Crisi dell’auto: meglio le vetture estere o il made in Italy?

 di Alessia CASIRAGHI

Quanto sono esterofili gli italiani quando si parla di motori? Il quesito diventa ancora più pregnante in un momento di fortissima contrazione del mercato dell’auto in Italia, come quello che stiamo vivendo. In breve, in tempi di crisi, gli italiani puntano su vetture made in Italy o preferiscono le auto straniere? Per rispondere a questa domanda Infoiva oggi ha interpellato Romano Valente, Direttore Generale di Unrae, l’Unione Nazionale dei Rappresentanti Veicoli Esteri. 

Il mercato delle auto straniere in Italia soffre maggiormente rispetto al comparto nazionale? 
Direi di no, la crisi dell’auto è assolutamente trasversale e gli italiani mantengono una preferenza sostanzialmente stabile su circa il 70% del mercato occupato oggi dalle vetture straniere, la maggior parte delle quali sono di costruzione europea e utilizzano componentistica italiana. Un giro d’affari da 8,5 miliardi di euro.

Il calo del fatturato della vendita di auto straniere in Italia rappresenta una minaccia per la filiera e l’indotto in Italia?
Ripetuto che il calo del fatturato è generalizzato e non riguarda solo le case automobilistiche estere, è accertato che il calo del fatturato e soprattutto dei ricavi sia tale da mettere a rischio l’intera filiera, in particolare le reti di vendita. Il rischio chiusura riguarda ad oggi il 10% degli imprenditori con un problema occupazionale su circa 10.000 addetti diretti. Sulla filiera intera la stima del rischio diventa 20 volte più grande.

Il settore dei veicoli commerciali riesce a resistere maggiormente alla crisi?
I veicoli commerciali sono i primi a risentire della crisi, oggi stimiamo un calo del 30% delle vendite sull’intero 2012 con numeri che ci riportano indietro al 1994. Il dato puntuale ad agosto presenta un calo del 35% sull’immatricolato degli 8 mesi rispetto all’anno precedente.

Come vedono le case automobilistiche estere la situazione del mercato dell’auto in Italia?
L’auto in Italia soccombe stretta nella morsa delle due manovre economiche che sono state introdotte nell’ultimo anno, con un peso sul comparto auto pari a 8,7 miliardi di euro. Il conseguente aumento delle tasse, delle accise sulla benzina (7 aumenti in un anno, oggi siamo sopra i 2 euro/litro), delle assicurazioni, dei pedaggi autostradali sono diventati un macigno che ha di fatto bloccato la domanda di auto nuove. Più in generale la pressione fiscale sulle famiglie e la loro ridotta capacità di spesa ha un impatto devastante su tutti i beni durevoli. Senza un intervento strutturale del governo che alleggerisca la pressione fiscale sulle famiglie e ne aumenti la capacità di spesa, sarà ben difficile parlare di crescita e di ritorno a condizioni di mercato normali, anche, e soprattutto per l’auto.

Secondo la sua esperienza e conoscenza di mercati esteri, quali misure dovrebbe intraprendere il Governo italiano per favorire il mercato dell’auto in un momento di forte contrazione come quello che stiamo vivendo?
Ogni mercato ha condizioni politiche, sociali, culturali diverse, difficili da confrontare direttamente, il caso italiano è pertanto specifico ed UNRAE ha più volte richiesto un riallineamento delle politiche sull’auto a quanto stabilito dalle norme europee (p.es. il CARS 21) per andare verso una normativa orientata alla neutralità tecnologica (cioè indipendente dal tipo di alimentazione della vettura) e premiante in funzione dei livelli di emissione più bassi.

Quali sono le vostre previsioni sul futuro?
Pur volendo mantenere un approccio positivo, senza interventi strutturali di alleggerimento del peso fiscale sulle famiglie e di rilancio dei consumi, a breve sarà difficile vedere un’inversione di tendenza. Tuttavia, non potrà essere così per sempre e quindi ci auspichiamo tutti che nel medio periodo si ricreino le condizioni per un mercato più robusto.

Più città d’arte, meno mare in Toscana. La parola a Paolo Corchia

 

di Alessia CASIRAGHI

Le città d’arte, amate, celebrate e sognate dai turisti stranieri in viaggio in Italia, sono state la meta più ambita del turismo in Toscana in questa estate 2012. Più sofferente si è rivelata invece l’offerta balneare, anche se Versilia e Forte dei Marmi conservano il loro fascino immutato. Infoiva ha intervistato Paolo Corchia, Presidente di Federalberghi, per stendere insieme a lui un primissimo bilancio della stagione appena trascorsa in una delle regioni più belle d’Italia, tra speranze, delusioni e nuovi obiettivi di chi decide di fare l’imprenditore nel settore turistico.

Un primo bilancio a caldo sull’andamento, in Toscana, della stagione turistica che si sta concludendo.
E’ stato un anno difficile e tormentato. Uso questo due aggettivi perchè testimoniano una crisi del mercato interno italiano, compensato però da una decisa conferma dell’internazionalizzazione della domanda turistica in Toscana. Le città d’arte continuano ad avere un segno positivo, mentre gli altri due settori importanti per il turismo regionale, quello balneare e termale, che vivono maggiormente di mercato interno, rivelano una forte crisi. Crisi compensata in parte, per quanto riguarda certe località, pensiamo ad esempio a Forte dei Marmi, dalla forte domanda dei mercati dell’Est, russo in particolare. Sia la Versilia che l’Isola d’Elba, le località che rappresentano il nostro mercato balneare, non nascondono però in questo 2012 la crisi del mercato interno italiano.

Quali tipologie di strutture hanno privilegiato i turisti? Il piccolo albergatore riesce ancora a trovare il suo spazio? (Hotel, Bed & Breakfast, grandi catene ..)
Il 90% della nostra offerta alberghiera è fatta di piccole strutture che non superano spesso le 40-50 camere, soprattutto nelle zone balneari della Versilia, dell’Elba e in Maremma. Si tratta di imprese a conduzione familiare, che hanno registrato, soprattutto nei mesi di giugno e luglio, prenotazioni inferiori alle aspettative.

Quali aree della Regione hanno registrato il maggior numero di prenotazioni?
Direi le aree del turismo balneare che presentano un’offerta del lusso, le città d’arte, come sempre e non va male nemmeno il turismo all’aria aperta, come mi confermano i miei colleghi della Faita, la Federazione dei Campeggi. Il settore che soffre di più è invece quello degli alberghi tradizionali, con cali molto sensibili rispetto al 2011, che era stato al contrario un anno di ripresa. Parliamo di un calo che si aggira, secondo i primi dati parziali, attorno al 15%, con la parziale tenuta del mese agosto, complice il clima favorevole, e in maniera sorprendente, una certa tenuta di settembre.

L’applicazione della tassa di soggiorno ha inciso negativamente sul turismo?
E’ la voce che più ha influito negativamente: intanto perché si tratta, a nostro avviso, di un balzello medievale che colpisce un solo settore, e poi perché è assolutamente priva di coerenza nella sua applicazione. Mi spiego meglio: i territori e i comuni decidono autonomamente se adottarla o mano, si tratta di una situazione a macchia di leopardo. Ma l’aspetto più grave riguarda la finalità della tassa, che è completamente disattesa: ad oggi gli introiti generati servono unicamente a ripianare bilanci, mentre la legge direbbe e vorrebbe che venisse reinvestita nel settore turistico. In Toscana esistono degli Osservatori di destinazione turistica, in cui le imprese dovrebbero avere una voce importante: quello che chiediamo come Federlaberghi è di trasformare la tassa di soggiorno in una tassa di scopo, da reimpiegare in investimenti che guardano alla creazione di infrastrutture per il turismo, o alla promozione del territorio stesso. Ma solo in pochissimi casi riusciamo a condizionare in questo modo i Comuni.

Capitolo Imu. Che impatto ha avuto e avrà sul settore alberghiero regionale?
L’aumento rispetto all’Ici in Toscana è stato in alcuni casi superiore al 100%, per cui si è avuto un netto raddoppio rispetto alla tassa precedente. L’Imu non è però l’unica tassa ad aver pesato sul bilancio degli albergatori. Un esempio su tutti: a Forte dei Marmi c’è stato un aumento del 90% in soli due anni della Tarsu, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti.

Il rincaro dei carburanti e la stretta del fisco quanto hanno inciso sull’ afflusso di turisti nella Regione?
Accidenti se ha influito! I rincari hanno penalizzato fortemente il turismo, sia italiano che internazionale, sia per chi ha deciso di venire in vacanza in Toscana, che per chi, una volta qui, desidera muoversi all’interno della regione.
Sono stato in questi giorni all’EuroBike sul lago di Costanza, una manifestazione che anticipa i mondiali di ciclismo che si terranno in Toscana nel 2013, un avvenimento sportivo di altissimo livello, e ho trovato un differenziale di almeno 60 centesimi al litro in meno per la benzina, passando tra Austria, Germania, tralasciando poi i prezzi della Svizzera.

Quali iniziative sono state promosse per incentivare il turismo nella Regione Toscana? Quali vorreste?
Vorremmo che ci fosse una strategia che premiasse i tre settori principali del turismo: città d’arte, turismo balneare e turismo termale. Parola d’ordine: valorizzare, entro una logica di prodotto che porti alla promozione di questi tre aspetti in maniera diversa da quello che si sta facendo ora. Ci attendono delle scadenze importanti: come anticipavo prima, i Mondiali di Ciclismo che si terranno l’anno prossimo, potrebbero trasformarsi nell’occasione per offrire un’immagine diversa e nuova della Toscana, promuovendo i percorsi in bicicletta della nostra Regione, dalla Lunigiana alla Maremma, ancora scarsamente conosciuti. Altra occasione di promozione, la presenza di un tratto della Via Francigena in Toscana, che permetterebbe di portare alla luce angoli suggestivi e finora inediti, piccoli centri, di conoscere da vicino la nostra offerta enogastronomica. Si tratta di possibilità inespresse e risorse in grado di trasformarsi in prodotto turistico, la questione è saperli commercializzare, valutando quali siano i mercati che in questo momento storico rispondono meglio.

Quanti sono i giovani che impegnati nel settore turistico o che desiderano ‘fare impresa’ in questo settore in Toscana? Esistono dei finanziamenti erogati dalla Regione per chi decide di avviare un’attività?
E’ l’aspetto più vitale di Federalberghi. Padroni di nuove tecnologie, capaci di raggiungere mercati e clienti in maniera innovativa, i giovani sono una risorsa fondamentale per noi e per il turismo in Toscana. Anche se non bisogna dimenticare che il nostro lavoro richiede doti particolari: la tradizionale capacità d’accoglienza che si eredita dalle generazioni passate. L’albergo è una passione.

Com’è attualmente l’umore dei vostri associati? C’è ottimismo, pessimismo…
Chi decide di fare l’imprenditore deve essere per forza ottimista: in questo momento gli albergatori stanno scontando la difficoltà della stagione che ci stiamo lasciando alle spalle, tra le più difficili e tormentate degli ultimi 10-15 anni. E’ evidente che non siamo soddisfatti dei risultati, ma dall’altro lato c’è anche la speranza di essere alla fine di un ciclo, e soprattutto la forza che nasce dalla consapevolezza di possedere un brand unico, che è la Regione Toscana stessa. Una regione, unica in Italia, che da sola, grazie al suo brand, potrebbe farsi promozione all’estero senza bisogno del marchio Italia. I trend di crescita della domanda estera in Toscana sono stati costanti negli ultimi 10 anni e sempre in crescita. E questo compensa anche la crisi del mercato interno.

Se potesse fare un appello al ministro Gnudi, che cosa chiederebbe come priorità per il turismo in Toscana?
La cosa più importante è la riqualificazione dell’offerta. Mi spiego meglio: molti dei nostri alberghi sono nati negli anni ’60 e hanno bisogno di riqualificarsi. La migliore forma di promozione del turismo consiste anche nell’offrire strutture eccellenti e all’avanguardia. Questo però si scontra troppo spesso con la difficoltà per gli imprenditori di accedere al credito: per cui chiederei al ministro Gnudi una detassazione degli investimenti per chi decide di ristrutturare e riqualificare la propria impresa turistica. E di diminuire la pressione fiscale. E una politica di crescita, che stentiamo ancora a vedere. Ne ho elencate troppe?

 

Stangata d’autunno: agli italiani costerà 450 euro

 

Il portafoglio degli italiani, che ormai non ha nemmeno più lacrime da versare dopo il rientro dalle vacanze d’agosto, si prepara a surriscaldarsi vertiginosamente in vista del prossimo autunno.

Previsti esborsi fino a 450 euro in più a famiglia, rispetto ai precedenti mesi del 2012, nel periodo compreso tra settembre e dicembre 2012. E’ la stangata d’autunno, così ribattezzata dopo che le indagini svolte da Ref Ricerche e Unioncamere Indis su 3 profili  tipo di famiglia con stili di consumo medi, hanno evidenziato un aumento della spesa annua complessiva di almeno il 20%, rispetto ai 12 mesi precedenti.

A pesare come una spada di Damocle sul portafoglio degli italiani saranno Imu ( la seconda rata più cara rispetto a giugno dovrà essere pagata entro il prossimo 17 dicembre), le addizionali Irpef regionali e comunali, i rincari di luce e gas, l’aumento dell’Rc Auto e i prezzi schizzati alle stelle dell’oro nero, la benzina. La stagione degli scontoni del weekend si è conclusa proprio oggi.

Addio estate, in tutti i sensi.

Alessia CASIRAGHI