Gli italiani hanno fame: la parola all’esperto

Gli italiani si sono messi a dieta. E non certo per questioni estetiche, ma più di portafoglio. Se le statistiche diffuse dallIstat rivelano che la spesa media mensile per famiglia nel 2011 è stata pari a 2.488 euro ( segnando +1,4% rispetto al 2010), quello che è cambiato è il modo di consumare degli italiani, soprattutto per quanto riguarda il settore dei prodotti agroalimentari.

Coldiretti denuncia il calo nell’acquisto di prodotti ortofrutticoli e di alimenti come carne e pesce, a cui si aggiunge una particolare tendenza verso il ‘fai da te’ casalingo: con l’aumento record negli acquisti di farina (+8 %), uova (+6 %) e burro (+4 %), i cittadini dimostrano come sia meglio, e soprattutto più economico preparare in casa pane, pasta, conserve e yogurt.

Non solo. Il dato che emerge con maggior evidenza riguarda la scelta di acquistare i prodotti alimentari non più attraverso il canale classico del supermarket, ma attraverso le catene di discount e hard discount. Si compra meno, e soprattutto si guarda meno alla qualità di quello che si porta in tavola.

Questo fenomeno è destinato a ripercuotersi inevitabilmente sulle piccole e medie realtà di produttori agricoli e di beni alimentari, che ricevono sempre meno richieste e si trovano costretti a vendere a prezzi più bassi, contraendo il loro indotto economico. Dall’altro lato è in forte crescita il fenomeno dell’agricoltura a Km zero e degli orti urbani (quasi una famiglia su 3 in Italia possiede un orto, sempre secondo Coldiretti).

Che cosa dovrebbe fare allora la piccola e media impresa del settore agroalimentare per venire incontro alle esigenze del consumatore finale?
La parola all’esperto: ecco cosa ne pensa Rosario Trefiletti, Presidente di Federconsumatori, su come siano cambiate oggi le abitudini dei consumatori italiani.

Stiamo assistendo all’aumento esponenziale della tendenza ad acquistare prodotti alimentari nei discount. Lo denuncia Coldiretti, lei cosa ne pensa?
Occorre fare chiarezza. Innanzitutto questa tendenza c’è da anni, ma adesso stiamo assistendo alla sua consacrazione. Il consumo di prodotti agroalimentari, come tanti altri prodotti di altri settori, sta calando. Ed è gravissimo, perché non è che tutti gli italiani si siano improvvisamente messi a dieta, ma piuttosto è calato il loro potere d’acquisto. I cittadini comprano di meno in quantità, ma la cosa più grave è che comprano minore qualità, preferendo utilizzare gli hard discount o altri canali di approvvigionamento che non sempre sono sinonimo di qualità. Le famiglie italiane acquistano prodotti che costano di meno, mettendo in gioco anche la qualità stessa che sta all’origine delle produzioni.

E’ possibile differenziare il fenomeno e dire di una maggior diffusione di supermercati al Nord e di discount al Sud?
I cittadini si comportano sempre nello stesso modo: laddove ci sono gli hard discount, sia al Nord che al Sud, preferiscono puntare al risparmio, anche a discapito della qualità.

Coldiretti ha proposto come alternativa per il risparmio, l’acquisto di prodotti a Km zero o direttamente dai produttori agricoli. Una soluzione vincente o un fuoco di paglia?
Di norma comprare a km zero costa di meno. Ma c’è di più: esiste un protocollo d’intesa, siglato tra FederConsumatori e Coldiretti, che prevede che i mercati di Campagna Amica, a km zero, siano tenuti ad applicare uno sconto del 30% sui propri prodotti rispetto alle medie dei prezzi applicati in quel territorio.

Che cosa, allora, ne pensa del fenomeno degli orti urbani?
Un fenomeno ancora poco diffuso in Italia. Magari ce ne fossero di più. Li si intravede soprattutto nelle periferie delle grandi città, o a Roma e Bologna. Io sono per il sostegno e per lo sviluppo di queste realtà, perché permettono al cittadino di risparmiare.

Come cambia l’atteggiamento di chi acquista?
Il consumatore si adegua, cercando di risparmiare. La sua battaglia consiste nel cercare di aumentare il suo potere d’acquisto. In una fase in cui il potere d’acquisto è basso, per non dire bassissimo, usa l’arte dell’arrangiarsi: discount, mercati, produttori agricoli. Fa qualche passo in più alla ricerca di un posto dove sia possibile spuntare un prezzo migliore. Tiene gli occhi aperti sulle promozioni.

Federconsumatori come aiuta il cittadino?
Noi continuiamo a fare il nostro lavoro di denuncia e sensibilizzazione. Non abbiamo nessuno potere se non la forza della denuncia.

Alessia CASIRAGHI

Compri due, paghi uno

Compri due, paghi uno, tutto a un euro, sottocosto e prezzi imbattibili. Fare la spesa sta diventando un compito da cervelloni. Occorre sapersi districare tra corsie delle superofferte, programmare un calendario dei giorni della settimana più inclini ai ribassi e stilare la propria personale classifica del supermarket del risparmio.

La spesa pesa, ora più di prima. Secondo un sondaggio Coldiretti/Swg, la crisi allunga il tempo trascorso a fare la spesa degli italiani. Ergo: dedicare più tempo alla spesa consente di risparmiare parecchio. Dopo anni si inverte la tendenza: il 72 % degli italiani ‘massai‘, ovvero che fanno regolarmente la spesa, dichiara di prestare una maggiore attenzione rispetto al passato nell’acquisto dei prodotti. Una confezione di spaghetti, un litro di latte, una lattina di birra, il paniere stilato da Coldiretti non lascia dubbi: i prezzi dei generi alimentari e non solo possono aumentare fino a triplicarsi passando da un punto vendita all’altro.

Qualche esempio? Yogurt e birra raddoppiano, la stessa confezione di latte cresce del 50%, mentre una confezione di pasta può arrivare a costare tre volte tanto. L’indagine condotta su 14 prodotti alimentari di marca in commercio in differenti punti vendita evidenzia una forte variabilità, con il prezzo massimo che è pari a circa il doppio di quello minimo per ben sette delle referenze analizzate e arriva a triplicare nel caso degli spaghetti.

Come è cambiato allora il modo di fare la spesa degli italiani? Il 61% dichiara di confrontare con maggiore attenzione i prezzi, mentre il 59% si dice affezionato delle offerte 3×2. C’è anche un 43% che rivela di accertarsi sempre dell’effettiva qualità dei prodotti, e un altro 43% che si interessa sulla reale provenienza delle merci acquistate. una percentuale analoga verifica la provenienza. Il minimo comune denominatore resta comunque la necessità evidente di risparmiare (il 16% dichiara di aver rinunciato o rimandato anche gli acquisti), anche se non stupisce l’interesse crescente verso la qualità dei cibi, la loro provenienza, se di origine controllata o meno, e la loro composizione, sintomo di un’attenzione e una consapevolezza maggiori verso l’alimentazione.

E gli altri settori di consumo? Secondo Coldiretti gli italiani avrebbero ridotto del 51% la spesa legata all’abbigliamento, del 50% quella per le vacanze e del 34% quella per i beni tecnologici. Insomma, il ristorante scordiamocelo per un bel po’.

Alessia Casiraghi