Quantitative easing e prestiti alle imprese

Come era facile immaginare, il cosiddetto quantitative easing, ovvero il piano della Banca Centrale Europea per stampare moneta con cui acquistare titoli di stato dei Paesi dell’Eurozona in modo da dare loro una boccata d’ossigeno, ha fatto storcere il naso a qualcuno. Specialmente a chi, nel mondo della piccola impresa, rileva troppe storture tra le agevolazioni che le banche hanno nell’acquistare denaro e quanto, di questo denaro, arriva poi a imprese e famiglie.

Nello specifico, Sergio Silvestrini, Segretario Generale della Cna ha sottolineato che “l’avvio del quantitative easing, come nelle previsioni, ha già contribuito a far calare ulteriormente le quotazioni dell’euro. Di sicuro una buona notizia per l’Italia, purtroppo oscurata dall’arretramento della produzione industriale e da una nuova fiammata della stretta creditizia”.

L’Istat – ha proseguito – rileva che a gennaio la produzione industriale è calata del 2,2% rispetto allo stesso mese del 2014. E la Banca d’Italia ci informa che, sempre a gennaio, l’erogazione dei prestiti alle imprese nell’arco di un anno è diminuita del 2,8% contro il -2,6% di dicembre. Sappiamo bene, però, che le dinamiche economiche non vanno lette a intervalli tanto brevi e che la tendenza della produzione industriale rimane rialzista e il calo potrebbe essere solo un aggiustamento tecnico relativo alle scorte dopo due mesi di crescita”.

Quanto al credito – ha sottolineato ancora Silvestriniva rilevato, invece, come la gelata sui prestiti alle imprese e alle famiglie sia andata in totale controtendenza rispetto all’andamento della raccolta, cresciuta in un anno del 5%. Si conferma, quindi, anche a inizio 2015 la severità della stretta creditizia che negli ultimi otto anni ha sottratto alle imprese circa 100 miliardi di crediti. I continui innalzamenti dell’asticella da parte dell’autorità di controllo europee stanno penalizzando gravemente le imprese e vanno rimossi al più presto. E’ necessario, infatti, mettere le banche nelle condizioni di ridare ossigeno alle imprese e offrire nuova liquidità per investire e creare occupazione”. In barba al quantitative easing della Bce.

La Cna chiede una riforma per i professionisti senza albo

La questione, pur essendo sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori da molto tempo, non è ancora risolta.
Sono però oltre due milioni i professionisti che sperano di vedere un lieto fine a quella che sembra sempre più una telenovela: la riforma delle professioni non regolamentate da ordini o albi.

La Cna, a questo proposito, ha deciso di dedicare a questa tematica gli ultimi mesi della legislatura, con la speranza di riportarla in auge e al centro del dibattito parlamentare.
Questa è infatti l’intenzione di Sergio Silvestrini, segretario generale della Cna, confermata anche durante il suo intervento al convegno organizzato da Cna Professioni sul tema “Professioni non regolamentate. Quale futuro“, che si è svolto a Roma, presso la Camera dei deputati.

Tra i professionisti senza albo, rappresentati da Cna Professioni, ci sono naturopati, tributaristi, periti in infortunistica stradale, bioingegneri, chinesiologi, e osteopati, ma anche altre categorie, per i quali, secondo Giorgio Berloffa, presidente Cna Professioni, “è arrivato il momento di costruire nel nostro Paese un sistema professionale pienamente rispondente ai principi e ai criteri richiamati dall’Unione europea: quelli della conoscenza e della formazione a cui si devono uniformare tutti i soggetti che operano nel mercato“.

Attualmente è all’esame al Senato la proposta di legge “Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi“, che potrebbe agevolare i professionisti, soprattutto in vista di indicatori utili come la tracciabilità del percorso professionale.

Berloffa, a questo proposito, ha sottolineato: “Oggi il sistema della qualità professionale è diventato un elemento essenziale della società e del mercato. Per questo promuovere la qualità dei servizi professionali attraverso un sistema normativo Uni che, in linea con le più evolute esperienze europee, riconosca le prassi e i saperi attraverso lo strumento della certificazione, può finalmente rimuovere gli ostacoli che hanno finora bloccato la riforma delle professioni e che, di fatto, hanno lasciato i cittadini privi delle necessarie garanzie di qualità“.

Ricordiamo che, in fondo, queste categorie di professionisti aspettano solo che venga riconosciuto loro un riconoscimento delle proprie capacità e delle proprie mansioni, ad oggi motore dell’economia italiana.

Vera MORETTI

Silvestrini: “Il servizio telematico? E’ essenziale come l’acqua”

Intervenuto nell’Assemblea annuale di Cna Reggio Emilia dal tema: “Voglio la mia banda (larga). Connessioni veloci e internet del futuro, quali benefici per il territorio, quali vantaggi per le imprese”, il Segretario Generale della Cna, Sergio Silvestrini ribadisce l’importanza, anzi la necessità, del servizio telematico.

“Il problema di fondo è capire che il servizio telematico oggi è universale come l’acqua, è essenziale: per prima cosa, oltre a chiedere un serio intervento del Ministro Passera, dobbiamo superare un divario culturale ancora prima che tecnologico e CNA deve farsi portavoce di questo processo”, parola del segretario generale di Cna Sergio Silvetrini.

Al centro dell’Assemblea annuale di Cna Reggio Emilia, realizzata in collaborazione con Unipol Assicurazioni e Alcatel Lucenti Enterprise, c’è stato proprio il tema “Voglio la mia banda (larga). Connessioni veloci e internet del futuro, quali benefici per il territorio, quali vantaggi per le imprese” che è stato approfondito nel corso di un convegno che ha vantato diversi contributi. Oltre a Silvestrini sono intervenuti infatti il direttore di Lepida Emilia Romagna Gianluca Mazzini, l’amministratore delegato di Might Media Consulting London Fabrizio Grassi, Dario Bottazzi dei Laboratori Marconi Spa di Bologna e la presidente della Provincia di Reggio Emilia Sonia Masini.

I numeri parlano chiaro – ha sottolineato il segretario Silvestrini – i dati Eurisco svelano che l’87% delle imprese sopra i 50 dipendenti ha un rapporto positivo con la web economy: il dato scende al 50% per le imprese fino a 10 dipendenti e al 15% per le imprese fino a 2 dipendenti. Per le PMI il digital divide è molto intenso e considerando che il 95% delle imprese italiane ha meno di 10 dipendenti appare chiaro che questa è la sfida del Paese per i prossimi 10 anni.  L’agenda digitale del Paese è una condizione essenziale per il rilancio: anche le piccole e medie imprese devono essere messe in condizione di sfruttare le molteplici opportunità della web economy, a livello internazionale come sui mercati locali come Reggiolo che ci ospita oggi”. L’assemblea annuale di CNA Reggio Emilia è stata organizzata in una tensostruttura all’interno del parco Chico Mendez di Reggiolo, il comune reggiano più colpito dal sisma del 20 e 29 maggio per testimoniare una concreta vicinanza al mondo civile ed economico locale e per tenere accesi i fari sull’emergenza terremoto.

“Deve essere chiaro che senza banda larga non si può fare impresa – ha concluso il direttore generale di Cna Fabio Bezzi nel suo intervento finale – al giorno d’oggi è paragonabile alle autostrade: questo ritardo ha un costo alto per l’Italia, soprattutto per le piccole imprese. E’ in corso una rivoluzione e riguarda tutti i settori dell’economia, l’avvento della telematica. Vogliamo candidare Reggio Emilia a essere una delle prime 100 province del mondo per velocità di trasmissione dell’informazione”.

Il questionario. La banda larga? Un’infrastruttura tecnologica strategica fondamentale per le imprese al fine di facilitarne l’attività informatizzandola, accorciare le distanze anche con l’Amministrazione Pubblica e privilegiare gli scambi elettronici. E’ quanto emerge dal questionario sottoposto da Cna Reggio Emilia ai suoi Associati, dove il 93% ha giudicato positivamente l’intervento dell’Associazione per sollecitare l’avvio di un progetto provinciale per dotare il territorio di infrastrutture informatiche.

Sono 488 le imprese intervistate, di cui 151 del solo settore metalmeccanico. La stragrande maggioranza, 353 imprese, hanno da 0 a 5 dipendenti, 74 da 5 a 10 dipendenti, 46 da 10 a 25 e 11 da 25 a 50. Per 311 imprese il raggio d’azione è locale, tra provincia e regione, per 108 locale e nazionale e solo per 69 nazionale e internazionale.

Alla domanda, “fino ad oggi cosa ha significato innovazione tecnologica nella sua azienda”, il 59% ha risposto sostituzione periodica di hardware e software, il 44% sostituzione periodica delle macchine di produzione, il 35% formazione del personale e il 31% adeguamento dell’infrastruttura tecnologica. La carenza più forte nell’attività dell’azienda per il 46% è rappresentata dalle debolezze delle linee dati e connessioni generali in genere, seguita a ruota della scarsa informazione sulle opportunità tecnologiche e digitali. Per 130 dei 488 intervistati poi da migliorare sono i collegamenti viari e stradali in genere, come insufficiente è il collegamento con le imprese di settore.

Per il 66% poi evoluzione digitale significa un’attività online più sviluppata e multimediale, a partire dal sito web, per il 51% una rete intranet più veloce ed efficiente, per il 36% la capacità di archiviare informazioni e dati su supporti digitali e per il 21% sviluppo di business attraverso attività business to consumer. Al quesito “La banda larga a suo parere è” la maggior parte degli imprenditori ha risposto un’infrastruttura tecnologica strategica e fondamentale per le imprese, seguiti a ruota dai 233 colleghi che pensano che sia un adeguamento della tecnologia alle nuove esigenze di business. Soltanto 105 intervistati la definiscono un’infrastruttura tecnologica importante ma non decisiva per le imprese, mentre in 98 la catalogano come uno dei tanti investimenti pubblici e/o privati utili alle imprese.

C’è perfetta parità di risposte poi alla domanda “In base alle sue conoscenze e/o esperienze, la banda larga può servire a”: 333 imprenditori hanno risposto facilitare l’attività di imprese le cui unità operative sono dislocate in varie aree del territorio (o del mondo) ma che possono comunicare tra loro in tempo reale annullando di fatto qualsiasi distanza geografica, e 333 imprese hanno detto eliminare, o almeno ridurre, gli scambi di informazioni cartacee sostituendoli con scambi elettronici. In 188 pensano che serva a realizzare spazi informativi comuni tra le imprese per la condivisione di servizi informatici riducendo quindi costi e oneri (economie di scala) e in 62 ad applicare il concetto di outsourcing dei servizi informatici (Asp, Applicatio Service Provisoning) delocalizzando in apposite server farm gli elaboratori che ospitano i sistemi informativi dell’impresa.

Interessante anche l’ultimo spunto offerto dal questionario, che svela che tutti gli imprenditori ritengono che la banda larga possa contribuire a migliorare il rapporto con la Pubblica Amministrazione perché rende più snelli e fluidi gli scambi di informazioni (78%), perché evita molte spese legate a viaggi, trasferimenti e attese (61%) e perché ogni relazione resta tracciata e documentata (45%).