Contratti di sviluppo a valere sul PNRR: quali aziende possono avvalersene?

Il PNRR prevede lo stanziamento di 3,1 miliardi di euro volti a rafforzare il sistema produttivo. Al fine di dare attuazione a tale obiettivo dal giorno 11 aprile le imprese potranno proporre istanza per accedere a tali fondi attraverso i contratti di sviluppo.

Contratti di sviluppo a valere sul PNRR

Le misure previste dal PNRR sono state rese operative attraverso due decreti del MISE (Ministero per lo Sviluppo Economico) pubblicato il 25 marzo 2022. La prima cosa da sottolineare è che le risorse di 3,1 miliardi di euro saranno gestite attraverso la piattaforma di Invitalia www.invitalia.it . Le domande potranno essere presentate dalle ore 12:00 del giorno 11 aprile 2022. Il ministro Giorgetti al momento della presentazione del bando ha sottolineato che si tratta di strumenti che creano anche sviluppo e occupazione riducendo di fatto l’impatto economico e sociale della transizione digitale e green. Inoltre queste misure sono in grado di calmierare gli effetti della guerra in Ucraina.

Quali aziende possono accedere ai contratti di sviluppo?

I contratti di sviluppo sono destinati a particolari tipologie di aziende. Si tratta di:

  • imprese delle filiere produttive strategiche;
  • imprese che operano nei settori delle energie rinnovabili;
  • attività che operano nel comparto batterie.

Quali sono le imprese delle filiere produttive strategiche?

La prima cosa da fare a questo punto è definire quali sono le filiere produttive strategiche. Il primo decreto direttoriale è rivolto esclusivamente ad esse. In base al decreto direttoriale del 13 gennaio 2022 sono quelle che operano:

I contratti di sviluppo in favore delle imprese che lavorano nelle filiere produttive e strategiche prevedono che il 40% dei fondi vada in favore di imprese localizzate nelle Regioni del Sud Italia. Inoltre il sostegno segue la misura Misura M1C2 Investimento 5.2 del PNRR.

In fase di presentazione del progetto attraverso la piattaforma Invitalia le imprese devono garantire il rispetto del principio Principio DNSH ovvero di non arrecare un danno significativo. In merito a ciò, il decreto all’articolo 3 prevede anche che l’impresa debba impegnarsi, in caso di bisogno di aumento occupazionale, a provvedere, dove possibile, attraverso l’assunzione di:

  • percettori di forme di sostegno al reddito;
  • disoccupati a seguito di procedure di licenziamento collettivo;
  • lavoratori coinvolti in tavoli di crisi presso il MISE.

Successivamente, in fase istruttoria, al fine di distribuire i fondi, Invitalia valuterà:

  • competitività e resilienza delle filiere produttive;
  • modalità di tagging digitale ( modalità attraverso cui l’impresa intende contribuire all’obiettivo climatico e digitale, al superamento del gender gap e obbligo di protezione e valorizzazione dei giovani);
  • rispetto del divieto del doppio finanziamento;
  • coerenza tra i vincoli temporali previsti dal PNRR e lo sviluppo del progetto presentato;
  • l’applicazione degli orientamenti tecnici espressi dalla Commissione Europea 2021/C280/01.

I contributi riconosciuti potranno essere revocati in tutto o in parte nel caso in cui in seguito a verifiche dovesse emergere il mancato rispetto del principio di non arrecare danno significativo.

Con successive circolari saranno indicate le norme di dettaglio per i contratti di sviluppo.

Contratti di sviluppo per le imprese dei settori rinnovabili e batterie

Il secondo decreto si occupa dei finanziamenti per i contratti di sviluppo rivolti alle imprese impegnate nel settore delle energie rinnovabili e batterie a valere sulla misura Misura M1C2 Investimento 5.1.

In questo caso gli incentivi sono rivolti allo sviluppo di tecnologie per la produzione di energie rinnovabili con investimenti in :

  • moduli fotovoltaici;
  • industria eolica con aerogeneratori di nuova generazione di taglia medio-grande;
  • settore batterie con accumulo elettrochimico.

Anche in questo caso nella fase di presentazione deve essere garantito il principio di “non arrecare un danno significativo”. Sono previsti gli stessi limiti occupazionali che abbiamo visto in precedenza. Dove possibile, tenuto conto della formazione necessaria per le varie figure professionali da assumere, devono essere preferiti disoccupati, percettori di RdC e lavoratori coinvolti in crisi di aziende al tavolo del MISE.  A differenza dei contratti di sviluppo previsti al punto precedente, qui non solo è presente la data di apertura della piattaforma per l’invio delle domande, ma è prevista anche la data di chiusura della stessa. Sarà possibile inviare domande fino alle ore 17.00 del giorno 11 luglio 2022.

Per poter accedere ai finanziamenti è necessario che l’attività sia caratterizzata da un progetto di ricerca e sviluppo e che ci sia un aumento della capacità di generazione di energia prodotta per le filiere eolica e fotovoltaico. Per il settore delle batterie vi deve essere un aumento della capacità di accumulo. Al fine di valutare l’accessibilità all’agevolazione/finanziamento Invitalia dovrà effettuare controlli inerenti il divieto di doppio finanziamento, la coerenza tra il progetto presentato e il PNRR e la fattibilità dal punto di vista temporale avendo riguardo alle tempistiche del PNRR.

Cosa prevedono i contratti di sviluppo

I contratti di sviluppo sono una misura articolata e prevedono l’accesso a finanziamenti agevolati, contributi in conto impianti, contributi diretti alla spesa, contributi in conto interessi.

Dal MISE infine arriva la conferma che a breve saranno pubblicati i bandi per la costruzione di autobus elettrici a cui sono destinati ulteriori 300 milioni di euro.

Si possono scaricare i due bandi sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico alla pagina: https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/notizie/it/198-notizie-stampa/2043275-pnrr-dall-11-aprile-le-domande-per-i-nuovi-contratti-di-sviluppo

La crisi dei microchip: difficoltà per le imprese di tutti i settori e prospettive

Siamo pronti all’evoluzione digitale? La risposta sembra essere proprio “no”, infatti la crisi dei microchip, di cui si sta molto parlando, porterà inevitabilmente a nuovi equilibri che per ora sono difficili da immaginare, ma cos’è la crisi dei microchip e da cosa è generata?

Crisi dei microchip: come impatta su aziende e lavoratori

Il mondo sta cambiando, ce ne siamo accorti, forse, ma è altrettanto vero che non eravamo pronti e non siamo preparati all’improvvisa svolta tecnologica determinata anche dalla pandemia. La crisi dei microchip ce lo sta dimostrando e sta impattando sulla vita quotidiana di ognuno di noi, anche se la maggior parte di noi non ha ben chiara l’importanza di questa “crisi”. I primi ad essersene accorti sono i lavoratori del settore automobilistico, infatti molti stabilimenti di Stellantis (FCA, la vecchia FIAT,+ PSA) stanno affrontando l’inverno con molte ore di Cassa Integrazione a causa della difficoltà di approvvigionamento dei microchip. Non va meglio a Toyota che ha tagliato la produzione di auto al 40% a causa della crisi dei microchip.

Il problema reale è che non si trovano e tale scarsità sta anche facendo aumentare i prezzi, aumento che si ripercuoterà sui consumatori finali. A voler essere precisi mancano i semiconduttori, cioè diodi, resistori e transistor che sono alla base dei microchip e che hanno un’elevata conducibilità elettrica. Il mercato dei microchip però non interessa solo le auto, ma le aziende di tutti i settori, partendo da telefonia, computer, elettrodomestici (piccoli e grandi) e tutto ciò che prevede l’applicazione di nuove tecnologie e oggi praticamente tutto è basato su queste.

Il colosso dei chip attualmente è TMSC che si trova a Taiwan e che fornisce microchip a livello globale alle varie aziende. TMSC ha annunciato già l’aumento dei prezzi dei microchip, ma sono molte le aziende che stanno pensando all’autoproduzione, il problema resta la scarsità dei semiconduttori che sono alla base dei funzionamento dei chip e allora come si esce da questa crisi?

Le origini della crisi dei microchip: forte aumento di domanda

Le origini della crisi sono determinate da due fattori principali: la diffusione del 5G che utilizza i microchip nel settore della comunicazione, d’altronde lo sviluppo sempre più massivo del 5G ha avuto un’accelerazione in seguito alla crisi pandemica che ci ha costretto allo smartworking, alla DAD e alla digitalizzazione dei servizi e questa per funzionare bene ha bisogno di una rete efficiente e stabile e le attuali tecnologie non sono in grado di assicurare questo.

Ce ne accorgiamo ogni giorno, quando facendo la fila alle Poste o in qualunque altro ufficio ci sono problemi di connessione che ritardano i pagamenti, ce ne accorgiamo quando tentiamo di guardare un film con il nuovo televisore smart, o quando i figli hanno difficoltà con i collegamenti con la classe in DAD…

Allo stesso tempo il settore automobilistico sta avendo uno sviluppo ragguardevole e usa sempre più tecnologie avanzate, si studiano auto elettriche e a guida autonoma e queste hanno bisogno di chip. Le auto utilizzano i microchip per molte funzioni, dal monitoraggio costante delle funzioni all’airbag, passando per i sistemi di comunicazione presenti in auto, i sistemi di gestione da remoto, i sistemi audio. A ciò deve aggiungersi lo sviluppo della domotica, computer e smartphone che ci accompagnano quotidianamente nella vita e svolgono molteplici funzioni, sono diventati anche un sistema semplice di identificazione per l’accesso ai servizi: basti pensare al Green Pass e alle varie App “pubbliche”. C’è quindi un aumento esponenziale nella domanda a cui non corrisponde un aumento proporzionato della produzione e il sistema va in tilt generando effetti a catena.

Come reagiscono i Paesi al dominio dei colossi dei microchip

L’estremo bisogno di chip ha portato anche ulteriori conseguenze, cioè un inasprimento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, qui il colosso Huawei sembra abbia accumulato scorte di microchip. Proprio per questo sono in molti a credere che la crisi dei microchip sia costruita ad arte.

Se questa crisi ha sicuramente un impatto negativo in molti settori, da un altro potrebbe avere un impatto positivo, infatti è molto probabile che saranno generati nuovi posti di lavoro ad elevata specializzazione. La crisi dei microchip dovrebbe durare fino al 2023, questa è la previsione fatta dal colosso Intel, nel frattempo sono in molti a correre al riparo, anche per proteggersi da rilevanti perdite in borsa. Una soluzione potrebbe arrivare dalle multinazionali dell’informatica che sono spesso esortate a trovare soluzioni all’obsolescenza tecnica dei loro dispositivi cercando di renderli più longevi (di fatto dal punto di vista economico questa soluzione è poco interessante per le multinazionali che fanno affidamento proprio sul costante ricambio delle tecnologie).

Non solo, infatti i Paesi stanno adottando strategie volte all’indipendenza dai colossi di Taiwan e della Corea (TMSC e Samsung) attraverso la predisposizione di piani pubblici. Per gli Stati Uniti c’è l’Innovation and Competition Act che prevede un piano infrastrutturale del valore di 50 miliardi di dollari per l’industria americana dei chip e 52 miliardi di dollari da investire nel settore dei semiconduttori. L’Europa dal suo canto reagisce con l“European Chips Act” che ha come obiettivo la produzione di almeno il 20% dei chip mondiali entro il 2030. Il piano è sicuramente attraente, ma la realizzazione entro il 2030 sembra davvero un po’ tarda.

I colossi di Taiwan e Corea del Sud non indietreggiano

Sicuramente questi investimenti sembrano rilevanti, ma se confrontati all’obiettivo della Corea del Sud che ha annunciato 451 miliardi di dollari di investimenti nel settore, ci rendiamo conto che sono briciole. Il principale attore di questa strategia resta Samsung che quindi non vuole cedere il podio di questo importante segmento dell’industria globale. TMSC (Taiwan) risponde con 100 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi tre anni per la progettazione e la realizzazione dei microchip. Messa così sembra che la carenza di chip sarà soltanto temporanea e che semplicemente si stia cercando di avere la fetta più grossa di mercato e mantenere i prezzi della tecnologia alti. TMSC vanta le fonderie di semiconduttori più evolute e intende investire anche in Arizona, quindi negli Stati Uniti.

Di sicuro dalla soluzione della crisi dei microchip dipendono le sorti globali in termini di occupazione e concentrazione di ricchezza a livello globale e si spera che ci sia uno sguardo in più ai deboli della società attraverso uno sviluppo equo e il più possibile inclusivo.