8 per mille, 5 per mille e 2 per mille: caratteristiche, cumulo e beneficiari

E’ in procinto di apertura la stagione della dichiarazione dei redditi e come sempre in questo periodo molti sono i dubbi che attanagliano gli italiani, tra questi vi è la destinazione della quota disponibile dell’Irpef e cioè 8 x 1000, 5 x 1000 e 2 x 1000. Vedremo quindi le caratteristiche e la possibilità di cumulo tra tali destinazioni.

L’8 per mille alle istituzioni religiose

Il legislatore mostra particolare sensibilità alle finalità etico – sociali e di conseguenza offre ai cittadini la possibilità di scegliere a chi devolvere una quota della propria imposta sul reddito delle persone ad enti che hanno finalità di particolare valore etico e sociale. La devoluzione più conosciuta è l’8×1000 che permette di devolvere una quota pari, appunto all’8 per mille del proprio Irpef a confessioni religiose. Le stesse possono accedervi in seguito legge ad hoc dello Stato italiano.

Il contribuente italiano può scegliere tra diverse confessioni, in primo luogo la Chiesa Cattolica, seguono Assemblee di Dio in Italia, Unione Italiana delle Chiese Avventistiche del 7° giorno, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione delle Comunità Ebraiche in Italia, Unione Cristiana Evangelica Battista in Italia, Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta ed Esarcato per l’Europa Meridionale, Chiesa Apostolica in Italia, Unione Buddhista Italiana, Unione Induista Italiana, Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai.

Ogni confessione sceglie poi quali finalità perseguire con la propria quota di destinazione, ad esempio l’Unione Buddhista Italiana si occupa di interventi culturali, sociali e umanitari in favore di Paesi terzi, attività assistenziale e di sostegno al culto. Il contribuente che non sceglie a quale ente devolvere il proprio 8 x 1000 è come se lo devolvesse allo Stato che però utilizzerà tale quota per attività socio – culturali, come interventi umanitari, assistenza ai rifugiati, conservazioen dei beni culturali.

Il 5 per  mille ad associazioni, enti di ricerca e Comuni

Un’altra scelta possibile è quella del 5 per 1000. In questo caso deve registrarsi una novità, infatti con l’entrata in vigore del RUNTS, Registro Unico Nazionale Terzo Settore, solo le associazioni iscritte in tale registro potranno essere destinatarie del contributo in oggetto. Anche in questo caso il contribuente deve scegliere e indicare in dichiarazione a chi vuole devolvere la propria quota di 5 per mille. Il contribuente può scegliere l’ONLUS a cui devolvere il proprio 5 per 1000 facendo riferimento ad associazioni a cui è particolarmente legato, ad esempio per la ricerca, in istituto ospedaliero, se non ha già scelto può visionare l’elenco degli enti accreditati sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che è possibile trovare al link https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/Terzo-settore-e-responsabilita-sociale-imprese/focus-on/Cinque-per-mille/Documents/ETS-accreditati-5×1000-in-data11042022.pdf

Il 5 x 1000 può essere devoluto anche alle Associazioni Sportive Dilettantistiche, ASD, sempre che siano accreditate. Inoltre può essere devoluto a Università e istituti di ricerca scientifica, al Comune di residenza per lo svolgimento di attività sociali, enti di promozione e tutela del patrimonio artistico culturale.

Il 2 per 1000 ai partiti

Il 2 per mille è invece la quota di imposta sui redditi che può essere destinata ai partiti.

Si possono cumulare 8 x mille, 5 x mille e 2 x mille?

Ora che abbiamo visto a chi si possono devolvere piccole quote della propria imposta Irpef, risolviamo altre criticità. La prima cosa da dire è che tale devoluzione può essere cumulativa, cioè il contribuente può scegliere di devolvere sia l’8 x 1000 sia il 5 x  1000, sia il 2 x 1000. Tale scelta non comporta per il contribuente alcun aggravio dal punto di vista fiscale. Si tratta di scelte opzionali, quindi se non viene effettuata la scelta, non c’è alcuna conseguenza per il contribuente.

Cosa succede se il contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi perché esonerato? Anche in questo caso il contribuente può devolvere la propria quota di Irpef, in questo caso deve essere compilata solo la scheda allegata alla Certificazione Unica CU. Tale scheda può essere trasmessa tramite intermediario, ad esempio un professionista o il CAF di fiducia, oppure tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate o infine tramite Poste Italiane consegnando in busta chiusa la scheda adeguatamente compilata. Poste Italiane provvederà a trasmetterla all’Agenzia delle Entrate.

Imu: tassa pesante per negozi e botteghe

Non serve aspettare il 17 dicembre, data di scadenza per il saldo dell’Imu, per fare i conti su quanto questa nuova tassa porterà nelle casse dello Stato.
Confesercenti, infatti, ha previsto che, dai 18 miliardi previsti, l’Imu darà un gettito di oltre 23 miliardi, ovvero quasi il doppio dei proventi assicurati dall’Ici.

Ad essere più colpiti, dalla nuova imposta, sono stati negozianti e botteghe, che hanno dovuto vedersela con un prelievo pari a 1,8 miliardi, ossia 1.050 milioni in più rispetto ai 700 milioni derivanti dalla vecchia Ici.
Si tratta di quasi due milioni di unità immobiliari che al Catasto sono censiti come categoria C1 e che per l’80% sono di proprietà di persone fisiche, per metà utilizzati direttamente e per l’altra metà detenuti in locazione.

Ad accrescere la tassazione Imu su negozi e botteghe hanno contribuito tre fattori:

  • L’aumento di base imponibile per effetto del più elevato coefficiente (55 invece del 34 previsto per l’Ici) da applicare alla rendita catastale rivalutata. Da solo, tale “adeguamento” spiega quasi il 62% dell’aumento rispetto a quanto pagato in precedenza a titolo di Ici;
  • L’aumento dell’aliquota standard fissata ai fini IMU (0,76% rispetto allo 0,664% dell’aliquota media ICI nazionale), che spiega un altro 14%;
  • L’ulteriore aumento di aliquota deciso da ciascun Comune nell’ambito delle facoltà accordate dal legislatore (aumento o riduzione dell’aliquota ordinaria in misura pari allo 0,30%). La grande maggioranza dei Comuni capoluoghi di provincia ha optato per gli aumenti e ciò ha portato ad una lievitazione dell’aliquota complessiva, dallo 0,76% standard allo 0,97% dell’aliquota effettiva media.

Tutto ciò sta a significare che sugli immobili strumentali all’attività imprenditoriale grava a partire dal 2012 un prelievo immobiliare pari a 2,4 volte (+ 140%) quello dell’Ici, che si scarica in larghissima parte (oltre i 2/3) sulle pmi, non solo su quelle che sono proprietarie dell’immobile in cui svolgono la propria attività ma anche su quelle che conducono l’immobile in locazione e che si vedranno aumentare il canone dal proprietario colpito dall’Imu.

L’aumento dell’Imu è dovuto anche alla scelta di riservare allo Stato una parte consistente del gettito, ovvero la metà di quanto ricavato dagli immobili diversi dall’abitazione principale – ivi compresi locali, uffici, negozi, botteghe – sulla base dell’aliquota dello 0,76%.
Una scelta che devia quella che sarebbe la natura d’imposta locale dell’Imu e che finisce per dirottare sull’Erario centrale un gettito consistente: oltre 9 dei 23 miliardi di gettito complessivo; circa 700 milioni, sui 1.800 pagati dalle pmi.

Questa particolarità rende “asimmetrica” la facoltà di variare l’aliquota accordata ai Comuni che, infatti:

  • sono frenati dall’apportare riduzioni che, secondo la legge, si scaricherebbe solo sulla loro quota (essendo “intoccabile” la quota dello Stato);
  • sono incentivati a maggiorare l’aliquota dell’Imu, considerato che il maggior gettito va interamente al Comune stesso. Peraltro, non vanno sottovalutati i rischi di concorrenza fiscale dannosa fra Comuni derivanti da una diversità territoriale di aliquote sugli immobili destinati all’attività imprenditoriale.

Regioni ed Enti Locali, al contrario, dovrebbero concentrarsi sulla riduzione di spesa come si chiede allo Stato. L’esigenza di contenere un prelievo sulle attività produttive rivelatosi più pesante del previsto si combina con l’opportunità di rivedere la distribuzione delle competenze Comuni/Stato nella tassazione degli immobili.

In particolare, si potrebbe nell’immediato, “azzerare” gli aumenti Imu su negozi, botteghe e locali destinati ad attività produttive deliberati per l’anno 2012 dai Comuni, rispetto all’aliquota standard dello 0,76% fissata dal legislatore. Si tratta di circa 400 milioni che gli operatori economici potranno defalcare da quanto dovuto in sede di versamento del saldo (17 dicembre) ovvero, visti i tempi ormai ristretti, recuperare in sede di versamento della prima rata 2013, utilizzando un apposito credito d’imposta.

Vera MORETTI

ARRESTATO ZAGARIA, L’UOMO NERO DEL MATTONE

© ilMattino.it | Zagaria esce dalla Questura di Caserta

Caserta, arrestato il latitante Michele Zagaria. Super boss della camorra, appartenente al clan dei casalesi, controllava il business del mattone e del calcestruzzo. Latitante dal 1995 è stato trovato nascosto in un intrico di cunicoli nel sottosuolo di una villetta di via Mascagni, a Casapesenna, da sempre è il suo feudo criminale. Zagaria è apparso molto invecchiato e molto diverso rispetto agli ultimi identikit e alle foto diffusi nell’ultimo periodo.

Non sfondate più, avete vinto, sono io”: queste le parole del camorrista quando le forze dell’ordine stavano per buttare giù la parete del suo bunker. Intanto fuori si erano create due fazioni. Scarna la fazione pro-boss che fischiava ed insultava gli uomini della polizia, ben più folta la fazione dei cittadini che esultavano ed incoraggiavano i poliziotti che stavano liberando la loro terra da un re sbagliato, dall’uomo nero.

Zagaria, alleato prima con gli Schiavone e poi con gli Iovine, da tempo si era dedicato a ripulire imprenditorialmente i proventi criminosi del suo clan nel business dei rifiuti e del calcestruzzo e nonostante la latitanza negli ultimi anni è riuscito a controllare i più grandi appalti realizzati nella sua zona mettendo le mani su lavori come la Tav, grandissimi centri commerciali, la bonifica dei Regi Lagni. Ultimamente pare che realtà a lui collegate stavano addirittura lavorando alla costruzione di un nuovo carcere.

“È una bella giornata per la Campania e per tutte le persone oneste”, ha commentato il presidente del Consiglio, Mario Monti. E già, oggi è proprio una bella giornata. Viva lo Stato!

 

Condono: un costo per lo Stato o per i cittadini?

Il condono costa di più al cittadino o allo Stato? Secondo un studio pubblicato da Il Sole 24 Ore il condono, edilizio o fiscale che sia, “costa all’Erario e ai Comuni assai più che al contribuente. Non tanto e non solo per le spese amministrative, che comunque pesano, ma soprattutto per la rinuncia al gettito ‘regolare’ che deriva dall’applicazione della sanatoria”. Negli ultimi 5 anni con le varie sanatorie applicate a fini fiscali o edilizi lo Stato ha perso 860 miliardi di euro.  E, facendo un ulteriore salto indietro nel tempo, tra il 1980 e il 1997 la rinuncia al gettito regolare sarebbe costata allo Stato ben 883 miliardi, contro un guadagno di 22,3 miliardi derivanti dalle sanatorie per il condono previdenziale.

Il condono in Italia, un’operazione che non ha eguali in nessun altro Stato Europeo, rappresenta inoltre un costo per lo Stato in termini amministrativi: le energie investite dall’Agenzia delle Entrate per l’analisi e la gestione delle domande di condono hanno impedito infatti di focalizzarsi sulle attività di accertamento fiscale. Condono e illegalità fiscale, che molto spesso si trovano a camminare a braccetto. Con la ripetuta incitazione all’illegalità infatti, che è implicita ad ogni nuovo condono, il fenomeno dell’evasione fiscale non può in alcun modo essere limitato. A soffrirne per i primi i conti pubblici, impossibilitati a far fronte al debito pubblico.

Altra piaga inalienabile, l’evasione: molto spesso c’è chi versa solo la prima rata dell’oblazione, in modo da avviare la pratica, salvo poi sparire. Come a Roma, dove sono circa 6 000 le pratiche pronte e mai ritirate.

Risultato? Continui e sempre più pressanti tagli ai bilanci dello Stato, aumento delle tasse, eliminazione delle agevolazioni fiscali. A rimetterci come sempre le fasce più deboli della popolazione, che necessitano maggiormente dell’assistenza pubblica e sociale da parte del Comune di appartenenza.

A.C.

Lo Stato in difetto fa rincarare i pedaggi per eccesso

Dallo scorso 17 settembre, sulle piccole tratte autostradali i ritocchi di alcuni centesimi sono balzati in realtà a dieci centesimi, ma i gestori si difendono facendosi scudo del decreto interministeriale n. 10440/28/133 del 12 novembre 2001 del ministero dei Trasporti: sorpresa amara dunque in autostrada, con relativi mugugni e proteste da parte degli utenti.

La norma recita che fino a 5 centesimi, i prezzi devono essere arrotondati per difetto a zero, oltre i 5 centesimi vanno arrotondati per eccesso a dieci. Pertanto la norma ha comportato in alcuni casi pedaggi immutati nonostante l’aumento dell’Iva ma in altri casi il +1% di Iva ha “scongelato” i 5 centesimi della vecchia tariffa” osserva Bruno Chiari, dg dell’Autostrada Brescia-Padova.

Per esempio, se su una tratta il prezzo calcolato in precedenza arrivava a 1,05 euro il pedaggio pagato è stato solo un euro. Ma con il +1% di Iva il prezzo è arrivato a 1,06: quindi il nuovo prezzo finale è di 1,10 euro. Il 10% in più.

Operazione trasparenza anche sulla Milano Serravalle – Milano Tangenziali concessionaria della A7 da Milano a Serravalle Scrivia e delle tre tangenziali milanesi. In totale, più di 180 chilometri.

Per esempio, sulla tangenziale Nord Milano-Sesto San Giovanni la tariffa per le autovetture è aumentata di 10 centesimi a 4,20 euro, il 2,4% in più; anche alla stazione di Terrazzano-Tangenziale Ovest il rincaro è stato del 2,8% a 3,60 euro. In entrambi questi casi è scattato l’arrotondamento di dieci centesimi. Un fenomeno analogo è scattato per molte tratte sulla A7 ma per diverse altre il pedaggio non è stato variato.

Diverso il discorso sulle tratte più lunghe: il gruppo Atlantia che gestisce oltre 3mila chilometri di autostrade segnala che sulla tratta Roma Nord-Bologna Casalecchio il pedaggio è passato da 23,5 euro a 23,7: un aumento di 20 centesimi, lo 0,85%; la tratta Milano Sud-Firenze Nord è aumentata da 19,10 euro a 19,30, 20 centesimi in più, l’1,05%. Uno 0,05% che si spiega con il meccanismo dell’arrotondamento. Mentre sulla tratta Milano Sud-Firenze Impruneta l’aumento di 10 centesimi, da 19,80 euro a 19,90, è pari solo allo 0,51%.

L’Italia è sempre la stessa:  arrotondano i prezzi e dimagriscono i portafogli….

Marco Poggi

Lo Stato fa cassa: gettito Iva +6,7% e febbre da gioco per gli italiani

Tra gennaio-febbraio 2011 le entrate Iva sono state di 13.113 milioni di euro (+824 milioni di euro, pari al +6,7%): 10.467 milioni di euro (+212 milioni di euro, pari al +2,1%) derivano dalla tassazione degli scambi interni; 2.646 milioni di euro (+612 milioni di euro, pari al +30,1%) affluiscono dal prelievo delle importazioni.

E crescono più in generale le entrate nello stesso periodo: le entrate totali sono state pari a 58.674 milioni di euro (+2.148 milioni di euro) con un incremento del +3,8%).

Boom per i giochi: in due mesi entrano nelle casse dello Stato 2,2 mld di euro (+18,6%). E vola il lotto: +35,9%.

Laura LESEVRE