Tasse da record, al 53,2% la pressione fiscale

 

Il 53,2% registrato dal solito ufficio studi della Confcommercio è un dato impressionante, da far rimanere senza parole. Non che non lo sapessimo, ma la valutazione della pressione fiscale sul Pil supera (abbondantemente) la soglia, già di per sé drammatica, del 50% raggiunta nei mesi scorsi. Ed ecco raggiunto, come se potessimo farcene un vanto, l’ambitissimo (si capirà l’ironia, suvvia…) primo posto della classifica Ocse per il carico fiscale. Secondo gli scientifici calcoli della Confcommercio, la cifra raggiunta si ottiene sommando al reale rapporto tasse/Pil (44,1%) la percentuale (in questo caso un altrettanto impressionante 17,3%) del settore «sommerso».

«Per liberare le ingenti risorse necessarie per far ripartire l’economia – ha dichiarato Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio – bisogna realizzare subito una poderosa operazione: meno tasse e meno spesa pubblica, più riforme e più lavoro. Tagliare le tasse per favorire la crescita è un passaggio ineludibile».

E, intanto, noi paghiamo…

Tasse sulle imprese, Italia da record

 

“La pressione fiscale sulle imprese italiane è superiore al 68%, è insostenibile – ha denunciato il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi rispetto alla media europea le nostre aziende registrano un carico di tasse e contributi pari addirittura al 24,4 punti in più”.

Dati da pelle d’oca quelli del segretario, soprattutto se confrontati con il 21,8 di scarto che ci separa dalle aziende Usa, con il 20,4 dalle aziende tedesche e con  “i 39,4 punti che scontiamo in più rispetto alle aziende canadesi e i 31,3 nei confronti di quelle del Regno Unito”.

Questi risultati sono un elaborazione di quelli pubblicati dalla Banca Mondiale Doing Business relativi al 2011, ma nel 2012 il quadro complessivo rischia di essere ancora peggiore: “E’ vero che è stata introdotta l’Ace ed è stato alleggerita l’Irap, ma con l’introduzione dell’Imu, il ritocco all’insù delle addizionali regionali Irpef, l’aumento delle accise sui carburanti e l’incremento dell’Iva, l’Italia rischia di ritrovarsi con un carico fiscale da mettere in ginocchio anche quei pochi imprenditori che non hanno ancora risentito della crisi”.

JM

Italia, morire di tasse…

Ormai non è una novità, gli studi e le statistiche sulla pressione fiscale in Italia fioccano in maniera quasi ininterrotta. Artigiani, commercianti, industriali… da più parti e da più uffici studi arrivano dati sempre meno incoraggianti. Non si è sottratto al compito neppure il Centro studi di Confindustria, secondo il quale la pressione fiscale raggiungerà nel 2013 il valore record del 44,5% del Pil (dal 44% del 2012) e resterà molto alta anche il prossimo anno, intorno al 44,2%). Queste, almeno, le cifre della pressione effettiva, se includiamo il sommerso, questa toccherà il 53,5% nell’anno in corso e il 53,2% nel 2014. Un record ben poco invidiabile nei Paesi maggiormente industrializzati.

L’altro lato della medaglia è quello delle entrate tributarie che, sempre secondo il Centro studi, sono cresciute nel primo semestre 2013 del 4,0% rispetto allo stesso periodo del 2012. Una tendenza che viene confermata anche nei primi sette mesi dell’anno, nei quali la crescita si è attestata all’1,2% mentre, di contro, si registra il rallentamento del calo dell’Iva: per la prima volta dal dicembre 2012 si è registrato un aumento del gettito Iva pari a 291 milioni, soprattutto grazie agli effetti prodotti dal pagamento dei debiti della PA nei confronti delle Pmi.

Infatti, lo sblocco dei pagamenti in questione ha generato maggiori incassi per l’Erario, legati però alla sospensione d’imposta di cui godono i fornitori della Pubblica Amministrazione, che consente loro di versare l’Iva al momento dell’incasso e non al momento della fatturazione. In proiezione, secondo il Centro studi, i maggiori incassi per il 2013 sono quantificabili in oltre 2 miliardi, purché, naturalmente, sia pienamente erogato l’ammontare di risorse previsto.

Ah, da non dimenticare che la previsione delle entrate di quest’anno sconta il rinvio dal 1° luglio all’1° ottobre dell’aumento dell’aliquota Iva ordinaria. Nel 2014 il maggior gettito è previsto uguale, con la differenza che 600 milioni saranno utilizzati per coprire gli oneri derivanti dal decreto legge. Insomma, da qualunque parte la si giri, la pressione sarà sempre più insostenibile. Vediamo se, almeno sul lato delle imprese, la tanto sospirata riduzione del cuneo fiscale ci sarà oppure no.

Imprese: ne ammazza di più l’incertezza o la pressione fiscale?

di Davide PASSONI

Lo dicono tutti, non solo le statistiche: la pressione fiscale in Italia è a livelli vergognosi. Se nel 1960, in pieno boom economico, si attestava intorno al 23% e non è mai salita oltre il 30% fino al 1980, ormai viaggiamo abbondantemente oltre il 50% e le cose non sono destinate a migliorare.

Uno stillicidio, una crescita ininterrotta che è la pietra tombale sopra a consumi, famiglie e, soprattutto, imprese. Per queste ultime, poi, c’è il cocktail mortale che mixa insieme tasse e burocrazia. I due nemici del fare impresa in Italia sono due mostri sempre più forti che fanno chiudere le aziende e fanno terra bruciata intorno al sistema produttivo italiano.

Però, sul fronte delle imposte, c’è un altro aspetto che, a nostro avviso, è altrettanto deleterio se non ancora più mortale della pressione fiscale: l’incertezza fiscale. In Italia non si sa mai se si pagherà una tassa, quando la si pagherà, come la si pagherà. Un’impresa non può redigere un bilancio sensato e coerente perché le regole cambiano in corso d’opera, si introducono nuovi adempimenti, scattano proditorie retroattività che violano qualsiasi regola del fare impresa e del vivere civile, con un’unica certezza: le tasse aumentano.

Diteci voi, in questo quadro fiscale come è possibile fare impresa e, soprattutto, come è possibile attirare investitori stranieri in un Paese nel quale l’incertezza è la regola e l’impresa è vista come una vacca da mungere anziché un toro da addestrare ad andare alla carica degli altri mercati.

Questa settimana Infoiva cercherà di analizzare questa crescita della pressione fiscale ascoltando più voci e, soprattutto, tentando di non farsi deprimere più del lecito. Perché, comunque, fare impresa resta una missione e se si soccombe la missione è fallita in partenza.