Assocalzaturifici plaude alla Legge di Stabilità

Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici ha commentato positivamente il DDL Stabilità per il 2015, in sintonia con l’analisi di Confindustria, cui Assocalzaturifici appartiene.

Vediamo nel Disegno di Legge di Stabilità per il 2015 – ha detto Sagripantialcune importanti misure a sostegno dell’economia reale e delle nostre eccellenze manifatturiere. Come ha già evidenziato il presidente di Confindustria Squinzi, si sta delineando una giusta direzione per cercare di agganciare la ripresa, dando priorità al taglio del costo del lavoro e alla competitività. Siamo però ancora in piena sintonia con Squinzi nel sottolineare alcuni punti di criticità, legati all’aumento dell’aliquota IRAP, alla mancanza di un piano organico di investimenti pubblici e soprattutto alla promozione del made in Italy. Il sostegno all’internazionalizzazione è essenziale in un momento come questo, segnato da una difficile situazione su un mercato di riferimento come quello russo, che impone la necessità di ricercare nuovi sbocchi per recuperare il terreno perso. La decisione di eliminare dalla legge di stabilità 130 milioni di fondi destinati al made in Italy e all’ICE non potrà quindi che segnare negativamente sulle sorti delle nostre aziende all’estero”.

Secondo Assocalzaturifici, per rilanciare l’economia reale è certamente necessario agire sul taglio del costo del lavoro, dove si stati incisivi attraverso le misure su IRAP e contributi sociali sui nuovi assunti, anche se la retroattività dell’aumento dell’aliquota potrebbe incidere negativamente sugli investimenti. Ma, secondo Assocalzaturifici, servono anche una iniezione di liquidità nell’economia, ancora di là da venire, e un aumento importante degli investimenti pubblici, soprattutto su innovazione e ricerca.

Il Disegno di legge dà finalmente un segnale di discontinuità, virando con decisione verso gli obiettivi prioritari di crescita e lavoro – ha concluso Sagripanti -. Resta però ancora molto da fare per ridare pienamente fiducia all’economia e crediamo fortemente che si debba ripartire dalla difesa delle nostre filiere d’eccellenza”.

Assocalzaturifici, ritorno al passato guardando al futuro

Si è svolta venerdì a Milano l’assemblea annuale di Assoclzaturifici, dedicata al tema “Manifattura 2.0 o ritorno al futuro?”.

Al centro del dibattito c’è la tendenza che vede un ritorno al passato, con le produzioni che ritornano a lavorare in Italia, e il desiderio di adottare strategie che possano tutelare al meglio l’eccellenza produttiva italiana, alla luce anche della battaglia a livello europeo per l’etichettatira Made in, supportata dal voto del Parlamento europeo di aprile e ora al vaglio del Consiglio.

Ma ora le aziende del settore, senza smettere di guardare al futuro, ritornano al passato e ne hanno ben donde.
Le imprese che, negli anni Novanta, hanno resistito alla tentazione di delocalizzare la propria produzione, sono ora premiate con bilanci positivi, ben migliori rispetto a chi, invece, aveva ceduto alle lusinghe estere.

Ciò è accaduto perché, nonostante i costi maggiori che comporta produrre in Italia, è proprio qui, tra i confini domestici, che sono garantiti l’alta artigianalità, il saper fare, la tradizione ultrasecolare che certo non si trovano in Romania o in Tunisia.

L’argomento è stato affrontato da Cristina Tajani, assessore alla moda e design del Comune di Milano, che ha introdotto i lavori, seguita poi dalla relazione sull’andamento del settore da parte del presidente di Assocalzaturifici, il maceratese Cleto Sagripanti.
Non è mancata una tavola rotonda moderata da Ilaria D’Amico, alla quale hanno partecipato Giuseppe De Rita, Dario Di Vico, Marco Fortis, Luca Paolazzi.

Vera MORETTI

Le scarpe italiane sfilano al MOC

Trasferta tedesca per le calzature italiane, uno dei settori che rappresentano l’eccellenza dell’artigianalità e della qualità del Belpaese.

La crisi, che si è fatta sentire anche su questo comparto, è stata per ora messa da parte, per non perdere la ghiotta occasione di esporre al MOC, Munich Order Center, oggi e domani, a Monaco di Baviera.

Assocalzaturifici ha deciso di inviare nella città bavarese ben 145 aziende italiane, per un totale di 315 brand presenti nello spazio espositivo.
In questa occasione, fanno mostra di sé le collezioni autunno/inverno 2014/15, e ci si augura che, ancora una volta, il Made in Italy possa conquistare il pubblico straniero.

Nei primi 11 mesi del 2013, l’export verso la Germania è aumentato rispetto alle contrazioni registrate nell’anno precedente, dello 0,8%, pari a 806.63 milioni di euro.

Ovviamente, il MOC rappresenta una vetrina non solo per presentarsi al pubblico tedesco, ma a tutta l’Europa settentrionale, Svizzera e Austria comprese e i contatti che questo importante evento potrà contribuire a creare, rappresenta senza dubbio un’opportunità da non perdere, anche e soprattutto per uscire dalla crisi.

Vera MORETTI

Al MiCam trionfano le scarpe gioiello

Le scarpe gioiello della collezione primavera-estate 2014 parlano italiano.
Il Made in Italy, infatti, ha trionfato al MiCam, tra un tripudio di paillettes, piume, tacchi vertiginosi ma, soprattutto, pietre preziose.

Ad accompagnare quelli che, dunque, possono a ragione definirsi gioielli, ci sono materiali di grande pregio, realizzati con colori shock in grado di far risaltare ancora di più la preziosità dei dettagli.
Cristalli e perle, dunque, si poggiano su tessuti iridescenti, dalle tonalità calde del rosso e dell’arancio fino a quelli freddi, ma ugualmente preziosi, del verde, del viole e del turchese.
Neanche le suole vengono risparmiate da questo tripudio, e anzi, sono rifinite da perlature e cangianze, e colorate da colori pastello rosa, lilla, carota e verde mela.

Tutto ciò è stato pensato per affrontare ed esorcizzare la crisi, che ancora tiene banco, come ha confermato Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici.
La situazione attuale è quella che ormai si ripete da diverso tempo: mentre i mercati esteri, in particolare extra europei, si manifestano vivaci, quello interno è ancora in stallo e bisognoso di una forte scossa.

Afferma Sagripanti: “Ormai da alcune stagioni i consumi interni, che risentono dell’andamento dell’intera economia nazionale, sono in caduta libera. Secondo il FashionConsumer Panel di Sita Ricerca, dopo il decremento del 4,5% in valore a consuntivo dello scorso anno, la prima metà del 2013 si è chiusa con un ulteriore crollo degli acquisti delle famiglie pari al 6,1% in spesa e al 4% in quantità. Tra aprile e giugno la flessione è stata del 5,3%, ancora consistente sebbene meno significativa del –7,2% del primo trimestre dell’anno. Appare quindi evidente, per Sagripanti, che l’internazionalizzazione è per le imprese calzaturiere, che esportano già l’83% della loro produzione, “non più una strategia, ma una necessità”.

L’export, nei primi cinque mesi del 2013, è aumentato sia in valore (+4,9%) che in volume (+1,4%) e nonostante un incremento contenuto ha raggiunto un nuovo record in valore. Il prezzo medio, seppure ancora in aumento (+3,5%), presenta ritmi di crescita più modesti rispetto al 2012, segno che le imprese hanno comunque fatto i conti con listini che solo parzialmente si sono adeguati all’incremento del prezzo delle materie prime.
Tra gennaio e maggio sono stati esportati 98,2 milioni di paia (1,3 milioni in più rispetto all’analogo periodo del 2012) per un valore di circa 3,3 miliardi di euro, ma, mentre tutte le aree hanno mostrato incrementi significativi, l’Unione Europea è rimasta pressoché stabile in valore (-0,3%) e con un decremento in volume (-1,2%).

La situazione è molto differente sui mercati extra-Ue, dove le performance sono superiori alla media sia in valore (+11,2%) sia in quantità (+7,3%).

Bene sono andate le sportazioni verso Stati Uniti e Canada (rispettivamente +5,4% e +15,2%, in valore) e, soprattutto, l’espansione in Russia e Kazakistan (+16,4% e +10,8%), anche se la vera crescita si è registrata nel Far East (+15,5% globalmente): non solo i tassi di crescita rimangono significativi (Cina +31%, Sud Corea +14%, Giappone +8,2% solo per citare alcuni casi), ma anche in termini di importanza relativa questi Paesi cominciano ad assumere un ruolo decisivo per la strategia di internazionalizzazione delle imprese italiane.

Continua Sagripanti: “I successi ottenuti sui mercati internazionali ci spingono a sollecitare le Istituzioni italiane ed europee a creare contesti di competizione sempre più equi. Il mercato Ue oggi è accessibile a tutti ma noi scontiamo ancora mercati nei quali paghiamo dazi importanti, come Mercosur e Vietnam, oppure abbiamo un sistema di quote e contingenti sulle calzature in pelle come in Giappone. E non dobbiamo dimenticare il problema dell’etichettatura di origine dei prodotti in Europa, sul quale si sta giocando una lotta tutta politica tra diverse visioni europeiste”.

Per le aziende italiane, secondo Sagripanti, occorre un serio programma di interventi per evitare la desertificazione dei centri storici, “arricchiti dalla presenza di punti vendita che storicamente rappresentano la ricchezza distributiva del nostro Paese”.

Per poter attivare questo processo, occorre abbassare il costo del lavoro, mossa che potrebbe “rendere le aziende più competitive e aumentare il potere d’acquisto delle famiglie” ma anche risolvere il problema dell’accesso al credito.

Come associazione stiamo cercando, insieme alle banche, di studiare misure per garantire le aziende nei confronti dei negozianti perché la difficoltà di questi ultimi a pagare è uno dei problemi più gravi e più urgenti da risolvere”.

Vera MORETTI

Scarpe italiane in viaggio per il mondo

 

Si è conclusa da poco la sua edizione milanese, ma MICAM pensa già a volare verso Oriente: dal 9 all’11 aprile infatti si terrà theMICAMshanghai, prima tappa di un progetto più ampio che prevede di portare la fiera della calzatura più importante in Italia a spasso per il mondo. Del resto se il settore calzaturiero del made in Italy ha raggiunto nel 2012 i 3,8 miliardi, il merito è soprattutto dei Paesi extra europei e dei mercati emergenti, dove la domanda continua ad essere trainante.

Infoiva chiude la settimana dedicata alla filiera della calzatura italiana con un’intervista a Cleto Sagripanti, Presidente di ANCI, l’Associazione Nazionale dei Calzaturifici Italiani.

Il 2012 si chiude per il settore calzaturiero tra luci e ombre e il 2013 non si è aperto diversamente. Quali le sensazioni dall’osservatorio privilegiato di ANCI?
Il 2012 è stato un anno difficile per l’economia italiana e il 2013 si è aperto con la riconferma delle criticità sul fronte produttivo e occupazionale, con ovvie conseguenze sul reddito disponibile, sul clima di fiducia delle famiglie e sui consumi. L’auspicata ripresa appare, ancora una volta, rinviata a data da destinarsi. Il calzaturiero, dopo i recuperi del 2010 e 2011, ha dovuto fare i conti nel 2012 con una sensibile contrazione dei consumi nazionali e con il peggioramento della domanda estera, soprattutto sui mercati dell’Unione Europea, che assorbono ben il 70% dei flussi e sui quali viene realizzato il 54% delle vendite estere in valore. Nonostante il quadro negativo, il settore calzaturiero nel suo complesso dà un contributo importante al Paese: il saldo commerciale nei dati preconsuntivi raggiungerebbe i 3,8 miliardi di euro, con un aumento del 12,6% rispetto al 2011. Ciò è dovuto non solo alla tenuta delle esportazioni, soprattutto trainate dalle vendite nei paesi extra-UE, ma anche da una forte frenata delle importazioni. In ogni caso, i numeri che emergono dal preconsuntivo elaborato da ANCI non lasciano dubbi sul momento di difficoltà per il settore: nonostante i buoni risultati degli anni post crisi oggi dobbiamo commentare dati non soddisfacenti in relazione agli sforzi che hanno fatto e stanno facendo le aziende sui prodotti e sugli strumenti commerciali.

Quali sono, oggi, i punti di debolezza e quali quelli di forza della filiera italiana delle calzature?
Oltre alla forte contrazione sul mercato interno, che da anni ormai non è in grado non soltanto di crescere, ma nemmeno di confermare i dati dell’anno precedente, si aggiungono altre difficoltà: vi sono imprese che ormai si rifiutano di lavorare con l’Italia in cui i comportamenti scorretti come i pagamenti ritardati indefinitamente o addirittura gli insoluti sono diventati frequentissimi. Questo non è altro che l’esito di una pressione fiscale eccessiva che risale la filiera e che finisce per danneggiare le imprese due volte, quando pagano le tasse e quando fanno da banca impropria al proprio cliente. Senza contare che la giustizia civile così lenta e inefficiente finisce per allontanare non solo gli investitori stranieri, ma le stesse imprese italiane che trovano all’estero un rischio insoluto inferiore. Tra gli altri mali che affliggono il nostro tessuto produttivo ci sono inoltre la contraffazione e la mancanza di politiche efficaci per l’occupazione e per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
Ma le aziende hanno saputo rimboccarsi le maniche rispondendo alle difficoltà con il cambiamento. Il vero punto di forza della nostra filiera in questi ultimi anni è stato infatti il processo di ripensamento strutturale delle imprese, di cui l’Associazione è promotrice e testimone. Le imprese hanno investito di più in creatività e proposte innovative, ma hanno anche saputo integrare all’antico sapere industriale e creativo quello commerciale e di servizio al cliente. Per questo, il settore ha bisogno di supporti maggiori sia sul fronte della defiscalizzazione delle spese di campionario sia sul fronte della promozione.

Il settore calzaturiero è in grado di fare sistema o ancora si procede in ordine sparso?
Tutti i temi e le battaglie di ANCI hanno senso proprio perché tutti insieme viaggiamo in un’unica direzione. La posta in gioco è troppo alta per permetterci di muoverci da soli, lasciando spazio ai particolarismi. ANCI è un’Associazione forte, che ha saputo confermarsi come strumento reale per fare sistema e permettere di far sentire la propria voce a tutte le aziende calzaturiere, anche a quelle piccole e medie imprese che sono il tessuto e la storia di questo Paese. Penso ad esempio ai tanti sforzi presso le istituzioni europee per ottenere l’etichettatura made in, una battaglia non ancora conclusa ma che si avvia verso una fase cruciale, fondamentale per tutelare la nostra tradizione manifatturiera e la nostra eccellenza produttiva. Una sfida che ANCI ha portato avanti unendo le voci, le istanze e gli sforzi delle aziende calzaturiere italiane.

Nuovi mercati emergenti: più una risorsa per l’export o una minaccia per la concorrenza a basso costo?
Le esportazioni italiane di calzature hanno registrato, secondo i dati Istat dei primi 11 mesi 2012, un incremento del +3,1% in valore, raggiungendo la cifra record di 7,1 miliardi di euro, pur con una flessione del -6,3% in quantità. I prezzi medi – nonostante la severità del contesto economico in molti dei nostri principali Paesi clienti – sono aumentati del 10%, a testimonianza dell’appeal invariato dei prodotti made in Italy.
Per diventare sempre più competitivi ANCI sta promuovendo importanti progetti come theMICAM nel mondo, la cui prima tappa sarà theMICAMshanghai dal 9 all’11 aprile. L’eccellenza italiana è il nostro biglietto da visita e non può essere certo minacciata dalla concorrenza a basso costo, ma non basta. Occorre imparare, conoscere ed esplorare e l’impegno di ANCI è proprio quello di aiutare il posizionamento delle aziende e la loro penetrazione sui nuovi mercati strategici.

Quali sono le prime istanze o richieste che, come ANCI, presenterete al nuovo Governo?
Il mercato non aspetta, eppure questa convinzione sembrano averla solo le imprese e i lavoratori: l’economia reale, quella che da anni attende risposte sul cuneo fiscale e sull’Irap, sembra essere utile solo quando è fonte di reddito fiscale oppure quando serve a coprire i buchi di bilancio. L’ingovernabilità pesa non soltanto sui mercati finanziari ma anche sulle imprese, e in particolare quelle calzaturiere che da anni attendono risposte efficaci. È sempre più urgente, in un momento così complicato del nostro Paese, tornare a parlare di economia reale: da qui nascono le nostre proposte come il recupero di uno strumento finanziario come era la legge 1083, la quale permetteva a soggetti istituzionali nazionali, come le Associazioni di categoria, di finanziare progetti di alto livello, come theMICAMshanghai. Se progetti simili hanno l’ambizione di indicare una via alle aziende e alle Istituzioni che le devono supportare, è altrettanto importante che queste ultime diano segnali di vicinanza reale al mondo delle imprese che sta vivendo un momento molto difficile. Il supporto all’internazionalizzazione, l’abbassamento del cuneo fiscale, le agevolazioni fiscali per le attività di ricerca e sviluppo e le misure per facilitare il credito sono ormai diventati una questione di sopravvivenza per tanti imprenditori.

Che cosa si sente di dire come incoraggiamento per questo 2013 alle migliaia di piccole imprese che operano nel settore calzaturiero?
In un momento così delicato, ma anche carico di possibilità e aperto a nuovi scenari, occorre dare speranza e fiducia alle imprese non con le parole e gli slogan, ma con impegni e fatti concreti. ANCI vuole proprio fare questo, ascoltando e unendo le voci delle aziende per dialogare con i partner istituzionali a vario livello con la forza della propria credibilità e coerenza e anche con durezza, se necessario, gettando così le basi concrete per il futuro per cogliere le opportunità che il mondo e i nuovi mercati ci offrono.

Davide PASSONI

Calzature, l’Italia scommette sugli Usa

Il calzaturiero italiano si è presentato negli Stati Uniti in splendida forma a fine febbraio, quando Anci ha accompagnato per la prima volta 22 aziende del settore alla fiera FN PLATFORM, nel Las Vegas Convention Center. In mostra le collezioni autunno/inverno 2013-2014 di calzature e pelletteria fine e medio-fine.

L’iniziativa, che si inserisce nella strategia di Anci volta a favorire momenti di business concreti con gli operatori del settore e porre le basi di rapporti commerciali duraturi e proficui, ha costituito un’occasione per incrementare la diffusione del made-in-Italy e guadagnare spazio all’interno del mercato statunitense che, nonostante i venti di crisi, rappresenta tuttora uno dei bacini economici di maggiore interesse per il prodotto italiano. La fiera FN PLATFORM è stata organizzata in partnership con Footwear News e ha attratto più di 600 espositori con oltre 1.600 marchi, rappresentando un vero punto di incontro dell’intera area nord americana.

La partecipazione della collettiva italiana è stata valorizzata non solo dalle attività promozionali previste in avvicinamento, durante e dopo la fiera, dirette sia alla stampa sia agli operatori del settore, ma anche dal layout espositivo degli stand dedicati ai brand, ideato e declinato secondo un design innovativo e identificativo dell’identità italiana, da sempre apprezzata oltreoceano.

Inoltre, durante la fiera, Anci ha offerto momenti di incontro e approfondimento, con la presentazione delle tendenze made-in-Italy da parte di un consulente moda esperto.

Nei mesi da gennaio a settembre 2012, il totale delle esportazioni di calzature made-in-Italy negli Stati Uniti ha raggiunto la soglia di 9 milioni e227mila paia, per un valore complessivo di quasi di 555 milioni di euro, il 7,5% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Gli Stati Uniti si confermano, così, il terzo mercato in valore e salgono al quarto in volume nella graduatoria dei Paesi di destinazione 2012.

I primi nove mesi del 2012 rappresentano la conferma che negli Stati Uniti le scarpe italiane hanno raggiunto e superato in valore i livelli pre-crisi del 2008, come peraltro era già successo nello stesso periodo del 2011. Si rimane tuttavia molto distanti per quanto riguarda i valori pre-crisi in volume, 11.4 milioni di paia, mancando all’appello ancora circa 2 milioni di paia.

Negli ultimi quattro anni, quindi, vi è stata una chiara svolta, da parte dei produttori italiani, verso un prodotto a più alto valore aggiunto, essendo salito il prezzo medio di esportazione a oltre 60 euro, con un incremento complessivo del 34%.

Le regioni italiane che nei primi nove mesi del 2012 hanno esportato di più nel mercato statunitense sono la Toscana, con quasi il 40% del totale calzature esportato e Lombardia, Veneto e Marche che rappresentano ciascuna circa il 15%. Di queste prime quattro regioni, solo Toscana, Veneto e Marche hanno avuto variazioni positive, con incrementi in valore di oltre il 22%. Viceversa, la Lombardia, seconda regione per export negli Usa, ha subìto un calo dell’1,4%.

Scarpe di carta, anzi di ‘cartina’

 

Bella, versatile ma soprattutto ecocompatibile. Arriva da Capannori, provincia di Lucca, la prima scarpa a km zero: è Cartina Ballerina, la calzatura prodotta a partire dalla carta. E in questa settimana che Infoiva ha scelto di dedicare alla filiera della calzatura in Italia, abbiamo voluto raccontare la storia, o meglio la ‘favola’, di una piccola grande eccellenza ‘made in Italy’.

A raccontarcela è Mirko Paladini, che nel luglio del 2011 ha preso carta e penna per dare vita a una scarpa ‘di carta’, Cartina Ballerina.

Come è nata l’idea di produrre calzature ecocompatibili a partire dalla carta?
L’idea di produrre calzature utilizzando un materiale diverso dalla pelle è sempre stata una mia ambizione: dopo svariati tentativi, anche con altri materiali, nel 2011 abbiamo testato e messo a punto un materiale speciale che al tatto e alla vista si presenta come carta. Si tratta però di una carta speciale che nasce da un prodotto che viene utilizzato per le coibentazioni e viene poi adattato alla lavorazione della calzatura. Un materiale che ha le stesse caratteristiche di tenuta  e resistenza di quelli utilizzati per le calzature, ed è chiaramente impermeabile. Inoltre la nostra carta è riciclabile, e quindi le nostre scarpe sono riciclabili , sia nella tomaia che nella suola, anche quella fatta con termoplastico riciclabile. La nostra idea era quella di creare una scarpa bella e  accattivante ma utilizzando un materiale innovativo; una calzatura ‘eco fashion’ completamente prodotta in Italia, le scarpe Cartina vengono infatti ideate e costruite in Toscana, nel comune di Capannori (LU). Tre sono punti di forza delle nostre calzature: ecologiche, leggere (ossia comode) e personalizzabili.

Perchè è importante utilizzare materiali di riciclo?
Oggi più che mai bisogna guardare con attenzione ai temi legati all’ inquinamento ambientale, al riciclaggio e alla differenziazione dei rifiuti. Capannori, il comune dove ha sede la nostra azienda, è tra i più all’avanguardia in Italia in ambito di politiche ambientali e riciclaggio. Forse non tutti sanno che la calzatura rappresenta uno dei rifiuti non riciclabili più difficili da smaltire: è per questo che abbiamo lavorato per poterci distinguere in questo senso.

Attualmente su quali cifre si aggira il vostro fatturato? Esportate anche all’estero? Se si, in quali Paesi?
Il fatturato dell’azienda si aggira intorno ai 2 milioni di euro. Abbiamo iniziato da poco ad esportare Cartina in Francia e Australia, e stiamo sviluppando una rete vendita di agenti in tutte le Nazioni europee.

Tra i vostri canale di vendita c’è anche l’e-commerce?
Al momento l’e-commerce non è ancora partito, sicuramente è nei nostri programmi futuri, anche se per il momento vogliamo affermarci attraverso i canali tradizionali di retail, ovvero i negozi sia di abbigliamento che di calzature.

Quanto è difficile oggi fare impresa in Italia? Quali sono le maggiori difficoltà che avete riscontrato?
Oggi fare impresa nel nostro Paese è veramente difficile. In confronto al contesto internazionale, avviare e gestire un’attività economica Italia richiede un enorme sforzo, nonostante il nostro sia uno dei primi Paesi manifatturieri al mondo e il secondo esportatore europeo. Nonostante le premesse, la nostra azienda crede ancora che grazie alle idee innovative si possa trovare spazio per vendere sia in Italia che all’estero.
Le maggiori difficoltà che ogni giorno ci troviamo ad affrontare sono soprattutto di tipo finanziario: le banche oggi non aiutano le società nuove, le cosiddette Start-up, nemmeno nella fase di avviamento, anzi le penalizzano; inoltre, a differenza di altri Paesi, in Italia non esiste la possibilità reale di finanziare progetti innovativi.

Come vedete il vostro futuro? Su quali prodotti punterete e quali mercati?
Speriamo che il nostro Brand si affermi come prodotto particolare con caratteristiche innovative. Il mercato italiano ha sicuramente subito un forte calo dei consumi, ed è per questo che anche un’azienda giovane come la nostra, nonostante il prodotto si differenzi dagli altri, deve sin da subito rivolgersi ai mercati esteri.

Alessia CASIRAGHI

Scarpe italiane? Da!

Non c’è niente da fare. Luogo comune o no, il mercati del Paesi Bric sono quelli che, per la calzatura italiana, rappresentano un salvagente irrinunciabile in questo momento di congiuntura economica negativa.

Nei giorni scorsi abbiamo già parlato di theMICAMshanghai, che si terrà nella metropoli cinese dal 9 all’11 aprile 2013. Prima però, toccherà alla Russia con la fiera Obuv’ Mir Koži, in programma dal 18 al 21 marzo su una superficie totale di 5.400 metri quadrati all’interno dei padiglioni espositivi dell’Expocentr, il centro fieristico più importante di Mosca. Nell’occasione, saranno 222 le imprese dei settori calzatura e pelletteria italiani che esporranno nella capitale russa.

La rassegna è un evento di riferimento per gli operatori del settore, l’appuntamento dedicato alla calzatura del prodotto medio-alto e alto in Russia, che in questa prima edizione del 2013 mette in mostra le collezioni autunno/inverno 2013-2014. La caratteristica di queste collezioni è che si tratta di prodotti progettati e realizzati ad hoc per soddisfare le esigenze del mercato russo, soddisfacendo così le richieste di buyer e professionisti del settore provenienti anche dall’intera area delle ex repubbliche sovietiche.

Organizzata da Anci e Fairsystem, società del gruppo BolognaFiere, durante la scorsa edizione la rassegna ha accolto 8mila operatori provenienti non solo dall’intera Russia, ma anche dalle vicine Bielorussia, Ucraina e Paesi dell’Asia Centrale. La prossima edizione si preannuncia, come le precedenti, all’insegna dell’ampia partecipazione, sia da parte delle aziende italiane sia degli operatori. Obuv’ Mir Koži è riconosciuta come grande occasione di business, anche in considerazione dei positivi dati economici relativi alla regione.

Russia e Paesi dell’area Csi, infatti, riescono danno ancora performance incoraggianti. Nel periodo gennaio – settembre 2012, le esportazioni italiane di calzature in Russia hanno raggiunto gli oltre 6,1 milioni di paia (+9,7% rispetto allo stesso periodo del 2011), generando un valore pari a 487 milioni di euro (+14,9% rispetto ai primi nove mesi del 2011). Stesso andamento positivo anche per il prezzo medio dei prodotti esportati, pari a 79,8 euro al paio (+4,7% rispetto allo stesso periodo del 2011).

Se si considerano i Paesi dell’Est Europa e dell’area Csi, salgono a oltre 11,5 milioni le paia esportate e a oltre 666 milioni di euro i valori fatturati nei primi 9 mesi del 2012. Gli incrementi percentuali, 6,9% e 12,2% rispettivamente, sono in linea con quelli del solo mercato russo. La differenza più significativa è, invece, in termini di prezzo medio, che raggiunge i 58,2 euro al paio a causa dei prezzi di vendita nei Paesi della ex-Jugoslavia nettamente più bassi rispetto ai mercati dell’area Csi.

Diverse le attività collaterali alla manifestazione organizzate da Anci, tra cui una campagna pubblicitaria focalizzata sul made in Italy e che andrà in onda sui principali canali satellitari, incoming di operatori dalle regioni russe e la continua attività di ufficio stampa volta a dare sempre maggiore visibilità all’evento e alle aziende che vi partecipano.

Insomma, le imprese calzaturiere, passateci il termine, si “sbattono” e non poco per dare un senso e un futuro al proprio business. Quando vedremo un pari supporto a questo tassello importante dell’economia italiana da parte di fisco e istituzioni?

Calzature, quattro passi nella crisi

L’Italia è il centro di gravità mondiale della calzatura e il Micam è il grande evento nel quale si celebra l’eccellenza di questo prodotto tricolore. Un’eccellenza fatta da una filiera che, come tante altre, soffre questo momento di crisi; ecco allora che il Micam è un barometro attendibile per verificare “il tempo che fa” sul mondo della scarpa italiana.

L’edizione 2013 ha visto 1.538 aziende espositrici su una superficie di 68mila metri quadrati, visitati da 35.389 persone, a fronte delle 36.049 di marzo 2012. Gli operatori internazionali provenienti da oltre 100 Paesi sono stati 19.181. Ma l’appuntamento milanese non si è svolto sotto i migliori auspici.

L’economia reale non ha il suo spread quotidiano che sta lì a ricordarci quello che avviene nelle imprese e ai lavoratori – ha affermato il presidente di Anci Cleto Sagripanti -. Però i numeri che emergono dal preconsuntivo elaborato da Anci non lasciano dubbi sul momento di difficoltà per il settore. Nonostante i buoni risultati degli anni post crisi, 2010-2011, oggi dobbiamo commentare dati non soddisfacenti in relazione agli sforzi che hanno fatto e stanno facendo le aziende sui prodotti e sugli strumenti commerciali“.

Il quadro che emerge è quindi preoccupante laddove il barometro della congiuntura nel 2012 è tornato a registrare turbolenza: la fase recessiva nazionale ha avuto un impatto sul reddito disponibile, sul clima di fiducia delle famiglie e sugli acquisti, finendo per interrompere il rimbalzo positivo dell’ultimo biennio. Alla contrazione dei consumi nazionali si è aggiunta la frenata, a volte molto brusca, dei mercati Ue, che assorbono ancora il 54% del fatturato estero delle imprese calzaturiere.

Il mercato non aspetta – ha detto ancora Sagripanti, eppure questa convinzione sembrano averla solo le imprese e i lavoratori, se guardiamo ai temi dibattuti in campagna elettorale. L’economia reale, quella che da anni attende risposte sul cuneo fiscale e sull’Irap, sembra essere utile solo quando è fonte di reddito fiscale oppure quando serve a coprire i buchi di bilancio. L’ingovernabilità pesa non soltanto sui mercati finanziari ma anche sulle imprese, e in particolare quelle calzaturiere che da anni attendono risposte efficaci. Il nostro spread lo misuriamo, infatti, nelle cifre negative dell’occupazione, con un calo di addetti di 1.671 unità, pari al -2,1%, rispetto al 2011. Il nostro spread lo misuriamo guardando il trend sfavorevole nel numero di imprese attive, scese a 5.356, ovvero 250 calzaturifici in meno rispetto allo scorso anno. E altre potrebbero non raggiungere la chiusura del bilancio di quest’anno“.

Nonostante il quadro negativo, il settore calzaturiero nel suo complesso dà un contributo importante al Paese: il saldo commerciale nei dati preconsuntivi raggiungerebbe i 3,8 miliardi di euro, con un aumento del 12,6% rispetto al 2011. Ciò è dovuto non solo alla tenuta delle esportazioni, soprattutto trainate dalle vendite nei Paesi extra-UE, ma anche da una forte frenata delle importazioni. A preconsuntivo l’import scenderebbe a 302 milioni di paia per circa 3,8 miliardi di euro con un calo rispettivamente del 15,6% e del 5,3%.

Se l’import rallenta, le stime di preconsuntivo ci offrono uno scenario a luci ed ombre per le esportazioni. È vero che l’export in valore crescerebbe del 2,8% portando il fatturato estero complessivo a oltre 7,6 miliardi di euro, ma in volume le vendite calerebbero di un significativo 6,2%, collocando i flussi complessivi a 214,8 milioni di paia. Un risultato del genere è peraltro il frutto di andamenti più positivi, in valore, del primo semestre rispetto a quelli del secondo semestre, nonostante il dinamismo degli ultimi tre mesi dell’anno. Gli ultimi dati Istat disponibili, che riguardano i primi undici mesi del 2012, dicono che l’incremento si attesta al 3,1% in valore, raggiungendo la cifra record di 7,1 miliardi di euro, pur con una flessione del -6,3% in quantità.

Le imprese – ha detto ancora Sagripantihanno investito di più in creatività e proposte innovative, ma hanno anche saputo integrare all’antico sapere industriale e creativo quello commerciale e di servizio al cliente. Per questo, il settore ha bisogno di supporti maggiori sia sul fronte della defiscalizzazione delle spese di campionario sia sul fronte della promozione. Non dimentichiamoci che per ogni modello pensato è necessario fare un numero di campionari che è almeno pari al numero di mercati in cui esportiamo. Quanto più cresciamo all’estero e tanto più questa voce pesa sul bilancio delle imprese, quanto più siamo creativi e tanto più facciamo i conti con questo costo”. Chi ha orecchie per intendere, intenda

Calzature, un 2012 tra luci e ombre

di Davide PASSONI

Si è da poco concluso, in Fiera a Milano, il Micam, la più importante fiera calzaturiera d’Italia e, probabilmente, d’Europa. Un appuntamento che serve, oltre che a fare business e a mettere in vetrina l’eccellenza delle scarpe made in Italy, a misurare lo stato di salute di un settore chiave per l’economia italiana. Un settore che è l’espressione esatta di ciò che significa impresa in Italia: migliaia di piccole realtà artigianali, poche realtà più strutturate, un indotto che, spesso coincide con quello del territorio nel quale l’azienda opera, un’altissima qualità del prodotto e della manodopera impiegata per realizzarlo.

Se dall’appuntamento milanese è emerso un aumento di visitatori e, quello che più conta, di buyer stranieri – da Russia, Estremo Oriente, Francia e repubbliche ex sovietiche il maggior numero di compratori esteri -, restano comunque i dati sotto i quali il Micam si è aperto e con i quali ha dovuto fare i conti durante i giorni di fiera. Parliamo di un analisi elaborata da Diomedea per conto di Anci sull’andamento del comparto calzaturiero italiano nel 2012. Un bilancio tra luci e ombre, nel quale le ombre devono far riflettere.

Lo scorso anno il fatturato del comparto è stato di 7,1 miliardi di euro, con una flessione dell’1,4% in valore rispetto all’anno precedente; la produzione, invece, si attestata al di sotto dei 200 milioni di paia, con un calo del 4,1% rispetto al 2011. Import ed export hanno registrato andamenti contrastanti. Se le importazioni sono scese in valore del 5,3% e in volumi del 15,6% (dato preoccupante…), l’export, vera locomotiva della nostra economia, ha avuto delle curve schizofreniche: cresciuto
del 2,8% in valore, ha invece fatto registrare un calo del 6,2% in termini di volumi, specialmente a causa del calo della domanda interna (-3,8%) e di quella di alcuni Paesi europei tra i quali, insospettabilmente, la Germania, calata dell’8,5%. Fortunatamente la forte domanda dall’area Bric ha fatto “tenere” l’export verso alcuni mercati chiave (Cina-Hong Kong +27,6%, Russia +14,7%), ma il trend non è bastato per mantenere, in Italia, i livelli di occupazione: secondo l’Anci, lo scorso anno hanno chiuso circa 250 aziende del settore, che ora conta su poco più di 5300 imprese attive (5356).

Un dato preoccupante, che però il “sistema scarpa” italiano sta cercando di rendere meno amaro con operazioni di promozione forte della calzatura italiana all’estero. Va in questa direzione l’imminente theMicamShanghai, appuntamento nato dall’accordo con Fiera Milano che potrebbe estendersi agli Stati Uniti; intanto, però, dal prossimo 9 aprile sarà nella metropoli cinese in concomitanza con la Shanghai Fashion Week e vedrà nei padiglioni 240 espositori, metà dei quali stranieri. Se l’export è il salvagente cui aggrapparsi aspettando tempi migliori, iniziative come queste sono solo da appoggiare. Perché a fine 2013 non vorremo trovarci di nuovo a fare la triste conta delle imprese calzaturiere fallite.