Moda maschile italiana tra luci e ombre

Con l’apertura ufficiale dei battenti di Pitti Uomo 89, avvenuta a Firenze il 12 gennaio, la moda maschile italiana ha cominciato la sua autocelebrazione anche per questo 2016. Un anno che arriva dopo un 2015 caratterizzato da segnali contrastanti per questo comparto importantissimo della moda italiana.

Lo scorso anno, infatti, il fatturato dell’industria italiana della moda maschile ha fatto registrare un incremento mediocre, +1,5% rispetto al 2014, per un giro d’affari totale di poco inferiore ai 9 miliardi (8,9 miliardi, per la precisione). Un incremento pari quasi alla metà rispetto all’anno precedente.

Se, da un lato, la moda maschile italiana ha confermato anche per lo scorso anno la propria vocazione all’export incrementando dello 0,3% rispetto al 2014 il totale delle esportazioni sul fatturato (63,4%), dall’altro è calato del 3,2% il valore della produzione in Italia: un calo che, in termini assoluti, si traduce in 4,7 miliardi in meno. Conforta che il 63,4% di cui sopra è figlio di un +9% della quota export registrato negli ultimi 5 anni. Export che, nonostante tutto, è cresciuto lo scorso anno di circa la metà, in termini percentuali, rispetto a quanto fatto nel 2014: +2,4% a quasi 5,7 miliardi, contro il +5,1% pari a 5,5 miliardi di un anno prima.

A fare il punto su questi numeri della moda maschile italiana ci ha pensato Sistema moda Italia che ha elaborato dati Istat. Elaborazioni dalle quali emerge che le importazioni sono cresciute del 7,6% a 4 miliardi, dato che ha portato a un calo del surplus della bilancia commerciale per la moda maschile italiana a 1,6 miliardi.

Il mercato interno della moda maschile italiana, infine, nel 2015 ha seguito quello generale, confermando il calo dei consumi anche se in misura meno drammatica di quanto avvenuto negli anni più bui della crisi: -2,1% a 7,3 miliardi.

Un calo più contenuto, che se non sa ancora di luce in fondo al tunnel, manda comunque un segnale incoraggiante all’intera filiera della moda per continuare a credere nella ripresa.

Tessile moda, accordo con UniCredit per il sostegno alle imprese

Importante sostegno al settore tessile moda da parte di uno dei colossi bancari in Italia e in Europa. Nei giorni scorsi è stato infatti firmato un accordo tra la Federazione Tessile Moda – Sistema Moda Italia (SMI) e UniCredit Factoring S.p.A., per il sostegno alle impreseitaliane della filiera tessile e dell’abbigliamento, soprattutto attraverso l’utilizzo della piattaforma di reverse factoring (supply chain finance) messa a disposizione da UniCredit Factoring alle imprese affiliate a SMI.

Il servizio di reverse factoring offerto dalla società di factoring del Gruppo UniCredit può costituire uno strumento idoneo a supportare finanziariamente le imprese appartenenti alla filiera del settore tessile moda e dell’abbigliamento, con particolare riguardo a quelle di minori dimensioni che operano nei cicli di sub-fornitura dei grandi gruppi e, più in generale, a offrire benefici di flessibilità finanziaria ed efficienza operativa alle filiere del tessile moda in Italia.

Sulla base dell’accordo, le parti si impegnano a “individuare e analizzare le peculiarità del settore moda e abbigliamento, con l’obiettivo di definire le linee guida per l’applicazione della piattaforma di reverse factoring a beneficio delle aziende affiliate a Sistema Moda Italia”.

UniCredit e SMI intendono infatti mettere a punto una soluzione di credito di filiera che si adatti alle esigenze specifiche del settore tessile moda, attraverso lo studio di alcuni casi-pilota, e che possa costituire uno strumento concreto, personalizzabile e scalabile.

Insieme, inoltre, promuoveranno l’iniziativa sul territorio per far conoscere i benefici dell’approccio al maggior numero possibile di aziende capofiliera e di filiere produttive ad esse collegate.

UniCredit Factoring ha stanziato per questo accordo un plafond creditizio iniziale di 2 miliardi di euro in tre anni. L’accordo ha decorrenza immediata, intendendosi tacitamente rinnovato, di anno in anno, sino al 30 settembre 2018.

Banca Intesa sostiene le pmi fashion

E’ stato siglato un accordo tra il gruppo Intesa Sanpaolo e Sistema Moda Italia, con l’obiettivo di sostenere le piccole e medie imprese del settore e permettere loro di esordire anche sui mercati esteri.

Questa intesa prevede che venga stanziato un plafond di 500 milioni, che serviranno a finanziare progetti di internazionalizzazione delle aziende attive nel settore fashion.

Oltre agli incentivi, Banca Intesa fornirà servizi di consulenza specialistica in oltre 40 Paesi, mettendo inoltre a disposizione delle imprese associate a Sistema Moda Italia strumenti come:

  • Tech Marketplace, la piattaforma digitale che promuove l’interazione tra start up e imprese, e che favorisce l’incontro tra domanda e offerta di innovazione tecnologica;
  • l’accesso esclusivo a Opportunity Network, la piattaforma digitale realizzata per la condivisione di opportunità di partnership ed export a livello globale;
  • Expo Business Matching, lo strumento web-based che favorisce occasioni di incontro tra le imprese italiane ed estere in occasione di Expo 2015.

Vera MORETTI

Moda made in Italy, buono il 2014

Apre oggi al pubblico, a Firenze, Pitti Uomo 88, uno degli appuntamenti più importanti per la moda made in Italy maschile e l’occasione per Sistema Moda Italia (Smi) di fare il check up allo stato di salute del nostro fashion. E le cifre sono positive, nonostante le difficili situazioni registrate in Giappone e in Russia.

Secondo le rilevazioni di Smi, la moda made in Italy maschile è cresciuta lo scorso anno del 3,3% a 8,8 miliardi di euro di fatturato. Merito soprattutto dell’export (+5,1%), mentre la domanda interna ha registrato un’altra battuta di arresto: -3,6%.

L’export della moda made in Italy per lui ha superato i 5,5 miliardi di euro di valore e si è attestata al 63,3% del fatturato totale del settore. Allo stesso modo è aumentato l’import, stavolta del 10,3%.

C’è stato movimento un po’ su tutti i mercati, europei ed extra europei. Se nel Vecchio Continente gli acquisti di moda made in Italy maschile sono cresciuti del 4,5%, fuori dall’Europa l’aumento è stato del 5,6%. Mercati europei d’elezione restano Spagna (+10,1%), Regno Unito (+8,4%) e Germania (+4,8%). Cala la Francia (-2,1%) ma mantiene il ruolo di primo mercato. Fuori dall’Europa abbiamo Corea del Sud (+26,9%), Cina (+13,3%), Hong Kong (+11,9%) e Usa +9,4%. Giù Russia (-16,2%) e Giappone (-7,4%).

Nel dettaglio, la moda made in Italy per lui ha fatto registrare, lo scorso anno, quasi tutti segni più nei principali settori: pelle +7,2%, camicie +5,1%, maglieria +2,9%, abiti +2,6%. In controtendenza le cravatte, -3,3%. I settori di maglieria (+6%), camiceria (+5,7% e confezione (+4%) si confermano anche nel primo trimestre 2015, con l’export a +3,8% e l’import a +13,1%.

Moda donna col freno a mano

Abbiamo visto ieri come, in base alle stime di Mediobanca, i marchi top della moda italiana abbiano avuto un 2013 da incorniciare, performando meglio dei grandi gruppi industriali italiani.

Oggi un’analisi di segno diverso sottolinea che, per il terzo anno consecutivo, l’industria della moda donna italiana non brilla del tutto, nonostante segni un’inversione di tendenza. Un’analisi che arriva nei giorni in cui la moda donna italiana segna il proprio trionfo nella Milano Fashion Week.

Ebbene, secondo alcune stime preliminari elaborate da Sistema Moda Italia, il giro d’affari del settore della moda donna italiana nel 2014 non dovrebbe avere solo una lieve crescita, pari allo 0,7%, che significa una cifra di 12,3 miliardi di euro di controvalore. Secondo il Centro Studi di Sistema Moda Italia, su questo risultato ha pesato l’arretramento del mercato interno con una domanda asfittica.

Come spesso accade quando si parla di made in Italy, l’export della moda donna italiana ha dato più soddisfazioni, con le vendite fuori dai confini che hanno cubato circa il 60% del totale. Un risultato buono, che da solo non è bastato a “contagiare” quello del valore della produzione effettuata in Italia, che nel 2014 ha mantenuto il segno meno -0,8% rispetto al 2013.

Infatti, il Centro Studi di Sistema Moda Italia ha stimato in -3,6% il calo del mercato interno della moda donna italiana. Meglio degli anni precedenti, ma sempre un risultato negativo, a differenza di quanto accade sui mercati esteri, dove l’export della moda donna italiana ha continuato a crescere: +4,2% del fatturato estero rispetto al 2013, per un totale in controvalore di 7,3 miliardi di euro.

Segno più anche per l’import di moda donna, con un +8%. Un risultato che porterà il surplus commerciale del settore moda donna italiana intorno ai 3,4 miliardi, in linea con l’anno precedente.

Il tessile made in Italy alla testa della ripresa

Quando si dice una non-notizia… secondo le stime del Centro studi di Sistema Moda Italia, presentate in occasione della 20esima edizione del salone italiano del tessile MilanoUnica, lo scorso anno il settore del tessile made in Italy ha chiuso in ripresa: fatturato superiore agli 8 miliardi (+3,8%), +3,3% di export.

In più, un saldo positivo di 2,4 miliardi per la bilancia commerciale del tessile made in Italy, che da sola fattura il 25% dell’intero settore tessile/abbigliamento, nonostante incida solo per il 15,3% sul fatturato totale. Una non-notizia, perché il tessile made in Italy è sempre stato un fiore all’occhiello della nostra eccellenza artigiana.

Secondo il Centro Studi Smi, questi dati “sembrano confermare il ruolo anticipatorio nella ripresa economica che la letteratura assegna al settore del tessile e in particolare alla tessitura”. La crescita del settore del tessile made in Italy si deve infatti, finalmente, anche alla ripresa della domanda interna (+4,4%), arrivata dopo diversi anni consecutivi di cali. La domanda estera, invece, è stata forte soprattutto negli Usa (+10% di export), mentre due mercati tradizionalmente ricchi e importatori come Hong Kong e Cina hanno fatto registrare cali a doppia cifra: rispettivamente -11 e -10%.

I dati Smi rilevano che la fase di espansione ha riguardato tutti i comparti del tessile made in Italy, con il settore laniero che da solo ha cubato quasi il 40% del fatturato totale. Buone notizie anche sul fronte della produzione industriale, stimata in crescita di quasi il 3% (+2,9%), e dell’occupazione nel settore del tessile made in Italy, in calo solo dell’1%.

Detto del calo dell’export registrato in Cina e a Hong Kong, questi due Paesi restano comunque il secondo mercato per le esportazioni del tessile made in Italy, dopo gli Stati Uniti. Buone le performance generali dell’import (+6,5%) anche in Paesi come il Pakistan che, insieme a Cina e Turchia, costituisce quasi il 50% del valore totale dei tessuti importati.

Smi junior, un crollo del 3,2%

Un crollo pari al  -3,2%, corrispondente a poco più di 2,5 miliardi di euro, è questo il drammatico risultato che si delinea dalle stime preliminari di Sistema Moda Italia per quanto riguarda il 2013 del comparto junior pochi giorni dopo la chiusura di Pitti Bimbo. La moda junior assisterebbe ad un peggioramento del trend negativo avviatosi lo scorso anno, nonostante una progressiva incidenza dei mercati esteri che avrebbe superato la soglia psicologica del 33%, a causa della difficile situazione del mercato interno.

La dinamica per i flussi commerciali conduce ad un nuovo miglioramento del deficit commerciale settoriale, che dovrebbe scendere a 650 milioni di euro circa, il che però non arresterebbe il ritorno in area negativa del valore della produzione, stimato nella misura del -1,9% . L’esportazione del comparto Bimbo si mantiene in aumento, con una crescita media annua stimata a +2,2%, in lieve miglioramento dunque rispetto al ritmo registrato nel 2012. Con riferimento, invece, all’import, anche per la moda Junior si rileva quanto sperimentato nel resto della filiera Tessile-Moda (e non solo…), ovvero una contrazione dei flussi provenienti dall’estero,nell’ordine del -4,5%.

Jacopo MARCHESANO 

Filiera tessile, il rilancio nel 2015

Tra i tanti settori del sistema economico italiano che si distinguono, anche in questo 2013, per delle performance tutt’altro che brillanti, quello della moda parla una lingua diversa. Negli ultimi mesi sta infatti registrando che però non riuscirà a garantire per quest’anno una crescita del fatturato: la proiezione a fine anno parla infatti di un -1,7% a prezzi correnti. Secondo quanto ipotizzato dal chief economist di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice, durante il recente convegno “Made in Italy senza Italy – I nuovi scenari della moda e del lusso” organizzato dall’istituto torinese e da Pambianco, bisognerà aspettare il 2014 per registrare una ripresa, per quanto contenuta. Il vero rilancio è invece previsto nel 2015.

Secondo De Felice, “il settore moda esce dal 2013 con dati ancora negativi, anche se meno del 2012. Con il miglioramento degli ultimi mesi dell’anno la contrazione si dovrebbe ridurre all’1,7%” Stando alle stime di De Felice, il 2014 dovrebbe vedere una ripresa dell’1,4%, mentre un +3,3% è atteso per il 2015.

Nel periodo gennaio-agosto 2013 le imprese del tessile, dell’abbigliamento e della filiera della pelle hanno fatto registrare un calo del fatturato del 3,4%, un punto in meno rispetto al -4,4% rilevato nel 2012. Secondo le stime, gli ultimi 4 mesi di quest’anno dovrebbero vedere un miglioramento grazie a un andamento più positivo delle vendite al dettaglio sul mercato interno e dalla ripresa delle esportazioni verso i paesi Ue.

L’asfittica domanda interna ha infatti penalizzato maggiormente i risultati delle imprese del settore moda, le quali però hanno dimostrato tutta la loro forza di filiera integrata con un dato, il saldo commerciale positivo: un dato in controtendenza rispetto a quello, per esempio, della Francia e della Spagna e Francia, che hanno visto il saldo commerciale del sistema moda in negativo.

Il mercato estero sarà fondamentale anche nei prossimi anni per permettere un miglioramento anche degli indici di redditività: questi ultimi sono scesi ulteriormente nel 2012, con un ROI medio in discesa al 6,1% dal 6,7% del 2011. Secondo gli analisti di Intesa Sanpaolo, però, a causa della forte competitività dei mercati internazionali, questa ripresa di redditività non sarà netta ma progressiva e solo tra due anni sarà possibile tornare ai livelli pre-crisi del 2008.

L’Italia che tesse la ripresa è quella della filiera… tessile

di Davide PASSONI

L’economia dell’Italia delle piccole e medie imprese è fatta soprattutto di eccellenze. Eccellenze che scontano la precarietà del fare business nel nostro Paese e che a questa precarietà rispondono con capacità produttiva, tenacia, innovazione e prodotti di prima qualità

Una di queste eccellenze è la filiera tessile. Una delle ultime, vere filiere del nostro Paese e della nostra economia, che deve il suo successo al lavoro unico ed encomiabile di tante imprese, spesso piccolissime, che reggono sulle spalle proprie spalle tanti giganti della moda.

Un settore, quello del tessile, che come tanti altri in questi ultimi anni sta soffrendo, nonostante l’eccellenza che porta con sè e nonostante un export che, tutto sommato, tiene meglio di quello di altri comparti. Ci sono poi i prodotti, come la seta, icone dell’alta artigianalità di casa nostra, che si appoggiano a settori anticiclici come quello del lusso e, per questo, risentono molto meno della frenata dei consumi. Senza dimenticare, poi, il meccanotessile, vero fiore all’occhiello della nostra produzione meccanica. Le macchine tessili italiane sono infatti riconosciute le migliori al mondo; una qualità che, però, non le salva dalla crisi.

Insomma, una settimana vissuta da Infoiva sul… filo dell’impresa. Nel vero senso della parola.

Per i Russi, lo shopping di lusso è italiano

La moda italiana piace sempre di più ad Oriente, e non sono nel Paese del Sol Levante.

Un mercato che si sta rivelando particolarmente florido, infatti, è quello russo, dove il Made in Italy riscuote molto successo, tanto da aver segnato, nel 2012, nonostante la crisi, un aumento delle vendite di beni di lusso italiani di 9 punti percentuali rispetto all’anno precedente, per un giro d’affari di 5,5 miliardi di euro.

I dati sono stati resi noti da SMI, Sistema Moda Italia, e si rivelano particolarmente “pesanti” se si considera che non sono stati presi in esame gli acquisti dei russi all’estero.

I turisti russi sono, infatti, tra i top spender del nostro shopping griffato, nonchè ospiti fissi delle boutique del quadrilatero della moda milanese, ma anche di tutte le vie del lusso d’Italia.

Vera MORETTI