Patrimoniale: quale soglia di ingresso?

“Nel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro ci siamo posti il problema della patrimoniale. Il punto sul quale abbiamo trovato un’intesa, ma non una soluzione, è quello di definire la soglia di ingresso per intervenire sui patrimoni, indipendentemente dal tipo di patrimonio che si intende ‘colpire'”. Lo dice Costanzo Jannotti Pecci, Rappresentante del Cnel, in audizione nelle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, rispondendo ad una domanda sulla patrimoniale. “Una seconda casa di basso valore che magari è frutto di sacrifici e risparmi di una famiglia per dare una casa al figlio la colpiamo nello stesso modo di un’altra seconda casa frutto di altre condizioni economiche? La patrimoniale, inoltre, non potrebbe non avere caratteristiche di periodo limitato, se non una tantum. Soprattutto, il problema è che fine fanno le risorse della patrimoniale”.

Fonte: agenparl.it

Ici: cosa cambierà?

La manovra appena presentata dal Governo Monti per sanare i conti pubblici prevede, come tutti ormai sanno, anche l’aumento dell’Ici. In particolare, si ritornerà a pagare la tassa sulla prima casa, con una rivalutazione delle rendite catastali.

Cosa comporterà questo, in concreto? Si assisterà ad un‘eliminazione di agevolazioni a favore di beni primari, come è la prima casa, inoltre verrà aumentata la base imponibile attraverso la rivalutazione delle rendite e sarà introdotta una tassa patrimoniale.

Considerando come sarebbe stata accolta questa notizia, Mario Monti ha promesso che parte di questi soldi serviranno per diminuire le tasse ai lavoratori, pertanto prenderà con una mano e restituirà con l’altra.
Ad essere colpiti, infatti, saranno tutti, e non solo i “ricchi”, dal momento che essere proprietario di una casa non significa necessariamente essere benestante, anche perché, nella maggior parte dei casi, non si tratta di regge ma di normali appartamenti sui quali pende un mutuo pluridecennale.

Sembra però che la reintroduzione dell’Ici non sarà uguale per tutti ma terrà conto di elementi personali quali il reddito, il numero dei componenti della famiglia, la presenza di disabili e anziani.

La rivalutazione delle rendite dovrebbe attuarsi mediante l’aumento dell’attuale aliquota di rivalutazione che passerà dal 5% al 15 o 20%.

La patrimoniale dovrebbe essere attuata sempre attraverso l’Ici che aumenterà in relazione al valore patrimoniale dei beni posseduti. Chi ha un patrimonio immobiliare consistente contribuirà quindi maggiormente attraverso una tassazione più pesante.

Vera Moretti

Imposta patrimoniale: la parola a Colombo Clerici

Un incontro importante, nella suggestiva cornice di Villa Olmo a Como, sul tema “Come cambiare il mercato immobiliare!” organizzato da proprietari di casa e agenti di vendita. Una serie di riflessioni sul mercato del mattone, sull’effetto depressivo dell’economia nazionale , e soprattutto sul patrimoniale immobiliare. Questi sono stati i punti salienti del meeting degli immobiliaristi comaschi, che ha visto presidente di Assoedilizia e della Federazione Lombarda della Proprietà Edilizia, Achille Colombo Clerici.

Ne riportiamo fedelmente l’ intervento.

“Vorrei sottolineare come l’imposta patrimoniale, nella concezione della maggior parte dei suoi sostenitori, si configuri come un’imposta che colpisca esclusivamente gli immobili.

Come tale essa si presta ad una serie di critiche, poiché genera una discriminazione sociale e civile intollerabile fra cittadini e fra categorie di risparmiatori e di investitori economici.

 1) Data la dipendenza della tassazione dal sistema catastale, essa aumenta la disuguaglianza tra chi e’ a regime e chi e’ evasore in quanto possessore di un immobile non regolare ai fini fiscali , abusivo o meno che sia.

2) E’ discriminante dell’investimento del risparmio investito negli immobili, rispetto a quello investito nei titoli mobiliari e nelle imprese.
Queste ultime, sono certamente apparati che, nella loro autonomia giuridica, ammininstrativa e fiscale, generano produttivita’ e quindi rilevano ai fini della crescita economica e dei posti di lavoro; ma sono anche beni posseduti dai loro titolari, che andrebbero equiparati, sul piano della tassazione patrimoniale (se patrimoniale vi deve essere, ma non ne siamo affatto convinti ) ai beni immobili.

Al contrario, gli industriali vorrebbero escludere dall’imposta persino i beni immobili strumentali.

3) Essa colpisce, non il reddito, ma il valore capitale degli immobili.

Infatti genera un enorme prelievo assolutamente non sostenibile con il solo reddito e colpisce anche immobili che non producono redditi ( con effetti espropriativi in entrambi i casi ).

Non dimentichiamo che sulla base delle recenti manovre fiscali e’ stata prevista una serie di misure, alcune delle quali debbono ancor entrare in vigore, che produrranno un notevole incremento del prelievo fiscale a carico degli immobili:

– Il federalismo fiscale ( tasse di scopo e IMU che comporte un raddoppio dell’ICI )
– Addizionali comunali
– Contributo di solidarieta’

4) Effetto depressivo dell’economia.

In un Paese , come ha bene ricordato Eugenio Scalfari, particolarmente emotivo qual e’ il nostro il solo prospettarne l’eventualita’ produce effetti depressivi.

Se esaminiamo gli effetti nel mercato, non possiamo non considerare oltre che i fattori tecnici, anche un fattore immateriale che spesso gli economisti non prendono in considerazione.

Ed e’ il cosiddetto elemento psicologico: fondamentale nel generare tendenze ed orientamenti del mercato.
L’effetto, depressivo per l’economia, che ne deriva e’ infatti di tutta evidenza.

La sensazione dominante presso le famiglie risparmiatrici, sottoposte quotidianamente alla doccia scozzese di una ridda di proposte disparate e fantasiose che vengono riportate dalla stampa, non e’ solo quella di trovarsi “tra color che son sospesi”,ma soprattutto ormai di sentirsi di fatto ingiustamente e vanamente impoveriti da una prospettiva fiscale ineluttabile ( mentre non lo e’ per nulla e occorre chiarirlo all’intero Paese), della cui entita’ peraltro non v’e’ certezza.

Chiediamo ai commercianti, agli artigiani, agli operatori turistici, alle agenzia immobiliari, insomma a tutti coloro che hanno a che fare con le spese e gli investimenti delle famiglie e ci diranno della crescente contrazione dei consumi da parte dei nostri connazionali.

Non solo, ma il discorso della patrimoniale e’ spesso associato , non solo a quello della ricchezza e della rendita posizionale, ma anche a quello della evasione e della elusione fiscale : con tutte le implicazioni negative collegate ai toni punitivi e colpevolizzanti del giustizialismo fiscale e sociale, che vengono usati.

Mentre, viceversa, si tratta nella maggioranza dei casi di ricchezza rappresentata da risparmi ( quindi redditi, magari accumulati da generazioni che hanno gia’ scontato una o piu’ tassazioni anche patrimoniali laddove vi siano stati passaggi successori ).

Lo Stato, in alternativa alla patrimoniale,

– combatta risolutamente l’evasione fiscale, anche nel settore immobiliare,

– faccia le necessarie riforme per la riduzione della spesa pubblica

– destini il proprio patrimonio ( mobiliare ed immobiliare, storicamente acquisito con il sacrificio dei cittadini attraverso imposte, oneri sociali, espropriazioni per pubblica utilita’, requisizioni e quant’altro)all’abbattimento del debito pubblico, istituendo un sistema di titoli mobiliari che siano rappresentativi dello stesso, e che vengano collocati in linea alternativa al prelievo patrimoniale”.

P.P.

Vade retro, patrimoniale! Ecco perché è una proposta che non ha capo né coda

di Gianni GAMBAROTTA

Non è piaciuta questa storia della patrimoniale praticamente a nessuno. L’idea, come si sa, è stata lanciata una prima volta da Giuliano Amato, lo stesso che quando era al governo fece il prelievo blitz sui conti correnti di tutti gli italiani; poi, la settimana scorsa, è stata ripresa da Walter Veltroni che ne farà (si immagina) uno dei punti di forza della sua prossima campagna elettorale; infine, nei giorni scorsi, ne ha parlato in un’intervista al Corriere della Sera, Pellegrino Capaldo.

La sua proposta è articolata, studiata, approfondita: non per niente il professor Capaldo è una delle più (giustamente) stimate menti giuridiche italiane. Lui parla di tassare gli immobili, visto che circa l’80 per cento degli italiani abita in casa di proprietà. Questi beni, questi mattoni – è il punto di vista di Capaldo – hanno avuto nel corso degli anni una rivalutazione impressionante; talvolta il loro valore è decuplicato. Andiamo allora a colpire questa ricchezza, per certi versi immeritata, caduta dal cielo, così lo stato potrà incassare una cifra vicina agli 800-900 miliardi di euro. Il debito pubblico, ora al 120 per cento del pil, scenderà a quota 80 per cento, permettendo così di reimpostare una politica economica espansiva.

Sono molte le obiezioni che si possono muovere (e sono state mosse) a questo progetto. A parte quelle già dette nella rubrica della settimana scorsa, ce ne sono due che mi pare interessante riprendere e sottolineare. Anzitutto l’impianto che ha in mente Capaldo appare molto complesso per la macchina burocratica italiana. Abbiamo un catasto che non è un modello internazionale di efficienza e veridicità; i valori degli immobili sono spesso casuali, irrealistici. Questa imposta straordinaria rischia di colpire alla cieca, tassando chi già paga e risparmiando (o colpendo marginalmente) furbi e/o fortunati. Non possono essere questi i criteri cui si ricorre per una misura che dovrebbe reimpostare la vita economica di una nazione.

L’altra osservazione è contenuta in un commento di Francesco Giavazzi, editorialista del Corriere della Sera, interpellato sull’argomento dal Foglio di venerdì scorso. Una patrimoniale – non importa se mirata a colpire la ricchezza immobiliare o quella finanziaria – avrebbe comunque un effetto recessivo. “Se la famiglie hanno un certo target di ricchezza e si toglie una parte di questa ricchezza, che cosa faranno? – si chiede GiavazziRicominceranno a risparmiare per raggiungere di nuovo quell’obiettivo di ricchezza che si erano poste. E non bisogna essere keynesiani per sapere che un aumento del tasso di risparmio, determinando un’ulteriore caduta dei consumi, spingerebbe l’economia a scendere a picco“. Risultato: il rapporto debito pubblico rispetto al pil non cambierebbe perché diminuirebbe sì il numeratore (debito) ma anche il denominatore (pil). Dunque tutta l’operazione si rivelerebbe inutile.

Eh no, Veltroni, non ci siamo: la tua patrimoniale è un’idea insana

di Gianni GAMBAROTTA

Non so chi sia, secondo le ultime statistiche del mensile americano Forbes sui Paperoni del mondo, l’uomo più ricco d’Italia. Forse è ancora Leonardo Del Vecchio, padrone di Luxottica, o uno dei fratelli Benetton, o l’immancabile Silvio Bersluconi, o qualcun altro, una new entry finora sconosciuta al grande pubblico.

Non importa. Chiunque sia, desidero affermare un concetto che ritengo fondamentale nella situazione politica italiana di oggi: sono contrario a qualsiasi proposta, da qualunque parte venga, che punti ad aumentare anche solo di un euro all’anno le tasse sul primo nababbo nazionale. E a scendere su tutti gli altri, compresi i detentori di risparmi per poche decine di migliaia di euro.

Dico questo dopo aver letto le cronache dell’intervento di Walter Veltroni al convegno del Lingotto nel weekend scorso. Il leader di Modem, l’unica minoranza organizzata all’interno del Pd, ha detto che fra le tante cose che farebbe se un giorno dovesse andare al governo, ce n’è una che gli sta particolarmente a cuore: una patrimoniale, sul tipo dell’eurotassa varata dal governo di Romano Prodi nel 1997, che colpisca i grandi patrimoni. “Il debito pubblico italiano – ha detto – ha raggiunto livelli insostenibili. Bisogna per tre anni tassare chi ha di più per portare quel debito a grandezze ragionevoli, attorno all’80 per cento del prodotto interno lordo contro l’attuale 120 per cento“.

Un’idea insana. Oggi una cifra vicina al 50 per cento di tutta la ricchezza prodotta dal Paese va allo Stato e al parastato sotto forma di tasse dirette e indirette e prelievi di vario tipo. Questo succede perché da decenni politici come Veltroni hanno chiesto e spinto sull’aumento delle spese pubbliche per conquistare consensi elettorali. L’Italia si basa su un gigantesco voto di scambio, che è una delle ragioni della sua arretratezza e dell’esplosione del debito pubblico.

Che questo (del debito) sia uno dei più gravi problemi italiani è fuori discussione. Ma lo si deve aggredire tagliando senza andare per il sottile la spesa pubblica, togliendo favori, elargizioni, prebende alle clientele elettorali che invece ogni politico culla amorevolmente. Aumentare le tasse, anche solo introducendo un’imposta straordinaria sulla ricchezza, non farebbe altro che fornire altro ossigeno finanziario ai partiti che lo userebbero come hanno sempre fatto, dilatando la spesa per catturare consensi al momento delle urne.

La stessa eurotassa citata da Veltroni lo prova: è servita sì a darci un salvacondotto momentaneo per entrare nell’euro, ma non ha prodotto alcun effetto sullo stock del debito che ha continuato, imperturbato, a crescere. E’ dal lato della spesa che deve essere affrontata la questione. Anche della spesa che riguarda la politica e il suo costo. Perché Veltroni non mette nel suo programma la netta riduzione degli emolumenti dei nostri parlamentari e ministri che guadagnano più dei loro colleghi tedeschi? Perché deve essere normale che una consigliera della Regione Lombardia, Nicole Minetti, divenuta famosa per le sue capacità di organizzatrice di festini con prostitute, riceva dalla Regione stessa uno stipendio da oltre 10mila euro al mese?