Spumante Made in Italy da record all’estero

Le bollicine Made in Italy piacciono sempre di più, e non solo tra le mura domestiche, dove lo spumante sta facendo quasi dimenticare lo champagne francese, ma anche all’estero, dove le vendite sono aumentate del 13%.
Coldiretti, inoltre, sottolinea che si tratta di cifre record, con un sorprendente exploit della Gran Bretagna che, con un aumento del 10%, rappresenta il primo mercato mondiale, tanto da consumare 1/3 delle bottiglie esportate, alla faccia della Brexit.

Lo spumante italiano va fortissimo anche oltreoceano, tanto che gli Stati Uniti sono al secondo posto, grazie ad un balzo del 18% rispetto allo scorso anno. Al terzo posto la Germania con un incremento record del 21% mentre al quarto con una crescita del 4% ci sono proprio i francesi, sempre più ben disposti a trovare e provare un’alternativa al loro champagne.

Ma quali sono le bollicine Made in Italy maggiormente esportate all’estero? Vince ovviamente il Prosecco, ma piacciono anche l’Asti e il Franciacorta.

Occorre, come sempre capita per i prodotti più amati, stare in guardia contro le imitazioni, poiché il Prosecco figura come il vino più imitato, soprattutto quando si tratta di commercio online.
E’ recente la scoperta di 30 milioni di lattine di falso Prosecco che stavano per essere vendute sulla piattaforma e-commerce cinese Alibaba, ma che sono state smascherate in tempo, grazie al lavoro dell’Ispettorato repressione frodi.

L’andamento esplosivo degli spumanti italiani all’estero è di buon auspicio per la vendemmia che quest’anno sarà particolarmente avara dal punto di vista produttivo con una quantità potrebbe essere al minimo storico nazionale degli ultimi 50 anni sui 40-42 milioni di ettolitri per effetto delle condizioni climatiche anomale.
Ma nonostante queste avversità l’Italia mantiene comunque il primato produttivo mondiale nazionale davanti alla Francia, che nel 2017 sta registrando un forte calo, e alla Spagna, anch’essa in difficoltà. Le cause? Gelate tardive e siccità.

Vera MORETTI

Spumante o champagne, chi l’ha spuntata?

Come ogni anno, prima e dopo le Feste, si tirano le somme di vincitori e vinti nella annosa lotta tra spumante e champagne. E anche per il 2015, pare che lo spumante l’abbia spuntata sulle blasonate bollicine dei cugini d’Oltralpe, almeno stando ai risultati di vendite del sito Tannico.it, la più grande enoteca online in Italia.

Secondo i dati di Tannico.it, lo spumante ha totalizzato 35% del totale delle oltre 20mila vendite effettuate tra novembre e dicembre, lo champagne il 32%, il Franciacorta il 24%, il Trento DOC il 4,4%.

Interessante notare come lo scontrino medio per l’acquisto di bollicine si è posizionato in una fascia medio-alta: 103 euro, con una media di 5 bottiglie acquistate. La distribuzione geografica degli acquisti di spumante e champagne effettuati nei due mesi analizzati parla di Vicenza come città più amante delle bollicine, +40% dei consumi rispetto alla media, seguita da Modena (+31%) e Lecco (+27%).

Estendendo invece lo sguardo ai consumi annuali del 2015, la regione del Nord che più apprezza spumante, champagne e dintorni è la Valle D’Aosta (33,70%), seguita da Emilia-Romagna (28,74%) e Veneto (26,27%). Al Centro vincono le Marche (30,58%), seguite da Umbria (28,46%) e Abruzzo (25,82%). Al Sud vince la Basilicata (29,51%), seguita da Puglia (24,36%) e Calabria (23,87%).

Il commento di Marco Magnocavallo, fondatore di Tannico.it: “Abbiamo venduto 38mila litri di bollicine in tutto il 2015. Se impilassimo tutte le bottiglie vendute in questo periodo pre natalizio arriveremmo alla stratosfera. Dallo champagne al prosecco abbiamo raccolto i migliori spumanti italiani e stranieri andando a comporre uno dei cataloghi di bollicine più completi disponibili online e offline. La risposta dei nostri clienti è stata al di sopra delle aspettative: il nostro miglior cliente in un anno ha acquistato bottiglie per un ammontare pari a 17.500 euro”.

Bollicine italiane superstar

Alla faccia dello champagne, il Capodanno appena passato è stato un trionfo per le bollicine italiane nel mondo. Secondo Coldiretti, in occasione dei festeggiamenti di Capodanno, sono state stappate 170 milioni di bottiglie di spumante Made in Italy. Un dato figlio del fatto che all’estero non sono mai state richieste così tante bollicine italiane come quest’anno.

L’Istat rileva infatti che nei primi nove mesi del 2014 si è registrato il record di esportazione di spumante, +24%, che ha portato il 2014 a chiudersi con un totale di bottiglie di spumante esportate pari a quasi 300 milioni. Se si considera che le esportazioni di champagne hanno fatto registrare un +6% è facile ipotizzare che le bollicine italiane (soprattutto Prosecco e Asti) abbiano stracciato quelle francesi.

Per quanto riguarda i mercati più importanti, la Cina ha fatto registrare un boom di bollicine italiane (+110%), ma anche il Regno Unito si è difeso bene (+49%), superando gli Stati Uniti (+21%) come mercato di riferimento per le bollicine italiane. Gradino più basso del podio per la Germania, le cui importazioni di spumante italiano sono rimaste stabili.

In Italia, invece, sono state stappate circa 50 milioni di bottiglie di spumante Made in Italy, scelte dall’89% degli italiani.

Vino e motori “Made in Italy”: gioie, dolori e l’incapacità di fare sistema

di Danilo DELLA MURA

Che cosa può mai accomunare una bottiglia di vino e un’automobile? Apparentemente nulla. Anzi, in termini di sicurezza stradale dovrebbero stare molto lontane l’una dall’altra. Ma se parliamo in termini economici, di cifre, di vendite e di esportazioni, il mercato del vino italiano presenta molte, e purtroppo non felici, similitudini con il settore delle quattro ruote Made in Italy.

Per capirne il perché, iniziamo dando uno sguardo ai freddi numeri, relativi alle vendite e alle esportazioni di vino. In particolare alle vendite e alle esportazioni di vino spumante italiano: le famose “bollicine Made in Italy”.

Nei giorni scorsi sono stati presentati i dati Istat relativi alle esportazioni di vini spumanti italiani, durante i primi 8 mesi dell’anno in corso. Dati incoraggianti, positivi: + 21%. Dati, oserei dire, più che positivi, tenendo conto che il boom delle vendite deve ancora venire. Dicembre, da sempre, è il mese clou per le vendite di vino, in particolare del vino spumante e con Natale e Capodanno alle porte, il già positivo trend  non può che migliorare. Tutti felici, tutti contenti.

Ma proviamo ad andare oltre ai semplici titoli. Proviamo a leggere con attenzione anche le restanti pagine dello studio Istat. Pagine scritte a caratteri a dir poco piccoli, e forse per questo sfogliate velocemente, con poca attenzione. Da questi dati emerge una situazione non più così rosea.

Innanzitutto: è vero che le esportazioni di vino spumante italiano, da gennaio ad agosto 2010, sono cresciute del 21%, ma sono dati riferiti alle quantità, ai volumi, ovvero al numero di bottiglie. Se parliamo di  valore, la crescita è quasi dimezzata: +11%. In altre parole: esportiamo più bottiglie, ma a un prezzo più basso.
 
Altro dato poco confortante, anzi direi preoccupante: l’andamento del valore unitario riferito sempre al vino spumante italiano. Nei primi otto mesi dell’anno in corso, il valore unitario ha subito una flessione dell’8%. Il prezzo medio di un litro di “bollicine Made in Italy” è passato da 2,7 a 2,5 euro. Rapportato al prezzo di una bottiglia (da 0,75 l), si è passati da 2 euro a 1,87 euro. Preoccupante.

Ma non basta. Se ci focalizziamo sulle bollicine più pregiate, ovvero sul vino spumante “secco”, lo scenario si fa ancora più cupo. Da gennaio ad agosto 2010, la flessione del prezzo unitario di un litro di vino spumante secco “Made in Italy”, ha toccato il 13%, con un prezzo medio al litro di 2,8 euro (2,1 euro a bottiglia).

E qui torniamo alla domanda iniziale: che cosa accomuna il mercato del vino italiano a quello delle quattro ruote nostrane? Come il settore automobilistico, anche quello enologico si sta posizionando agli estremi del mercato. In Italia produciamo, da un lato, grandi auto sportive, performanti, di lusso: Ferrari e Maserati, per fare due nomi. Dall’altro produciamo piccole autovetture, city car per utilizzare un termine in gran voga: 500 e Panda per fare altri due nomi. Ma siamo carenti sui segmenti più acquistati, ambìti ma alla portata di molti, come il segmento delle grandi berline e dei Suv. Segmenti, dove, lo sappiamo, si costruisce l’immagine del brand e, soprattutto, si realizzano i margini superiori.

Allo stesso modo, il vino italiano, sui mercati internazionali, da un lato è ben rappresentato da un ristretto numero di prestigiose etichette. Costose e preziose, ma consumate da pochi, e in occasioni particolari. Ma, dall’altro lato, troviamo un vasto numero di piccole, medio piccole aziende costrette a far leva sul fattore prezzo. E, purtroppo, gran parte del nostro export è rappresentato dai vini di quest’ultime aziende.

Purtroppo sappiamo quale è stata l’evoluzione, anzi l’involuzione, del mercato delle quattro ruote italiane. Nonostante ciò, nonostante i dati sopra analizzati, sembra che nessuno, dal piccolo produttore ai grandi consorzi di tutela, se ne preoccupi. Eppure la causa di tutto, il vero problema, è conosciuto da tutti: l’incapacità di “fare sistema”. Quella stesa incapacità di creare una comune politica di comunicazione, di immagine e di promozione, che caratterizza molti dei nostri settori nazionali. Abbiamo il prodotto giusto, ma non sappiamo farlo conoscere

Prima di tutto al mercato domestico. L’Italia può vantare una varietà e una vastità di diverse tipologie di vini che neanche la Francia può vantare. Ma ognuna di queste singole realtà, entra in competizione con le altre. Tutte alla ricerca del proprio, piccolo momento di gloria. Alzi la mano chi sa quante sono le DOCG italiane. Forse qualche sommelier più esperto saprà che ormai hanno sfondato quota cinquanta. E molte altre sono le DOC in attesa di aggiungere la tanto bramata “G”.
 
E nel frattempo, da un lato, i francesi fanno bella mostra delle loro bottiglie sugli scaffali più prestigiosi al mondo, dall’altro, Australia, Cile e Nuova Zelanda, invadono i mercati con vini buoni, ma economici, per il piacere quotidiano di americani, britannici, tedeschi e austriaci, ovvero i nostri più importanti mercati di sbocco. Prosit.