Noi siamo l’ auto che guidiamo (o, almeno, vorremmo esserlo)

Per qualcuno l’ auto, di proprietà o aziendale, è solo un mezzo di trasporto come un altro, mentre per molti era e rimane principalmente uno status symbol. Un modo di vivere l’ auto che in Italia, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei, è ancora una filosofia di vita.

La conferma di questo arriva dall’edizione 2015 della ricerca commissionata da AutoScout24 dal titolo The cars we want tomorrow, le auto che vogliamo domani. Ebbene, stando ai risultati della ricerca, il 46,5% degli italiani è convinto che le auto, anche fra 25 anni, non saranno un semplice mezzo di trasporto ma saranno lo strumento per trasmettere agli altri “chi siamo”, “cosa amiamo” e che “ruolo rivestiamo” nella società.

La ricerca di AutoScout24, realizzata dall’istituto Gfk, ha coinvolto un campione di 8.811 persone fra i 18 e i 65 anni in Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Spagna. Alla domanda “Tra 25 anni l’ auto cosa potrà offrirmi?”, quasi la metà del campione italiano, composto da 1.452 soggetti, ha risposto: “La possibilità di riflettere il mio stato sociale/la mia immagine”.

Si tratta della percentuale più alta rilevata in Europa. Dietro di noi, staccatissimi, gli spagnoli, che si fermano al 37,2%. Poi si scende sotto la media europea rilevata, che è del 33,4%. In Francia non si va oltre il 31,6%, in Germania il 24%. Per la maggior parte degli abitanti dei Paesi del Nord Europa, cioè, l’ auto rappresenta un semplice mezzo di trasporto.

Lo studio, inoltre, ha messo in evidenza una stretta correlazione fra età e percentuale di risposte: il 43,3% dei giovani fra i 18 e i 29 anni pensa che anche in futuro l’ auto sarà un mezzo di espressione della propria personalità. Questo dato si riduce drasticamente dopo i 60-65 anni, arrivando al 22%. Con l’età, quindi, prevale un giudizio meno legato all’esteriorità e più alla sostanza.

È interessante notare, inoltre, la stretta correlazione rilevata fra coloro che ritengono la macchina uno status symbol e chi riserva grande importanza al piacere di guida (89,3%), valore che, invece, scende al 69,5% tra chi è disinteressato ad esprimere la propria immagine sociale.

Entrate tributarie erariali: + 4 miliardi

Un incremento di oltre 4 miliardi di euro rispetto al 2010 per un totale di 258 miliardi e 241 milioni raccolti da gennaio ad agosto 2011. Le entrate tributarie erariali crescono nel 2011, secondo quanto emerso dal Bollettino del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Uno sprint arriva dal gettito Ire, l’imposta sui redditi, che cresce del 2,3% con un incremento che sfiora i 2,5 miliardi, anche grazie al buon andamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente pubblico e privato e di quelle sui redditi di lavoro autonomo. Positivo il fronte delle imposte indirette, che registrano un più 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2010. Nonostante l’aumento introdotto dall’ultima finanziaria, cresce anche il gettito Iva, con un +1,9%, arrotondato grazie al prelievo sulle importazioni.

Crescono le entrate legate ai giochi, con un + 16,9%, e al consumo di tabacchi, con un + 3%, nonostante il recente rincaro dell’imposta nazionale sulla vendita di tabacchi, mentre le attività di accertamento e controllo hanno fatto registrare un incremento del 36,8%. La “cedolare secca” invece, l’imposta sostitutiva dell’Irpef, ha generato entrate per 138 milioni di euro.

Un bilancio positivo, ma quali sono invece i settori in calo? Il gettito Ires perde il 5% rispetto allo stesso periodo del 2010, flessione imputabile all’assenza delle imposte sostitutive introdotte con la Finanziaria del 2008. Un calo più lieve registra invece l’imposta sulle successioni e donazioni, che si arresta al -1,3%. Ad aumentare infine le entrate legate ai canoni di abbonamento radio e Tv, che guadagnano 31 milioni di euro in più rispetto al periodo gennaio-agosto 2010 (+1,9%), le concessioni governative con 23 milioni (+2%) e le tasse auto con 18 milioni di euro(+4,3%).

A.C.

Cassazione: se possiedi un’auto puoi pagare anche i contributi

Nell’accertamento sintetico (redditometro) anche la semplice disponibilità di un’autovettura è un elemento che testimonia la capacità contributiva, in mancanza di idonea prova contraria in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie al suo acquisto e al suo mantenimento (in quanto trattasi, per esempio, di somme già tassate o esenti). Questo canto stabilito dalla Corte di Cassazione nella pronuncia 9549 del 29 aprile in cui era implicato un agente di commercio per il quale come è noto il bene mobile registrato costituisce un bene strumentale.

Il solo possesso di un’autovettura da parte di un contribuente è sufficiente per l’applicazione dell’accertamento sintetico-redditometrico pur  trattandosi di un bene strumentale all’attività di impresa dello stesso. Questo quanto deciso dalla Cassazione, a differenza di quanto sostenuto precedentemente la Commissione tributaria regionale accogliendo il ricorso del contribuente.

Il possesso del bene costituisce “…una presunzione legale di capacità contributiva, ai sensi dell’art. 2728 c.c., atteso che è la legge stessa a ricollegare al fatto certo di tale disponibilità l’esistenza di una capacità contributiva“. Ciò significa”…che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi rilevatori di capacità contributiva, non può privare tali elementi della capacità presuntiva che la legge ha inteso annettere alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma“.

La Corte ha voluto precisare che “per la deducibilità delle spese relative a beni strumentali, ai fini delle imposte sui redditi, è necessaria – a differenza di quanto è previsto per l’IVA, dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e ss., – l’annotazione del registro dei beni ammortizzabili, prescritta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 16, in difetto della quale non può farsi luogo, pertanto, alla deducibilità dei relativi costi ai fini IRPEF e ILOR“.

Mirko Zago