Una carta per salvaguardare il Made in Italy

Anche se l’operazione Spiagge Sicure è partita e promette sanzioni sempre più rigide e punitive, non sembra essere sufficiente per contrastare la contraffazione, poiché c’è chi, complice la spensieratezza della vacanza e le bancarelle che offrono di tutto a prezzi stracciati, non rinuncia ad acquistare un oggetto di marca, pur sapendo che è falso.
Ma, in numerosi casi, c’è la consapevolezza che i capi griffati sono sempre più costosi e, quindi, assolutamente inaccessibili, e quindi ci si accontenta del tarocco.

Questo è il trend tuttora esistente, non solo sulle spiagge ma anche sul web, che sembra davvero inarrestabile e acerrimo nemico del Made in Italy.

Per difendere, quasi a spada tratta, l’originalità dei prodotti italiani e dei loro marchi, è stata presentata Carta Italia, frutto di un accordo firmato dagli operatori del commercio elettronico, Indicam e Netcomm, insieme con il ministero dello Sviluppo economico.
Obiettivo comune di questa importante intesa è quello di identificare i prodotti contraffatti prima delle messa online, mentre i siti che aderiranno al protocollo riceveranno un bollino di garanzia, ovvero il sigillo Netcomm.

Mauro Peserico, presidente di Indicam, che riunisce oltre 150 piattaforme e siti e-commerce, ha dichiarato: “Naturalmente non significa che chi non avrà il bollino vende prodotti contraffatti. Ma averlo sarà una garanzia in più per il consumatore, per questo l’obiettivo è divulgare questo protocollo a partire dai big dell’e-commerce come eBay”.

Ad essere tutelato non è solo il Made in Italy, ma anche i consumatori, che così avranno maggior certezza di aver acquistato un oggetto originale.
Si riuscirà, con questa operazione, ad abbattere la piaga della contraffazione? Sicuramente è un buon passo avanti, anche se, ad oggi, si tratta di un colosso ben saldo, anche perché ci sono intere attività che basano la loro fortuna proprio sulla riproduzione di falsi, che poi vengono venduti in tutto il mondo, minando la nostra reputazione, soprattutto in Cina.

Ma non tutto ciò che arriva dall’e-commerce è malsano, come ha confermato Roberto Liscia, numero uno di Netcomm: “Nell’ordine del 15% quest’anno per raggiungere 15 miliardi di euro di fatturato solo in Italia”.

Vera MORETTI

Il Decreto Crescita 2.0 delude le pmi

Mancano poche settimane alla pubblicazione del Decreto Crescita 2.0, chiamato anche DL Sviluppo Bis, ma già sono emerse alcune perplessità.

Le maggiori riguardano la quasi totale assenza di provvedimenti che riguardino le pmi, se si escludono Confidi e reti d’impresa.
La delusione, per i diretti interessati, è cocente, considerando che le aspettative nei confronti del decreto erano molte. Crescita 2.0, infatti, avrebbe dovuto essere il motore per la realizzazione della metamorfosi digitale italiana e non solo delle famiglie e della pubblica amministrazione, ma anche delle imprese.

A questo proposito, Andrea Rangone, a capo degli a capo degli Osservatori ICT del Politecnico di Milano, ha dichiarato: “Il governo ha scelto di concentrarsi sulla dimensione della pubblica amministrazione. Che è importante. Ma ha dimenticato gli incentivi all’innovazione delle nostre aziende. In particolare le PMI ne avrebbero bisogno. Non ci sono contributi né incentivi fiscali per la loro innovazione digitale. Non ci sono riferimenti all’e-commerce, l’e-procurement, la fattura elettronica“.

Un cambiamento radicale sarebbe servito, per dare la scossa ad un mercato, quello digitale, ancora esiguo in Italia, specialmente per numero di pmi che vendono online, ancora ferme al 3,8% del totale, percentuale che non viene superata dalla sola Bulgaria.

L’e-commerce è stato fortemente penalizzato perché, a differenza della bozza iniziale, dal decreto sono scomparse le agevolazioni fiscali per i contratti di rete, e la detassazione ricavi da attività di commercio elettronico internazionale delle medie imprese.

Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico, ha commentato: “E’ molto grave che il decreto abbia sottovalutato l’importanza dell’e-commerce. Servono incentivi per spingere le nostre aziende a vendere online. Il dato che più evidenzia il problema è forse questo: la nostra bilancia commerciale, nell’e-commerce, è negativa per 1,3 miliardi. Cioè importiamo online molto di più di quanto esportiamo, in contrasto con la vocazione del nostro manifatturiero, molto votato all’export“.

L’Osservatorio sull’Agenda Digitale del Politecnico di Milano ha a questo proposito fornito tre consigli chiave:

  • la PA sia esempio di e-commerce, attraverso la spinta all’e-procurement e alla Fatturazione Elettronica;
  • incentivi all’e-commerce B2b (es.: sgravi fiscali), inteso come digitalizzazione dei processi commerciali tra imprese, giustificati dai rilevanti ritorni su questi investimenti e potenzialmente finanziabili anche attraverso la lotta all’evasione fiscale, che potrebbe essere favorita proprio dalla diffusione di queste pratiche.
  • investire in formazione, affinché le aziende che si affacciano al mondo dell’e-commerce lo possano fare con la consapevolezza necessaria, comprendendo fino in fondo le implicazioni organizzative che riguardano l’implementazione e la gestione di una soluzione di e-commerce.

Ma dal Governo rispondono che nessuno si è dimenticato delle pmi.
Ad assicurarlo è stato Giuseppe Tripoli, garante delle pmi e responsabile e-commerce per i lavori sull’Agenda Digitale, presso il ministero allo Sviluppo Economico, il quale ricorda come nel Crescita 2.0 ci siano misure per facilitare l’accesso al credito bancario, e l’export di piccole aziende. Inoltre sono stati estesi i contratti di rete tra le imprese agricole, per favorirne l‘aggregazione.

Per quanto riguarda le start-up, il decreto prevede norme ed incentivi, mentre sono scomparse le liquidità che sembrava sarebbero state messe a disposizione.
Ma a questo proposito, dal ministero dello Sviluppo Economico, fanno sapere che verranno aumentate, tramite Cassa Depositi e Prestiti, le risorse a disposizione del Fondo italiano di investimento a favore del venture capital, per una somma compresa tra 50 e 100 milioni di euro.

In dirittura d’arrivo, invece, dovrebbe essere la fattura elettronica, che dovrà essere adottata da ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e assistenza sociale entro 12 mesi, mentre le altre amministrazioni, dalle quali sono escluse quelle locali, dovranno adeguarvisi entro 24 mesi.

Questa manovra dovrebbe portare ad un risparmio di un miliardo di euro per la PA e di un altro miliardo per le aziende fornitrici, secondo stime del Politecnico. Il tutto fungerà inoltre da sprone per le aziende a informatizzarsi.

Vera MORETTI

L’eCommerce cresce anche in Italia

L’Italia sta diventando sempre più eCommerce addict.

La crisi, in questo ramo, sembra non sentirsi, dal momento che il settore, trainato da Groupon, è cresciuto del 20% rispetto al 2010 con cifre che raggiungono gli 8 miliardi di euro.

A portare a questo risultato sono stati soprattutto i prodotti, che registrano un +24%, a discapito dei servizi, solo +18% e i comparti di maggior appeal rimangono moda, +38%, ed editoria, musica ed audiovisivi, +35%. L’informatica tiene bene e addirittura raddoppia segnando un positivo +22%.

Questi dati sono resi noti da una ricerca effettuata dall’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, che conferma il successo dei siti che vendono coupon, Groupon su tutti, ma seguiti da Glamoo, Groupalia e LetsBonus, senza dimenticare Amazon.it.

Tra i settori che hanno registrato più crescita ecco le assicurazioni, +22%, e il turismo, +13%, utilizzati, da un esercito di web shopper che ormai sfiora i 9 milioni solo in Italia, distribuiti per il 60% al Nord, 25% al centro e 15% al Sud, con una stima, per la fine dell’anno, di un totale di 32 milioni di ordini evasi, +26% rispetto al 2010.

Alessandro Perego, responsabile scientifico Osservatorio B2C Netcomm, spiega: “I nuovi fenomeni sono decisivi nell’accelerazione della crescita dell’e-commerce, sia per il valore assoluto con cui contribuiscono all’aumento del transato (400 milioni di euro circa, pari a quasi un terzo della crescita complessiva) sia per la capacità di portare online nuovi acquirenti“.

A far crescere il mercato dell’eCommerce hanno contribuito anche gli acquisti online attraverso gli smartphone, aumentati del 210% rispetto allo scorso anno e che rappresentano l’1% delle vendite online.

Il mercato italiano è ancora lontano da quello degli stati europei, Regno Unito e Francia in primis, ma la crescita registrata è doppia rispetto questi Paesi, già da tempo abituati allo shopping online.

A questo proposito, Roberto Liscia, presidente di Netcomm, ha dichiarato: “Dal monitoraggio mensile dell’indice di soddisfazione dell’eCommerce italiano che conduciamo con Human Highway, risulta che ad ottobre i compratori online sono stati 9.2 milioni e che circa l’87% di essi ha dato valutazione superiore a 7 su 10 a questo canale che si conferma quello con il maggiore indice di soddisfazione per i compratori online rispetto a tutti gli altri. Oggi più che mai, in un contesto di crisi globale che investe anche il nostro Paese, l’eCommerce non e’ più un’opportunità ma diventa un’esigenza inderogabile per le imprese italiane che vogliano seriamente competere sui mercati internazionali“.

Vera Moretti