Sospensione della partita iva? Ecco come fare e non pensarci più

La sospensione della partita Iva a volte è un’idea che viene in mente, quando proprio si decide di cambiare vita. Ma come si può fare?

Sospensione della partita Iva, ecco perché?

Stiamo vivendo un momento di crisi economica. Un po’ legata al tasso dell’inflazione con l’aumento generale del livello dei prezzi, alla guerra tra Russia ed Ucraina e alla pandemia dal Covid-19. A questi si aggiunge l’elevato costo delle bollette di gas e luce anche per gli esercenti possessori di partita Iva. E questo sta portando molti imprenditori a chiudere le loro attività e mandare a casa i propri dipendenti.

Forse la giusta idea sarebbe quella di sospendere la partita Iva per non sostenere gli elevati costi fissi e gli adempimenti connessi anche al pagamento di tasse ed imposte. Dunque sono tante le uscite monetarie, ma se non c’è la contropartita degli utili in incasso, c’è poco da fare. Ecco che quindi si tratta di una scelta importante, che va presa dopo una valutazione attenta e relativa ad un momento oppure qualcosa di prolungato.

Sospensione partita Iva, me in realtà di può fare?

In Italia non è possibile sospendere la partita Iva né per un lungo, né per un breve periodo. Tuttavia esistono le partite iva dormienti, ma in questo caso si parla più di mancato utilizzo della stessa, quindi legata all’assenza di fatturazione. Ma non centra nulla con la sospensione, che come detto, non rientra tra le opzioni previsti per il possessore. Ma quali sono le alternative allora previste dall’ordinamento italiano?

Ecco la prima alternativa potrebbe essere chiudere la partita Iva. Il titolare dovrebbe presentare all’Agenzia delle entrate il modello AA9/12 entro trenta giorni dalla data di cessione dell’attività. Anche in questo caso c’è un costo da versare che si aggira intorno a 50 euro e comprende la marca da bollo per la S.C.I.A, o la maraca da bollo nel caso in cui l’impresa sia nel registro delle imprese non utilizzi la ComUnica.

Le altre alternative previste dalla legge

Mentre altra via d’uscita è attendere che l’Agenzia delle entrate notifichi l’avvio della procedura di chiusura d’ufficio della posizione. Questa avviene quando all’Agenzia, in base ai dati in suo possesso, verifica che non sono state esercitate negli ultimi tre anni precedenti, attività di impresa. Dunque il contribuente riceve una comunicazione con la quale è informato della chiusura d’ufficio della partita Iva. Tuttavia nel caso in cui non lo ritenga corretto, può far valere le sue ragioni rivolgendosi all’ufficio e fornire le dovute prove.

Rimane anche la possibilità di rilanciare l’attività, magari in un settore diverso o contiguo. In tal caso però conviene trasmettere una comunicazione di variazione. Si ricorda che la variazione del codice Ateco deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla variazione dell’attività. La richiesta di modifica del proprio codice Ateco va effettuata attraverso i moduli AA9/11 e AA7/10 disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia nel caso di chiusura e riapertura occorre sostenere i costi di entrambe le procedure.

La modifica della partita Iva

Come si sospende una Partita Iva ordinaria o forfettaria?

Se sei titolare di una partita IVA e hai intenzione di sospenderla, sappi che non ti è consentito farlo. Ciò che puoi fare, invece, è decidere se mantenere il regime fiscale cui hai aderito o interromperlo.

Ad esempio, può accadere di voler accettare una proposta che prevede l’assunzione con un contratto da lavoro dipendente a tempo indeterminato o determinato, oppure se vuoi o devi sospendere la tua attività per un lungo periodo a prescindere dalle motivazioni.

Nei casi suddetti è lecito pensare di sospendere la partita IVA, soprattutto se sei un professionista con Cassa, quindi, obbligato al pagamento dei contributi previdenziali minimi. Analizziamo nel dettaglio quali sono le tue opzioni.

Sospensione partita IVA, cosa fare

Come appena accennato, che si tratti di una partita IVA aderente al regime ordinario piuttosto a quello forfettario, sospenderla non è possibile. A questo punto, tu, lavoratore autonomo puoi scegliere se mantenere attivo il regime fiscale attuale o se interromperlo.

Qualora decidessi di interrompere il regime fiscale ordinario o forfettario di una partita IVA, non avresti degli oneri da sostenere, ma solo una procedura burocratica da seguire.

E’ da considerare anche l’idea di chiudere la partita IVA, per poi aprirne una nuova che ovviamente avrà un numero differente alla precedente.

Tuttavia, esiste un caso particolare in cui è permesso sospendere la partita IVA. Si tratta della ditta individuale che affitta l’unica azienda.

Ad ogni modo, anche senza aver conseguito alcun fatturato nel corso dell’anno d’imposta, da titolare di partita IVA devi presentare la dichiarazione dei redditi e gli adempimenti amministrativi previsti, i quali sono più onerosi se hai aderito al regime ordinario.

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Affitto d’azienda: aspetti fiscali

A proposito dell’unico caso che prevede la sospensione della partita IVA, è bene precisare di cosa si tratta dal punto vista fiscale.

Il contratto di fitto d’azienda è assoggettato all’IVA ordinaria, pari al 22%. Tuttavia, nel caso in cui un imprenditore individuale cede l’unica azienda di cui è in possesso, tale operazione non è soggetta ad IVA. Il motivo è che la cessione dell’unica azienda non ha più una posizione IVA aperta.

C’è da tenere presente che i canoni di locazione ricevuti per l’azienda affittata, sono soggetti all’IRPEF, ma non all’IRAP in quanto l’affitto non è inerente allo svolgimento di un’attività commerciale.

Conviene chiudere la partita IVA se non puoi sospenderla?

In base a quanto sopra detto, eccetto nel caso unico in cui e’ possibile una sospensione della partita IVA, puoi solo decidere di mantenerla attiva o chiuderla. Nel primo caso, se sei nel regime forfettario puoi anche pensare di tenerla attiva nonostante non la utilizzi per un periodo anche non breve, in quanto se non fatturi non paghi le tasse.

Tuttavia, sei sempre tenuto (o quasi) al versamento dei contributi anche quando non percepisci alcun compenso:

  • Commerciante e artigiano: obbligo di pagamento dei soli contributi fissi, nella misura di circa 3.850 euro l’anno, ma con la possibilità di chiedere la riduzione del 35% sul totale contributivo;
  • Libero professionista senza Cassa (copywriter, social media manager, consulente SEO, sviluppatore app, web designer etc.): obbligo di versamento nella Gestione Separata INPS solo per i contributi variabili. Motivo per cui, zero guadagno, zero contributi.
  • Libero professionista iscritto all’Albo: versamento contributi nella Cassa previdenziale obbligatoria di categoria.

Detto ciò, tocca a te fare due calcoli, tenendo conto del tempo in cui la partita IVA forfettaria resterà inattiva, e non dimenticando che esiste la chiusura d’ufficio effettuata dall’Agenzia delle Entrate, nel caso la partita IVA dovesse restare inattiva per almeno tre anni.

Come mantenere l’IVA nel regime forfettario

E’ palese che a prescindere dall’inattività o meno della partita IVA, a meno che non ci siano elevati oneri detraibili e deducibili, mantenere il regime fiscale forfettario è importante. Per questo motivo, vediamo in quali i casi è prevista la sua esclusione che avviene l’anno successivo (a volte anche nell’anno in corso) a quello in cui si sono verificate le cause:

  • Esercizio di regimi speciali IVA e di determinazione forfettaria del reddito;
  • assenza di residenza in Italia o residenza in un altro Paese UE/SEE ma se meno del 75% del reddito complessivo è prodotto nel territorio italiano;
  • cessioni di fabbricati o relative porzioni, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi in via esclusiva o prevalente;
  • partecipazione contemporanea in società di persone, associazioni professionali o SRL che svolgono la stessa attività economica;
  • esercizio di attività lavorativa prevalentemente nei confronti del datore di lavoro con cui è in corso un’attività lavorativa, o con cui sono intercorsi rapporti di lavoro negli ultimi due anni;
  • Spese sostenute per lavoratori dipendenti e collaboratori superiori, per un ammontare totale di 20.000 euro lordi;
  • Percepiti redditi di lavoro dipendente e assimilati superiori a 30.000 euro. Qualora questo importo sia stato superato, si potrà comunque restare nel regime se, nell’anno precedente si è verificata la cessazione del rapporto di lavoro senza che ne siano stati instaurati dei nuovi, oppure percepiti redditi di pensione.

Le cause sopra indicate di esclusione del regime fiscale forfettario IVA devono fare riferimento al momento di applicazione del regime. Pertanto, se una delle cause di esclusione si verifica nell’anno precedente l’accesso, non è d’impedimento all’applicazione del regime, a patto che la causa medesima sia venuta meno prima dell’inizio dell’anno successivo.

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