Libertà finanziaria: un sogno che può diventare realtà

Adesso arriva anche la Tobin Tax! Tassa sulle transazioni finanziarie, 11 Paesi europei, tra cui l’Italia, l’hanno approvata. Si parla di 0,1% sul valore delle compravendite di azioni e obbligazioni, in pratica 10 euro ogni 10.000 euro acquistati o venduti.

Non è un cifra esorbitante, non è neppure poco. La cosa strana è che il settore che fa il maggior numero di compravendite, quello dei derivati, pare sarà tassato dello 0,01%, cioè un decimo rispetto alle più convenzionali azioni e obbligazioni. Ciò comporterà una migrazione delle transazioni verso i Paesi che non applicano l’imposta.

Tutto questo che impatto avrà sui comuni investitori? Dipende ovviamente dal numero di operazioni di acquisto e vendita che faremo, che dipendono a loro volta dall’impostazione tattica che abbiamo voluto dare agli investimenti. In pratica, se abbiamo stabilito una “rotta” che prevede molte transazioni, forse sarà opportuno ripensare al costo complessivo e rivedere la “rotta”.

Di solito, il life planning, cioè la pianificazione per obiettivi di vita, è cosa assai diversa da un piano di mercato, frenetica attività di compravendita di prodotti finanziari, per il raggiungimento del massimo profitto (ma con il rischio di ottenere la massima perdita, cioè perdere tutto il capitale).

Nel life planning si considerano progetti di vita, a breve, medio e lungo termine. Ad ogni progetto è associato un piano finanziario per il suo raggiungimento, con coerenti investimenti di diversa natura.

Le persone non hanno obiettivi finanziari: hanno degli obiettivi di vita che richiedono risorse finanziarie per essere soddisfatti. Gli obiettivi però, rispetto alle reali possibilità finanziarie che servono per raggiungerli, possono essere illusori, sogni. Come assicurarsi di essere ancorati alla realtà?

Semplice, occorre misurare le risorse finanziarie e finalizzarle. Un esempio: vivere di rendita può rimanere un sogno di libertà finanziaria se non quantifichiamo quanto intendiamo spendere per vivere e per quanto tempo. Solo così vivere di rendita diventerà un vero obiettivo, e non appunto una illusione.

Un altro esempio? Lasciare una cospicua eredità ai figli è solo un sogno di libertà finanziaria se non predisponiamo le nostre risorse a favore dei figli, evitando litigi e riducendo gli oneri fiscali, per quanto consentito dalle attuali norme.

Tradurre un sogno, una visione, un‘idea di vita, in qualcosa di concreto, non è un compito semplice, ma non è neppure impossibile. Solo misurando i pensieri con i numeri delle risorse finanziarie (un foglio di carta all’inizio può essere sufficiente), abbiamo una buona probabilità di raggiungere i nostri scopi di vita.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Investire sì, ma nella qualità

Partiamo con una puntualizzazione doverosa all’articolo sulla Bce della scorsa settimana: Draghi ha poi sostenuto che non intende stampare nuova moneta, che nessun Paese uscirà dall’Euro e che la Bce metterà a disposizione interventi illimitati. Ho la massima stima di Draghi, ma è un programma impegnativo, vediamo se sarà rispettato.

E veniamo al tema di oggi. Si parla sempre di rendimento, al massimo di diversificazione o di rischio, dell’investimento. Non si parla mai della qualità degli investimenti finanziari, cioè del loro comportamento di fronte ad eventi catastrofici (qualità della gestione) o della loro possibilità di subire tracolli (qualità dell’emittente). La qualità dell’emittente riguarda le scelte di gestione finanziaria, ma anche di gestione amministrativa ed economica, del prodotto.

Queste scelte condizionano l’andamento, nel tempo, del prodotto finanziario. Ad esempio basse commissioni di gestione per un fondo, la distribuzione costante degli utili per un’azione, il pagamento puntuale delle cedole per un’obbligazione sono tutti indicatori di una buona qualità. A ciò bisogna però associare la solidità finanziaria e la trasparenza dei bilanci societari dell’azienda (o dello Stato) emittente, nonché i buoni propositi per il futuro (piani strategici, industriali).

La qualità di gestione, invece, significa affrontare i mercati, mantenendo fede ai patti presi con gli investitori. E non è facile. Ad esempio, se un fondo comune di investimento si definisce “monetario”, non dovrebbe investire in derivati. Oppure se si chiama “obbligazionario”, non dovrebbe esagerare con le azioni in portafoglio. Di questi esempi ce ne sono a migliaia, il concetto è che le regole stabilite non sempre sono chiare e a volte lasciano una discrezionalità eccessiva al gestore. Un ‘comune mortale’ rischia di investire in un prodotto finanziario che credeva immune dai derivati o dalle azioni, e che invece non lo è.

E proprio i derivati sono gli ingredienti maggiormente utilizzati dai fondi. Il derivato è uno strumento, non è buono ne’ cattivo, dipende quale uso se ne fa. Il problema semmai è l’ effetto leva, cioè guadagno o perdo più di quello che ho investito, e l’ uso indiscriminato e non necessario. Infatti, se un fondo è obbligazionario, ma contiene derivati, il rischio percepito dall’investitore è inferiore a quello realmente sostenuto dal prodotto.

Altri protagonisti della qualità possono essere titoli “spazzatura”, valute “esotiche”, partecipazioni in società non quotate acquistati da gestori con pochi scrupoli.

Purtroppo, si può toccare con mano la qualità solo dopo che è avvenuto un disastro finanziario: casi Parmalat o Lehman, Grecia o Islanda hanno fatto capire, a chi aveva investito in questi prodotti, quanto fosse bassa la loro qualità. Se non avviene nulla di così eclatante, è abbastanza difficile, per il normale investitore, percepire quanto rischio si è evitato scegliendo prodotti qualitativamente superiori. E’ compito di un buon consulente ricercare prodotti di qualità elevata, mantenendoli sotto osservazione, nel tempo.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

L’Ue di Draghi: come difendere i capitali privati

Nonostante la Bce non possa finanziare gli stati membri dell’Eurozona, pare che Draghi intenda stampare nuova moneta per salvare l’insalvabile, per andare incontro alle banche spagnole e forse anche italiane. Sostiene che è suo compito far funzionare la politica monetaria, anche in questo modo. In pratica, però, si creerebbe ricchezza dal nulla, semplicemente stampando carta/denaro.

Il sistema bancario compra quindi titoli di Stato, che, per ricapitalizzarsi, rivende alla Bce in cambio di denaro fresco; la Bce così si troverebbe in portafoglio titoli di Stato a rischio default, fallimento che a quel punto sarebbe a carico dei contribuenti dell’intera Unione Europea e non più dei singoli Paesi che hanno generato il debito. Chi ha più crediti, ha più da perderci, chi ha debiti ha solo da guadagnarci. Tra noi, gli spagnoli e i tedeschi, questi ultimi sono certamente i maggiori creditori.

E’ una strategia semplicistica, ma contorta: pare, però, sia questa la strada indicata da Draghi.

La Bundesbank è ovviamente contraria a questa politica, ritenendola non coerente con le prerogative della Banca centrale europea, mentre la Merkel è incredibilmente d’accordo sia con Draghi  sia con la Bundesbank!

Sarà il preludio degli Stati Uniti d’Europa, a cui Angela si sta candidando alla Presidenza? Quanti e quali Stati accetteranno di rinunciare alla loro sovranità fiscale in favore di quella europea? Quali Paesi vorranno vedersi sottratte le decisioni di spesa del gettito fiscale? Ci immaginiamo un’Italia così? Forse sarebbe auspicabile per risanare una volta tanto la situazione, ma dubito che i nostri politici rinunceranno al loro strapotere.

Sarà più probabile che si abbandoni l’Europa, reclamando a gran voce il diritto di spendere (o sprecare) come si ritiene più opportuno le entrate fiscali.

Ecco quindi sorgere un nuovo motivo di frattura nella Ue. Il problema è che chi ha debiti probabilmente non avrà molta voglia di accettare la severità dei provvedimenti Merkel, chi ha crediti invece è molto bendisposto verso questa rigidità.

Tutto ciò ha ovviamente ha a che fare con le decisioni di investimento dei risparmi e del capitale familiare, poiché un’uscita dall’Area Euro potrebbe causare riduzioni del potere di acquisto della nostra nuova moneta (un ritorno alla lira?) e dei beni reali connessi (in primis gli immobili). Se gli italiani, poco avvezzi ad un approccio comportamentale alla gestione del denaro, vorranno almeno mantenere intatto il valore del proprio patrimonio, sarà sempre più necessario il supporto di un financial planner indipendente.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Seguire la rotta per non perdersi

Perché concentriamo sempre la nostra attenzione sul rendimento dei nostri investimenti finanziari e non sul perché stiamo investendo denaro, invece, magari, di spenderlo tutto? Perché, di fondo, certe scelte avvengono senza una piena consapevolezza degli scopi, e perfino di se stessi. Questo aspetto, non l’andamento delle Borse, è il vero rischio degli investimenti finanziari.

Una breve storiella forse aiuterà a comprendere meglio la questione: Nestore, il risparmiatore, non si fida dei mercati azionari e si ripromette che mai e poi mai investirà in azioni. Il suo amico Ulrico, invece, che vuole comprarsi una barca a vela, ha iniziato ad investire in azioni, con notevole profitto. Dopo alcuni mesi, le azioni continuano a salire, Ulrico cerca di convincere il suo amico Nestore che sono un buon affare, ma Nestore non cede. Dopo altri mesi, e dopo che Ulrico ha realizzato il suo sogno con quanto guadagnato con le azioni, Nestore decide di investire. Lo dice ad Ulrico, che gli risponde: “Ah, io stavo proprio pensando di vendere parte delle mie azioni, perché ho già avuto tanto”. Nestore compra azioni e il mercato sale ancora un po’, ma poi inizia a scendere, fino a perdere il 30% del prezzo che ha pagato e Nestore, spaventatissimo, decide di vendere. Parlando con Ulrico, scopre che lui ora invece sta pensando di ricomprare un po’di azioni.

Quanto ci sentiamo Nestore e quanto Ulrico? Ovvero, quali sono i nostri obiettivi nelle scelte finanziarie?

Ogni investimento ha connesso uno o più rischi specifici, ed è quindi necessario misurare il rischio che siamo disposti a sopportare rispetto alle nostre finalità.

Se l’obiettivo di Nestore è, per esempio, raddoppiare il suo capitale di 200mila euro in 5 anni, perché  vuol comprare una casa al figlio, dovrà cercare un rendimento del 20% annuo medio, con conseguente rischio elevato. Se l’obiettivo di Ulrico è di comprarsi una barca a vela del costo di 100mila euro tra 5 anni, e ha un capitale di 500mila euro, sarà sufficiente un rendimento del 4%. Inoltre, i due obiettivi potrebbero avere priorità diverse.

La casa per il figlio potrebbe essere un obiettivo primario, la barca a vela un obiettivo secondario. Un obiettivo secondario non raggiunto non mette in crisi la vita, un obiettivo primario non conseguito, può creare seri problemi esistenziali. Ma poi perché investire in azioni e non in obbligazioni, titoli di stato, etf, fondi, derivati e così via? I mercati ci ricordano insomma che l’uso del denaro non è ‘inodore e incolore’, ma è sempre connesso ai valori e al senso della nostra vita. Il denaro può essere considerato un mezzo o un fine. Con tutte le conseguenze relative da mettere in conto. E alla fine comunque ne va della nostra esistenza.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis