Under35, persi due milioni di occupati

Sarebbero oltre 2 milioni gli occupati in meno tra i 25 e i 34 anni negli ultimi sei anni secondo gli ultimi dati elaborati dall’Istat. Anno dopo anno, quindi, gli under35 con un impiego sarebbero drammaticamente calati, con un crollo complessivo di 2 milioni e 107 unità, passando dai 7 milioni 236 mila degli anni precedenti alla crisi economica ai 5 milioni 129 mila di oggi

D’altra parte, i dell’Istat sull’occupazione a fine settembre lasciavano ben poco spazio all’ottimismo con un tasso di disoccupazione complessivo che resta superiore al 12%. Lo stesso premier Matteo Renzi ha ammesso che sarà difficile scendere sotto il 10% prima del 2018, nonostante l’ormai prossima approvazione del Jobs Act “polettiano”. L’obiettivo della riforma è infatti quello di rilanciare l’occupazione rendendo più vantaggiosi i contratti a tempo inderminato con la formula del contratto unico a tutele crescenti. Per migliorare la flessibilità, il Governo metterà sul piatto anche l’estensione delle garanzie in caso di disoccupazione involontaria allargando l’accesso ai sussidi anche ai lavoratori atipici. Speriamo che basti…

 

Giovani, carini e disoccupati

 

Ma cosa devono fare i ragazzi italiani per darsi da fare? Lauree, master, stage, concorsi sembrano soluzioni inutili stando ai dati emessi dall’indice Istat in queste ore.

A maggio 2012, il tasso di disoccupazione giovanile calcolato sui ragazzi di età compresa tra i 15 ai 24 anni ha registrato un’incidenza del 36,2%, ovvero 1 ragazzo su 3 si trova senza lavoro.

“Bravo, ma hai troppa esperienza”, oppure “Sei in gamba, ma non possiamo pagarti”, o ancora, “Hai famiglia, non possiamo rispettare le tue aspettative”, quante volte ce lo siamo sentiti dire?

Turnover e stagisti: agli italiani delle Human Resources piacciono i nomi esterofili, peccato che non ne seguano anche i modelli di pianificazione delle risorse.

Gli esaminatori dei colloqui recitano sempre le solite frasi che sanno di scherzo, ed anche cercarsi un lavoro dignitoso diventa un’impresa per chi, di voglia di fare e di mettere al servizio buona volontà o conoscenze fresche di scuola.

Il risultato? Più vacanze per tutti, che se non sono un male con queste ondate di caldo ma che di certo nuocciono allo spirito di chi, sfaccendato dopo anni di studio o dopo una consapevole riflessione sulle proprie potenzialità, non vede spiragli nel suo futuro più imminente.

E non parliamo dei progetti a lungo termine…

I dati sul tasso di disoccupazione, dunque, rimangono sconfortanti, senza parlare della crisi degli over 30-40 che, per colpa della crisi, perché poco meritevoli o semplicemente “troppo formati” per vedere confermato il loro impiego, subiscono l’egemonia dei famosi Co. Co.Pro. o non si vedono rinnovato il contratto di impiego dopo mesi, se non anni di lavoro.

C’è da dire che se nulla o poco possono le piccole medie imprese nazionali, ancora meno fanno le grandi aziende, dove “essere un numero” diventa sempre più sinonimo di precarietà.

Mettere su una start up? In molti ci provano, nonostante le agevolazioni messe in atto e le difficili condizioni per accedervi.

In questo possono molto i franchising, ma al contempo fare i conti con il classico “27 del mese” diventa una responsabilità troppo alta per chi, già, ha da mettere il pane in tavola.

Certo, la provincia di Milano ha da poco proposto al governo un nuovo volano strategico per lo sviluppo economico, una nuova no tax area destinata a chi vuole intraprendere “l’impresa di mettere su un’impresa”. L’idea, non del tutto malsana, è quella di creare delle condizioni favorevoli e delle agevolazioni tributarie in favore di chiunque decida di avviare una nuova impresa nel territorio.
A sostenerla, Cristina Tajiani, assessore del Comune di Milano, il cui obiettivo è quello di creare un progetto che potrebbe ispirarne anche altri. Ma intanto?

Dal gennaio 2004 ad oggi mai la situazione era stata così grave e nonostante spread, bond, CCT, i giovani – che intanto invecchiano – continuano a rimanere inoccupati, con un aumento di 0,9 punti percentuali su aprile che segnano un record storico.

C’è da dire che, sempre secondo i dati Istat, il tasso di disoccupazione tra la popolazione nel suo complesso è scesa di -01 punti percentuali a maggio 2012, ed è la prima diminuzione, anche se lieve, del tasso di disoccupazione da febbraio del 2011. Ciononostante, per i tecnici il risultato rimane “sostanzialmente stazionario” e la disoccupazione persiste su “valori molto elevati”. Ovvero, non va niente bene.

Non che altrove le cose siano differenti: nei Paesi della zona Euro la stessa percentuale, a maggio, è salita all’11,1%, quando ad aprile era all’11% e nel maggio 2011 era al 10%.

Espatriare? Rimettersi alla canonica fuga di cervelli? “Varrebbe la pena” in Austria (dove i tassi di disoccupazione sono minimi, attestati all’4,1%), Olanda (5,1%), Lussemburgo (5,4%) e Germania (5,6%), ai massimi di Spagna (24,6%) e Grecia (21,9% il dato di marzo 2012).

In Italia, invece, il numero dei disoccupati è calato di 18mila unità ed è sceso 2.584 mila rispetto ad una base annua del 26% pari a 534mila unità che vede uomini e donne ugualmente penalizzati. E questo, per qualche animo più debole, significa dire addio a sogni di lavoro.

I lavori stagionali saranno d’aiuto? Il lavoro nobilita l’uomo ed è un diritto sancito dalla Costituzione italiana. Un articolo troppo in incipit perché qualcuno se ne ricordi a buon diritto.

 

Paola PERFETTI

Disoccupazione: al Sud lavora 1 giovane su 3

Un tasso di disoccupazione reale che tocca il 25% nel Sud dell’Italia. E’ questa l’amara istantanea scattata dal Rapporto Svimez 2011, che ha rivisto al ribasso le stime pubblicate dall‘Istat sull’occupazione nel Mezzogiorno.

Se nel 2010 il tasso di disoccupazione rilevato dall’Istat al Sud raggiungeva il 13,4%, contro il 6,4% del Centro-Nord, i dati emersi dal Rapporto Svimez 2011 fanno schizzare la percentuale dei giovani senza occupazione al Sud al 25, 3%.

‘La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l’indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% (ufficiale: 6,4%) e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2010 dal 13,4% al 25,3% (era stimato nel 23,9% nel 2009)‘ si legge nel rapporto stilato da Svimez.

Un divario, quello tra il Nord e il Sud dell’Italia, che permane e testimonia il costante squilibrio strutturale del mercato del lavoro italiano. Ma il dato più preoccupante che emerge dall’analisi riguarda la disoccupazione giovanile: al Sud lavora 1 giovane su 3, nella fascia di età compresa fra i 15 e 34 anni. Le statistiche si mostrano ancor più crudeli quando si passa all’analisi dell’occupazione femminile: le giovani donne lavoratrici del Mezzogiorno sono ferme al 23,3% nel 2010, vale a dire 25 punti in meno rispetto alle colleghe del Nord (56,5%).

La debolezza sul mercato del lavoro, legata in tutto il Paese alla condizione giovanile, – continua il rapporto Svimez – al Sud si protrae ben oltre l’età in cui ragionevolmente si può parlare di giovani. Dal ‘brain drain’, cioè dalla ”fuga dei cervelli”, il drenaggio di capitale umano dalle aree deboli verso le aree a maggiore sviluppo, siamo ormai passati al brain waste, lo ‘spreco di cervelli’, una sottoutilizzazione di dimensioni abnormi del capitale umano formato che non trova neppure più una valvola di sfogo nelle migrazioni‘.

Alessia Casiraghi