Brennero, la frontiera maledetta

La barriera al Brennero che l’Austria sta allestendo per controllare i flussi migratori e i controlli che, con il mese di maggio, dovrebbero partire sui mezzi in transito attraverso la frontiera italo-austriaca potrebbero causare gravissimi danni all’economia dei due Paesi.

Al di là degli aspetti ideologici del caso, c’è infatti un pesante risvolto economico che deriverebbe da una militarizzazione del Brennero. Qualche conto su quanto costerebbe all’Italia una sospensione di Schengen lo aveva fatto la Cgia qualche tempo fa. Ora la stessa Cgia, quantifica anche il “peso” delle merci in transito attraverso il Brennero analizzando i dati di Alpinfo-Ufficio federale trasporti svizzero, relativo al 2013, ultimo anno per il quale risultano disponibile.

Ebbene, secondo gli artigiani, un terzo delle merci che entrano ed escono su gomma dall’Italia attraverso le Alpi passano per il Brennero: 29 milioni di tonnellate sugli 89 milioni complessivi che passano le Alpi a bordo dei Tir.

A queste merci vanno aggiunti anche 11,7 milioni di tonnellate di merci che viaggiano su rotaia, quantità che fa salire il totale delle merci che attraversano ogni anno il Brennero a oltre 40 milioni di tonnellate. Tempi di attesa superiori alle 2-3 ore per i controlli, come si prospetta nella migliore delle ipotesi, sarebbero un colpo durissimo per il tessuto economico italiano e austriaco.

Una preoccupazione che è anche sentita dalle imprese austriache. Come ha dichiarato a Il Sole 24Ore Christoph Leitl, presidente della Camera di commercio federale austriaca, organismo che riunisce 500mila aziende, “l’ultima cosa che vogliamo è una barriera al Brennero”.

Secondo Leitl, il danno per l’economia austriaca potrebbero essere di 1,2 miliardi di euro all’anno, mentre Michael Berger, console commerciale dell’Austria per l’Italia, ha dichiarato sempre al Sole che “secondo i calcoli delle imprese di trasporto, nella situazione attuale si contano danni per 2,5 milioni di euro al giorno e se la chiusura fosse generalizzata il conto salirebbe a 8,5 milioni”.

Per l’Austria, gli effetti di un tappo al Brennero si sommerebbero a quelli già pesanti derivanti dai controlli messi in atto dalla Germania nei confronti di chi entra nel Paese passando proprio dall’Austria, oltre al blocco della rotta balcanica, che provoca pesanti ritardi per le merci in entrata e uscita verso Croazia e Serbia.

Insomma, le decisioni isolazioniste dell’Austria rischiano di avere controindicazioni pesanti sul piano economico più che su quello strettamente politiche.

Quanto ci costa sospendere Schengen?

Mentre i flussi migratori mettono in crisi l’Unione europea, divisa tra diffidenza e accoglienza, c’è chi sostiene che il ripristino dei controlli alle frontiere con una sospensione almeno temporanea del trattato di Schengen sia una soluzione almeno temporanea per filtrare gli arrivi.

Non è chiaro a tutti, però, che sospendere Schengen ha dei costi che, secondo l’Ufficio Studi della Cgia, potrebbero essere salatissimi. Per i Paesi, per le imprese, per le persone. Nel caso dell’Italia, la Cgia ha ipotizzato che una sospensione di Schengen avrebbe sul nostro Paese una una ricaduta economica negativa fino a 10 miliardi di euro all’anno.

La Cgia ha fatto delle stime ipotizzando uno scenario con controlli di polizia alle frontiere poco invasivi e uno con controlli più stringenti e rigorosi, con questi ultimi che allungherebbero di molto i tempi per l’ingresso nel nostro Paese, oltre che delle persone, anche dei beni e delle merci.

In entrambi gli scenari il settore colpito per primo da una sospensione di Schengen sarebbe l’autotrasporto. Per i Tir si allungherebbero notevolmente i tempi di ingresso/uscita alle frontiere, con un conseguente aumento del prezzo delle merci importate/esportate e delle ricadute macro economiche che interesserebbero l’Italia: riduzione del potere d’acquisto delle famiglie e calo dei consumi interni, con costi derivanti dall’aumento dei prezzi che oscillerebbero tra i 4,8 e i 9,8 miliardi di euro all’anno a seconda dello scenario.

Poi, ci sarebbero i turisti giornalieri e del week-end, che potrebbero decidere di non trascorrere qualche giorno di vacanza in Italia per il ripristino dei controlli pre – Schengen con conseguente aumento dei tempi di attesa: il danno per la nostra bilancia turistica andrebbe da 233 a 465 milioni di euro l’anno.

Ultimo ma non meno importante, l’impatto economico che il ripristino dei controlli alle frontiere avrebbe sui lavoratori frontalieri che dovrebbero restare in fila per attraversare il confine, stimato dalla Cgia tra i 53 e i 105 milioni di euro.

In totale, quindi, a seconda che si profili uno scenario più o meno invasivo, secondo i calcoli della Cgia l’eventuale sospensione di Schengen potrebbe comportare per l’Italia un costo tra i 5,1 e i 10,3 miliardi di euro, pari a un impatto sul Pil variabile tra lo 0,3% e lo 0,6%.

Ricorda il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Le cronache riportano che dallo scorso gennaio la riattivazione dei controlli voluta dalla Svezia sul famoso ponte Oresund, quello che collega Copenhagen a Malmo, ha allungato i tempi di percorrenza di quasi un’ora, con un costo per i pendolari di circa 150mila euro al giorno. Il blocco a singhiozzo attivato in questi ultimi mesi dal Belgio sui confini francesi, invece, ha allungato le code di 30 minuti. Attese, ovviamente, che penalizzano soprattutto le aziende di autotrasporto che si sobbarcano interamente questi costi aggiuntivi”.