Milano vista dai blog

Milano vista dai blog? Promossa per qualità della vita, bocciata per smog e traffico. Un risultato che emerge da una analisi su oltre 5.300 blog apparsi in rete nei mesi di agosto e settembre, condotta dalla Camera di Commercio di Milano in collaborazione con Voices from the Blogs (http://voicesfromtheblogs.com/).

Prevalgono i giudizi positivi: nell’82% dei casi la parola che meglio riassume Milano è “lusinghiera”. La città è vista soprattutto come una metropoli alla e della moda (per il 42,4% dei blogger) e cosmopolita (20,1%). Significativa la quota di chi considera Milano la città dello sport (9,3%). Pochi (il 17,8% del totale) scelgono una sintesi negativa (città infelice, inquinata, complessa nell’amministrazione), anche se va sottolineato che chi pensa che Milano non sia una città per le donne (3,1%).

Di Milano piacciono la vita sociale e i divertimenti che offre (35,1%), le opportunità economiche (19,1%), ma anche i cittadini (10,4%), l’architettura (9,3%). Per la rete i punti di forza di Milano sono rappresentati dalle imprese (per il 16%), ma anche dalla qualità dei servizi pubblici e di trasporto (15,8%), dalle condizioni di vita (12,6%), dalla società civile (9,7%).

Il 3,6% considera invece Expo 2015 come il vero punto di forza di Milano. E così non è un caso che prevalgano i pareri positivi sulla qualità della vita a Milano: circa la metà delle opinioni indica infatti una qualità della vita alta o molto alta, mentre i giudizi estremi raccolgono il 29% dei blogger nel caso positivo e solo il 10,4% nel caso negativo.

Una situazione che contagia anche le previsioni sul futuro di Milano: il 41% delle opinioni dei blogger è ottimista riguardo al futuro della città rispetto al 37,8% che si mostra al contrario più tiepido, mentre un quinto dei blogger rimane indeciso.

Un giudizio sostanzialmente positivo, dunque, ma che può ancora migliorare se si affrontassero con successo le criticità principali di Milano: inquinamento (il problema principale di Milano per il 28% dei blogger), ambiente (9%), traffico (17,2%) , abitazione (13,2%).

Laura LESEVRE

Imprese dei servizi di mercato e del commercio analizzati da Confcommercio

L’Ufficio Studi di Confcommercio ha analizzato il ruolo e l’evoluzione negli ultimi anni delle imprese dei servizi di mercato e del commercio evidenziando come negli ultimi decenni il macrosettore dei servizi abbia assunto un ruolo centrale nella nostra economia. Il documento evidenzia quali siano le difficoltà incontrate e le prospettive per il futuro: “Se l’ammontare complessivo di risorse destinabili ai consumi non cresce e se questo ammontare viene ulteriormente compresso dalla quota crescente di spese obbligate cui i cittadini devono fare fronte (es. bollette, affitti, utenze, ecc.), si comprende come le difficoltà incontrate dal commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio, siano di particolare gravità. Infatti, proprio queste spese, sostanzialmente al di fuori dalla potestà di scelta dei consumatori, sono cresciute in quota sui consumi totali dal 18,9% del 1970 al 29,5% del 2010. Uno degli effetti più visibili – l’altro è la riduzione dei margini delle imprese – di tali difficoltà, si riscontra dai dati di nati-mortalità delle imprese”.

Nel biennio 2009-2010 si sono registrate 129.664 cessazioni di attività al dettaglio che, a fronte delle oltre 98 mila nuove iscrizioni, hanno determinato un consistente saldo negativo, pari a -30.912 unità.il ruolo dei servizi e del commercio, pure in un contesto di stagnazione dei consumi, appare ancora vitale. Durante e dopo la recessione del 2008-2009, il commercio al dettaglio ha perso valore aggiunto per occupato nella misura dell’1,5%, in linea con l’economia nel complesso. La riduzione di occupazione nel settore (-2,3%), tuttavia, è stata inferiore sia a quella patita da altri settori (l’industria ha registrato un -10,5%), sia alla media dell’economia (-3,9%).

La concorrenza dei negozi al dettagli è elevata però nonostante questo occorre pensare ad una nuova produttività da giocarsi sotto 3 punti essenziali: “1) la liberalizzazione dei settori ancora protetti che assorbono risorse dal reddito disponibile dei cittadini, proponendo a prezzi troppo elevati soprattutto i consumi obbligati, e che implicano costi di produzione in eccesso per le imprese, in particolare le micro e piccole imprese e l’impresa diffusa; 2) il ritorno alla crescita dei consumi i quali, indirizzandosi per l’80% a produzione nazionale, sono lo stimolo che da troppo tempo manca per fare crescere il Pil; 3) lo sviluppo delle reti d’impresa e le politiche di incentivazione non discrezionale all’aggregazione tra imprese, non tanto in termini giuridici quanto, soprattutto, in termini organizzativi“.