Credito di imposta per le librerie: domande dal 15 settembre

Dal giorno 15 settembre 2022 e fino al giorno 28 ottobre dello stesso anno sarà possibile accedere al credito di imposta per librerie. Ecco a chi spetta tale agevolazione, quale spese sono agevolabili e come presentare domanda.

A chi spetta la tax credit per librerie?

Il credito di imposta per librerie è rivolto a coloro che si occupano professionalmente di vendita al dettaglio di libri, nuovi o usati, in esercizi specializzati (codice ATECO principale 47.61 o 47.79.1) .

Il credito di imposta, o tax credit per le librerie, è una misura introdotta con la legge di bilancio 2018 e consente di ottenere il credito di imposta per le spese sostenute nell’arco dell’anno per un ammontare massimo di 10.000 euro. Tale limite viene raddoppiato in caso di piccole librerie. Per ogni voce di spesa è indicato un limite massimo agevolabile.

Quali spese sono riconosciute?

Le spese che possono beneficiare di questo aiuto sono:

  • Imu (3.000 euro l’anno);
  • Tasi ( 500 euro);
  • Tari (1.500 euro);
  • imposta sulla pubblicità (1.500 euro);
  • tassa per l’occupazione di suolo pubblico (1.000 euro);
  • spese per la locazione (8.000 euro al netto dell’Iva);
  • spese per mutuo (3.000 euro);
  • contributi previdenziali e assistenziali per dipendenti (8.000 euro).

Come presentare la domanda per il credito di imposta per librerie?

La domanda deve essere presentata tramite il portale https://taxcredit.librari.beniculturali.it/ dalle ore 12:00 del giorno 15 settembre 2022 ed è relativa alle spese sostenute nel 2021. La domanda deve essere presentata dal rappresentante legale dell’azienda, deve contenere i dati del legale rappresentante, tra cui indirizzo email e i dati dell’impresa, quindi codice fiscale e ragione sociale.

Dopo il 28 ottobre sarà resa pubblica la graduatoria dei beneficiari. Costoro potranno utilizzare il credito di imposta riconosciuto dal giorno 10 del mese successivo rispetto alla pubblicazione della graduatoria. Il credito riconosciuto potrà essere utilizzato esclusivamente per i pagamenti effettuati con modello F24.

Leggi anche: Bonus edicole: dal primo settembre è possibile inoltrare la domanda

Scarica la guida alla compilazione rilasciata dal Ministero della Cultura direttamente dal sito indicato in precedenza.

 

Coefficienti di redditività nel regime forfetario: quali sono?

Molte persone si chiedono se effettivamente è conveniente aderire al regime forfetario, infatti questo ha un metodo particolare per la deduzione delle spese dal reddito imponibile. Le spese sono calcolate attraverso i coefficienti di redditività per il regime forfetario. Ecco come funziona.

Il regime forfetario

Il regime forfetario è caratterizzato da una flat tax al 15% o al 5%, quindi una tassazione agevolata rispetto alle aliquote ordinarie. Non solo le tariffe sono agevolate, ma sono ridotti anche gli adempimenti, infatti nella flat tax sono riunite le imposte sul reddito, non si applica l’IRAP, inoltre non è necessario il registro IVA e il pagamento dell’imposta. Allo stesso tempo però non prevede la possibilità di dedurre i costi sostenuti con il metodo analitico, ma solo con quello forfetario. Essenziale per determinare le spese è il coefficiente di redditività che cambia in base alla tipologia di attività condotta. Ecco i vari coefficienti di redditività applicati al regime forfetario.

Quali sono i coefficienti di redditività nel regime forfetario?

Il coefficiente di redditività per il regime forfetario varia da una percentuale del 40% a una percentuale dell’80% e viene determinato tenendo in considerazione gli investimenti mediamente necessari nelle varie tipologie di attività.

  • Industrie alimentari e bevande : 40%;
  • commercio all’ingrosso e al dettaglio con codici Ateco da 46.2 a 46.9 e da 47.1 a 47.7 e codice Ateco 47.9: 40%;
  • ristorazione e servizi di alloggio: 40%;
  • commercio al dettaglio di prodotti alimentari e bevande codice Ateco 47.81: 40%;
  • commercio ambulante di altri prodotti con codici Ateco 47.2 e 47.89: 54%;
  • costruzioni e attività immobiliari: 86%;
  • intermediari del commercio 46.1: 62%;
  • Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi con codici Ateco 64, 65, 66, da 69 a 75 e da 85 a 88: 78% ( questa aliquota si applica anche a molte professioni ancora non regolamentate come social media manager, copywriter, web designer, sviluppatore);
  • per tutte le altre attività non elencate in questa sede il coefficiente di redditività per il regime forfetario è del 67%. Si tratta dell’aliquota applicata nella maggior parte dei casi, tra cui parrucchieri, tatuatori, estetiste, make up artist e tutto ciò che è afferente ai servizi alla persona.

Come si applica il coefficiente di redditività?

Chi è in regime forfetario come detto non può sottrarre dal totale dei compensi e dei ricavi le spese sostenute. Questo però non vuol dire che questi non sono considerati, ma che lo sono in modo forfetario. Ad esempio se Tizio in regime forfetario ha un’attività per la quale è previsto un coefficiente di redditività al 67%, la maggior parte dei codici Ateco, vuol dire che potrà determinare il reddito imponibile al 67%, quindi su ricavi di 1.000 euro pagherà imposte su una base imponibile del 67%, cioè 670 euro. Le spese saranno il 33%.

Ne deriva che la scelta del regime forfetario sicuramente è conveniente per chi ha delle spese inferiori rispetto a quanto è possibile far valere attraverso il coefficiente di redditività. Ad esempio se lo stesso Tizio sui 1.000 euro di ricavi ha sostenuto spese per 200 euro, troverà sicuramente conveniente avere il regime forfetario. Calcoli più elaborati devono invece essere effettuati nel caso in cui le spese siano invece superiori a 330 euro. In questo caso per una differenza lieve, la flat tax al 15% potrebbe continuare ad essere vantaggiosa, ma se i costi superano di molto tale soglia, potrebbe essere maggiormente conveniente un regime ordinario.

Ricordiamo che ci sono attività escluse dalla flat tax, per conoscerle leggi l’articolo: Regime forfetario: quali sono le attività escluse? Ecco l’elenco

Spese della casa sempre più pesanti

Da un’analisi condotta da Confcommercio sui consumi degli italiani negli ultimi vent’anni, è emerso che, in Italia, il 42% delle spese che pesano sulle famiglie riguardano la casa e tutto ciò che la riguarda, a cominciare da bollette e utenze, fino alle tanto criticate tasse sugli immobili.

L’aumento è sostanziale, se si considera che nel 1995 si trattava di una spesa pro capite di 1.900 euro, aumentata fino a 4.012 euro del 2015. Tradotto in percentuale, si parla di un aumento del 110%.

Considerando, inoltre, la crisi, che è da otto anni che incide sulla quotidianità degli italiani, la situazione non è proprio ottimale, con una pressione fiscale in continuo aumento e i redditi familiari ahimè sempre più bassi.

A questo proposito, lo studio conferma un calo del reddito del 10,6% negli anni della crisi, quindi 2007-20014, e di un -14,1% per il reddito pro capite.
Tra le conseguenze più evidenti, un taglio netto sulle altre spese, alimentazione in testa, settore che infatti ha registrato una flessione del 3%.

I responsabili di questa crescita esponenziale dei consumi legati all’abitazione sono essenzialmente due: lo smaltimento dei rifiuti e l’acqua, aumentati entrambi almeno del 130%.

Vera MORETTI

Confesercenti: questa delega fiscale non serve al Paese

“Il ddl delega per la “revisione” del sistema fiscale non corrisponde alla riforma di cui ha oggi bisogno il Paese; lo dice la stessa intestazione, lo confermano i contenuti del provvedimento, che suonano sempre la solita solfa dell’aumento di gettito.

Dietro il messaggio di un fisco più equo e più favorevole alla crescita si nascondono misure che rischiano di far piombare sugli italiani ulteriori aumenti di tasse. E’ quanto avverrebbe a seguito dell’annunciata “revisione” del catasto fabbricati, i cui effetti si aggiungeranno al salasso operato con l’introduzione dell’IMU e con la “revisione” dei regimi speciali IVA e delle altre imposte indirette (bollo, catastali, ipotecarie), che finiranno per dilatare gli aumenti della tassazione oltre ogni limite sostenibile. E’ quanto avverrebbe anche per effetto dell’introduzione di nuove imposte ambientali che, dietro l’annunciata finalità di tutela dell’ambiente, nascondono meno nobili obiettivi di aumento del gettito fiscale.

Intenti confermati anche dalla prospettata unificazione del regime fiscale riguardante ogni impresa e ogni forma di lavoro autonomo che, ignorando specificità dimensionali e settoriali, finirebbe inevitabilmente per scaricare maggiori oneri a carico delle PMI, sia in termini di maggiori imposte, sia in termini di complessità degli adempimenti fiscali. La stessa decisione di introdurre il forfait appare come un correttivo insufficiente.

In questo contesto, l’unico elemento che appare positivo è l’introduzione di una distinzione tra la figura dell’imprenditore individuale come persona fisica e la sua azienda, sebbene resti da vedere come tale principio troverà attuazione in modalità concrete.

Manca, invece, una vera riforma del sistema tributario, a partire da ciò che si attendono tutti gli italiani: una decisa e tempestiva riduzione della pressione fiscale (che viaggia, ormai, verso il 46%), attraverso misure in grado di sostenere il reddito e i consumi delle famiglie e, per questa via, di dare una significativa sterzata in direzione della ripresa dell’economia.

Tagli coraggiosi di spesa e riduzione delle imposte restano la via maestra per contrastare la recessione, ma per puntare a questo obiettivo la leva fiscale va trasformata da strumento di oppressione e di crisi in fattore di crescita e di equità sociale, che certo non appaiono mete raggiungibili se si rinuncia, come è avvenuto per il Fondo taglia-tasse, all’unico segnale in questa direzione.

Fonte: confesercenti.it

Detrazione Iva e deducibilità dei costi per le autovetture

La Legge Finanziaria 2008 ha apportato nuove modifiche al regime di detraibilità dell’ IVA sugli acquisiti di veicoli stradali e relative spese, intervenendo sul testo dell’art. 19-bis1 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e nella tabella B allegata al medesimo decreto.

Una prima modifica riguarda i veicoli oggetto della limitazione per adeguare la definizione degli stessi alla citata decisione del Consiglio UE.

Con l’approvazione della legge finanziaria la limitazione della detrazione iva al 40% riguarda «tutti i veicoli a motore, diversi dai trattori agricoli o forestali, normalmente adibiti al trasporto stradale di persone o beni la cui massa massima autorizzata non supera 3.500 Kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, non è superiore a otto».
In secondo luogo, la predeterminazione legale della misura della detrazione al 40% – che precedentemente non ammetteva la prova contraria, fatte salve le specifiche eccezioni previste – è ora riferita ai veicoli che non sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione.

Di conseguenza, la limitazione non opera per i veicoli ad uso esclusivo dell’attività del soggetto passivo, il quale, nel nuovo regime, ha pertanto la possibilità di computare integralmente in detrazione l’imposta, fermo restando, in tal caso, l’onere probatorio dell’inerenza totale.

Un’ultima innovazione riguarda la ridefinizione delle operazioni considerate nella lett. c) dell’art. 19-bis1, che infatti, nella nuova formulazione, menziona soltanto l’acquisto e l’importazione dei veicoli e dei relativi componenti e ricambi, mentre le prestazioni di servizi relative ai veicoli medesimi (custodia, manutenzione, ecc.) sono state spostate nella successiva lett. d).

Tale modifica conferma il principio per cui l’imposta relativa alle predette prestazioni, nonché all’acquisto di carburanti e lubrificanti, è ammessa in detrazione nella stessa misura in cui è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione del veicolo.

E’ tuttavia da registrare la novità concernente le prestazioni di transito stradale dei veicoli, che sono state trasferite dalla lett. e) alla lett. d) del citato art., con

Lo scudo fiscale : ter

Lo scudo fiscale è stato reintrodotto dall’articolo 13-bis del Decreto Legge numero 78 del 1° Luglio 2009, convertito con modifiche con Legge numero 102 del 3 Agosto 2009; a tale strumento è stata assegnata la denominazione “scudo-ter”.

La disposizione legislativa ha istituito un’imposta straordinaria sulle attività patrimoniali e finanziarie detenute al di fuori dello Stato Italiano in violazione della disciplina sul monitoraggio valutario (Decreto Legge numero 167 del 28 Giugno 1990, convertito con modifiche con Legge numero 227 del 4 Agosto 1990).

L’Agenzia ha deciso di creare un dialogo con i cittadini attraverso un vero e proprio forum dedicato, che consentirà di valutare non solo le indicazioni delle associazioni di categoria e degli ordini professionali, ma anche di tutti coloro che vorranno inviare suggerimenti tecnici.

Interventi sul risparmio energetico : La disciplina sul risparmio energetico

La Finanziaria 2007 (articolo 1, comma da 344 a 347 della Legge numero 296 del 27 Dicembre 2006) ha introdotto la possibilità per i contribuenti che sostengono spese per il risparmio energetico, di beneficiare di una detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef e Ires) pari al 55 per cento delle spese sostenute, da ripartire in tre rate annuali di pari importo.
La disciplina inerente al risparmio energetico è stata poi modificata dalla Finanziaria 2008 (Legge numero 244 del 24 Dicembre 2007), apportando le seguenti variazioni:

– le agevolazioni sulle spese sostenute per il risparmio energetico entro il 31 Dicembre 2010 sono state prorogate, alle stesse condizioni;
– i contribuenti non sono più tenuti a presentare la certificazione per la sostituzione di finestre e per l’installazione di pannelli solari;
– il contribuente può scegliere di ripartire la spesa da un minimo di tre a un massimo di dieci rate di uguale importo;
– l’agevolazione comprende anche le spese per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale non a condensazione, sostenute entro il 31 Dicembre 2009, sussistendo però un limite di spesa annuo pari ad Euro 2 milioni.

Il Decreto Legge numero 185 del 29 Novembre 2008, convertito con modificazioni con Legge numero 2 del 28 Gennaio 2009, ha previsto precisi limiti quantitativi alle risorse stanziate dallo Stato per la detrazione d’imposta spettante sulle spese riconosciute per tali investimenti; in particolar modo viene previsto che:

– le spese effettuate nell’anno 2008 vengono riconosciute integralmente;
– per quanto concerne le spese effettuate negli anni 2009, 2010 e 2011, il limite massimo di spese stanziato sarà pari:
o ad euro 82,7 milioni per l’anno 2009;
o ad Euro 185,9 milioni per l’anno 2010;
o ad Euro 314,8 milioni per l’anno 2011;
– con riguardo alle spese di riqualificazione energetica sopportate a partire dal 1° Gennaio 2009, la spesa deve essere suddivisa obbligatoriamente in cinque rate di uguale importo.

Le spese detraibili ricomprendono anche quelle relative alle prestazioni professionali e alle opere edilizie funzionali all’intervento destinato al risparmio energetico.
I contribuenti possono beneficiare della detrazione a condizione che gli interventi siano eseguiti su unità immobiliari o edifici residenziali esistenti, per nulla rilevando la categoria catastale di appartenenza. Quindi, la detrazione non opera nel caso in cui gli interventi vengono eseguiti su immobili in costruzione.

La detrazione può essere fruita anche nel caso in cui il contribuente riceva altre agevolazioni di natura non fiscale, come contributi o finanziamenti. In tali ipotesi, i contributi o incentivi ricevuti per l’effettuazione degli interventi per il risparmio energico per i quali si beneficia della detrazione del 55 per cento, devono poi essere assoggettati a tassazione separata.

Gli adempimenti per il risparmio energetico sono stati ulteriormente semplificati ad opera del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 6 Agosto 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 224 del 26 Settembre 2009, ed entrato in vigore l’11 Ottobre 2009. Il decreto conferma anche che la detrazione del 55 per cento non può essere cumulata con il premio aggiuntivo stabilito per gli impianti fotovoltaici che accedono alle tariffe incentivanti.
Fonte: Agenzia delle Entrate