Carico fiscale ancora pesante per l’automotive

Il settore dell’industria automobilistica ha patito particolarmente le conseguenze della crisi e a fatica sta cercando di riprendersi.
Anfia, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, facendo un’analisi approfondita sulla situazione del comparto, ha scoperto che, nonostante le difficoltà dell’automotive italiano, il carico fiscale complessivo che grava sulla motorizzazione è ulteriormente cresciuto anche nel 2014, raggiungendo i 71,6 miliardi di Euro, pari ad un incremento dell’1,7% rispetto all’anno precedente.

Questo aumento ha anche vanificato il leggero calo, dello 0,3%, del totale delle entrate tributarie nazionali rispetto al 2013, derivante da un andamento negativo delle imposte dirette (-3,5%) e positivo delle imposte indirette (+3,6%), basate sui consumi.
Ma la quota percentuale del gettito proveniente dal settore automotive sul gettito complessivo calcolato secondo il criterio di cassa, è ulteriormente salita, portandosi dal 16,5% del 2013 al 16,8% nel 2014.

Roberto Vavassori, presidente Anfia, ha commentato: “Facendo un confronto con il 2009, anno in cui il gettito fiscale complessivo proveniente dal settore automotive ha toccato il punto di minima dall’inizio della crisi (66,32 miliardi di Euro, pari al 16% delle entrate tributarie nazionali), complice la crisi del mercato auto, è significativo rilevare che la tassazione derivante dall’utilizzo dell’autoveicolo ha continuato a crescere, portandosi da 51,18 miliardi di Euro a 58,67 nel 2014 (+14,6%)”.

Nello stesso periodo, anche il gettito derivante dal possesso dell’autoveicolo (bollo auto) è cresciuto del 7,7%, passando da 5,67 miliardi a 6,10 miliardi. Questo a fronte di introiti derivanti dall’acquisto degli autoveicoli (IVA e IPT) scesi da 9,48 miliardi a 6,83 miliardi nel 2014 (-27,9%), con un mercato auto in flessione del 37% tra 2009 e 2014.
Nel 2014, la percentuale del gettito fiscale derivante dal comparto sul PIL è pari al 4,5%, mantenendo il primato tra i maggiori Paesi europei, visto che la media si aggira tra attorno al 3,4%1.

Se il trend rilevato nel 2014 proseguisse, e quindi il gettito continuasse a crescere, gli introiti provenienti dal settore continuerebbero a lievitare in concomitanza con la ripartenza della domanda di auto, quando, al contrario, occorrerebbe riequilibrare alcune voci di spesa, come le accise sui carburanti e la tassazione sull’utilizzo dei veicoli, basandosi sulla regola che “chi più inquina paga”.

Nel 2014, pur essendo diminuiti i prezzi medi dei carburanti alla pompa, è aumentata l’incidenza fiscale (accise e IVA) che grava sul prezzo finale: per la benzina è passata dal 59,2% del 2013 al 60,7%, per il gasolio dal 54,8% al 56,5%, per il GPL dal 35,8% al 37,2%, per il metano dal 18% al 18,5%.
Per rilanciare davvero la domanda di mobilità nel nostro Paese, occorre invertire questa tendenza, con particolare attenzione alla spesa delle famiglie, ma anche alla competitività delle imprese, in direzione di una fiscalità automotive più equa.

Rispetto al altri Paesi quali Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, l’incidenza delle auto aziendali sul mercato italiano, del 19,8% a fine 2014, è molto più bassa, a causa della pesante fiscalità che penalizza il comparto. In Italia, la deducibilità è stata ridotta in pochi dal 40% al 20%, mentre in ambito UE arriva fino al 100%.
C’è da aggiungere che le soglie di deducibilità per le auto utilizzate da imprese e professionisti sono ferme al 1997, non essendo mai state rivalutate secondo gli indici ISTAT come, invece, sarebbe previsto.
Anche l’IVA è detraibile solo al 40%, mentre nei principali Paesi UE la detraibilità arriva al 100%.

Vera MORETTI

Rallenta il mercato auto ma il 2014 resta positivo

Buone notizie per il mercato auto italiano. Secondo i dati pubblicati dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, a novembre ha totalizzato 107.965 immatricolazioni, il 4,9% in più rispetto a novembre dello scorso anno. Nei primi undici mesi del 2014, i volumi immatricolati dal mercato auto italiano si attestano a 1.267.517 unità, +4,3% rispetto allo stesso periodo del 2013.

Secondo i dati preliminari, come già nei due mesi precedenti, anche a novembre il mercato auto ad alimentazione alternativa supera il 18% di quota e registra un incremento di quasi il 23% rispetto a novembre 2013. Le vetture a GPL e metano registrano, nel mese, rispettivamente aumenti del 30% e del 13,6%, con quote pari al 10,5% nel primo caso e 6% nel secondo. La quota delle auto eco-friendly sfiora così il 15,9% nel cumulato da inizio anno, superando, in termini di volumi, il livello dell’intero 2013.

L’andamento delle vendite sul mercato auto italiano è migliorato nella seconda parte dell’anno, passando dal 14,4% di quota nel primo semestre, al 18% medio nei 5 mesi successivi. Nei primi 11 mesi dell’anno, le vetture a GPL detengono una quota del 9% e le vetture a metano del 5,2%. Le vetture ibride/elettriche risultano in crescita del 15% nel mese e del 43% nel cumulato.

In aumento anche le immatricolazioni di vetture diesel, che toccano la quota del 55,4% nel mese e del 55,3% nel cumulato. In calo, al contrario, i modelli a benzina, che rappresentano, nel cumulato, meno di un terzo del mercato (29%).

Secondo l’anticipazione dello scambio di dati tra Anfia e Unrae, a novembre 2014 gli ordini del mercato auto sono circa 120mila, l’11% in più rispetto a novembre 2013. Nei primi 11 mesi del 2014, gli ordini sfiorano 1 milione e 280mila unità, +6,5% rispetto allo stesso periodo del 2013.

Segno positivo anche a novembre per il mercato auto italiano, nonostante il rallentamento dei ritmi di crescita rispetto al mese precedente – ha commentato Roberto Vavassori, Presidente di Anfia -. Dopo un primo semestre in rialzo del 3,5%, e un terzo trimestre a +4%, il bimestre ottobre-novembre ha superato del 7,4% le immatricolazioni totalizzate nello stesso bimestre di un anno fa. Ci sono tutti gli elementi per confermare una previsione di chiusura d’anno positiva, attorno a 1.356.000 unità immatricolate, circa 50.000 in più rispetto al 2013, volumi non distanti da quelli del 1979 (1.397.039 unità), ovvero di 35 anni fa”.

“Un contributo alla piccola ripresa dei consumi a cui stiamo assistendo negli ultimi mesi, potrebbe derivare anche dalla diminuzione dei prezzi dei carburanti, incominciata lo scorso agosto e tuttora in atto – ha proseguito Vavassori. Tra luglio e ottobre, la riduzione del prezzo medio mensile è del 2,9% per la benzina, del 2,6% per il gasolio e del 2,5% per il GPL. Continua, tuttavia, a crescere l’incidenza fiscale sui prezzi di carburanti, nel mese di ottobre pari 60,8% sul prezzo alla pompa per la benzina, del 56,9% su quello del gasolio e del 37,7% sul prezzo del GPL. Un fenomeno, questo, che limita gli effetti positivi del calo del prezzo del petrolio nel nostro Paese rispetto ad altri Paesi europei”.

A marzo, immatricolazioni auto in aumento

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha reso noto che le immatricolazioni di autovetture a marzo sono state 139.337, con una variazione di +4,96% rispetto a marzo 2013, quando furono immatricolate 132.753 automobili.

La Motorizzazione fa sapere, inoltre, che nel marzo 2014 sono stati registrati 366.276 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di -2,27% rispetto a marzo 2013, durante il quale ne furono registrati 374.783.
Nel primo trimestre 2014, i volumi immatricolati si attestano a 376.519 unità, il 5,8% in più rispetto al primo trimestre 2013.

Roberto Vavassori, presidente Anfia, ha dichiarato a proposito: “L’ottimismo che potrebbero ispirare questi dati resta comunque cauto, se si considera che i volumi annualizzati sono ancora distanti da quelli fisiologici per il mercato”.

Se si considera, però, un lasso di tempo più lungo, i dati relativi al primo trimestre non sono così tanto incoraggianti.
Le immatricolazioni registrate sono, infatti, il 48,9% in meno rispetto a quelle del primo trimestre del 2007.
Per evitare che queste percentuali precipitino ulteriormente, Vavassori chiede che venga ridotta l’imposizione fiscale sull’utilizzo dell’autoveicolo, ad esempio portando la deducibilità delle auto aziendali in pari con quella degli altri maggiori Paesi europei.

Ha continuato il presidente dell’Anfia: “Ma la ripresa passa anche dal rilancio dell’industria automotive, la cui centralità, nel nostro sistema economico, rimane indiscussa: basti pensare che nel 2013, la componentistica italiana è riuscita a mantenere un trend crescente delle esportazioni (+5,7% rispetto al 2012), per un valore di 19,3 miliardi di Euro. Le nostre imprese, tuttavia, sono in difficoltà nel confronto con i competitor europei, a causa della disparità di condizioni del sistema Italia rispetto agli altri Paesi“.

Vera MORETTI

Federauto: “Il Governo ascolti le nostre proposte”

Ce lo aspettavamo e, puntualmente, è arrivato. Non per fare i pessimisti a tutti i costi (è un modo di pensare che non ci appartiene), ma l’ennesimo calo delle immatricolazioni di auto a ottobre era previsto ed è stato confermato.

Secondo i dati diffusi dal Ministero dei Trasporti, il mese scorso si è chiuso con 110.841 immatricolazioni di autovetture nuove segnando una flessione del -5,6% rispetto a ottobre 2012. “Le previsioni del nostro Osservatorio – ha commentato Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti marchi commercializzati in Italia -, diramate lo scorso 30 ottobre, sono state confermate dal dato ufficiale che fotografa una flessione del -5,6% fra ottobre 2013 e ottobre 2012. E quindi, a dispetto di chi vorrebbe ‘vendere’ ottimismo ad ogni costo, il mercato auto non riparte. Anzi, continua nel suo ciclo negativo apertosi 41 mesi fa. Una nuova spia rossa lampeggiante, quindi, si è accesa sul cruscotto del settore automotive”.

Una filiera che, come tante nel nostro Paese, è da troppo tempo in grave sofferenza. Secondo Roberto Bolciaghi, presidente dell’associazione dei concessionari Renault, “a parte l’instabilità politica, che non ci fa bene, e l’incerto incedere dell’economia italiana, i mali primari che impediscono alla domanda di esprimersi con numeri adeguati sono la pressione fiscale e i costi di gestione. Ormai è dimostrato che ogniqualvolta lo Stato aumenta le tasse incassa sempre meno. Questo perché si contrae la domanda e i fatturati diminuiscono ingenerando un circolo vizioso che fa bruciare centinaia di migliaia di posti di lavoro”.

Non si tratta quindi di un male e di un calo che interessano solo il mondo delle concessionarie. Federauto ci ha messo del suo, tanto che Pavan Bernacchi ricorda numeri di mercato, impegni della filiera e rischi che il governo si deve prendere per rivitalizzare un settore che sta andando incontro a morte certa: “Il 2013 chiuderà presumibilmente attorno a 1.280.000 pezzi, registrando un -8% rispetto al 2012. Ma questo dato non rende giustizia alla realtà delle cose. Il mercato italiano dovrebbe esprimere circa 2.000.000 di pezzi. Mancano quindi all’appello 720.000 immatricolazioni rispetto alla media degli ultimi 5 anni. In altri termini stiamo performando il -35% rispetto a quanto la filiera, che dà lavoro a 1.200.000 persone, necessita per sopravvivere. Ma il paradosso è che lo Stato sta perdendo circa 3 miliardi tra Iva e altre imposte. Questo abbiamo sostenuto lo scorso 24 ottobre scorso nella riunione convocata dal Ministero dello Sviluppo Economico, nel primo giro di orizzonte fatto con il Ministro Zanonato e il Sottosegretario De Vincenti. Il Governo è stato informato con chiarezza, da parte di tutti i principali attori della filiera, di quanto la crisi sia profonda e articolata. Abbiamo lasciato sul Tavolo queste riflessioni con un nuovo appuntamento a fine mese. L’attenzione del Ministro e del Sottosegretario c’è stata e siamo loro grati, ma adesso ci aspettiamo che sul tema del mercato, quel mercato italiano, fanalino di coda europeo, che cala da 41 mesi, il Governo sia disponibile ad ascoltare le nostre proposte e a considerarle nella giusta prospettiva. Senza un intervento deciso, anche solo per detassare l’acquisto delle vetture o il loro utilizzo, la situazione è destinata a peggiorare al di là di quanto possano raccontare degli sterili numeri ”.

Sul modello inglese nasce la consulta per l’automotive

Sulla scia del modello inglese dell’Automotive Council, nasce una consulta permanente tra imprese e istituzioni, che farà da perno centrale per le prossime decisioni volte a rivitalizzare un settore in netta crisi. Con il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato hanno partecipato i maggiori rappresentanti di Fiat, Anfia, Unrae, Federauto, Aci, ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ministero della Ricerca, Conferenza Unificata Stato-Regioni e più avanti, in funzione dei temi di volta in volta affrontati, saranno coinvolte altre associazioni o aziende. “Al centro della discussione – spiegano dal ministero di via Molise – un duplice aspetto: come allargare il mercato interno e come potenziare la capacità produttiva del comparto”

Soddisfatto di questo primo importante incontro il Presidente di Anfia, Roberto Vavassori: “È il modello da noi suggerito, una Consulta a geometria variabile in cui i diversi attori della filiera, suddivisi in specifici gruppi di lavoro, saranno chiamati ad esprimersi sui diversi temi chiave per il futuro del comparto, a partire da R&D e innovazione, fair trade, mobilità sostenibile, sostegno al mercato e, non ultimo, i processi di riqualificazione industriale della filiera”.

Si preparerà nei prossimi giorni un’agenda dei lavori, così da poter avviare tavoli di discussione sui diversi temi al centro del dibattito, dal fair trade alla mobilità sostenibile, per risollevare un mercato che non sembra riprendersi da questi anni di forte crisi economica.

Filiera dell’auto, il brivido dell’ibrido

Oggi il ministero dei Trasporti renderà noti i dati sulle immatricolazioni, ma le previsioni, tanto per cambiare, sono tutt’altro che ottimistiche. Federauto prevede infatti una flessione del 5% delle immatricolazioni del mese scorso verso lo stesso periodo del 2012, quando la cifra si era collocata a poco meno di 117.400 unità. “Il panel di Federauto stimava un -9% rispetto allo stesso periodo dell’ottobre 2012. Questo, insieme ad altri dati raccolti dai concessionari ufficiali italiani, fa propendere il nostro osservatorio a prevedere per ottobre 2013 un calo complessivo del -5%“, ha detto Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto. E mentre prosegue il mercato nazionale dell’auto continua a essere uno dei grandi malati dell’economia italiana, volano le vendite di veicoli ad alimentazioni alternativa.

I dati contenuti nel IV Osservatorio Deloitte sull’Auto Elettrica presentati la scorsa settimana a Milano, in Assolombarda, durante il convegno “Come sta cambiando la mobilita” parlano da soli: le immatricolazioni sono ancora in calo (-8,4% rispetto ai primi 9 mesi del 2012), ma le vendite di veicoli ‘green’ registrano un’impennata. Da gennaio a ottobre le immatricolazioni di veicoli a metano hanno fatto segnare un aumento del 30%. Ma il vero boom è quello fatto registrare dalle auto ibride: nel giro di 9 mesi la loro presenza sul territorio nazionale è cresciuta del 141%. Bene anche i veicoli elettrici: le auto vendute sono state 588, in aumento del 64% rispetto ai primi 9 mesi del 2012.

L’Italia sembra dunque protagonista di una rivoluzione della mobilità e il settore dell’autonoleggio si prepara per intercettare questa nuova domanda. Lo studio Deloitte evidenzia che il 73% delle aziende di autonoleggio presenta veicoli elettrici e/o ibridi nella propria flotta.

Secondo il Ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, l’auto elettrica rappresenta ”un settore sempre più strategico per il nostro Paese” e in questo scenario ”l’auto elettrica può svolgere un ruolo cruciale perché rilancia le tecnologie italiane sostenibili e perché contribuisce a ridurre le emissioni, questione particolarmente sentita nel Nord e nella Pianura Padana”.

Quello che è certo, è che questi dati stridono con i dati relativi al mercato “tradizionale” dell’auto. Sempre secondo Pavan Bernacchi, “gli sterili numeri non danno la misura esatta dello tsunami che si è abbattuto sul nostro settore. Stiamo vendendo 750.000 vetture in meno rispetto alla media degli ultimi 5 anni e questo si traduce, in primis, in centinaia di migliaia di posti di lavoro bruciati”.

Con tanti saluti alla ripresa, che in tanti continuano a vedere.

Auto, quando la luce in fondo al tunnel?

Infoiva non poteva restare indifferente ai dati sulle immatricolazioni delle auto in Italia, diffusi la scorsa settimana, che hanno lasciato l’amaro in bocca agli operatori del settore. Non poteva restare indifferente proprio perché il settore comprende tantissime piccole imprese e tanti professionisti che già sono bastonati ogni giorno dalla crisi economica; in più, devono fare i conti con un segno meno che impatta su tutta la filiera, togliendo ossigeno a un settore che è sempre stato trainante per il Paese.

Ecco perché in questa settimana sentiremo alcune delle voci più autorevoli del comparto: per capire i motivi di questo profondo rosso; per sentire l’umore di chi, tutti i giorni, vede i propri margini erosi nonostante buona volontà e voglia di fare; per ascoltare idee e proposte per tamponare l’emorragia, tanto più importanti perché vengono “dal basso”, da chi ha a che fare quotidianamente con i reali problemi della filiera e dell’economia.

Nuovo ossigeno al mercato dell’auto

Rilanciare la competitività del mercato dell’auto attraverso la riduzione e razionalizzazione dell’imposizione fiscale e un intervento sui costi dell’energia. Sono queste le richieste di ANFIA, l’Associazione Nazionale Fra Industrie Automobilistiche, al nuovo esecutivo.

Continua il viaggio di Infoiva di questa settimana per ascoltare le richieste delle Associazioni di Categoria in Italia: oggi abbiamo intervistato Roberto Vavassori, Presidente di ANFIA.

Quali sono, a suo parere, le tre priorità che dovrà affrontare il nuovo Governo per rilanciare domanda e consumi?
Per rilanciare la domanda di autoveicoli, sono prioritarie una revisione della fiscalità sulle auto aziendali, una riduzione dell’RC Auto e una riduzione programmata delle accise sui carburanti. La recente riduzione della deducibilità del costo delle vetture aziendali ci ha allontanati un altro poco dall’Europa, visto che ad oggi, in Italia, abbiamo una quota di immatricolazioni di auto aziendali attorno al 30% all’anno, contro il 50% della Germania e del Regno Unito. Sul fronte delle tariffe assicurative, i costi possono essere ridotti grazie all’utilizzo della scatola telematica installata in auto, secondo la logica pay-as-you-drive, e all’introduzione di un sistema unitario di monitoraggio e rilevazione statistica della sinistrosità, che consenta di approfondire la conoscenza sulle circostanze degli incidenti, fornendo informazioni preziose anche, e soprattutto, in un’ottica di riduzione delle vittime della strada. Infine, una riduzione delle accise sui carburanti, se ben studiata, potrebbe non comportare perdite di gettito per l’Erario, se incrementassero, anche di poco, i chilometraggi medi.

Quali, invece, le politiche che dovrà mettere in campo per dare sostegno a imprese e professionisti, strozzati dalla crisi?
E’ urgente ricreare condizioni di maggior competitività attraverso un intervento sui costi dell’energia – con una riduzione di almeno l’80% della componente A3 per le imprese ad alta intensità energetica come quelle del settore automotive – l’introduzione di un credito d’imposta strutturale, o almeno della durata di 5 anni, per gli investimenti in R&D – sul modello della Francia, dove è al 30% – e un miglioramento delle condizioni di accesso al credito per le aziende, a tassi coerenti con quelli praticati dalla BEI, mentre ad oggi le aziende italiane pagano tassi più alti rispetto alle aziende concorrenti europee.

Per parte vostra, quali saranno le prime istanze che porterete al nuovo esecutivo? Chiederemo di attuare subito, con il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema della mobilità, un serio e improcrastinabile piano d’azione, che punti a dare ossigeno al mercato – in primis attraverso la riduzione e razionalizzazione dell’imposizione fiscale – e ad avviare le misure di politica industriale appena indicate, indispensabili per rilanciare la crescita e lo sviluppo.

Qual è l’errore più grave commesso dai precedenti Governi che non volete venga più commesso dall’Esecutivo che verrà?
Riteniamo non debba più accadere che provvedimenti impattanti sulle dinamiche del nostro comparto – che dà un contributo alle entrate fiscali dello Stato di oltre 65 miliardi di Euro l’anno, oltre il 15% del gettito fiscale nazionale e al 4,4% del PIL – vengano introdotti senza alcuna consultazione preventiva con le associazioni di settore, per un’analisi il più possibile approfondita delle problematiche che ci troviamo ad affrontare quotidianamente nel nostro rapporto con le aziende che rappresentiamo.

Alessia CASIRAGHI

Auto, un settore industriale in via di estinzione

di Davide PASSONI

La scorsa settimana i dati presentati sul mercato dell’auto in Italia nel mese di agosto hanno fatto tremare le vene ai polsi a più di un addetto del settore: poco più di 56mila immatricolazioni con un calo del 20% rispetto ad agosto 2011. Cifre che riportano ai volumi di quasi 50 anni fa, del 1964.

Per capire quanto questi numeri impattino sulla filiera dell’auto che, in Italia, è un settore vitale per l’economia ed è fatto principalmente da piccole e medie imprese, questa settimana Infoiva ascolterà alcuni degli attori principali della filiera. Partiamo da Anfia, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, forse il termometro più attendibile per misurare la febbre del settore. Ecco che cosa ci ha raccontato il presidente Roberto Vavassori.

Che cosa c’è oltre i numeri freddi del mercato? Dove soffre maggiormente oggi la filiera dell’auto italiana e perché?
Ci sono due aspetti molto preoccupanti, di cui si vede il primo ma il secondo un po’ meno. Il primo è che esiste in Italia una domanda di veicoli molto bassa; il 2012 chiuderà con 1 milione e 400mila autovetture vendute, anche se bisogna considerare che parte del calo è strutturale e non congiunturale: un calo dovuto a un cambio culturale nel rapporto con l’auto che ne ha fatto calare l’appeal, non solo in Italia. Pensi che qualche anno fa in Giappone l’auto era al 6° posto nella classifica dei beni più desiderati e in Germania al 2°: l’anno scorso è scesa rispettivamente al 17° e 23° posto.

E il secondo?
Dietro al calo della domanda c’è anche il fatto che in Italia produrremo poco più di 400mila autovetture quest’anno, un numero che era la produzione della sola Mirafiori degli anni d’oro. Siamo a 1/5 della Spagna, a 1/4 della Francia e a un 1/12 della Germania. La nostra filiera dell’auto è in pericolosissima apnea, un settore che per la componentistica nel 2011 ha esportato per oltre 19 miliardi di euro mentre ora la base industriale sta venendo clamorosamente a mancare.

Mentre in Germania…
In Germania per il 2012 è prevista una produzione di 5 milioni e 700mila autovetture e le case stanno lavorando con player di livello assoluto come Bosch e Continental, per esempio, per sviluppare modelli e tecnologie del futuro. Ora come ora non abbiamo una base produttiva forte in Italia e non si percepisce il fatto che dietro al calo della domanda – il quale, per inciso, riguarda per l’70% veicoli esteri – abbiamo un settore industriale che sta scomparendo.

E quindi?
Drogare il mercato finale non serve, in Italia abbiamo 600 auto ogni 1000 persone e il nostro è un mercato di pura sostituzione, non possiamo aspettarci centinaia di migliaia di auto nuove ogni anno sulle strade. Quello italiano è un mercato che va seguito e sostenuto, visto che siamo l’unico Paese industrializzato con un solo costruttore di veicoli. Dobbiamo tornare a essere un Paese “normale”: come possiamo produrre meno auto di Iran e Thailandia? Siamo il secondo Paese manifatturiero in Europa, il sesto industrializzato al mondo e stiamo buttando via un settore trainante per l’intera economia.

Quanto soffre la filiera dell’auto italiana la difficoltà di un grande player come Fiat? Come evitare che la difficoltà di un “grande” si scarichi sui “piccoli”?
In realtà questa difficoltà si è già scaricata in maniera pesantissima. Non siamo stati capaci di fare sistema, non possiamo andare avanti in ordine sparso: ci vuole la convinzione sistemica che dobbiamo invertire la rotta. Abbiamo tutti i mezzi per farlo, siamo più produttivi della Baviera, numeri alla mano, un nostro metalmeccanico ne vale 3 francesi per specializzazione e produttività, ma negli ultimi 40 anni non abbiamo fatto programmazione e pianificazione industriale e continuiamo tuttora a non farne.

Com’è l’umore dei vostri associati? Che richieste o segnalazioni vi arrivano “dal basso”?
Tutti hanno ancora voglia di fare, ma incontrano difficoltà: dall’accesso al credito, ai costi energetici, alla burocrazia. Ostacoli che, alla lunga, rischiano di vanificare la voglia di fare impresa in Italia e la voglia di continuare a fare fatica nell’impresa di famiglia. In un quadro di difficoltà crescente, o ci si muove tutti insieme o si soccombe.

Tornando alla Germania… Lì l’auto continua a tirare. Merito anche di politiche industriali e sindacali che, negli anni pre-crisi, hanno ben “seminato”. La crisi non potrebbe essere l’occasione per intervenire anche da noi in questo senso e rivedere il sistema dalle basi?
Sì, non è impossibile, se si ha voglia di fare. Tenga conto che quando sento gli industriali tedeschi, ben pochi sono contenti del sistema di cogestione attuale, segnale che quel sistema non è la panacea per i mali del settore.

Dove sta il segreto, allora?
La differenza tra noi e la Germania è che i tedeschi riescono a pianificare e fare sistema molto meglio di noi. Pensi che con i clienti tedeschi oggi le nostre imprese chiudono contratti con scadenza 2017-2018. A differenza della Germania, ci siamo avviluppati in una spirale negativa, mentre loro hanno la capacità, anno dopo anno, di pianificare e investire. In questo senso sono stato contento che Lamborghini sia stata acquistata dal gruppo Audi, perché così ha avuto i fondi necessari per fare gli investimenti che le servivano.

Va bene la crisi, va bene l’euro boccheggiante, ma leggere di un mercato ai livelli del 1964 significa che gli italiani non ne hanno più da spendere. Che fare?
Spingere la leva dell’export; politiche sociali e fiscali che aiutino imprese e lavoratori; puntare sui prodotti che sappiamo fare bene e sul loro export; dare più ossigeno alle aziende. Quando leggo che in Spagna vengono stanziati dal governo milioni di finanziamenti a tasso 0 per 10 anni alle Pmi che fanno ricerca e sviluppo, mi viene da pensare. Per non parlare della Francia, il cui governo ha varato misure straordinarie a sostegno dell’industria dell’auto mettendosi contro ai costruttori stessi.

Che cosa chiede Anfia al governo per sostenere un settore vitale come il vostro per l’economia italiana?
In primo luogo di aumentare l’output delle auto prodotte in Italia: i nostri associati chiedono volumi. Noi li stiamo aiutando a internazionalizzarsi, perché ormai l’Italia non basta più come mercato e anche l’Europa è quasi satura: per cui mettiamo a disposizione le esperienze di grossi player come Brembo e altri, già ben posizionati su diversi mercati mondiali, che si condividono esperienze, know how, strategie con i colleghi più piccoli per aiutarli.

Guardare avanti sempre, insomma…
Io sono un ottimista convinto, ma bisogna invertire la tendenza, altrimenti rischiamo davvero grosso. Sui mercati odierni, se non si ha la capacità di reagire agli eventi e di controllarli, si rischia di scomparire. Prendiamo esempio dal mercato americano, passato in pochi anni da un -50% ai livelli precrisi attuali, senza piangersi addosso ma adottando politiche industriali serie. Tornando alla Germania, pensa che la sua crescita di questi ultimi 5 anni sia dovuta all’industria? No, per i 2/3 è cresciuta grazie alle infrastrutture e agli investimenti nel settore pubblico. In Italia, invece, ci troviamo a tagliare nel pubblico e a non investire nelle infrastrutture, che sono un volano di ripresa economica. Le imprese tedesche si finanziano a tassi vicini allo 0%, vanno bene nei loro mercati di export e così
guadagnano vantaggio competitivo per cui non hanno alcun interesse a risolvere questa crisi, almeno nel breve periodo. Per cui il mio appello è: non molliamo, prendiamo in mano la situazione, mettiamo da parte i campanilismi, rimbocchiamoci le mani e lavoriamo insieme a politiche industriali serie per il Paese.