La Grecia siamo noi (anzi, peggio)

In questi giorni si fa un gran parlare della crisi greca e il Paese ellenico viene additato come un esempio pessimo da non seguire. Peccato però che, per quanto riguarda le tasse sulle imprese e il mercato del lavoro, la Grecia sia messa molto meglio dell’Italia.

È quanto emerge da una ricerca del centro studi ImpresaLavoro, realizzata elaborando i dati del World Economic Forum e della Banca Mondiale. Stando infatti a questa ricerca, la Grecia batte l’Italia per 12 a 0 in materia di mercato del lavoro e tasse sulle imprese.

Nello specifico, la ricerca di ImpresaLavoro, si è basata sul rapporto “Doing Business 2015” della Banca Mondiale e ha scoperto come il Total Tax Rate (la pressione fiscale totale sulle imprese) nel Paese ellenico non arriva al 50% (49,9%) mentre da noi si spinge fino al 65,4%. Senza contare il fatto che ogni azienda greca impiega ogni anno 193 ore per pagare le tasse contro le 269 di un’impresa italiana.

Ma dove si consuma, alla fine, il “cappotto” di Atene su Roma? Grosso modo nelle classifiche del “Global Competitiviness 2014-2015”. Eccole le prime 9 voci.

  • efficienza generale del mercato del lavoro: Grecia è 118esima, Italia 136esima;
  • collaborazione tra lavoratori e imprese: Grecia 108esima, Italia 137esima;
  • flessibilità nella determinazione dei salari: Grecia 118esima, Italia 138esima;
  • efficienza nelle modalità di assunzione e licenziamento: Grecia 92esima, Italia 141esima;
  • legame salari-produttività: Grecia 121esima, Italia 139esima;
  • effetto della tassazione sull’incentivo a lavorare: Grecia 138esima, Italia 143esima;
  • scelta dei manager in base al merito: Grecia 98esima, Italia 122esima;
  • capacità di trattenere i talenti: Grecia 96esima, Italia 121esima;
  • capacità di attrarre i talenti: Grecia 127esima, Italia 128esima.

Non ha bisogno di ulteriori chiose il commento su questo paragone tra Italia e Grecia fatto da Massimo Blasoni, presidente di ImpresaLavoro: “Anche se l’Italia ha dei fondamentali economici migliori di quelli greci, occorre notare come l’analisi puntuale di due aspetti importanti dell’economia come efficienza del mercato del lavoro e tassazione sulle imprese dimostrino l’arretratezza del nostro Paese. Non è un dato banale perché i fondamentali economici sono figli delle scelte fatte in passato”.

Lunga vita alle imprese. Mica tanto

Il dramma dei suicidi tra gli imprenditori, che finalmente pare aver cominciato a godere dell’attenzione che merita, è la faccia più tragica di un altro fenomeno silenzioso ma devastante: quello della moria delle imprese.

Secondo un’indagine della Cgia di Mestre, un’impresa su due (il 49,6%) chiude entro i primi 5 anni di vita. I motivi di questa strage sono ben chiari a Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre: “Tasse, burocrazia, ma soprattutto la mancanza di liquidità sono i principali ostacoli che costringono molti neoimprenditori a gettare la spugna anzitempo. E’ vero che molte persone, soprattutto giovani, tentano la via dell’autoimpresa senza avere il know how necessario, tuttavia è un segnale preoccupante anche alla luce delle tragedie che si stanno consumando in questi ultimi mesi”.

E la mente corre subito alle decine di suicidi tra i piccoli imprenditori che si sono registrati dall’inizio dell’anno: “Il meccanismo si sta spezzando – prosegue Bortolussi; questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa. Per molti, il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo e insensibile, che non riesce a cogliere la gravità della situazione”.

La nota preoccupata della Cgia si chiude sottolineando l’importanza delle piccole micro imprese in chiave occupazionale. Se, come risulta da dati dell’Unione Europea, il 58% dei nuovi posti di lavoro è creato dalle imprese con meno di 10 addetti e se, come risulta dai dati Istat, il 60% dei giovani italiani neoassunti nel 2011 è stato assorbito dalle microimprese con meno di 15 addetti, il Governo non può non intervenire abbassando il carico fiscale sulle imprese e in generale sul mondo del lavoro. Esattamente la direzione opposta rispetto a quella presa dall’Esecutivo con le sue ultime misure, tra le quali la delega fiscale.