Nuovo ossigeno al mercato dell’auto

Rilanciare la competitività del mercato dell’auto attraverso la riduzione e razionalizzazione dell’imposizione fiscale e un intervento sui costi dell’energia. Sono queste le richieste di ANFIA, l’Associazione Nazionale Fra Industrie Automobilistiche, al nuovo esecutivo.

Continua il viaggio di Infoiva di questa settimana per ascoltare le richieste delle Associazioni di Categoria in Italia: oggi abbiamo intervistato Roberto Vavassori, Presidente di ANFIA.

Quali sono, a suo parere, le tre priorità che dovrà affrontare il nuovo Governo per rilanciare domanda e consumi?
Per rilanciare la domanda di autoveicoli, sono prioritarie una revisione della fiscalità sulle auto aziendali, una riduzione dell’RC Auto e una riduzione programmata delle accise sui carburanti. La recente riduzione della deducibilità del costo delle vetture aziendali ci ha allontanati un altro poco dall’Europa, visto che ad oggi, in Italia, abbiamo una quota di immatricolazioni di auto aziendali attorno al 30% all’anno, contro il 50% della Germania e del Regno Unito. Sul fronte delle tariffe assicurative, i costi possono essere ridotti grazie all’utilizzo della scatola telematica installata in auto, secondo la logica pay-as-you-drive, e all’introduzione di un sistema unitario di monitoraggio e rilevazione statistica della sinistrosità, che consenta di approfondire la conoscenza sulle circostanze degli incidenti, fornendo informazioni preziose anche, e soprattutto, in un’ottica di riduzione delle vittime della strada. Infine, una riduzione delle accise sui carburanti, se ben studiata, potrebbe non comportare perdite di gettito per l’Erario, se incrementassero, anche di poco, i chilometraggi medi.

Quali, invece, le politiche che dovrà mettere in campo per dare sostegno a imprese e professionisti, strozzati dalla crisi?
E’ urgente ricreare condizioni di maggior competitività attraverso un intervento sui costi dell’energia – con una riduzione di almeno l’80% della componente A3 per le imprese ad alta intensità energetica come quelle del settore automotive – l’introduzione di un credito d’imposta strutturale, o almeno della durata di 5 anni, per gli investimenti in R&D – sul modello della Francia, dove è al 30% – e un miglioramento delle condizioni di accesso al credito per le aziende, a tassi coerenti con quelli praticati dalla BEI, mentre ad oggi le aziende italiane pagano tassi più alti rispetto alle aziende concorrenti europee.

Per parte vostra, quali saranno le prime istanze che porterete al nuovo esecutivo? Chiederemo di attuare subito, con il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema della mobilità, un serio e improcrastinabile piano d’azione, che punti a dare ossigeno al mercato – in primis attraverso la riduzione e razionalizzazione dell’imposizione fiscale – e ad avviare le misure di politica industriale appena indicate, indispensabili per rilanciare la crescita e lo sviluppo.

Qual è l’errore più grave commesso dai precedenti Governi che non volete venga più commesso dall’Esecutivo che verrà?
Riteniamo non debba più accadere che provvedimenti impattanti sulle dinamiche del nostro comparto – che dà un contributo alle entrate fiscali dello Stato di oltre 65 miliardi di Euro l’anno, oltre il 15% del gettito fiscale nazionale e al 4,4% del PIL – vengano introdotti senza alcuna consultazione preventiva con le associazioni di settore, per un’analisi il più possibile approfondita delle problematiche che ci troviamo ad affrontare quotidianamente nel nostro rapporto con le aziende che rappresentiamo.

Alessia CASIRAGHI

Costruire l’Italia dalle fondamenta

 

Costruire il nuovo esecutivo, dare forma al nuovo Governo. Ma quali saranno le fondamenta? Se l’Italia post elezioni vacilla, hanno invece le idee chiare su cosa vogliono e su quali siano le necessità di piccole e medie imprese le Associazioni di Categoria.

Infoiva ha intervistato quest’oggi Paolo Buzzetti, Presidente di ANCE, l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili. Perchè quando si parla di fondamenta…

Quali sono, a suo parere, le tre priorità che dovrà affrontare il nuovo governo per rilanciare domanda e consumi?
Per prima cosa mi auguro che si riesca a definire rapidamente un quadro di stabilità politica. Serve una soluzione che eviti lo stallo e consenta di formare un governo, qualunque esso sia, in grado di affrontare con efficacia le emergenze e mettere in campo quelle misure per la crescita di cui il Paese ha bisogno. I tre impegni più urgenti sono: lavoro, pagamenti della pubblica amministrazione e credito. Bisogna tornare a investire per arginare la grave emorragia occupazionale, che solo tra costruzioni e indotto ha fatto perdere oltre mezzo milione di posti di lavoro, sostenere le famiglie nell’acquisto dell’abitazione per far ripartire il mercato immobiliare, rimettere in sesto le nostre città, cominciando da scuole e ospedali.

Quali, invece, le politiche che dovrà mettere in campo per dare sostegno a imprese e professionisti, strozzati dalla crisi?
Sicuramente c’è un problema comune e molto forte che è la mancanza di liquidità, che sta facendo fallire migliaia di imprese e mettendo in seria difficoltà anche le realtà più solide. Bisogna intervenire concretamente su questo, ma non solo. E’ necessario guardare al futuro, servono politiche che facciano leva sugli investimenti che più di tutti possono creare occupazione e avere ricadute positive sull’economia. E quindi puntare sulla rigenerazione urbana, la messa in sicurezza del territorio, la riqualificazione energetica del nostro patrimonio edilizio, la realizzazione di infrastrutture di qualità in tempi giusti e a costi adeguati. Interventi utili a far ripartire l’edilizia e tutti gli 80 settori ad essa collegati, dare una scossa positiva a tutto il sistema economico facendo, al tempo stesso, cose necessarie per il benessere dei cittadini.

Per parte vostra, quali saranno le prime istanze che porterete al nuovo esecutivo?
Come Ance abbiamo messo nero su bianco un piano per il rilancio dell’occupazione e lo sviluppo economico del Paese, che prima delle elezioni abbiamo consegnato ai leader dei principali schieramenti politici e sul quale abbiamo riscontrato un ampio consenso. Pochi e concreti punti per riavviare l’edilizia e l’economia di cui il nuovo governo dovrà tenere conto. Molti altri paesi – cito tra tutti Francia, Germania e Stati uniti – si sono già mossi in questa direzione e stanno puntando sull’edilizia come motore per il rilancio. Anche noi possiamo ripartire, se il governo avrà il coraggio di credere e puntare con forza sulle costruzioni. Abbiamo calcolato che sbloccando le risorse mai spese per il nostro settore – ben 39 miliardi di fondi disponibili e bloccati dal patto di stabilità e dalla burocrazia – si potrebbero generare oltre 660.000 nuovi posti di lavoro e avere una ricaduta complessiva sul sistema economico di 130 miliardi di euro. Una mossa strategica che ci consentirebbe di alleviare la morsa della crisi e gettare le basi di un importante programma di crescita a medio-lungo termine.

Qual è l’errore più grave commesso dai precedenti governi che non volete venga più commesso dall’esecutivo che verrà?
Negli ultimi anni sono state compiute una serie di scelte molto penalizzanti per il settore. Misure fiscali che hanno depresso il mercato immobiliare, investimenti ridotti al lumicino, risorse finanziate ma rimaste sulla carta e che sarebbero state fondamentali per realizzare cose utili e necessarie per il benessere di tutti. E’ questo l’errore da non ripetere: fermare l’edilizia, spegnendo il principale motore della macchina Paese.

Alessia CASIRAGHI

Non spengiamo l’Italia!

 

Dall’era dei ‘professori’ a quella dell’ingovernabilità. Il quadro dell’Italia post elezioni fa tremare borse e elettori, restituendo l’immagine di un Paese frammentato, irrisolto, in cui la fame di futuro non sembra sufficiente a non farlo ripiegare sul suo passato.  Ma se l’Italia a detta di tutti, destra, sinistra e movimento (il centro non esiste più) rischia davvero l’ingovernabilità, qualcuno dovrà pur governarla.

Infoiva torna al tema scelto per questa settimana, le Associazioni di Categoria e il nuovo Governo, facendo tappa a Firenze, la città del convitato di pietra di queste elezioni 2013, Matteo Renzi.

Secondo un’indagine svolta da Confcommercio Firenze su oltre 200 imprese dell’area fiorentina, a 6 mesi dalla ‘Riforma Fornero’, più del 50% delle piccole e medie imprese non ha alcuna conoscenza del suo contenuto, percentuale che sale all’ 80% per le microimprese, quelle che contano meno di 5 dipendenti.

I risultati diventano ancor più scoraggianti se si sonda il terreno fra chi la Riforma l’ha recepita, rimanendone deluso: per 9 imprese su 10 infatti,  la Riforma Fornero non ha prodotto alcun cambiamento nei rapporti di lavoro, mentre la principale conseguenza che si è avuta sono i problemi con i lavoratori a chiamata.

Ma qual è la ragione di così tanta distanza fra politica delle riforme e politica reale? Infoiva lo ha chiesto Alessandra Signori, Presidente di Confcommercio Firenze.

“Dalla nostra ricerca emerge un dato preoccupante: le piccole e medio imprese non conoscono la Riforma Fornero e non hanno né il tempo né le risorse per aggiornarsi in materia di lavoro. Le conseguenze possono essere sia problemi per il mancato adeguamento delle imprese a quanto previsto dal legislatore, sia la perdita di opportunità provenienti da incentivi statali e regionali. Alle associazioni di categoria e alle autorità competenti spetta pertanto l’importante compito di stimolare i piccoli imprenditori ad informarsi: senza conoscenza e attenzione a queste tematiche, non ci può essere crescita e sviluppo”.

E mentre da Confocommercio arriva la testimonianza di una totale distanza tra politica e mondo del lavoro, da CNA Firenze, Confartigianato Firenze, Confcommercio Firenze e Confesercenti Firenze arriva il grido di appello “Non spengiamo Firenze!.

Le quattro associazioni si sono rivolte alla politica e alle istituzioni chiedendo misure e azioni in grado di aiutare artigiani, commercianti e piccole e medie imprese a superare la drammatica situazione che stanno attraversando: dal 2007 al 2011 il tasso di disoccupazione nella provincia di Firenze è passato dal 3,5% al 6,1% mentre, nel 2012, il prodotto interno lordo è diminuito del 2,3% e i consumi precipitati del 4,3%.

Nei primi 9 mesi del 2012 il commercio, che rappresenta il 24,8% del tessuto imprenditoriale fiorentino, contando 27.081 imprese, ha perso 355 attività. A queste si aggiungono le – 84 imprese nel settore servizi di alloggio e ristorazione ( che con 7.011 imprese complessive è pari al 6,4% ).

Non va meglio se si guarda all’artigianato (31,1% del tessuto imprenditoriale locale) che nel 2012 ha segnato – 117 imprese nel settore manifatturiero ( su totale di 16.460) e -268 nel comparto costruzioni ( su 17.440).

I problemi che piegano l’impresa non cambiano:  pressione fiscale ormai alle stelle, difficoltà di accesso al credito, contrazione della spesa pubblica, consumi in picchiata e naturalmente una burocrazia esasperante ed onerosa.

Non spengiamo l’Italia!

Alessia CASIRAGHI

Caro governo, pensa alle imprese e ai professionisti…

 

Che cosa chiedono le associazioni di categoria al nuovo esecutivo? Dopo l’Ordine Nazionali dei Tributaristi, abbiamo rivolto le stesse quattro-topiche domande anche alla Presidente dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone.

Il quadro è chiaro: l’esclusività del sistema ordinistico italiano è il nostro fiore all’occhiello ma anche un gran tallone d’Achille.

Quali sono, a suo parere, le tre priorità che dovrà affrontare il nuovo governo per rilanciare domanda e consumi?
Riduzione del costo del lavoro, semplificazione amministrativa, abbattimento dei costi pubblici: sono le priorità su cui è indispensabile intervenire immediatamente per dare ossigeno al mercato.

Quali, invece, le politiche che dovrà mettere in campo per dare sostegno a imprese e professionisti, strozzati dalla crisi?
E’ indispensabile mettere al centro delle riforme di sistema le Pmi, vero motore del Paese. Senza rilanciare questo segmento non ci sarà futuro. Non bisogna mai dimenticare che il lavoro dipendente viene creato dal lavoro autonomo e che quindi, senza sviluppo di imprese e professioni, non ci sarà sollievo per la disoccupazione. In particolare, sarà necessario creare una rete di incentivi che possano permettere di uscire dalla crisi.

Per parte vostra, quali saranno le prime istanze che porterete al nuovo esecutivo?
Chiederemo di intervenire sui settori che, colpevolmente, non sono stati oggetto di riforme strutturali. Interventi sui servizi dell’energia e su quelli bancari (con particolare riferimento ai mutui) sono indispensabili; possono innescare un meccanismo virtuoso di sviluppo sprigionando energie che restano al momento circoscritte in un ambito ristretto.

Qual è l’errore più grave commesso dai precedenti governi che non volete venga più commesso dall’esecutivo che verrà?
Non c’è dubbio che gli interventi mirati a destabilizzare il sistema ordinistico siano stati gravi errori. Siamo in presenza di un valore aggiunto del nostro Paese che offre buona occupazione sia ai giovani professionisti che ai tantissimi dipendenti degli studi professionali. I professionisti ordinistici sono interlocutori stabili della Pubblica Amministrazione per la quale operano in sussidiarietà, svolgendo funzioni che ne sostengono l’azione e sopperendo in tantissimi casi alle lacune del sistema pubblico con grande vantaggio per i cittadini.

Paola PERFETTI 

“Caro” nuovo Governo… di uno stato liberale

Nuova tornata elettorale, nuovo governo, nuove richieste. Oppure no? Imprese e liberi professionisti cosa dovranno aspettarsi dall’esecutivo scelto dalle elezioni politiche 2013?

In queste ore gli italiani sono chiamati al voto per esprimere una preferenza, eppure c’è chi non sta a guardare e sa già cosa ci vorrebbe per far ripartire il motore della piccola impresa e quindi della grande economia italiana.

Anche Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), ha le idee chiare.

Quali sono, a suo parere, le tre priorità che dovrà affrontare il nuovo governo per rilanciare domanda e consumi?
Recentemente ho postato una citazione di Benedetto Croce sulla mia pagina Facebook che potrei definire la priorità delle priorità: “Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. Abbiamo solo bisogno di più gente onesta.”
Tornando alla domanda e precisando che le priorità sono talmente tante che sceglierne tre è estremamente difficile, si potrebbe iniziare da queste:

  1. la prima azione deve essere nei confronti delle famiglie ovvero ridurre il carico fiscale ed aumentare le detrazioni per i familiari a carico, ciò, oltre ad essere socialmente giusto, libererebbe risorse che potrebbero contribuire fortemente al rilancio della domanda di beni e servizi. Le risorse finanziarie necessarie dovrebbero essere costituite, da una parte, dei proventi derivanti dalla lotta all’evasione (che sarebbe pertanto maggiormente supportata dal cittadino), dall’altra dei tagli concreti agli sprechi della spesa pubblica (sarebbe sbagliato tagliare la spesa pubblica in modo lineare);
  2. la seconda azione è quella di ridurre il costo del lavoro per imprese e professionisti. Oggi questo ha due effetti negativi: l’aumento dei costi di beni e servizi, uno stallo nelle assunzioni;
  3. la terza è un intervento forte e concreto di sburocratizzazione e semplificazione degli adempimenti per i cittadini, attualmente invece il nostro Paese sta andando nella direzione diametralmente opposta: addirittura si arriva al paradosso che quando si parla a livello legislativo di “semplificare”, in realtà, spesso, si creano ulteriori complicazioni.

Quali sono, invece, le politiche che dovrà mettere in campo per dare sostegno a imprese e professionisti, strozzati dalla crisi?
Per prima cosa si dovrebbe partire dal principio che imprese e professionisti (tutti ordinistici ed associativi) sono entrambi soggetti che lavorano e danno lavoro. Pertanto gli incentivi ed i sostegni non devono creare differenze tra le due tipologie di soggetti, troppo spesso i professionisti sono stati esclusi da leggi di incentivazione e sostegno. Ciò detto, tenendo conto che stiamo vivendo un periodo di crisi profonda, un intervento a costo zero e da perseguire da subito è quella della certezza della norma: nel nostro Paese troppo spesso vengono emanate norme che poi hanno necessità di mesi di studio e di chiarimenti per la loro corretta applicazione. Nel settore tributario ciò è all’ordine del giorno. Tali difficoltà si traducono poi in costi ed in rischi sanzionatori molto elevati. Inoltre, sia per i professionisti che per le imprese, bisogna rivedere la possibilità di detrarre totalmente i costi legati all’attività: negli anni la detrazione di molti costi è stata via via ridotta percentualmente con il conseguente aumento di una base imponibile più elevata (spesso non reale) e quindi con l’aumento della tassazione. In particolare, per i professionisti dell’area economica che svolgono funzione di intermediari fiscali tra il cittadino e lo Stato, svolgendo tale compito sempre con supporti e sistemi telematici, sarebbe importante riconoscere un credito di imposta sui costi di aggiornamento software ed hardware che ogni anno crescono di importo e che oggi pesano enormemente sui bilanci degli studi professionali.

Per parte vostra, quali saranno le prime istanze che porterete al nuovo esecutivo?
La revisione degli obblighi contributivi dei professionisti privi di cassa autonoma ed obbligati all’iscrizione nel fondo di gestione separata dell’Inps, l’aliquota pagata da tali soggetti va oltre il 27% la più elevata rispetto alle altre categorie del mondo professionale.
Ricordare che, oggi anche ai sensi della Legge 4/2013, il settore professionale in Italia è composto dalle professioni organizzate in ordini e da quelle organizzate in associazioni, quando si vara un norma innovativa per il mondo professionale o dove i professionisti sono coinvolti tenere conto di ciò. Al nuovo esecutivo presenteremo istanza sulla modifica delle STP che devono tenere conto di ciò.
Riprendere il lavoro interrotto sulla riforma fiscale, la Legge delega approvata è solo un contenitore, noi vogliamo contenuti.

Qual è l’errore più grave commesso dai precedenti governi che non volete venga più commesso dall’esecutivo che verrà?
Errori ne sono stati commessi molti da tanti, se non da tutti, ma con i “se” ed i “ma” non si va da nessuna parte. Mi auguro che il prossimo Governo sia dialogante con le categorie interessate al Bene comune, meno accondiscendente con quelle che pensano solo agli interessi corporativi. E non mi riferisco al solo mondo delle professioni.
Se mi permette, come ho iniziato, vorrei concludere con una citazione questa volta di Luigi Einaudi dal saggio del 1938, Miti e paradossi della giustizia tributaria: “In uno stato liberale si deve sempre tenere presente il punto critico al di là del quale l’imposta, crescendo ancora, deprimerebbe l’interesse a risparmiare e l’interesse alle nuove iniziative”. L’attualità di questa citazione del ’38 rende la citazione ancora più, per dirla alla Crozza-Conte, agghiacciante.

Paola PERFETTI

Dal nuovo governo vorrei… Che cosa si aspetta dalle urne l’Italia che produce?

di Davide PASSONI

E alla fine ci siamo arrivati. Dopo un campagna elettorale lunga, estenuante, brutta, rissosa, povera di contenuti e di idee, la parola è passata alle urne. Dalle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio uscirà, si spera, una nuova maggioranza parlamentare che porterà a un nuovo governo.

Un governo che si troverà di fronte una serie di sfide e di problemi da far tremare i polsi, in uno scenario economico che se non è postbellico poco ci manca. Prima sfida, ridare fiducia a cittadini, imprese e consumi. Il resto viene in second’ordine.

Quanti di voi seguono Infoiva, da sempre o da poco, sanno quanto a noi non interessi da dove vengono idee e proposte: arrivino da destra o da sinistra, se sono utili e funzionali alla vita e al lavoro delle imprese vanno sempre bene. Di quale colore sarà il prossimo governo, poco ci importa: ci importa che sia in grado di prendere misure tali da far ripartire, anche gradualmente, domanda, lavoro, produzione e consumi. E siamo certi che anche le persone e le associazioni con le quali tutti i giorni ci confrontiamo la pensano come noi.

Ecco perché questa settimana abbiamo scelto di porre 4 domande secche ad alcune delle più importanti associazioni italiane di categoria, scelte tra quelle che lo scorso anno hanno patito più degli altri i colpi della crisi e quelle che si distinguono per avere tanto una visione chiara dei problemi del nostro Paese, quanto idee chiare sulle possibili soluzioni. Quattro domande per misurare le aspettative che ciascuna dei esse ha nei confronti del governo che verrà e dell’Italia che l’Esecutivo saprà disegnare da qui a cinque anni, se tutto andrà bene.

Perché anche in questo caso alle chiacchiere fumose preferiamo risposte precise. E chi meglio del popolo dell’Italia che produce è in grado di darle?