Niente tariffe minime per i professionisti

Confassociazioni, nella persona del suo Presidente Angelo Deiana, e di Marco Recchi, Consigliere del Presidente per le Relazioni Sindacali, ha voluto esprimere il sui dissenso circa il ripristino delle tariffe minime, anche dopo la sentenza del Consiglio di Stato.
Il motivo deriva dalla convinzione che il lavoro professionale vada sempre pagato ed investire in un progetto o in un corso di formazione deve essere una libera scelta dei professionisti, che si tratti di privati o di PA.

Questa presa di posizione deriva dalla sentenza 4614/del 2017 depositata il 3 ottobre, con cui il Consiglio di Stato chiarisce come la PA possa comprare a titolo gratuito le prestazioni professionali con regolare gara di appalto.
Si tratta di un contratto non oneroso, che rischia di minare i principi di correttezza e le garanzie sulla qualità della prestazione oggetto di gara.
I giudici hanno stabilito che gli interessi pubblici immanenti al contratto con la PA e alle esigenze che lo muovono, inducono a ritenere che l’espressione contratti a titolo oneroso possa assumere per il contratto pubblico un significato attenuato o in parte diverso rispetto all’accezione tradizionale e propria del mondo delle relazioni contrattuali tra privati.

Queste le parole di Angelo Deiana: “Il lavoro va pagato, sia che lo compri il pubblico sia il privato, ed è un principio irrinunciabile per la nostra Confederazione, ma il professionista non è un dipendente e, pertanto, deve esser libero di poter scegliere sempre quando realizzarlo, anche gratuitamente, come investimento professionale nell’ambito della ricerca ad esempio, ovvero svolgerlo a titolo oneroso. Questo ragionamento vale sopra tutto, per le attività prodromiche a quelle professionali come la progettazione, o per quelle di ricerca dove il professionista svolgendole, si forma e aumenta le proprie competenze. Aumentando il valore della propria offerta sul mercato”.

Ha aggiunto Marco Recchi: “In questi casi (preventivazione, progettazione e ricerca) va considerato che il professionista sceglie già, specie nell’ambito privato, come dedicarsi a queste attività, ovvero se farlo a titolo oneroso o dietro compenso. Non si capisce perché non possa farlo per la PA, viste le finalità che quest’ultima persegue per il bene collettivo. Ciò non toglie nulla al principio che il lavoro professionale vada pagato, che da sempre è la bandiera di Confassociazioni”.

Deiana ha poi concluso: “Il rischio politico è che questa sentenza apra le porte alla battaglia di retroguardia e restaurazione per una riforma che reintroduca le tariffe minime. Per questo occorre chiarire che di certo la soluzione ottimale non è minimizzare i compensi professionali, standardizzandoli su quelli dei dipendenti come vorrebbe qualcuno specie quando le attività professionali le compra la PA. Il rischio infatti, reintroducendo le tariffe minime sotto la forma “velata” di equo compenso, è che la PA compri da domani al prezzo più basso e questo con un riflesso conseguente, sul settore privato che difficilmente sarà evitabile. Occorre alzare l’asticella, far valere le attività di ricerca e le competenze e portare il mondo professionale alla tutela del giusto compenso, capace di riconoscere al professionista il suo livello di professionalità non nel minimo ma in un processo giusto e non iniquo di valutazione tra le parti”.

Vera MORETTI

Groupon: Avvocati e dentisti in saldo richiamati all’Ordine

di Alessia CASIRAGHI

Liberalizzare. E’ la parola d’ordine che si rincorre sulle bocche di parlamentari, ministri, economisti e riempie le prime pagine dei giornali di questi giorni. Una bacchetta magica pronta a garantire la libera concorrenza e a ristabilire un po’ di sana competizione nel nostro paese. Ma quali sono le insidie che si nascondo dietro questo parola magica?

La notizia è passata un po’ sottotono, ma vale la pena accennarla. Qualche giorno fa cinque ingegneri, regolarmente iscritti all’Ordine professionale, di Torino, sono stati ‘richiamati’ proprio dall’ordine per aver svenduto a prezzi stracciati le proprie prestazioni attraverso un sito web. Il sito in questione, forse conosciuto ai più per le ablazioni dentali a costi bassissimi e per le cene di sushi a prezzi cinesi, è Groupon.

Portale di deal nato a Chicago nel 2008, Groupon propone offerte online a prezzi scontati attraverso coupon e vocher. E nel 2011 sono stati numerosi gli studi professionali che hanno deciso di diventare partner del servizio di vendita online. Qualche esempio?

Certificazione energetica di immobili e registrazione al catasto regionale a 59 euro, anziché 300. Trattazione di un procedimento stragiudiziale a 39 euro, anzichè 500, e per chi volesse pensare in grande c’è anche il due al prezzo di uno, 69 euro anzichè 1000.

Immediato l’attacco degli Ordini professionali: “praticare prezzi inferiori alla vigente tariffa professionale, contrasta con le norme deontologiche”. E a Bologna il mese scorso l’Ordine dei Medici ha puntato il dito contro le offerte in saldo di prestazioni mediche quali pulizie dentali, pap test, visite dermatologiche,  contro il “discount di una falsa sanità”.

Medici, avvocati, ingegneri, architetti e commercialisti sono avvertiti: svendere le proprie prestazioni a prezzi che contrastano notevolmente con le tariffe minime vigenti, comporta il rischio di un richiamo da parte dell’Ordine professionale, se non addirittura l’esclusione dallo stesso.

Ma liberalizzare le professioni non significa proprio fare i conti con l’abolizione delle tariffe minime vigenti? La questione resta aperta. Nel frattempo Groupon, dal canto suo, ha fatto sapere di essere ricorso più volte all’Antitrust, nel solo 2011, dopo numerosi boicottaggi in ogni parte d’Italia: “I problemi con le organizzazioni di categoria sono cominciati nel gennaio del 2011 – spiega Roberto Panetta, legale del gruppo. – Prima in maniera blanda, poi sempre più frequenti, sono arrivati decine di richiami per i nostri partner. Riteniamo che questo sia un comportamento scorretto perché restringe la concorrenza, pertanto abbiamo chiesto l’intervento dell’Autorità garante”.

Medici richiamati dall’ordine, insinuazioni più o meno verificate sull’attendibilità dei servizi offerti dal portale, un po’ come a dire ‘se costa poco, la fregatura ci sarà’. All’alba della nuova era ‘liberalizzata’ le perplessità sono numerose. E l’esempio di Groupon rappresenta un caso limite, ma anche un interessante spunto di riflessione.

E voi cosa ne pensate? Si tratta di un processo alle intenzioni, quello esercitato dagli Ordini Professionali, o di un’azione giusta e tesa a limitare una concorrenza che potrebbe farsi spietata e senza più regole? E’ giusto applicare tariffe scontate anche a servizi e prestazioni fino ad oggi regolamentate da tariffari minimi e cachet prestabiliti?

“Tariffe minime per contrastare l’evasione fiscale”

Il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri Gianni Rolando alza la voce per commentare la segnalazione inviata al Governo e alle Camere dall’Antitrust in vista dei lavori parlamentari per la conversione della Manovra, nella quale si auspica l’eliminazione del riferimento legale alle tariffe: “Stabilire delle tariffe minime inderogabili e dare il compito agli ordini professionali di riscuoterle per poi pagare i professionisti. In questo modo si darebbe una spallata definitiva all’evasione fiscale dei professionisti“, ha dichiarato a LABITALIA.

Sicuramente la mia è una proposta provocatoria però avrebbe la sua efficacia, anche se nella nostra categoria non si contano molti casi di evasione fiscale. La liberalizzazioni delle professioni rappresenta una grande opportunità per mettere mano a una questione complessa troppo spesso rimandata e per riscrivere i fondamenti di un nuovo modo di concepire la professione“.

Rolando concorda poi con l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato nella volontà di “ridurre la durata del tirocinio. Anche se questo non è un problema che tocca la nostra categoria: per gli ingegneri non esiste tirocinio, il tasso di successo all’esame di stato è dell’89%, gli iscritti all’albo sono 228 mila, con un aumento del 65% in dieci anni e meno del 10% di loro svolge la professione perché ‘ereditata’ dai genitori“.

In generale ritieniamo corretto che il tirocinio duri il meno tempo possibile, per aiutare veramente le giovani generazioni ad entrare nel mercato del lavoro. Si tratta comunque – ha concluso Rolando di uno strumento necessario perchè serve per preparare al mondo del lavoro i giovani che, magari anche se a livello tecnico hanno acquisito tutte le competenze necessarie, a livello pratico hanno ben poca esperienza“.