Latte fresco verso l’addio per ridurre gli effetti della siccità

L’Italia sta affrontando numerosi problemi e tra questi vi è la siccità che riduce drasticamente le produzioni in agricoltura. Proprio per questo motivo diventa essenziale ridurre gli sprechi alimentari e tra le proposte che stanno arrivando vi è quella di eliminare il latte fresco dagli scaffali dei supermercati.

Latte fresco verso l’addio: allo studio una nuova pastorizzazione per evitare sprechi

Il latte fresco ha un sapore particolarmente gradevole che ricorda l’infanzia alla casa dei nonni, ha però un grande difetto, cioè deve essere consumato subito. Purtroppo non sempre i supermercati riescono a smaltire il latte fresco nei tempi giusti e non è facile fare previsioni di vendita, infatti molto spesso le famiglie non fanno la spesa giornaliera, sia perché è difficile conciliare i tempi, sia perché evitare la spesa quotidiana spesso consente anche di risparmiare. Tutto questo si traduce però in spreco alimentare, quindi litri di latte fresco invenduto che ogni giorno deve essere buttato. Proprio per questo, al fine di evitare sprechi, molte aziende stanno decidendo di non effettuare più questa tipologia di distribuzione.

Le aziende si stanno dirigendo verso la scelta di produrre solo latte pastorizzato con scadenza a 10 giorni. Secondo le stime questa scelta prolungherebbe la vita commerciale del prodotto del 60%, evitando gli sprechi alimentari.

Tra le aziende che stanno optando per questa scelta vi è Granarolo, uno dei più importanti produttori italiani che sta lavorando a un latte pastorizzato che mantenga le caratteristiche organolettiche e soprattutto il sapore del latte fresco. Dai test svolti emerge che secondo i consumatori/assaggiatori non vi sarebbero differenze tra il latte pastorizzato con durata dieci giorni e il latte fresco, ciò in termini di gusto e di valori nutrizionali.

Non solo Granarolo, infatti il progetto di pastorizzazione del latte per aumentare la durata a 10 giorni sta interessando anche la Centrale del latte di Milano e la Centrale del latte della Calabria.

Ripercussioni sui prezzi dell’addio al latte fresco

Evitare di buttare il latte vuol dire anche ottimizzare la produzione e quindi la possibilità di soddisfare il bisogno di latte diminuendo il numero dei capi, questo vorrebbe dire, minore fabbisogno di campi da coltivare per il pascolo e minore spreco di acqua.

L’ottimizzazione della produzione vuol dire anche riuscire a contenere i prezzi. La penuria di latte infatti porta a difficoltà nella realizzazione dei prodotti caseari, come formaggio, panna, burro. La scarsità dei prodotti porta sempre a un aumento dei prezzi perché la domanda è troppo alta rispetto all’offerta. Riuscire a ottimizzare la distribuzione del latte evitando lo spreco del latte fresco, consente comunque di evitare, o ridurre, questo effetto.

Siccità in pericolo i raccolti e non solo, danni per due miliardi

La siccità mette in pericolo i raccolti di frutta ed ortaggi. Manca l’acqua e già i danni si stimano intorno a due miliardi, è emergenza.

Siccità in pericolo i raccolti di tutta Italia

Dalla Sicilia alla Lombardia, passando per Toscana, Puglia, Calabria, Abruzzo ed Emilia Romagna, il problema siccità è presente in tutta Italia. Secondo Condiretti la stima è di circa due milioni di euro di danni per tutto il comparto agricolo. La situazione è difficile lungo tutta la Penisola. Il problema è dovuto alle precipitazioni dimezzate che hanno portato a cambiare anche le scelte dei coltivatori, con un calo stimato, secondo Coldiretti, di diecimila ettari delle semine di riso.

La Regione Piemonte è pronta a chiedere lo Stato di emergenza. Tuttavia anche la Lombardia si prepara a fare lo stesso. E nessuno vieta che possano richiederlo presto anche altre Regioni. Questo perché è da circa 4 mesi, in alcune parti d’Italia, che non piove. E questo vuol dire andare a cercare acqua per l’irrigazione attraverso le auto botti. La neve sulle alpi scarseggia e fumi e laghi sono ai minimi storici.

Siccità i comuni razionano l’acqua

L’acqua è un bene primario e questo lo è tanto per gli uomini che per i raccolti. Infatti la parola d’ordine è ormai diventata: “Non sprecare l’acqua“. Acqua sprecata è acqua che non viene usata ed in momenti come questi di forza siccità occorre fare appello alle coscienze. E cercare di risparmiare anche l’acqua nelle abitazioni può essere un valido aiuto. Risparmiare quando ci si lava i denti o i piatti, o mentre si fa la doccia, sono piccole accortezze che possono fare la differenza.

Così in Valtellina sono scattati i primi divieti per evitare lo spreco e nella bergamasca l’acqua è già stata razionata. Mentre altri comuni hanno adottato la misura di vietare di irrigare orti, giardini privato, riempire le piscine o lavare le auto in determinati orari della giornata. Tutte le piantagioni sono allo stremo ed il problema si risente anche per l’allevamento di bestiame. Una situazione preoccupante, soprattutto per le campagne dove gli agricoltori lamentano la difficoltà di portare aventi i propri prodotti. Il Comune di Montebelluna ha vietato su tutto il territorio comunale, fino a nuova disposizione, l’uso dell’acqua potabile per usi diversi da quello alimentare e igienico-sanitario.

E’ allerta desertificazione, anche in Italia

Fino ad oggi il problema della desertificazione non ha molto interessato la penisola Italiana. Più di un quarto del territorio è a rischio. A dirlo è un rapporto dell’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, presentato nell’ambito della giornata nazionale contro la siccità. Proprio a causa della mancanza di risorsa idrica, c’è anche chi ha deciso di sospendere le semine dei secondi raccolti e preoccupa la riduzione delle rese di produzione delle coltivazioni dall’orzo al frumento, dai foraggi al mais.

Gli effetti sono evidenti anche sul settore olivicolo, con il caldo durante la fioritura e la siccità che hanno compromesso l’allegagione, con una stima di un calo sensibile della produzione di olive del 40% in Puglia secondo la Coldiretti. Come se non bastasse la siccità richiama anche le cavallette che stanno devastando molti raccolti in Sardegna.

 

 

 

Sos siccità, è rischio per le imprese agricole e di bestiame

Sos siccità è rischio per le imprese che operano nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento. Un’ondata di calore che porterà danni.

Sos siccità, il livello delle acque del Pò preoccupa molto

Fa un caldo eccezionale in questi ultimi giorni. Ma soprattutto non piove e non ha piovuto tanto in tutto l’inverno. Così c’è davvero un grande stato di apprensione per gli agricoltori che hanno bisogno di acqua da dare ai propri campi. Il campanello d’allarme è rappresentato dalle acque del Pò, in secca da mesi. Non sono mai state così basse, dai valori degli ultimi 50 anni. Il grande fiume sta soffrendo e così anche l’ambiente circostante, le campagne e l’agricoltura. Tuttavia sono stati stanziati ben 7 milioni di euro e nuovi strumenti per il monitoraggio del bacino del fiume.

Una preoccupazione che si riversa sul settore agricolo. Infatti secondo la Coldiretti, oltre il 30% della produzione dei campi è a rischio. Problema che si riversa anche sull’allevamento e sulla produzione di foraggio, elemento essenziale per le mucche per produrre il latte. Elemento che sta alla base di tutti i prodotti caseari della produzione italiana. Senza foraggio non c’è latte, senza latte la produzione diminuisce.

Cosa si può fare in questa situazione

Beh la cosa migliore è che finalmente cominciasse a piovere per ristabilire e innalzare il livello dei fiumi. Ma sembra che la pioggia non sia prevista, almeno per i prossimi giorni. Dunque una cosa da fare potrebbe essere quella di invasare tutta l’acqua disponibile, trattenerla e distribuirla solo nel momento in cui ce ne sarà bisogno.

Ed ancora si potrebbe irrigare in modo intelligente e solo quando le piante ne hanno davvero necessità. In altre parole è meglio cercare di limitare gli sprechi e usare l’acqua che si ha con molta parsimonia. Ma attenzione, se si continua così non solo si rischia la scarsa produzione agricola, ma interi territori potrebbero restare a lungo senza acqua. Anche perché stiamo avendo il Maggio più caldo della storia italiana, con il termometro anche sopra i 30 gradi. Temperature che si registrano in piena estate, e non certo in primavera.

Quali sono i prodotti più colpiti e quali le possibili conseguenze

La siccità ha un forte impatto sulle culture primaverili, come il mais, la frutta, il grano, gli ortaggi e i vigneti. Una perdita di un miliardo di euro in un solo anno. Il rischio è che i raccolti siano minori e che quindi i prezzi potrebbero aumentare. Perché del resto le aziende agricole produttrici devono riuscire a mantenersi attive, nonostante il raccolto sia di quantità minore. Un innalzamento dei prezzi che crea ulteriori problemi, visto che già le famiglie devono fare i conti con gli aumenti dell’energia, gas, e prodotti colpiti dagli effetti del conflitto tra Russia e Ucraina.

L’Unione europea ha dato il via libera all’utilizzo di 4 milioni di ettari lasciati a riposo per i vincoli ambientali. Si tratta di un’eredità dal vecchio set aside della Politica agricola comune, per aumentare la produzione di cereali e colture proteiche. Per l’Italia si tratta di 200mila ettari aggiuntivi da coltivare. Ma per farlo occorre l’acqua, e in prossimità dell’estate è davvero un problema grave, la sua assenza. Ecco che quindi ci si attende un’altra flessione a rialzo dei prezzi, che inevitabilmente si abbatterà sul consumatore finale.

Allarme siccità, il Veneto chiede lo stato di calamità naturale

Da Padova fino a Rovigo passando per l’area del veneziano, la campagna veneta chiede lo stato di calamità naturale. Non piove e le riserve di un inverno senza piogge sono pressochè inesistenti. “E’ peggio del 2003 – dicono gli agricoltori di Coldiretti – che stima da più parti perdite intorno al 60% del raccolto nei terreni irrigati, del 100% in quelli non raggiunti dall’acqua. I danni alle colture estensive sono irreversibili soprattutto per le coltivazioni di mais, soia e barbabietola ma anche l’ortofrutta comincia a dare i primi segnali di sofferenza”.

L’elenco dei comuni che reclamano l’intervento straordinario è destinato ad allungarsi: a Padova è tutto il comprensorio dell’alta padovana, idem per Conselve, Piove di Sacco, Saccolongo. Nel rodigino gli imprenditori agricoli contano di rimetterci 250-300 milioni. Preoccupazione alta per oltre 5 mila aziende situate lungo la fascia che va dal Portogruarese fino alla riviera del Brenta: 27 mila ettari di seminativi lontano dalle fonti irrigue .

“Gli agricoltori non chiedono rimborsi – spiega Coldiretti Veneto – ma agevolazioni fiscali e condizioni preferenziali di accesso al credito per far fronte alle anticipazioni colturali della prossima annata e pagare i costi di quella in atto. La Regione Veneto – ribadisce Coldiretti – deve definire azioni inserite nel Programma di Sviluppo Rurale che introduca la possibilità di irrigazioni di soccorso anche per trasformare gli impianti esistenti oltre che introdurne di nuovi”.

Caldo e siccità, produzione agricola in forte calo

Dati a dir poco preoccupanti quelli derivanti dalla stima effettuata dal primo monitoraggio della Coldiretti in occasione dell’arrivo di Minosse. Ammonterebbero infatti a oltre 400 milioni di euro i danni provocati alle coltivazioni agricole dalla siccità che con il grande caldo provocato da tre anticicloni sta “soffocando” da oltre un mese l’Italia.

Il mais – spiega Coldiretti – è la coltura agricola più colpita con le piante appassite in decine di migliaia di ettari che non potranno neanche essere raccolte nelle regioni del nord, ma danni pesanti sono stimati anche per il pomodoro destinato alla trasformazione industriale con un crollo del 20% in media sulla produzione attesa”.

La Coldiretti sottolinea che “a soffrire sono anche le verdure e la frutta per effetto della cosiddetta evapotraspirazione (la perdita di acqua dal terreno e dalle piante). Le coltivazioni infatti in questa fase stagionale si trovano in un momento critico di sviluppo e hanno bisogno dell’acqua per completare il ciclo produttivo. Il caldo ha pesanti effetti anche – continua la Coldiretti – nel mondo animale: nelle stalle si registra un crollo delle produzioni del 10% per effetto dello stress a cui sono sottoposte le mucche. L’afa e le temperature hanno tolto l’appetito anche ai maiali che stanno consumando fino al 40% in meno della consueta razione giornaliera di 3,5 chili di mangime” conclude.

Tra le regioni più colpite dalla siccità c’è l’Emilia Romagna. La Cia prevede perdite di produzione dal 30 al 60%. “I danni da siccità sono, purtroppo, ormai un dato di fatto anche in Emilia Romagna, soprattutto nel versante centro orientale” spiega l’associazione rimarcando che il caldo torrido e l’assenza di piogge stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura: “i danni alle colture sono ingenti e la situazione sta peggiorando” precisano gli agricoltori.

“Le risorse idriche non sono sufficienti a coprire il fabbisogno d’acqua e le campagne sono le prime ad essere colpite dagli effetti disastrosi di questo caldo torrido – precisa la Cia – dove a subire le conseguenze peggiori sono soprattutto il mais, oltre ad altre coltivazioni estensive come soia, girasole e, anche se in misura minore, sorgo da granella”.