Split payment, chiarimenti dalle Entrate

L’Agenzia delle Entrate interviene sul tema dello split payment con una risoluzione nella quale ricorda che l’Iva relativa all’accertamento definito dalla società istante, a seguito dell’avvenuto pagamento delle somme dovute, può essere addebitata in via di rivalsa anche nei confronti di soggetti per i quali di norma si applica lo split payment. Questo in deroga alle disposizioni che normano l’applicazione delle regole della scissione dei pagamenti.

Ricordiamo che il meccanismo dello split payment è stato introdotto per tentare di limitare l’evasione da riscossione dell’Iva, nell’ambito delle cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti delle pubbliche amministrazioni.

Con la scissione dei pagamenti si trasferisce il pagamento del debito Iva dal relativo fornitore alle amministrazioni stesse, effettuando un trasferimento in termini di obbligo di versamento che non implica la traslazione della soggettività passiva.

Per questo motivo, quindi, l’Amministrazione finanziaria può contestare la maggiore imposta dovuta al fornitore che emette una fattura con l’applicazione dell’Iva sbagliata.

Il successivo versamento da parte del fornitore, in sede di definizione dell’accertamento, vanifica rischi e pericoli legati al mancato incasso dell’imposta che, invece, è sotteso all’applicazione dello split payment.

Split payment, più danni che vantaggi

Su Infoiva avevamo già espresso dei dubbi sul meccanismo dello split payment già lo scorso, quando il governo lo introdusse nella prassi dei pagamenti tra imprese e Pubblica amministrazione. Ci avevamo visto lungo perché ora, a circa un anno dalla sua introduzione, se ne vedono gli effetti nefasti.

Secondo il Dipartimento delle Finanze, infatti, nei primi 11 mesi del 2015, circa 2 milioni di imprese fornitrici della Pubblica amministrazione hanno dovuto anticipare allo Stato ben 5,8 miliardi di euro di Iva da split payment.

Ricordiamo che lo split payment, ossia la scissione del pagamento dell’Iva, prevede che la Pubblica amministrazione trattenga l’Iva sulle fatture per beni e servizi ricevuti dalle imprese versandola direttamente all’erario. L’obiettivo è quello di evitare che, una volta incassata l’Iva dal committente pubblico, l’azienda fornitrice non la versi all’erario ma la trattenga, generando evasione fiscale.

Tutto molto bello. Peccato, però che, come sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo, “sottrarre 5,8 miliardi di euro alle aziende che in questo momento continuano ad essere penalizzate dalle banche è stato un errore. Per questo chiediamo al Governo, visto il perdurare dell’assenza di liquidità, di eliminare lo split payment. Infatti, nonostante l’introduzione da parte della Bce del Quantitative easing, nell’ultimo anno i prestiti bancari alle imprese sono diminuiti di 4 miliardi di euro, sebbene la domanda di credito di queste ultime sia aumentata del 3%”.

Del resto, anche l’Amministrazione finanziaria si è resa conto della frittata fatta con lo split payment e ha provato a mettere qualche pezza al danno consentendo, per esempio, la restituzione prioritaria dell’Iva a credito entro tre mesi dalla richiesta. Troppo poco però.

E sempre la Cgia rincara la dose: “Oltre il danno si è aggiunta anche la beffa – commenta Zabeo -. La nostra Pa non solo paga con un ritardo che non ha eguali nel resto d’Europa, ma dall’anno scorso salda le fatture senza pagare l’Iva al proprio fornitore. Dal gennaio del 2015, infatti, l’imposta la versa l’ente pubblico direttamente all’erario. Pertanto, le imprese che lavorano per la Pa, oltre a subire tempi di pagamento irragionevolmente lunghi, scontano anche il mancato incasso dell’Iva che ha peggiorato la grave situazione di liquidità in cui versano da anni moltissime aziende, soprattutto di piccola dimensione”.

Nuovi chiarimenti sullo split payment

Quella dello split payment è una disciplina che non convince per nulla le imprese e la sua introduzione a opera della Legge di Stabilità 2015 è risultata ai più farraginosa. Ecco perché, ora, l’Agenzia delle Entrate ha emesso ben due circolari per fare chiarezza su alcuni punti.

Le Entrate hanno dato ulteriori indicazioni sulla procedura di split payment, in particolar modo sull’ambito oggettivo e soggettivo, su sanzioni e i rimborsi. Dal punto di vista oggettivo, l’Agenzia delle Entrate enumera le operazioni non soggette a split payment, da quello soggettivo chiarisce che rientrano nel nuovo meccanismo alcuni soggetti pubblici come i commissari delegati per la ricostruzione in seguito a eventi calamitosi e i consorzi interuniversitari; sono esclusi dallo split payment gli enti pubblici non economici autonomi rispetto alla struttura statale che perseguono fini propri anche se di interesse generale.

Ovvio che di fronte alle incertezza della norma che regola lo split payment, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che non saranno applicate sanzioni per le violazioni commesse prima del 13 aprile, purché in presenza di imposta assolta.

Infine, relativamente ai rimborsi, la circolare chiarisce che le operazioni soggette a split payment implicano l’erogazione prioritaria del rimborso qualora il suo presupposto sia quello dell’aliquota media. In assenza di questo presupposto, l’erogazione segue le vie ordinarie.

Split payment e reverse charge? Mazzate per le imprese

Che il meccanismo dello split payment potesse essere un danno per le aziende, se non una vera e propria sòla, lo avevamo già scritto e intuito in tempi non sospetti. Ora anche la Cna lo mette nero su bianco, cifre alla mano. E sono cifre che fanno rabbrividire.

In una nota della Confederazione nazionale dell’artigianato si legge che “nel 2015 le imprese soggette allo split payment e al reverse charge avranno un ammanco mensile di 2 miliardi di euro“. Mica bruscolini. Secondo gli artigiani, le imprese più penalizzate dal meccanismo dello split payment saranno quelle che lavorano con la Pubblica amministrazione. “Le imprese che lavorano per la Pa – si legge ancora nella nota -, circa 2 milioni in tutto, soffriranno di un ammanco di cassa mensile pari a 1,5 miliardi, a causa del mancato incasso dell’Iva. In media, ognuna di loro avrà bisogno di 9.300 euro al mese. Le 310mila imprese destinatarie del reverse charge sconteranno, nel complesso, un ammanco mensile di circa 340 milioni, in media 1.110 euro ognuna“. Non bastasse già la crisi…

Secondo l’Osservatorio Cna sulla tassazione delle piccole imprese, queste cifre sono il combinato disposto dell’applicazione dello split payment, unita a quella del reverse charge. Così come lo split payment penalizzerà soprattutto le imprese che lavorano con la Pa, il reverse charge danneggerà invece le imprese che operano nel settore “installazione impianti, con un deficit finanziario di 212 milioni al mese. Seguono le imprese edili che si occupano di completamento di edifici, con un ammanco mensile di 104 milioni”. Imprese in buona compagnia (si fa per dire…), insieme a quelle che effettuano pulizie di edifici per altre società: -28 milioni al mese.

Split payment, una circolare per fare chiarezza

Ennesima puntata nella telenovela dello split payment. Adesso una circolare dell’Agenzia delle Entrate prova a chiarire quali sono le operazioni realmente soggette alla normativa e quali invece no.

Nello specifico, tocca alla circolare 1/E/2015 sullo split payment chiarire che il meccanismo di scissione dei pagamenti Iva è relativo solo alle operazioni documentate, con fattura emessa dai fornitori. Una limitazione che esclude dal meccanismo dello split payment le operazioni che il fornitore certifica semplicemente rilasciando ricevuta fiscale o scontrino.

Escluse dallo split payment anche le operazioni che avvengono tramite il rilascio di scontrini non fiscali, qualora siano riferiti a soggetti che si utilizzano la trasmissione telematica dei corrispettivi o altre modalità di certificazione.

La buona notizia è che, per una volta, l’Agenzia delle Entrate si è accorta di non brillare per eccessiva chiarezza e quindi non irrogherà sanzioni per le violazioni alle modalità di versamento Iva tramite split payment che siano state commesse prima dell’emanazione della circolare. Almeno quello.

Split Payment, lettera dei Giovani di Confapi al presidente Mattarella

La novità dello split payment non va giù a nessuno, imprese o professionisti che siano. Abbiamo visto nei giorni scorsi come il presidente dell’Ordine degli Ingegneri abbia chiesto al governo di fare chiarezza sugli ambiti di applicazione dello split payment.

Ora tocca ai Giovani di Confapi prendere carta e penna e scrivere nientemeno che al fresco presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una lettera aperta a firma del presidente nazionale dei Giovani di Confapi Angelo Bruscino nella quale quest’ultimo non usa mezze parole per illustrare i danni che l’introduzione dello split payment arrecherà alle imprese sul piano della gestione finanziaria. Ecco il testo della lettera.

Caro Presidente, le sue parole ‘Sarò un arbitro imparziale, ma i giocatori mi aiutino’ riferite agli attori della politica hanno colpito tutti noi e vorremmo che fossero applicabili anche al rapporto tra una Pubblica Amministrazione, spesso giocatore scorretto e in continuo ritardo nei pagamenti alle imprese, e il mondo delle imprese oneste e del lavoro. Gentile Presidente, ci risiamo, nuova norma vecchia abitudine, nonostante le migliaia di dichiarazioni fatte a destra e a manca che inneggiano il made in Italy e la ferma volontà di aiutare le imprese, alla fine si ricasca nel vecchio vizio e si torna a mortificarle, questa volta con lo split payment. In buona sostanza, l’impresa fornitrice di beni e servizi alla Pa si troverà ad emettere una fattura la cui Iva verrà versata dall’ente direttamente all’Erario.
Risultato? L’impresa non riuscirà a compensare l’Iva generando quindi una minore disponibilità di cassa che in un periodo di credit crunch come quello attuale si tradurrà, unitamente ai ritardi di pagamenti dello Stato, in un nuovo tsunami sul mondo delle imprese che travolgerà chi è sopravvissuto alla crisi con grandi difficoltà.
Con questo vogliamo ribadire che la lotta all’evasione resta fondamentale, ma forse basterebbe a volte che lo Stato rispettasse le sue stesse leggi, come ad esempio il rispetto dei contratti e dei tempi di pagamento per risollevare le sorti di migliaia di imprese e trovare le casse dell’erario meno vuote; se le Pmi continuano ad essere munte, alla fine non resterà più nulla da recuperare se non il rimpianto per aver agito male.
Gentile Presidente, ci aspettiamo un suo intervento che riesca ad assicurare allo Stato e alle imprese il medesimo risultato: lotta all’evasione e semplificazione e velocità per le Pmi. Imprese che sono la spina dorsale di questo Paese e che sono già stata troppo bersagliate da norme inique e da interpretazioni arbitrarie. In gioco è la competitività del nostro tessuto economico
“.

Non sappiamo se la questione dello split payment sia sull’agenda del presidente Mattarella, ma ci auguriamo che dopo questa e altre lettere dello stesso tenore vi venga messa al più presto.

Split payment e professionisti, i dubbi degli ingegneri

Come era prevedibile, la norma sullo split payment approvata nei giorni scorsi dal governo sta creando fibrillazione nel mondo professionale. In questo articolo di Infoiva avevamo spiegato che cosa è lo split payment ed espresso i nostri dubbi su un meccanismo che, se indicato come strumento valido per la lotta alla corruzione, potrebbe creare problemi di liquidità alle imprese. Non ai professionisti, che dovrebbero essere esclusi dallo split payment. Dovrebbero, perché molte Pubbliche Amministrazioni intendono applicarlo anche a loro, alcune di esse in modo retroattivo.

Una possibilità e un dubbio legislativo che hanno indotto il Consiglio Nazionale degli Ingegneri a intervenire sul meccanismo di liquidazione dell’Iva legato allo split payment, per bocca del presidente Armando Zambrano: “Norma poco chiara. Auspichiamo un intervento urgente ed esplicativo da parte dell’Amministrazione finanziaria”, ha affermato.

L’intendimento è infatti quello di lasciare i professionisti al di fuori del meccanismo dello split payment, consentendo loro di continuare a ricevere dal committente l’Iva dovuta per le proprie prestazioni contestualmente al compenso, provvedendo poi essi stessi al versamento nei tempi e secondo le modalità vigenti.

Tuttavia – dice Zambranononostante le prescrizioni normative, il nostro Consiglio ha ricevuto, già nel mese di gennaio 2015, numerose segnalazioni di Amministrazioni Pubbliche che intendono applicare lo split payment per la liquidazione dei compensi ad ingegneri per lavori debitamente svolti. In alcuni casi, addirittura, le Amministrazioni intendono applicare il meccanismo anche in modo retroattivo, ovvero per versamenti Iva riguardanti attività svolte nel 2014”. “E’ evidente – conclude Zambranoche tale situazione deriva dalla scarsa chiarezza della norma. A questo proposito, auspichiamo un intervento urgente ed esplicativo da parte dell’Amministrazione finanziaria”.

Ecco il cappio dello split payment

Quando era uscita la novità dello split payment, noi di Infoiva lo avevamo scritto: occhio alla fregatura. E in effetti di fregatura, almeno per le imprese si tratta. Lo ha certificato anche l’Ufficio studi della Cgia, secondo il quale moltissime piccole imprese che lavorano prevalentemente con lo Stato e le Autonomie locali non potranno disporre almeno di 1,5 miliardi di euro di liquidità fino alla metà di maggio. La cifra è stata ricavata considerando che nell’ultimo anno le transazioni commerciali delle imprese con la Pa ammontavano a circa 67 miliardi di euro, con un’aliquota Iva media pari al 16% circa.

Come abbiamo ricordato nei giorni del battesimo dello split payment, con questo nuovo meccanismo i fornitori della Pa che dall’1 gennaio hanno emesso regolare fattura con addebito di Iva, incasseranno solo l’imponibile. Lo split payment si applicherà non solo alle fatture emesse dal 1 gennaio 2015 ma anche alle fatture che risultano sospese al 31 dicembre 2014.

Sarà la Pubblica Amministrazione a versare l’Iva all’Erario anziché al fornitore, il quale si troverà sempre a credito di Iva: a fronte dell’Iva non incassata addebitata sulle proprie fatture emesse, il fornitore dovrà regolarmente pagare l’Iva ai propri fornitori. A parziale compensazione, il meccanismo dello split payment consente al fornitore della pubblica amministrazione di chiedere il rimborso Iva trimestrale.

In questo modo, le imprese che lavorano prevalentemente con la Pubblica amministrazione non incasseranno più l’Iva e quindi avranno una minore disponibilità di liquidità. Anche se l’Iva incassata dalle imprese ritornava comunque allo Stato, in questo modo lo split payment rischia di minare pesantemente la tenuta finanziaria di molte piccole imprese.

Se, infatti, il gap temporale tra incasso dell’Iva e giro di quest’ultima allo Stato consentiva alle imprese di avere della liquidità pronta per i pagamenti immediati, con lo split payment, come detto, le aziende si troveranno a credito di Iva e avranno l’acqua alla gola almeno fino al prossimo 16 maggio, quando il calendario fiscale consentirà alle aziende fornitrici della Pa di compensare i crediti Iva maturati con eventuali debiti fiscali verso l’Erario o con gli enti previdenziali/assicurativi. Per queste imprese si tratterà dunque di quasi 5 mesi durissimi

Pur sapendo che la novità fiscale introdotta con legge di Stabilità ha come obiettivo quello di contrastare l’evasione dell’Iva – sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – in questi primi 5 mesi dell’anno non saranno poche le aziende che dovranno fare i salti mortali per avere a disposizione un po’ di liquidità. Se a ciò aggiungiamo che chi lavora con la Pubblica Amministrazione sconta dei ritardi di pagamento non riscontrabili in nessun altro Paese europeo, il risultato è drammatico. Lavorare per lo Stato non sempre è conveniente”.

Split payment, ennesima fregatura

Si chiama split payment ed è il meccanismo, introdotto con la legge di stabilità, secondo il quale la Pubblica Amministrazione dall’1 gennaio pagherà al cedente o al prestatore il corrispettivo della fattura al netto dell’IVA. In sostanza, i fornitori della Pa che dall’1 gennaio avranno emesso regolare fattura con addebito di Iva, in base allo split payment incasseranno solo l’imponibile. Lo split payment si applicherà non solo alle fatture emesse dal 1 gennaio 2015 ma anche alle fatture che risultano sospese al 31 dicembre 2014.

Sarà la Pubblica Amministrazione a versare l’Iva all’Erario anziché al fornitore, il quale si troverà sempre a credito di Iva: a fronte dell’Iva non incassata addebitata sulle proprie fatture emesse, il fornitore dovrà regolarmente pagare l’Iva ai propri fornitori. A parziale compensazione, il meccanismo dello split payment consente al fornitore della pubblica amministrazione di chiedere il rimborso Iva trimestrale.

Se, da una parte, la Pa indica nello split payment uno strumento di lotta all’evasione fiscale, dall’altra parte i piccoli fornitori (la maggior parte) che sono a loro volta vessati dalle tasse, oltre che dai tempi biblici di pagamento della Pa, avranno da questa norma solo un ulteriore aggravio di difficoltà.

Sono però esentati dallo split payment i fornitori che sulle proprie prestazioni sono soggetti a ritenuta alla fonte (esempio tipico, i professionisti) e i fornitori che sulle proprie forniture applicano il reverse charge, (esempio tipico, le imprese di pulizia).