilevanti che coinvolgono gli interessi degli avvocati Romani (ad esempio ricorrendo con maggiore frequenza all’organizzazione di assemblee o mediante altri strumenti partecipativi di democrazia diretta)
  14. modifica del Decreto Legislativo 382/1944 sui Consigli dell’Ordine mediante l’inserimento all’articolo 2 della previsione che, in materia di elezioni forensi, venga eletto di diritto presidente il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti da parte dell’assemblea degli iscritti.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma
È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Il Cnf dice Sì alla separazione delle carriere e piena indipendenza della magistratura dalla politica

“L’inadeguatezza del sistema giustizia è causata dall’incapacità di fornire risposta alla domanda di giustizia e dalla persistente difficoltà di declinare in modo non conflittuale il rapporto tra giurisdizione e politica”. E’ stata questa l’analisi preliminare del vicepresidente del Cnf Ubaldo Perfetti al convegno Gli avvocati e il sistema giustizia terminata qualche giorno fa.

“A parte la erraticità di un legislatore che prima abroga il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle cause del lavoro e subito dopo la introduce per un numero rilevante di cause ordinarie, l’obbligatorietà sancita dal decreto legislativo 28/2010 non è accettabile: non trova giustificazione né nella direttiva comunitaria né nella legge delega 69/2009”, ribadisce Perfetti. “L’ordinanza Tar Lazio, che rinvia alla Corte costituzionale questo profilo, si incarica di dimostrare l’eccedenza della norma rispetto a entrambe.

In tema di modifica al titolo quarto della Costituzione il Cnf rimarca che il progetto deve evitare la dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo e che si ponga in pericolo l’indipendenza della magistratura. Dunque al pm non può essere sottratto il compito di garantire la legalità delle indagini; desta perplessità la norma sulla obbligatorietà dell’azione penale secondo “criteri stabiliti” che darebbe vita a un sistema di selezione dei reati da perseguire a seguito del quale la “giustizia perderebbe il suo carattere di imparzialità”; la responsabilità dei magistrati, pur nella necessità di renderla effettiva, non può perdere l’ancoraggio al dolo o colpa grave.

Riforma della Giutizia: il Cnf è d’accordo sulla separazione delle carriere

“Siamo per l’uguaglianza delle parti nel processo, che chi ha esperienza del processo penale coniuga con la separazione delle carriere. Peraltro la riforma, al di là delle posizioni ideologiche contrapposte, ribadisce che i giudici costituiscono un ordine autonomo e indipendente e che le norme dell’ordinamento giudiziario assicurano l’indipendenza e l’autonomia dell’ufficio del pubblico ministero. Altri capitoli della riforma dovranno essere affrontati in modo approfondito dal Cnf, come la configurazione dell’azione penale, che comunque rimane obbligatoria; così pure per l’autonomia della polizia giudiziaria, che così come espressa risulta eccessiva rispetto al ruolo del pm. Quanto alla disciplina della responsabilità civile dei magistrati, riteniamo che debba essere disciplinata tenendo conto della delicatezza della funzione, che non può essere equiparata a quella degli altri dipendenti dello stato” – questa la posizione del Cnf resa chiara in un’audizione alle commissioni riunite affari costituzionali e giustizia sulle proposte di modifica del titolo IV della Costituzione.

Guido Alpa, presidente del Cnf ha poi ribadito: “Ogni riforma di grande respiro costituzionale deve essere ampiamente ponderata” – proseguendo – “la parità tra accusa e difesa si coniuga con la separazione delle carriere“. Alpa ha inoltre espresso alcune perplessità su altri passaggi del disegno di legge, come quello che prefigura una “costituzionalizzazione della magistratura onoraria”, ed ha richiamato la necessità di fissare in maniera “inequivoca” la inamovibilità dei giudici, “presidio della loro autonomia e indipendenza”.

Concludendo, Alpa ha aggiunto che “quanto all’autonomia e alla indipendenza dell’avvocatura,  non può essere considerata con le stesse modalità dell’ordine magistratuale (perché gli avvocati non sono dipendenti dallo stato), la riforma potrebbe prendere in considerazione la menzione dell’Avvocatura nel testo costituzionale senza che ciò implichi la soppressione del già esistente riconoscimento“.

Il consigliere segretario del Cnf ha detto in merito che “Occorre sottolineare come qualsiasi riforma volta a rafforzare la parità tra accusa e difesa sarebbe monca senza la riforma professionale forense, che punta a una maggiore qualificazione dell’avvocatura. La proposta di legge ora langue in commissione giustizia ed è urgente rimetterla all’ordine del giorno“.

Essere mediatore civile: ruoli, compiti e obiettivi della professione del futuro

Dal 21 marzo 2011 il ricorso allla mediazione civile è divenuto obbligatorio in alcuni casi come quelli di diritti reali (distanze nelle costruzioni, usufrutto e servitù di passaggio ecc.), divisioni, successioni ereditarie, locazioni – comodati – affitti di aziende, risarcimenti.

Alla luce di questa rivoluzione non solo legale ma anche culturale, oltre che legale, la riforma sulla mediazione civile si è posta l’obiettivo principale di ridurre il flusso in ingresso di nuove cause nel sistema Giustizia offrendo al cittadino uno strumento più semplice e veloce con tempi e costi certi.

In pratica, si tratta di una modifica nel cursus tradizionale che intende affiancarsi alla riforma del Processo Civile e al Programma di Digitalizzazione della Giustizia con cui s’intende intervenire nella fase di lavorazione delle cause e mira ad introdurre proprio una nuova cultura della conciliazione, anziché della causa.

Per questo motivo, uno degli attanti principali della nuova riforma è quello della figura del mediatore con il quale si intende l’attività professionale svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.

Ma chi è il mediatore? Che cosa fa? Qual è il suo ruolo e soprattutto: come si diventa mediatori? Andiamo per gradi.

Chi è il mediatore civile?

Non si tratta né di un giudice né di un arbitro bensì di un facilitatore terzo imparziale che, utilizzando le tecniche di comunicazione efficace, PNL, problem solving, aiuta le parti a trovare la soluzione più soddisfacente al loro conflitto.
Il mediatore è la persona o sono le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo. Quindi si può dire che il mediatore è un professionista con requisiti di terzietà.

Che cosa fa il mediatore civile e dove?

L’organismo dove il mediatore presta la sua opera è vigilato dal Ministero della Giustizia mentre la mediazione, quindi la soluzione delle controversie con il metodo conciliativo in alternativa alla presenza in tribunale.

Per farlo è necessario che la mediazione si svolga presso enti pubblici o privati, che sono iscritti nel registro tenuto presso il Ministero della Giustizia e che erogano il servizio di mediazione nel rispetto della legge, del regolamento ministeriale e del regolamento interno di cui sono dotati, approvato dal Ministero della giustizia.

Ci sono degli ordini professionali?

Sì, gli ordini professionali possono costituire organismi di mediazione nelle materie di loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della Giustizia, che spiega:”Gli ordini forensi possono costituire organismi di mediazione in ogni materia. I consigli degli ordini degli avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. Gli organismi degli ordini professionali e delle camere di commercio sono iscritti nel registro del Ministero della giustizia a semplice domanda.”

In questo, a seconda della controversia, esistono diversi tipi di mediazione:

  • nella materia finanziaria e bancaria, il procedimento di mediazione può essere esperito o presso gli organismi di mediazione
  • oppure davanti alla Camera di conciliazione della Consob
  • ed anche il ricorso all’ Arbitro bancario e finanziario costituito dalla Banca d’Italia produce analoghi effetti giuridici (assolve la condizione di procedibilità per poter poi rivolgersi al giudice).

Come opera il mediatore?

Una volta avviata la domanda di mediazione, all’organismo, contenente l’indicazione ell’organismo investito, delle parti, dell’oggetto della pretesa e delle relative ragioni, le parti scelgono l’organismo mentre il mediatore organizza uno o più incontri mirati alla composizione amichevole della controversia.

L’accordo raggiunto con la collaborazione del mediatore è omologato dal giudice e diventa esecutivo; in caso di mancato accordo il mediatore può fare una proposta di risoluzione della lite che le parti restano libere di accettare o meno così come, nel caso di un insuccesso della mediazione, nel successivo processo il giudice potrà verificare che la scelta dell’organismo non sia stata irragionevole, ad esempio per mancanza di qualsiasi collegamento tra la sede dell’organismo e i fatti della lite ovvero la residenza o il domicilio della controparte.

Quidi, serve davvero il mediatore?

Dal 21 marzo scorso sì, visto che la mediazione può essere:

– facoltativa, e cioé scelta dalle parti
– demandata, quando il giudice, cui le parti si siano già rivolte, invita le stesse a tentare la mediazione
– obbligatoria, quando per poter procedere davanti al giudice, le parti debbono aver tentato senza successo la mediazione

A questo punto, come si diventa mediatore?

Obblighi:

  1. Per svolgere la professione di mediatore, è necessario essere in possesso di determinati requisiti di qualificazione professionale, consistenti in un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale ovvero, in alternativa, essere iscritti a un ordine o a un collegio professionale nonché il possesso di una specifica formazione e di uno specifico aggiornamento almeno biennale, acquisiti presso gli enti di formazione accreditati al Ministero della Giustizia. (DM 180/2010)
  2. Un mediatore civile non può lavorare per oltre cinque organismi di mediazione; tuttavia, può anche concedere l’esclusiva all’Organismo di mediazione prescelto.
  3. D’altra parte ogni ente o organismo di mediazione diverso dalle Camere di Commercio e dagli organismi camerali deve aver ricevuto la disponibilità, in via esclusiva, di almeno cinque mediatori.
  4. All’atto dell’assunzione dell’incarico, infine, il mediatore deve sottoscrivere una dichiarazione di imparzialità per ciascun affare per il quale è stato designato e deve dare immediata notizia all’ente/organismo di vicende che lo riguardino che possono avere influenza sui requisiti soggettivi nel corso della trattazione del procedimento.

Per diventare mediatore è possibile compilare l’apposito modulo al sito, oppure è possibile richiedere maggiori informazioni al sito del Ministero della Giustizia.

Secondo molti, considerata la grande rilevanza che sta già assumendo gradualmente questa figura professionale, è possibile che quella del mediatore civile sia una delle carriere del futuro.

Paola Perfetti