Milano capitale italiana dello smart working

Pochi giorni dopo la proposta sulla regolamentazione dello Smart Working nei CCNL depositata alla Camera, il comune di Milano, in particolare l’assessore alla Qualità della Vita del Comune, Chiara Bisconti, con il sostegno di una cordata trasversale che include Abi e Cgil, Assolombarda e Sda Bocconi, ha voluto dedicare una giornata al «Lavoro Agile». Molte aziende lombarde hanno aderito e hanno permesso ai loro dipendenti di lavorare da casa senza recarsi negli uffici del capoluogo, così come  200 lavoratori del Comune.

Uno studio della School of Managament del Politecnico di Milano aveva già evidenziato come lo smart working salverebbe la bellezza di 37 miliardi di euro all’anno di spese, tra aumento di produttività ( ben 27 miliardi) e taglio dei costi (altri 10 miliardi). Con benefici per la collettività che andrebbero al di là dell’aspetto puramente aziendale: 4 milioni di euro in meno a carico dei cittadini ed emissioni di CO2 ridotte di 1,5 milioni di tonnellate.

Ma tra i pro spunta anche qualche contro, per la maggior parte culturale, che avvalora ancor più la tesi espressa nei giorni scorsi dal presidente di Federmanager Giorgio Ambrogioni.Per le aziende, la mancanza di uno spazio fisico limita le procedure di controllo degli impiegati. Per gli assunti, il telelavoro è associato inevitabilmente a precarietà, con i relativi dubbi sulla crescita professionale futura.

Jacopo MARCHESANO

Ambrogioni: “Smart working? Un approccio culturale diverso”

 

In questa nostra settimana dedicata alla proposta delle onorevoli Alessia Mosca (PD), Barbara Saltamartini (NCD) e Irene Tinagli (SC) sulla regolamentazione dello Smart Working nei CCNL, oggi abbiamo incontrato il presidente di Federmanager di Giorgio Ambrogioni per una veloce chiacchierata sull’argomento.

Presidente Ambrogioni, come valuta Federmanager questa nuova modalità di lavoro?
Noi da tempo abbiamo costituito un gruppo di lavoro di tecnici per occuparsi di Telelavoro, siamo convinti che siano indispensabili formule nuove per consentire un rinnovamento all’interno del mercato del lavoro. Ben venga la proposta di legge trasversale depositata da tre deputate che conosciamo e apprezziamo da molti anni, siamo nella direzione giusta.

Quando pensiamo al lavoro da casa facciamo riferimento spesso a lavoratori dipendenti ed impiegati, secondo lei questa nuova modalità potrà essere applicata anche per i manager?
Tutto dipende dal ruolo che il manager svolge in azienda. Ci sono manager che sono responsabili di unità operative e, ovviamente, in questo caso la presenza in azienda gioca un ruolo determinante, ma ci sono anche manager con altri profili che potrebbero tranquillamente lavorare da casa. Moltissimi manager che si occupano di ricerca, di export e della parte legale potrebbero lavorare a casa senza che ci siano particolari differenze. Dobbiamo superare gli schemi, a dir la verità parecchio datati, per i quali se non sei in ufficio è come se non ci fossi. Dobbiamo senza dubbio modificare i nostri modelli organizzativi aziendali.

Meno costi, più produttività: questi gli obiettivi del Telelavoro…
Assolutamente si. Ben gestito e ben coordinato può portare vantaggi notevoli: tempi ridotti e costi minori per l’azienda soprattutto, senza che la produttività di un’azienda ne risenta in alcun modo. Sia nel pubblico sia nel privato, se monitorato, non può che far bene.

Anche in Italia i tempi sono maturi?
Sono più che maturi, anzi siamo quasi fuori tempo massimo. C’è il bisogno assoluto di introdurre dosi massicce di innovazioni dal punto di vista dell’operatività quotidiana, delle relazioni e del modo di concepirci come lavoratori. Mi rendo conto che potranno esserci delle resistenze, ma la strada da intraprendere è questa, nonostante tutto un salto qualitativo nella concezione del ruolo manageriale sarà fondamentale, perché gestire lavoratori da casa significherà una rilettura del proprio modo di fare management da parte nostra e un responsabilizzare molto i dipendenti. Sarà fondamentale un approccio culturale diverso.

Jacopo MARCHESANO

Di più e meglio: lavorare a casa rende

Alessia Mosca del Partito Democratico, Barbara Saltamartini del Nuovo centrodestra, Irene Tinagli di Scelta Civica hanno depositato lo scorso 29 gennaio la proposta di legge che regolamenta lo Smart Working (“Norme finalizzate alla promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro”) nei CCNL (contratti collettivi di lavoro di qualsiasi livello), con specifico accordo economico, strumenti informatici e obblighi di sicurezza su misura, perché come si legge nella proposta «il futuro del lavoro passa per la flessibilità» di orari e sede.

Lo Smart Working viene definito dal comma 2 «prestazione di lavoro subordinato» che si svolge con le seguenti caratteristiche: prestazioni fuori azienda fino al 50% dell’orario annuale, eventuale uso di strumenti informatici e/o telematici per l’attività, niente obbligo di postazione fissa nei periodi di lavoro fuori azienda e il compenso non può essere inferiore a quello previsto per gli altri lavoratori subordinati, a parità, ovviamente, di mansioni.

Nonostante i benefici dello Smart Working siano ormai cosa nota, aumento medio della produttività del 5,5% e risparmi per l’azienda in costi diretti fino a 10 miliardi di euro, la flessibilità nell’orario di lavoro nel nostro Paese è concessa nel 25% delle PMI, e offerta solo nel 10% dei casi.

Jacopo MARCHESANO