Nuovi chiarimenti sullo split payment

Quella dello split payment è una disciplina che non convince per nulla le imprese e la sua introduzione a opera della Legge di Stabilità 2015 è risultata ai più farraginosa. Ecco perché, ora, l’Agenzia delle Entrate ha emesso ben due circolari per fare chiarezza su alcuni punti.

Le Entrate hanno dato ulteriori indicazioni sulla procedura di split payment, in particolar modo sull’ambito oggettivo e soggettivo, su sanzioni e i rimborsi. Dal punto di vista oggettivo, l’Agenzia delle Entrate enumera le operazioni non soggette a split payment, da quello soggettivo chiarisce che rientrano nel nuovo meccanismo alcuni soggetti pubblici come i commissari delegati per la ricostruzione in seguito a eventi calamitosi e i consorzi interuniversitari; sono esclusi dallo split payment gli enti pubblici non economici autonomi rispetto alla struttura statale che perseguono fini propri anche se di interesse generale.

Ovvio che di fronte alle incertezza della norma che regola lo split payment, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che non saranno applicate sanzioni per le violazioni commesse prima del 13 aprile, purché in presenza di imposta assolta.

Infine, relativamente ai rimborsi, la circolare chiarisce che le operazioni soggette a split payment implicano l’erogazione prioritaria del rimborso qualora il suo presupposto sia quello dell’aliquota media. In assenza di questo presupposto, l’erogazione segue le vie ordinarie.

Split payment, una circolare per fare chiarezza

Ennesima puntata nella telenovela dello split payment. Adesso una circolare dell’Agenzia delle Entrate prova a chiarire quali sono le operazioni realmente soggette alla normativa e quali invece no.

Nello specifico, tocca alla circolare 1/E/2015 sullo split payment chiarire che il meccanismo di scissione dei pagamenti Iva è relativo solo alle operazioni documentate, con fattura emessa dai fornitori. Una limitazione che esclude dal meccanismo dello split payment le operazioni che il fornitore certifica semplicemente rilasciando ricevuta fiscale o scontrino.

Escluse dallo split payment anche le operazioni che avvengono tramite il rilascio di scontrini non fiscali, qualora siano riferiti a soggetti che si utilizzano la trasmissione telematica dei corrispettivi o altre modalità di certificazione.

La buona notizia è che, per una volta, l’Agenzia delle Entrate si è accorta di non brillare per eccessiva chiarezza e quindi non irrogherà sanzioni per le violazioni alle modalità di versamento Iva tramite split payment che siano state commesse prima dell’emanazione della circolare. Almeno quello.

Split payment, ennesima fregatura

Si chiama split payment ed è il meccanismo, introdotto con la legge di stabilità, secondo il quale la Pubblica Amministrazione dall’1 gennaio pagherà al cedente o al prestatore il corrispettivo della fattura al netto dell’IVA. In sostanza, i fornitori della Pa che dall’1 gennaio avranno emesso regolare fattura con addebito di Iva, in base allo split payment incasseranno solo l’imponibile. Lo split payment si applicherà non solo alle fatture emesse dal 1 gennaio 2015 ma anche alle fatture che risultano sospese al 31 dicembre 2014.

Sarà la Pubblica Amministrazione a versare l’Iva all’Erario anziché al fornitore, il quale si troverà sempre a credito di Iva: a fronte dell’Iva non incassata addebitata sulle proprie fatture emesse, il fornitore dovrà regolarmente pagare l’Iva ai propri fornitori. A parziale compensazione, il meccanismo dello split payment consente al fornitore della pubblica amministrazione di chiedere il rimborso Iva trimestrale.

Se, da una parte, la Pa indica nello split payment uno strumento di lotta all’evasione fiscale, dall’altra parte i piccoli fornitori (la maggior parte) che sono a loro volta vessati dalle tasse, oltre che dai tempi biblici di pagamento della Pa, avranno da questa norma solo un ulteriore aggravio di difficoltà.

Sono però esentati dallo split payment i fornitori che sulle proprie prestazioni sono soggetti a ritenuta alla fonte (esempio tipico, i professionisti) e i fornitori che sulle proprie forniture applicano il reverse charge, (esempio tipico, le imprese di pulizia).