Pressione fiscale, l’allarme di Confcommercio

Quando non ci pensa la Cgia a far i conti della pressione fiscale invereconda cui è sottoposto il nostro Paese, ecco venire in soccorso della verità la Confcommercio. E lo fa con una denuncia senza appello: secondo l’ultima ricerca Confcommercio-Cer su finanza pubblica e tasse locali, dal 1995 al 2015, la pressione fiscale in Italia è passata dal 40,3% al 43,7% e le tasse locali sono passate da 30 miliardi a 103 miliardi di euro, +248%, mentre le tasse centrali sono balzate da 228 miliardi a 393 miliardi, +72%. Roba da terzo mondo.

Il dettaglio della ricerca dice poi che le imposte sugli immobili sono aumentate del 143%, passando da 9,8 miliardi a 23,9 miliardi di euro, mentre dal 2011 al 2015 la tassa sui rifiuti è aumentata del 50%.

E non è finita qui, perché anche per quest’anno la pressione fiscale è destinata ad aumentare, poiché Confcommercio stima che nel 2016 le imposte sugli immobili e sui rifiuti faranno registrare un aumento complessivo dell’80% rispetto al 2011, da 15,4 a 27,8 miliardi.

Il commento a questi dati del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, è impietoso: “Il 2016 sarà un anno difficile, di sfida, perché ci entriamo con un dato inaspettato e deludente sul Pil dell’ultimo trimestre 2015, ma l’Italia ha le carte in regola per crescere in modo soddisfacente, le condizioni sono: abbattimento della spesa pubblica improduttiva per ridurre le tasse a famiglie e imprese e che la legge di stabilità esplichi tutti i suoi effetti competitivi“.

E non è tutto. “Anche se la spesa pubblica corrente si è finalmente ridotta nel 2015 – ha poi aggiunto Sangalli -, gli sforzi fatti non sono sufficienti. La crescita della pressione fiscale indebolisce il nostro sistema produttivo, già stremato da una crisi durissima. Ridurre il carico fiscale su imprese e famiglie è prioritario. Le nostre imprese, quelle del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti non vogliono e non possono più pagare il conto di enti pubblici inefficienti. E soprattutto non vogliono subire trattamenti discriminatori e penalizzanti nel pagamento delle tasse locali”.

La mappa delle tasse locali in Italia

Quando, in Italia, escono notizie riguardanti le tasse, le fonti sono normalmente due: il Governo, che le tasse prova a tagliarle ma quando c’è da inventarne di nuove mostra una fantasia più fervida di quella di Walt Disney; la Cgia, che sulle storture del nostro sistema fiscale e sulla ferocia delle tasse nei confronti di imprese e famiglie sforna analisi complete e meritorie a getto continuo.

L’ultima in ordine di tempo riguarda il peso delle tasse che le famiglie italiane devono pagare nei diversi capoluoghi. Ebbene, dai numeri snocciolati dalla Cgia emerge che le famiglie che pagano più tasse in Italia sono al Centro-Sud.

L’analisi della Cgia prende in esame il totale di Irpef, addizionali comunali e regionali Irpef, Tasi, Tari e bollo auto e scopre che a Reggio Calabria se la passano peggio che altrove: 7.684 euro di tasse in media nel 2015.

Seguono Napoli (7.658 euro), Salerno (7.648), Messina (7.590), Roma (7.588), Siracusa (7.555), Catania (7.547 euro) e Latina (7.540 euro). Il Nord-Est ha il primato per le città dove le famiglie pagano meno tasse, poiché delle ultime 6 posizioni della classifica della Cgia, 4 sono occupate da Comuni di quell’area: Verona (7.061 euro), Vicenza (6.986), Padova (6.929) e Udine (6.901).

L’analisi dell’Ufficio studi della Cgia ha preso in esame il carico fiscale su una famiglia composta da un lavoratore dipendente con coniuge e figlio a carico, reddito medio annuo di 31mila euro, casa di proprietà di 100 metri quadrati e auto di media cilindrata. Questa mappa delle tasse elaborata dalla Cgia ha riguardato 19 comuni capoluogo di regione e 31 di provincia con oltre 100mila abitanti.

Il 2016, da punto di vista delle tasse locali, sottolinea la Cgia, si presenta a due facce. Se, da una parte, l’abolizione della Tasi sulla prima casa porterà alle famiglie italiane un risparmio medio di 200-250 euro, dall’altro nelle regioni in disavanzo sanitario è facile che vi sarà un aumento delle tasse locali o dei ticket sanitari a causa dei mancati aumenti dei trasferimenti in materia di sanità dallo stato centrale.

Netta al conclusione del coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Il differenziale tra le imposte pagate a Reggio Calabria e quelle versate a Udine è di ben 783 euro. Se consideriamo la qualità e la quantità dei servizi offerti, è evidente che questo gap non ha alcuna giustificazione e la gran parte delle famiglie del Sud che pagano le tasse subiscono una vera ingiustizia”.

Tenetevi forte, arriva l’ Imus

In quanto a fantasia nel dare nomi a tasse e imposte, il nostro fisco non ha eguali al mondo. Dopo l’Imu, ecco l’ Imus, o imposta municipale secondaria, che dovrebbe entrare in vigore quest’anno anche se manca ancora il regolamento governativo alla cui stesura dovrà partecipare la Conferenza Stato-città e autonomie locali. Ragion per cui, l’ Imus non potrà partire.

L’ Imus è stata introdotta dall’art. 11 del D.Lgs. n. 23/2011, il cosiddetto Decreto sul Federalismo fiscale, ed è una tassa omnicomprensiva: includerà il canone e la tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni e il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari.

Solo che, appunto, a causa della mancanza del regolamento attuativo, l’ Imus, che si configura come una vera “imposta a testata multipla” resterà ancora per un po’ nel congelatore. Anche se, dal momento che servirà a portare risorse nelle agonizzanti casse delle amministrazioni locali, siamo sicuri che non ci vorrà troppo tempo prima che il regolamento per attivare l’ Imus venga scritto…

Il Tax Freedom Day slittato di più di un mese

Da uno studio di Confesercenti emerge un’altra magagna che la crisi ha contribuito a generare, e che fa aumentare la nostalgia dei tempi andati.

Se, infatti, nel 1990 bastavano 8 giorni per pagare le tasse locali, ora ne servono ben 26. E i tempi si sono allungati non solo a causa delle tasche, sempre più vuote, ma anche per l’aumento delle imposte che il cittadino è chiamato a versare: tra imposte sul lavoro, sulle imprese e sui consumi, gli italiani pagano il doppio di tasse rispetto a spagnoli ed inglesi.

Per questo, il Tax Freedom Day, che fino a pochi anni fa scattava già ad inizio di maggio, ora è slittato al 12 giugno. E la “colpa” è soprattutto del federalismo, che ha incrementato le tasse locali.

Per questo motivo, diventa quanto mai indispensabile un abbassamento della pressione fiscale, da ottenere in maniera definitiva con un taglio deciso alla spesa pubblica, come Confesercenti sostiene: “Gli sprechi, le spese inutili, i troppi livelli istituzionali producono uno sperpero enorme di denaro pubblico. Si può cominciare a risparmiare molto con il rigore ed una coraggiosa riforma. E’ strumentale ogni tentativo di prendere tempo: bisogna cominciare subito per favorire la ripresa”.

Vera MORETTI

Dal 2013 l’Imu resterà ai comuni

Buone notizie per i comuni italiani. Per i cittadini, è tutto da vedere. Il presidente dell’Anci, Graziano Delrio, al termine dell’incontro con il presidente del Consiglio, Mario Monti, a palazzo Chigi ha infatti affermato: “L’Imu andrà tutto ai Comuni dal 2013: il Governo ha preso un impegno preciso su questo“. “Dopo la prima rata – ha continuato Delrio – dovremo ragionare su come avverrà questo passaggio. È un percorso interessante e giusto che permetterà di rimodulare le tasse sulle entrate di questi trasferimenti“.

Da vedere se il risultato dei trasferimenti dell’Imu agli enti locali darà, in termini di ritorno in qualità dei servizi, qualcosa in più rispetto a quanto lo stato restituice ai cittadini.

Tasse locali? Un sacco e una sporta

Sembra che ultimamente uno degli esercizi più gettonati sia quello di calcolare quanto aumenta la pressione fiscale su imprese e famiglie ogni volta che il governo Monti mette mano alla finanza centrale o gli enti locali si inventano tasse per rimpolpare le loro casse esauste. Lo fanno associazioni di consumatori, lo fa spessissimo la benemerita Cgia di Mestre e lo fanno persono i sindacati.

Proprio da uno della Triplice arrivano infatti le ultime stime sulla intollerabile pressione fiscale a livello locale che sta investendo gli italiani. Secondo uno studio della Uil, tra tasse locali e imposte comunali nel 2012 per il contribuente italiano arriverà una mazzata media di oltre 1400 euro.

Una stangata dovuta in gran parte alla mistura mortale di Imu, addizionali Irpef, Tarsu e Imposta di soggiorno. Un mischione velenoso che costerà, mediamente, ai contribuenti 1.427 euro, di cui 177 euro a famiglia per l’Imu sulla prima casa, 865 euro per l’Imu sulla seconda, 143 euro di addizionale comunale Irpef per contribuente e 220 euro per la Tarsu.

E chi saranno i più “fortunati”? Sempre secondo lo studio della Uil, Roma è la città che denuncia il ‘salasso’ maggiore in quanto a imposizione fiscale locale: tra Imu, addizionale Irpef e Tarsu, il 2012 peserà mediamente sulle famiglie per 3.042 euro. A seguire, Bologna con un esborso medio di 2.580 euro, e Milano con 2.519 euro. Insomma, da dove viene viene, la realtà è sempre una e una sola: imprese e cittadini, cornuti e mazziati.

Famiglie schiacciate dalle tasse locali

Imposte locali, croce delle imprese e delle famiglie. Soprattutto di queste ultime, che per questo 2012 vedranno cascarsi addosso un gettito che sfiorerà i 35 miliardi di euro. Dato di per sè già impressionante, ma che impallidisce se si guarda alla crescita registrata negli ultimi 10 anni: +86,4%. Che equivale, sempre nello stesso periodo di tempo, a un aumento carico fiscale locale del 69,3% per ogni famiglia italiana.

E indovinate chi ha fatto questi conti. Ancora una volta la “santa” Cgia di Mestre, che ha analizzato quanto il gettito delle principali imposte locali nell’ultimo decennio ha gravato sui bilanci delle famiglie italiane. L’associazione mestrina ha preso in esame l’addizionale regionale Irpef, l’addizionale comunale Irpef e l’Ici/Imu. Morale: secondo la Cgia per il 2012, in particolar modo per l’applicazione dell’Imu sulla prima casa e per l’aumento delle addizionali regionali Irpef, l’impennata sarà forte: su ciascuna famiglia italiana peserà un carico fiscale locale aggiuntivo medio pari a 575 euro, che alzerà la quota totale sino a toccare un valore medio di 1.390 euro.

Il segretario della Cgia Mestrina, Giuseppe Bortolussi: “In buona sostanza nel 2012 ciascuna famiglia italiana verserà alla sua Regione e al Comune di residenza un importo medio pari ad uno stipendio mensile. Va sottolineato che questi risultati a cui siamo giunti sono sottostimati, visto che nel conteggio abbiamo mantenuto il gettito dell’addizionale comunale Irpef pari a quello incassato l’anno scorso. In realtà sappiamo benissimo che non sarà così, visto che per il 2012 molti Sindaci hanno deciso di rivederne all’insù l’aliquota“.

Amara la conclusione di Bortolussi: “Avviato concretamente nella prima fase di questa legislatura, il federalismo fiscale è una riforma che dovrebbe essere ripresa in mano e portata a compimento. Invece, prima di cancellarla dalla sua agenda politica, il Governo Monti ne ha modificato un tassello importante: l’Imu. Inizialmente ne ha cambiato la metodologia di applicazione, poi ne ha anticipato di un anno l’entrata in vigore, con il risultato di favorire, in grande misura, le casse dello Stato centrale a svantaggio di quelle dei Comuni. Risultato: obbiettivo originario completamente rovesciato“.

Tasse locali, quasi peggio di quelle statali

Lo Stato centrale sarà pure un ladro e una sanguisuga, ma gli enti locali non sono da meno. Lo conferma uno studio della Cgia di Mestre, secondo il quale le tasse locali pesano su ciascun italiano per 1.230 euro. Ma, secondo quanto emerso dallo studio dei Bortolussi Boys, il peggio deve ancora arrivare.

I cittadini più tartassati sono i lombardi, che nei primi 10 posti della classifica generale, riferita al 2011, ne occupano 8. In testa Varese, con una pressione tributaria locale pari a 1.714 euro pro capite, seguita da Lecco con 1.681. Al terzo posto ex aequo con una pressione tributaria locale pari 1.665 euro ci sono Bergamo, Monza e Bologna. Quarta Sondrio, con 1.650 euro poi Rieti e Pavia con 1630. Fanalini di coda Caltanisetta, con 789 euro pro capite, Agrigento con 767 e Lanusei, in Sardegna, con 671.

I risultati finali scaturiscono dalla sommatoria delle entrate tributarie versate da tutti i contribuenti al Comune, alla Provincia e alla Regione in rapporto alla popolazione residente.

Commenta il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “Ricordo che il nostro sistema fiscale è basato sul principio della progressività; da ciò si evince che nelle realtà dove si versano più tasse i livelli di reddito sono mediamente più elevati e, quasi sempre, la qualità e la quantità dei servizi offerti sono migliori. Insomma, nei territori più ricchi si paga in misura maggiore, ma si riceve anche di più. Voglio altresì ricordare che la pressione tributaria locale della Lombardia è mediamente più elevata che nel resto del Paese perché è molto forte il carico fiscale riconducibile all’Irap. Una imposta, voglio ricordarlo, che, applicata dalle Regioni, viene pagata dalle imprese e non dai cittadini“.

L’elaborazione fornisce una stima del livello della pressione tributaria locale nei capoluoghi di provincia sulla base delle ultime informazioni disponibili, ossia quella riferita al 2011, subito prima della “raffica” di aumenti scatenata nel corso dell’anno con le due manovre d’estate approvate dal Governo Berlusconi (Dl 98/2011 e Dl 138/2011) e con il decreto “salva Italia” (Dl 201/2011). Mancano quindi l’IMU e l’aumento dello 0,33% dell’aliquota base dell’addizionale regionale IRPEF. Due misure che comporteranno un maggior gettito complessivo di 12,8 miliardi di euro che però finiranno completamente nelle casse dello Stato. Per avere più risorse Regioni ed enti locali dovranno mettere mano alle aliquote.

Pertanto – prosegue Bortolussiè certo che nel 2012 assisteremo ad una impennata impressionante della tassazione locale, con effetti per le casse delle Regioni e degli Enti locali molto modeste”.

Riguardo alle regioni si sono considerati unicamente i tributi propri (Irap, addizionale Irpef, bollo auto), quella parte di entrate tributarie sulle quali le Regioni hanno margini di manovra.

Per le Province si sono esaminate le entrate tributarie al netto della compartecipazione IRPEF, in quanto su questa voce le Province non hanno possibilità di intervento.

Anche per i Comuni, la pressione tributaria è stata calcolata considerando le entrate tributarie al netto della compartecipazione IRPEF. Tuttavia, non è stato possibile utilizzare i bilanci di previsione 2011 perché si sono riscontrate differenti modalità di compilazione dei bilanci stessi. Il 2011 è infatti il primo anno di applicazione del Fondo sperimentale di riequilibrio, alimentato da quote di tributi sugli immobili e dalla cedolare secca, che sostituisce i vecchi trasferimenti. Alcuni comuni hanno redatto il bilancio 2011 conteggiando le risorse del Fondo nel titolo 2 (dove figurano anche i trasferimenti dall’UE, dalla Regione e dalla Provincia), mentre altri hanno imputato le risorse del Fondo tra le entrate tributarie. Ricordiamo, tuttavia, che il Fondo non può essere considerato un tributo proprio, perché alimentato da tributi statali. Per tali ragioni e per garantire la massima confrontabilità possibile dei dati, si è preferito utilizzare i bilanci consuntivi 2010 (Ministero dell’Interno).

Un ultima precisazione sui dati del Comune di Venezia e della Regione Valle d’Aosta, depurati dai proventi dei rispettivi Casinò. Ma la sostanza non cambia: spremuti e mazziati.

Aumento delle tasse locali del 138%. Per la Cgia di Mestre è allarme

Il presidente della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi lancia l’allarme: tra il 1995 e il 2010 la tassazione a livello locale è aumentata del 137,9%. In termini assoluti, le entrate fiscali delle Amministrazioni locali (Comuni, Province, Regioni) sono passate da 40,58 miliardi a 96,55 miliardi di euro.

A fronte di un incremento delle entrate del 6,8% occorre fare i conti con un incremento importante della tassazione locale. L’aumento della tassazione locale, commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni ’90. L’introduzione dell’Ici, dell’Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali.

Bortolussi prosegue: “La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente, creando non pochi problemi di bilancio a tante piccole realtà amministrative locali che si sono difese aumentando le tasse locali. I fortissimi tagli imposti dalle manovre correttive di luglio e di Ferragosto rischiano di peggiorare la situazione e di demolire lo strumento che in qualche modo poteva invertire la tendenza, ovvero il federalismo fiscale“.