In saldo il pantalone? No, lo zampone

Segno dei tempi che stiamo vivendo. La stagione dei saldi (quella falsa che inizia convenzionalmente a gennaio, non quella vera che i commercianti mettono in pratica tutto l’anno…) sta vedendo per la prima volta la corsa non tanto alle vetrine di abbigliamento e accessori quanto a quelle degli alimentari.

Per la prima volta quest’anno gli italiani che vanno a caccia di panettoni, pandori, torroni cotechini, zamponi e spumanti messi in saldo dopo le feste superano quelli interessati all’acquisto dei capi di abbigliamento.

Secondo un’indagine online della Coldiretti, il 66% degli italiani acquisterà con i saldi prodotti alimentari delle feste in offerta anziché abbigliamento e calzature (58%). Sempre secondo il sondaggio, il 30% degli italiani comprerà panettoni, pandori e torroni scontati, il 10% cotechini e zamponi così come il 10% andrà a caccia di spumanti e liquori, mentre il 16% acquisterà altri prodotti come lenticchie, frutta secca o cesti.

Come noi tutti possiamo facilmente capire, si tratta spesso di alimenti tipicamente natalizi che non possono essere conservati a lungo (specialmente pandori, panettoni, torroni, cotechini e zamponi), ma spesso in saldo è sono anche la frutta secca o gli spumanti. Le formule d’acquisto sono le più differenti e vanno dal 1X2 al 2X3, ma vi sono casi di sconti rilevanti che arrivano al dimezzamento dei prezzi.

Così come nel caso dei saldi per l’abbigliamento ci sono i classici e immancabili decaloghi di Confcommercio, anche per i prodotti alimentari Coldiretti non manca di dire la propria: è necessario fare attenzione alle date di scadenza per evitare di consumare prodotti scaduti. Per quanto riguarda in particolare lo zampone e il cotechino, anche se la durata del prodotto sottovuoto è di circa di 2 mesi, non è infrequente trovare in supermercati e negozi di alimentari offerte con sensibili sconti sul prezzo con cui erano in vendita alla vigilia di Natale.

Insomma, se al pantalone preferiamo lo zampone facciamocene… una ragione.

Saldi tra luci e ombre. Si cerca l’affare ma i soldi sono pochi…

di Davide PASSONI

Ci risiamo. Come sempre, l’inizio del nuovo anno ci riporta il rituale dei saldi. Dopo esserci lasciati alle spalle il 2013, quinto anno di una crisi della quale tanti prevedono la fine a breve ma nessuno la vede per davvero, il rituale appare sempre più svuotato di senso.

È vero, in un momento difficile come l’attuale, i saldi sono ancor di più il momento in cui le famiglie italiane concentrano i propri acquisti, magari negli outlet più che nei negozi tradizionali, non tanto nella speranza di trovare il capo sperato e fare un affare ma di fare un affare quale che sia. La crisi non guarda in faccia nessuno.

E proprio in questo senso, la stagione dei saldi è anche un momento chiave nell’economia di un anno, non solo per chi acquista ma anche e soprattutto per chi vende. Imprese e commercianti sperano sempre di più nelle prossime settimane per invertire una tendenza negativa che ormai si è trasformata in una routine.

Le previsioni delle maggiori associazioni di categoria sono contrastanti, il portafoglio degli italiani è sempre meno pieno, il potere d’acquisto delle famiglie si concentra sempre di più sui beni di prima necessità, il resto viene dopo.

In questa chiave, provando a guardare il fenomeno saldi dal punto di vista di chi lo vive “dall’altra parte del bancone”, Infoiva proverà questa settimana a capire di più. Perché quello che imprese e commercianti non vogliono, così come non lo vogliono le famiglie, è abituarsi a vivere una vita in saldo, sotto costo, di un valore più basso di quello che ciascuno di noi merita.

I saldi a Napoli, dove il negozio ‘è di famiglia’

A Napoli il 95% delle attività commerciali del centro storico sono affidate a piccole imprese. Un dato in forte controtendenza rispetto al resto dell’Italia, Milano in prima fila, dove a dominare sono le grosse catene e i franchising.

Il debutto della stagione dei saldi ha aiutato le piccole attività commerciali a saldare in positivo il bilancio di un anno particolarmente difficile?

Infoiva lo ha chiesto a Pietro Russo, Presidente di Confcommercio Napoli – Imprese per l’Italia, che nei giorni scorsi, alla vigilia del debutto della stagione dei ribassi, aveva sottolineato come il settore del commercio a Napoli necessitasse più che mai una boccata di ossigeno. “Domenica i negozi resteranno aperti tutto il giorno – aveva dichiarato Russo. –  C’e’ bisogno di portare un po’ di ossigeno al nostro settore perche’ i dati che abbiamo sono oltremodo negativi, e anche l’atmosfera che si respira in citta’, in quelle che erano le “vie dello shopping“, e’ tutt’altro che entusiasta. Si fa fatica anche a vendere costumi e teli mare“.

Ma com’è andata davvero?

Primo weekend di saldi a Napoli: qual è il bilancio di quest’anno? E se dovessimo fare un confronto con il 2011?
Il bilancio è sicuramente negativo. Ci aspettavamo una ripresa delle vendite che, purtroppo, non c’è stata. Il calcolo è stimato intorno al 30% in meno di vendite rispetto al 2011.

Quali sono le tipologie di acquirenti che hanno acquistato in saldo? Italiani/ stranieri? Altospendenti/mediospendenti?
Si tratta di quei consumatori che acquistano qualsiasi prodotto, senza guardare al brand o alla qualità della merce, mentre, anni addietro, le vendite in saldo rappresentavano un’occasione per acquistare anche prodotti di marca. Tra le tipologie di acquirenti evidenziate, ritengo che si tratti soprattutto di mediospendenti.

I commercianti di Napoli e provincia hanno scelto di aderire ai ‘saldi anticipati’? Se si, questo ha portato beneficio o ha svantaggiato la consueta partenza dei saldi del 7 luglio?
I commercianti napoletani hanno deciso, vista la crisi economica, di effettuare numerose promozioni anche prima del periodo dei saldi, che, comunque, non hanno cambiato lo stato delle cose. Nonostante le offerte, non si è riusciti a fronteggiare le difficoltà legate alla caduta dei consumi.

Quali sono le previsioni sulle prossime settimane di saldi ?
Ritengo, purtroppo, negative. A meno che un aumento degli sconti non richiami, in maniera più forte, l’attenzione dei consumatori. I saldi restano, a mio avviso, un’opportunità per i consumi e per i consumatori, prima ancora che per gli esercenti.

Napoli e gli esercenti della moda: quanti negozi sono stati costretti a chiudere nell’ultimo anno? Saldo in negativo o positivo?
Sull’intero territorio provinciale il saldo delle aperture/chiusure è negativo per l’1%. Metà di queste attività commerciali appartengono al settore del tessile e abbigliamento. Un altro fenomeno in notevole aumento riguarda invece la chiusura dei negozi storici del centro o il loro trasferimento in aree periferiche della città.

In percentuale, tra le attività commerciali del centro di Napoli, quante sono ancora a conduzione familiare (piccole imprese) e quante sono di proprietà di grosse catene e franchising?
Oltre il 95% sono imprese con meno di dieci dipendenti, generalmente a conduzione familiare.

Alessia CASIRAGHI