Tari e abbandono rifiuti, ora è reato penale

Si parla spesso della Tari, tassa sui rifiuti e come essa sia commisurata all’effettivo costo che i comuni sostengono per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Si sa che non pagare la Tari espone a sanzioni e che, nel caso in cui il Comune non fornisca il servizio, i contribuenti possono ottenere il risarcimento. Ciò di cui si parla poco è la legge 9 ottobre 2023 n. 137 (di conversione del dl 105/2023) ha infatti riformulato le punizioni previste dall’articolo 255 del d.lgs 152/2006 a carico di “chiunque” abbandoni i rifiuti: un passaggio epocale dalla sanzione amministrativa all’ammenda penale per l’abbandono rifiuti.

Abbandono rifiuti: da illecito amministrativo a reato penale

La disciplina vigente fino al 10 ottobre era contenuta negli articoli 255 e 256 del decreto legislativo 152 del 2006. Il primo punisce chi abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette in acque superficiali o sotterranee in violazione delle disposizioni di riferimento dello stesso d.lgs 152/2006. In questo caso si applicava una sanzione amministrativa di importo compreso tra 300 a 3 mila euro (aumentata fino al doppio per i rifiuti pericolosi). L’articolo 256 prevede invece sanzioni più gravi nel caso in cui tale comportamento sia tenuto da aziende. In questo caso la sanzione prevista è di tipo penale arresto fino a 2 anni più ammenda fino a 26 mila euro in caso di rifiuti pericolosi.

L’importante novità portata dalla legge 137 del 9 ottobre 2023 è determinata nel fatto che c’è una modifica all’articolo 255 e ora anche l’ abbandono rifiuti da parte dei privati diventa reato penale con l’applicazione di una ammenda da 1.000 a 10 mila euro in caso di rifiuti non pericolosi, aumentata fino al doppio in caso di pericolosi.

Abbandono dei rifiuti reato penale, ma cambia l’onere della prova

Deve però essere precisato che se da un punto di vista prettamente tecnico vi è un aumento delle pene, dal punto di vista probatorio/fattuale cambiano molte cose. Infatti per la sanzione di tipo amministrativo opera una presunzione legale di colpa posta a carico del presunto trasgressore, cui spetta l’onere di superarla per non soccombervi.

Nel momento in cui si è di fronte a un reato penale in sede di giudizio spetta a chi ha applicato la sanzione dimostrare il fatto, inoltre si applica l’articolo 533 del codice di procedura penale che prevede che il giudice pronunci sentenza di condanna solo nel caso in cui l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio.

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Imu e Tari, possibile sconto fino al 5% su importi da mille euro

Tari, nel 2023 arriva al stangata per la tassa sui rifiuti

Da Nord a Sud è ormai già allarme, aumenta la Tari, la tassa sui rifiuti e si arriva fino al 20% di maggiori importi dovuti dalle famiglie.

Tari, i Comuni stanno innalzando le tariffe per lo smaltimento dei rifiuti

Mentre i salari fanno fatica ad aumentare e vi è ancora incertezza sul settore energetico, sono numerose le famiglie che si trovano in difficoltà a causa degli aumenti che toccano tutti i settori, tra questi gli alimentari, ma non solo, infatti una nuova stangata riguarda la tari, tassa sullo smaltimento dei rifiuti urbani, che sta aumentando in molti Comuni d’Italia. Sono numerosi infatti quelli che stanno ritoccando le tariffe.

Ad annunciare gli aumenti della Tari sono già state molte città d’Italia, dislocate anche su zone in cui vi sono maggiori difficoltà economiche, ad esempio Napoli, ma anche Torino, Perugia, Padova e Ancona. Molto probabilmente andando ad analizzare i dati dei piccoli Comuni potremo accorgerci che anche per questi vale lo stesso principio e cioè che si sta procedendo ad aumentare la tassa sullo smaltimento dei rifiuti urbani.

Gli aumenti vanno nell’ordine medio del 4%, ma deve essere sottolineato che Napoli, città che da sempre ha problemi con i rifiuti, gli aumenti delle tariffe arrivano al 20%.

Aumenti a due cifre anche per la città di Viterbo dove i rincari dovrebbero essere del 10%.

Gli aumenti che riguardano praticamente la maggior parte dei Comuni d’Italia si pongono nella scia di aumenti generalizzati che vi sono stati anche negli anni passati, infatti in media per questo servizio ci sono stati aumenti del 6,7%.

Perché aumenta la Tari?

Tra le cause segnalate per tali aumenti vi è la raccolta differenziata che non decolla, infatti lo smaltimento di rifiuti indifferenziati è più oneroso per le casse dei Comuni. A ciò si aggiunge che proprio nelle città in cui il servizio è di pessima qualità aumentano i costi per raccolta e smaltimento. Tale inefficienza viene riversata sui cittadini, che si ritrovano così a pagare tasse elevate.

Roma e Milano in contro tendenza, scendono le tariffe.

Deve però essere registrato che Roma va in contro tendenza, infatti nel 2022 si è registrata una diminuzione delle tariffe del 6,5% per le utenze non domestiche e del 4% per le utenze domestiche. D’altronde sarebbe ben difficile spiegare gli aumenti viste le condizioni in cui versa la città. Una ulteriore riduzione delle tariffe che dovrebbe arrivare al 20% dovrebbe arrivare con l’attivazione del termo valorizzatore. Tariffe in discesa anche per la città di Milano.

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Tari: ancora tante discrepanze sulle cifre da pagare

I dati della Camera di Commercio di Milano denunciano un fatto che, ormai, avviene regolarmente e che ad oggi non è stato ancora risolto.
I Comuni, infatti, continuano a far pagare la Tari anche nelle aree di interesse delle imprese, dove dovrebbero dunque essere queste ultime ad occuparsi dello smaltimento dei rifiuti. Risultato? Le imprese si ritrovano a pagare un servizio che di fatto il Comune non eroga, per uno spreco di denaro davvero spropositato.

Gli aggravi sarebbero, in media, del 50%, se non di più, e in alcuni settori le spese aggiunte sono davvero elevate: considerando le aree espositive, tipicamente di grandi dimensioni ma con una ridottissima produzione dei rifiuti, la reale area produttiva di rifiuti equivarrebbe al 15% dello spazio complessivo, mentre la tassa viene applicata su tutta la superficie.

Altro esempio eclatante di distorta applicazione della tassa sui rifiuti riguarda gli alberghi, generalmente soggetti a coefficienti fortemente squilibrati rispetto al potenziale produttivo di rifiuti.
In questo ultimo caso, c’è anche una sentenza del Tar della Puglia, che ha affermato la sproporzione tra la tariffa stabilita dal Comune di Brindisi per gli esercizi alberghieri con ristorazione (€ 11,13 a mq) o senza ristorazione (€ 8,90 a mq) e la tariffa stabilita per le abitazioni (€ 2,43 a mq).
L’albergo soggetto della sentenza, di superficie di circa mille mq, pagava una tassa di 8.941 € quando, in applicazione della sentenza, avrebbe dovuto pagarne 4.492 €.

Le discrepanze sono così evidenti anche a causa dell’aumento della tassa dei rifiuti, che negli ultimi sei anni è lievitata del 68%, corrispondente ad un incremento complessivo di 3,7 miliardi di euro. Una tassazione crescente che si è riflessa indifferentemente su tutte le principali categorie economiche del terziario, con problemi più diffusi per alcune attività.
Infatti, negli ultimi sei anni, ristoranti e pizzerie hanno registrato un aumento del 480% mentre ortofrutta e pescherie addirittura del 650%. Una tassazione crescente doppiamente ingiustificata se si considerano i dati riguardo alla produzione totale di rifiuti che, in controtendenza, ha subito un rallentamento.

E le spese non calano nonostante la produzione di rifiuti sia, nel frattempo, diminuita.

Altre problematiche sono emerse dal Rapporto sui rifiuti urbani – Ispra 2017, che rende noto come il costo di gestione dei rifiuti differenziati (15,12 centesimi di euro al kg) sia inferiore di circa un terzo rispetto a quello degli indifferenziati (40,79 centesimi di euro al kg). Un dato che letto congiuntamente al trend crescente di raccolta differenziata, presupporrebbe una contrazione della spesa complessiva, che invece è aumentata.

Inoltre, gli obiettivi relativi alla raccolta differenziata fissati a livello europeo non sono stati raggiunti, a dimostrazione che le aziende di gestione dei rifiuti non si sono, finora, dimostrate all’alatezza.

Vera MORETTI

Non sprechi e ricicli? Ti taglio la Tari

In un mondo in cui gli sprechi devono essere messi al bando e il riciclo incentivato, non bisogna dimenticare che gli stessi sprechi, oltre a essere dannosi per l’ambiente ed eticamente condannabili, sono anche un danno economico.

Proverà a ovviare a tutti questi aspetti negativi il ddl 2290 di recente approvazione, “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”.

Con questa legge si proverà a ridurre gli sprechi per tutto il ciclo di produzione e vita dei prodotti alimentari e farmaceutici, favorendo il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari per iniziative di solidarietà sociale (principalmente per l’utilizzo umano), limitando gli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali grazie alla riduzione dei rifiuti e allo stimolo del riuso e del riciclo dei prodotti.

Il beneficio per l’ambiente e la collettività che deriverà dalla riduzione degli sprechi potrà essere anche fiscale, poiché ai comuni sarà data la facoltà di prevedere la riduzione della Tari utilizzando un coefficiente di riduzione proporzionale alla quantità dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita per essere donati.

Beneficiarie della riduzione potranno essere le utenze non domestiche di attività commerciali, industriali, professionali o produttive che distribuiscono o producono beni alimentari, medicinali, prodotti farmaceutici inutilizzati, capi di abbigliamenti nuovi o usati e li cedono a titolo gratuito, direttamente o indirettamente, ai bisognosi o agli animali.

Natale anticipato per il Fisco

Chi ha detto che il Natale arriva il 25 dicembre? Per il Fisco e per lo Stato ladro, invece, Gesù Bambino si è presentato mercoledì 16 dicembre e ha portato in dono una camionata di soldi sotto forma di ritenute Irpef, di Iva, di Tari, di Imu e Tasi: 37,2 miliardi.

A fare i conti di quanto è entrato nelle casse dello Stato ci ha pensato, ancora una volta, la Cgia, il cui Ufficio studi ha calcolato un ammontare di 13 miliardi di euro di sole ritenute Irpef di dipendenti e collaboratori. Una cuccagna per il Fisco.

Non sono bruscolini nemmeno i soldi derivati dal prelievo dell’Imu sugli immobili strumentali e sulle seconde e terze case: si tratta di un gettito, per Comuni ed erario, di 9,6 miliardi di euro. L’Iva di novembre versata al Fisco da imprese e lavoratori autonomi è invece pari a 9,1 miliardi di euro.

Capitolo Tasi e Tari. Da queste due simpatiche imposte i Comuni hanno incassato rispettivamente 2,3 e 1,8 miliardi di euro, mentre le ritenute Irpef dei lavoratori autonomi hanno garantito all’erario 1 miliardo di gettito. In fondo all’elenco delle depredazioni rimangono voci apparentemente secondarie, ma fonte di introiti non indifferenti per il Fisco italiano: 231 milioni di euro dall’imposta sostitutiva della rivalutazione del Tfr e 162 milioni di euro dalle ritenute dei bonifici per le detrazioni Irpef.

Una spoliazione che ha colpito con eguale ferocia sia le imprese, sia le famiglie, come ha ricordato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “In linea di massima le imprese, i lavoratori autonomi e i dipendenti hanno subito un prelievo di 20,3 miliardi. Tra Iva, Imu, Tasi e Tari, invece, le famiglie hanno versato direttamente, o attraverso le imprese come nel caso dell’imposta sul valore aggiunto, 16,9 miliardi di euro”.

La scadenza del 16 dicembre è stata, per le aziende italiane, l’ennesimo bagno di sangue, considerando che pagano ben 110,4 miliardi di tasse all’anno al Fisco. Un valore che, in Europa, è secondo solo a quello tedesco: secondo gli ultimi dati disponibili, riferiti al 2012, le aziende tedesche versano in termini assoluti 121 miliardi. Peccato però la Germania abbia circa 20 milioni di abitanti in più dell’Italia e che il riscontro in termini di qualità dei servizi al cittadino e alla società finanziati con il gettito erariale sia impietoso nei confronti del nostro Paese.

Amara la conclusione di Zabeo: “Il peso fiscale in capo alle nostre imprese ha raggiunto livelli non riscontrabili nel resto d’Europa. Nonostante la giustizia sia poco efficiente, il credito venga concesso con il contagocce, la burocrazia abbia raggiunto soglie ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione si confermi la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registri dei ritardi spaventosi, lo sforzo fiscale richiesto alle nostre imprese è al top”.

Saran pure rifiuti, ma li paghiamo a peso d’oro

Che sia Tari, Tasi o qualsiasi altro balzello, una cosa è certa: imprese e famiglie italiane pagano salatissimo lo smaltimento dei propri rifiuti. La conferma viene, ancora una volta, dall’Ufficio studi della Cgia, che ha rilevato come tra il 2010 e il 2015 una famiglia con 4 componenti che vive in un casa da 120 mq ha subito un aumento della tassa sui rifiuti del 25,5%, 75 euro tramutati in denaro sonante.

È il bello deve ancora venire, perché nel 2015 verserà al comune 368 euro di Tari per l’asporto dei rifiuti. Male anche per la famiglia tipo di 3 persone con casa di 100 mq: +23,5%, pari a +57 euro e un versato di circa 300 euro nel 2015. Se la casa di queste 3 persone è di 80 mq, le cifre scendono, ma di poco: +18,2%, +35 euro, 227 euro di versato.

Quella della tassa sui rifiuti è una barzelletta tutta italiana, la cui storia da sola, con il variare del nome legato alla tassa la dice lunga sull’unica volontà del legislatore: fare cassa sempre e comunque. Fino a qualche anno fa gli italiani pagavano la Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), anche se molti Comuni l’avevano sostituita con la Tia (Tariffa di igiene ambientale). Nel 2013 il legislatore ha introdotto la Tares (Tassa sui rifiuti e servizi), che dal 2014  ha lasciato il posto alla Tari (Tassa sui rifiuti), introdotta con la Legge di Stabilità per sottostare al principio comunitario del “chi inquina paga”: più rifiuti si producono, più alta è la tassa.

La Tari ha confermato il principio che il costo del servizio sostenuto dall’azienda che raccoglie i rifiuti dev’essere interamente coperto dagli utenti, attraverso il pagamento della tassa. Una fregatura. Infatti, nonostante in questi ultimi anni il l’impatto economico sulle famiglie della tassa sui rifiuti sia aumentato, dall’inizio della crisi a oggi la produzione dei rifiuti urbani ha subito una contrazione: nel 2007 ogni cittadino italiano ne produceva quasi 557 kg all’anno, nel 2013 (ultimo dato disponibile) meno di 500 (491 kg).

E, se per le famiglie è stato un bagno di sangue, inutile sottolineare che, sotto il profilo dei rifiuti, alle aziende e alle attività economiche è andata anche peggio. Ristoranti, pizzerie e pub con una superficie di 200 mq hanno subito un aumento medio del prelievo per la tassa sui rifiuti del 47,4%, +1.414 euro. Un negozio di ortofrutta di 70 mq ha registrato un incremento del 42% (+ 560 euro), un bar di 60 mq +35,2% (+272 euro). Il tutto nonostante una contrazione del giro di affari e del fatturato che, spesso, ha portato anche alla diminuzione della quantità di rifiuti prodotta.

Tari, Imu e Tasi deducibili: ecco come

Dopo le notizie del salasso per Imu e Tasi e dopo le dritte su come pagare in ritardo senza essere uccisi dagli interessi e delle more, finalmente anche qualche buona notizia. Forse, infatti, non tutti sanno che Imu e Tasi, così come la Tari, possono essere scaricate in parte dal modello Unico 2015 da parte di alcune tipologie di contribuenti in quanto diventano oneri deducibili dal reddito d’impresa.

Possono scaricare Imu e Tasi, oltre alla Tari, le imprese, i professionisti, i titolari di partita Iva e gli imprenditori. Per poter procedere alla deduzione, queste categorie devono utilizzare a fini strumentali gli immobili sui quali hanno pagata Imu e Tasi, ossia vi devono svolgere la propria attività.

Giova ricordare che, per il pagamento di Imu e Tasi, gli immobili strumentali sono divisi in due tipologie: immobili strumentali per natura, ossia quelli con caratteristiche tali, per cui il loro utilizzo deve essere per forza strumentale; immobili strumentali per destinazione, ossia quelli utilizzati dal proprietario o dal possessore per esercitare la propria attività ma che potrebbero essere destinate anche ad altro utilizzo.

Entrando nel dettaglio dell’Unico 2015, le imprese inseriranno gli importi di Tari, Imu e Tasi nel quadro RF e quadro RG Unico, ai professionisti e agli studi professionali tocca il quadro RE mentre chi presenta la contabilità semplificata e i contribuenti in regime dei minimi inseriranno nel rigo RE19 nel Quadro LM.

Tari, Imu e Tasi hanno percentuali di deducibilità diversa. La più bassa è quella dell’Imu, normata dalla Legge 147/2013, che è pari al 20%, mentre a Tari e Tasi spetta la deduzione spettante del 100%.

Si avvicina la scadenza per la prima rata IMU-TASI

La scadenza per la prima rata IMU-TASI si sta avvicinando e quest’anno, alla data del 16 giugno, contrariamente all’anno scorso, sono chiamati a pagare tutti i proprietari di immobili.

Nessuna proroga e nessuna delibera è annunciata all’orizzonte, anche perché la IUC, che comprende IMU, TASI e anche la TARI, l’imposta sui rifiuti, è ormai e regime, e le regole sono quindi per tutti quelle fissate dalla normativa. Facciamo qualche chiarimento per capire meglio di cosa si tratta.
La TASI va versata sulle prime case, e sostituisce l’IMU, mentre quest’ultima si paga su tutti gli altri immobili. Fanno eccezione le prime case di lusso, di categoria A1, A8 e A9, che pagano sia TASI sia IMU. Le aliquote da tenere in considerazione per l’acconto da versare entro il 16 giugno sono quelle deliberate dai Comuni per questo 2015 solo nel caso in cui ci sia la delibera nei termini previsti, con pubblicazione entro il termine ultimo del 23 maggio. Altrimenti si paga con le aliquote 2014: sono molte le amministrazioni che non hanno ancora deliberato, anche in considerazione del fatto che quest’anno è slittato a luglio il termine per pubblicare i bilanci dei Comuni.

Nei comuni in cui non c’è una nuova delibera IMU-TASI l’eventuale differenza con l’aliquota 2015 verrà versata con il saldo di dicembre. Un utile strumento per capire la situazione delle delibere del Comune è rappresentato dal sito del Dipartimento delle Finanze, che presenta tutte le delibere aggiornate.
Ogni contribuente deve verificare la delibera del proprio Comune, magari consultando il sito internet dell’amministrazione, dove, in periodo di scadenze, vengono inserite pagine dedicate all’adempimento e specchietti riassuntivi.

Ricordiamo che l’aliquota base della TASI va dall’1 al 2,5 per mille, la somma TASI + IMU non può mai superare l’1,06%. Ogni Comune può aggiungere uno 0,8 per mille alle prime case o agli altri immobili, o spalmarla sulle due voci.

Il pagamento va effettuato con F24 o bollettino postale.

Vera MORETTI

Pressione fiscale e tax day, i conti della Cgia

Il 16 dicembre scorso è stata una data campale per i contribuenti italiani, che fra Imu, Tari, Tasi, ritenute Irpef e imposte varie hanno versato al fisco la bellezza di 44 miliardi di euro, avendo prova di quanto può essere pesante la pressione fiscale in Italia.

I conti li ha fatti meritoriamente, come sempre, la Cgia, che ha calcolato come il versamento dell’Iva abbia garantito l’importo più cospicuo, 16 miliardi di euro; dalle ritenute Irpef dei lavoratori dipendenti sono arrivati 12 miliardi, mentre l’ultima rata dell’Imu, è costata agli italiani 10,6 miliardi. La Tasi ha portato nelle casse dei Comuni 2,3 miliardi, la Tari 1,9, mentre il versamento dell’Irpef dei lavoratori autonomi ha portato al fisco 1 miliardo. Buone ultime l’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del Tfr e le ritenute sui bonifici per le detrazioni Irpef, con 231 e 72 milioni di euro. E poi si parla di alleggerire la pressione fiscale

Secondo il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, questo vero tax day è arrivato in un periodo, quello di fine d’anno, molto delicato soprattutto per le aziende: oltre all’impegno con il fisco, in questi giorni devono corrispondere anche le tredicesime ai propri dipendenti. E con il perdurare della crisi, questo impegno economico rischia di diventare per molti imprenditori un vero e proprio stress test. Una pioggia di scadenze che potrebbe mettere in seria difficoltà molte famiglie e altrettante piccole imprese a causa della cronica mancanza di liquidità”.

Senza contare che, sempre la Cgia, ha stimato come per l’anno che si sta per chiudere, la pressione fiscale in Italia è prevista al 43,3%, un livello tra i più elevati d’Europa. “Ma la pressione fiscale reale – dice Bortolussi – vale a dire quella che grava sui contribuenti onesti, che si misura togliendo dal Pil nominale il “peso” dell’economia non osservata, si colloca appena sotto il 50%, attestandosi, secondo una nostra stima, al 49,5%: oltre 6 punti percentuali in più del dato ufficiale. Un carico fiscale spaventoso”. Una pressione fiscale “reale” che, conclude la Cgia, è giunta a questo risultato perché il Pil nazionale include anche la cifra imputabile all’economia sommersa prodotta dalle attività irregolari che, non essendo conosciute al fisco, non pagano né tasse né contributi.

Valanga di scadenze tra giugno e luglio

Il caldo dell’estate coinciderà con una serie di scadenze che riguardano le tasse che gli italiani sono chiamati a pagare.
Facendo una stima di tutti gli adempimenti, i cittadini dovranno sborsare una cifra molto vicina a 75 miliardi di euro, distribuiti in una trentina di scadenze fiscale, a cominciare con le “vecchie conoscenze” Irpef, Imu, Tasi, Tari, Iva, Ires e Irap.

Il giorno più impegnativo è lunedì 16 giugno, non soltanto termine ultimo per pagare l’acconto TASI-IMU.
Ecco le altre scadenze per tipologia di contribuente dedicate alle imprese:

  • Società di persone: saldo 2013 e acconto 2014 senza maggiorazione dell’IRPEF risultante dalle dichiarazioni annuali UNICO SP; saldo e acconto IRAP; saldo addizionale regionale IRPEF; saldo e acconto dell’addizionale comunale; saldo IVA 2013 risultante dalla dichiarazione annuale, maggiorata dello 0,40% per mese o frazione di mese per il periodo 16 marzo-16 giugno 2014.
  • Imprese con dipendenti: rata dell’addizionale comunale IRPEF trattenuta ai lavoratori dipendenti sulle competenze del mese precedente a seguito delle operazioni di conguaglio di fine anno, addizionale sui compensi a titolo di bonus e stock options, imposta sostitutiva sui premi di produttività erogati nel mese precedente.
  • Contribuenti Minimi: saldo 2013 e acconto 2014 dell’imposta sostitutiva, unica o prima rata.
  • Soggetti IRES: per imprese che presentano UNICO e periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, saldo e acconto di IRES e IRAP; saldo IVA.
  • Operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e via dicendo): imposta sostitutiva su redditi e IRAP.
  • Società di comodo: maggiorazione IRES del 10,5% come saldo 2013 e acconto 2014.
  • Studi di settore: i soggetti che si adeguano agli studi versano IRPEF, IRES, IRAP, IVA relative ai maggiori ricavi e l’eventuale maggiorazione del 3% per l’adeguamento spontaneo agli studi.
  • Soggetti IVA: liquidazione mensile, quarta rata 2013 maggiorata dello 0,33% di interessi.

Fra le altre scandenze per le imprese, entro martedì 3 giugno i soggetti passivi IVA che effettuano operazioni con operatori economici aventi sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (“black-list“) devono effettuare la comunicazione mensile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di importo superiore a euro 500 effettuate nello scorso aprile 2014.
Sempre il 3 giugno, gli intermediari finanziari devono consegnare la comunicazione all‘Anagrafe Tributaria dei dati, riferiti ad aprile 2014, relativi ai soggetti con i quali sono stati intrattenuti rapporti finanziari.
Un importante appuntamento per molte imprese (novità procedurale) è quello del 6 giugno, quando per i fornitori di Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza ed assistenza sociale (imprese o professionisti) scatta l’obbligo di fatturazione elettronica.

Anche per i contribuenti privati il 16 giugno è il giorno più impegnativo, con la scadenza dell’acconto TASI-IMU e il versamento di saldo 2013 e acconto 2014 dell’IRPEF persone fisiche e delle addizionali. Altre imposte con la stessa scadenza: cedolare secca (saldo 2013 e acconto 2014, senza maggiorazioni), imposta sulle attività finanziarie e sugli immobili all’estero. Sempre entro il 16 giugno CAF e commercialisti devono consegnare ai contribuenti la copia del 730 presentato entra il 3 giugno, con relativo prospetto di liquidazione.

Coloro che hanno scelto di pagare le imposte sul 2013 a rate, entro il 30 giugno devono versare la seconda rata IRPEF (risultante da 730 o UNICO) e delle addizionali.

Vera MORETTI