Neuroselling: le emozioni guidano all’acquisto anche quando non possiamo permettercelo

Siamo in una società consumistica, dove è importante invogliare le persone all’acquisto in modo da aumentare la domanda e, di conseguenza, produrre. Diventa importante per le aziende invogliare le persone ad acquistare nei momenti di difficoltà, cioè quando le risorse economiche scarseggiano. Le tecniche per indurre all’acquisto sono basate soprattutto sulle emozioni, si parla in questo caso di neuroselling.

Neuroselling: siamo macchine emotive che pensano

Abbiamo visto in precedenza che tra le tecniche utilizzate dalle aziende per invogliare all’acquisto c’è il mantenere i prezzi inalterati riducendo però le dimensioni dei prodotti, questa tecnica si usa soprattutto per i prodotti venduti a misura e si chiama Shrinkiflation . Ora vediamo il neuroselling. A spiegarlo è Vincenzo Russo, direttore del centro di ricerca in Neuromarketing dell’Università Iulm che sottolinea che siamo animali emotivi che quindi non effettuano scelte solo basandoci sulla razionalità, ma anche e soprattutto basandoci sulle emozioni.

Queste però attivano un meccanismo “perverso” cioè razionalizzano, cercano ragioni all’acquisto per una decisione in realtà già presa a livello emotivo. Secondo la teoria di Russo, andando a sconfessare Cartesio, non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano. Ciò porta a ribaltare le tecniche di comunicazione nel mondo della pubblicità cercando di sfruttare il più possibile il funzionamento delle emozioni sul cervello. Si parte dal presupposto che è stato provato che stimolazioni in grado di attivare la parte più antica del cervello implementano la capacità persuasiva del messaggio.

Proprio per questo quando viene studiato un messaggio pubblicitario si cerca di catturare prima le emozioni. Il neuroselling si basa sulle scoperte relative ai Neuroni Specchio, che si attivano non solo quando compiamo un’azione, ma anche quando guardiamo un’altra persona compiere delle azioni, queste cellule sono distribuite in zone chiave del cervello associate al movimento, alla percezione  e corrispondenti alla capacità umana di cogliere i sentimenti altrui di comprenderne le intenzioni e quindi stimolano i comportamenti empatici e di imitazione.

Distrarre l’utente dal prezzo

La conoscenza di questo meccanismo ha portato a studiare tecniche pubblicitarie basate sulla pre-suasione. In questo caso la comunicazione è volta a “distrarre” l’utente dal prezzo di un prodotto o dalla sua reale utilità cercando invece di attirare l’attenzione su tratti più emotivi. Dagli studi sulle varie tecniche di comunicazione è emerso che diventa importante non il prodotto in sé, ma il contorno che viene dato al prodotto. L’esperimento è fatto su un divano con il prezzo particolarmente alto. Le prima pubblicità non aveva attirato attenzione molti clienti, viene quindi cambiato lo sfondo, trasformato in nuvole che potessero indurre il potenziale cliente a percepire il comfort del divano e a immaginare il relax e il benessere che potevano ricevere dal divano.

In tale contesto le vendite aumentano perché il prezzo è in secondo piano rispetto alle emozioni suscitate. A questo punto viene nuovamente cambiato il fondo, si inseriscono dei soldi, in questo caso le vendite calano nuovamente perché i potenziali clienti ripensano al prezzo elevato che diventa l’elemento principale che va a determinare la scelta di comprare o meno. Questo esempio dimostra come le scelte siano dettate prima dall’elemento emotivo e poi da quello razionale che mira a giustificare una scelta già fatta a livello emotivo.

Shrinkflation, così si prende in giro il consumatore finale

Shrinkflation è la tecnica di marketing che prende un po’ in giro il consumatore, senza che lui se ne renda conto, ecco la curiosità.

Shrinkflation, il restringimento che non tocca il prezzo

Lo Shrinkflation è una tecnica di marketing che tradotta in italiano significa restringimento. Una misura che sta tornando sempre più di moda, visto i prezzi delle materie prime che continuano ad aumentare. Sia per colpa degli effetti della guerra in Ucraina sia per le restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19, stiamo assistendo ad una crescita dell’inflazione a livello mondiale. E le aziende devono spesso cercare di ridurre i costi di produzione, se vogliono restare sul mercato. Quindi un’azione che viene scelta proprio per raggiungere questo obiettivo, ma che non piace al consumatore finale, ed ecco il perché.

Il processo di Shrinkflation si traduce in una riduzione in termini di dimensioni, quantità e qualità di prodotto, ma il prezzo rimane invariato. Addirittura in alcuni casi aumenta. La parola comunque nasce dalla fusione di due parole restringimento e inflazione. Proprio perché all’aumento generale del livello dei prezzi (inflazione) le aziende rispondono con una restrizione del loro prodotto sul mercato. Le aziende che lo applicano possono così aumentare il margine operativo e la redditività riducendo i costi di produzione. Ma cos’ facendo si può evitare di aumentare il prezzo del prodotto.

Perché questa scelta non piace ai consumatori?

Se da una parte la scelta dell’applicazione dello Shrinkflation piace alle imprese, dall’altra parte non piace ai consumatori. Il motivo è davvero molto semplice ed intuitivo. Il prezzo che con cui si compra il prodotto è invariato, ma dentro il suo quantitativo è ridotto, oppure lo standard qualitativo si è abbassato.

Facciamo un esempio per essere più chiari. Fino a ieri si è comprato una confezione di biscotti da 1 kg a 3 euro, magari i biscotti con cui si fa colazione. Dopo qualche giorno, occorre riacquistarli, si va al supermercato, la confezione è uguale, ma dentro invece di un chilo, ci sono 800 grammi di biscotti. Il cliente a volte non se ne accorge nemmeno, anche se l’azienda scrive sulla confezione la riduzione del quantitativo, proprio perché tutte le altre condizioni rimangono invariate. Ma attenzione, perché il cliente quando se ne accorge potrebbe sentirsi preso in giro, e nei casi peggiori, decidere di rivolgersi alla concorrenza.

Alcuni esempi di Shrinkflation usati da grandi marchi

Sembra che lo Shrinkflation è particolarmente applicata in alcuni settori merceologici come: zuccheri, dolciumi, biscotti, miele, cioccolato, bibite, latte, formaggi e creme spalmabili. Nella storia sono molte le aziende che hanno utilizzato questa tecnica, ad esempio:

  • Nel 2010, Kraft ha ridotto la sua barretta di Toblerone da 200 g a 170 g. 
    Barretta di cioccolato Toblerone più vecchia.
    Barra Toblerone più recente con spazi più ampi tra i picchi;
  • Il caffè venduto in sacchi da 1 libbra (453,6 g) si è ridotto a 400 g o meno negli anni ’80
  • Le bustine di tè Tetley sono vendute in scatole da 88 invece di 100;
  • Nestlé ha ridotto la confezione di After Eight Mint Chocolate Thins da 200 g a 170 g;
  • I Crunchie di Cadbury sono stati venduti in confezioni da tre invece di quattro.
  • Nel 2003, Dannon ha ridotto i suoi contenitori di yogurt da 8 once a 6 once;
  • Nel gennaio 2009, Häagen-Dazs ha annunciato che avrebbe ridotto le dimensioni dei loro cartoni di gelato negli Stati Uniti da 16 US fl oz (470 ml) a 14 US fl oz (410 ml).

Come difendersi dallo Shrinkflation?

Immersi dai problemi giornalieri, il cliente non si rende conto dello Shrinkflation. Ma prestare attenzione alle confezioni, al peso e a quello che si mangia può salvarci dallo Shrinkflation. A volte il cambio improvviso di un packging può essere dovuto all’applicazione di questa tecnica. Ma è ancora peggio, quando invece la confezione rimane uguale ma dentro il prodotto è quantitativamente minore.

Ciò che può difendere il consumatore da questa raggiro, non è altro che la conoscenza del prodotto. Quindi magari cominciare anche a provare più prodotti similari, può permettere più facilmente di passare da un marchio all’altro. Ma anche la qualità, spesso piccole aziende di produzione locale permettono di avere prodotti sani e con un buon rapporto qualità prezzo.

Oggi il cliente è sempre più consapevole delle sue scelte. Ha la capacità di reperire in fretta delle informazioni. Ma anche di aggiornarsi e capire la qualità del prodotto. Pertanto se qualche tempo fa applicare lo Shrinkflation, da parte delle aziende, era un pò più semplice, adesso si deve fare i conti con la maggiore informazione ed attenzione del consumatore finale che può così spostare più in fretta la scelta su cui fare ricadere i propri acquisti.