Pagare tasse è un lavoro

Pagare tasse è un lavoro. Sembra un paradosso, ma se guardiamo al tempo che, mediamente, un italiano butta via per pagare tasse al fisco, scopriamo che è davvero così. I conti in tal senso li ha fatti ancora una volta la Cgia, la quale ha scoperto che lo scorso anno i contribuenti italiani hanno lavorato letteralmente per il fisco fino al 7 giugno, ossia per 158 giorni: 9 giorni in più rispetto alla media dei Paesi dell’area dell’euro e 13 rispetto alla media dei 28 Paesi che compongono l’Ue. E poi pagare tasse non è un impiego a tempo pieno?

L’Ufficio studi della Cgia è arrivato a questo dato esaminando il Pil nazionale di ciascun Paese registrato nel 2013, utilizzando la nuova metodologia di calcolo adottata dall’Eurostat, e lo ha suddiviso per 365 giorni dell’anno. Poi, ha considerato il gettito di imposte, tasse e contributi che i contribuenti europei hanno pagato al Paese di appartenenza e lo ha diviso per il Pil giornaliero. Il risultato ha poi consentito di calcolare il cosiddetto “giorno di liberazione fiscale”, ossia quello in cui di fatto si smette di lavorare solo per pagare tasse al proprio Paese dell’area dell’euro.

Guardando al di fuori dei nostri confini, solo la Francia fa rilevare un dato peggiore del nostro, pari a 174 giorni. In Germania si smette di lavorare per pagare tasse dopo 144 giorni, in Olanda dopo 136 e in Spagna dopo 123.

Interessante è poi il dato ottenuto dall’ufficio studi della Cgia relativamente alla serie storica del “freedom tax day” in Italia dal 1995 al 2013. Dalla metà degli Anni ’90 (147 giorni) al 2005 (143 giorni), i giorni di lavoro necessari per onorare il fisco e pagare tasse hanno subito una riduzione, ma poi sono cresciuti sino a toccare il record di 158 giorni nel 2012, confermato nel 2013.

Secondo il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, “ad esclusione del Belgio tutti i Paesi federali presentano una pressione fiscale molto inferiore alla nostra, con una macchina statale più snella ed efficiente ed un livello dei servizi offerti di alta qualità. Pertanto, è necessario riprendere in mano il federalismo fiscale, definire e applicare i costi standard per abbassare gli sprechi e gli sperperi e, nel contempo, ridurre le tasse di pari importo”.

Il Tax Freedom Day slittato di più di un mese

Da uno studio di Confesercenti emerge un’altra magagna che la crisi ha contribuito a generare, e che fa aumentare la nostalgia dei tempi andati.

Se, infatti, nel 1990 bastavano 8 giorni per pagare le tasse locali, ora ne servono ben 26. E i tempi si sono allungati non solo a causa delle tasche, sempre più vuote, ma anche per l’aumento delle imposte che il cittadino è chiamato a versare: tra imposte sul lavoro, sulle imprese e sui consumi, gli italiani pagano il doppio di tasse rispetto a spagnoli ed inglesi.

Per questo, il Tax Freedom Day, che fino a pochi anni fa scattava già ad inizio di maggio, ora è slittato al 12 giugno. E la “colpa” è soprattutto del federalismo, che ha incrementato le tasse locali.

Per questo motivo, diventa quanto mai indispensabile un abbassamento della pressione fiscale, da ottenere in maniera definitiva con un taglio deciso alla spesa pubblica, come Confesercenti sostiene: “Gli sprechi, le spese inutili, i troppi livelli istituzionali producono uno sperpero enorme di denaro pubblico. Si può cominciare a risparmiare molto con il rigore ed una coraggiosa riforma. E’ strumentale ogni tentativo di prendere tempo: bisogna cominciare subito per favorire la ripresa”.

Vera MORETTI

Lavoriamo 165 giorni all’anno solo per pagare le tasse

di Davide PASSONI

Probabilmente l’ineffabile sottosegretario Polillo quando ha affermato che per aiutare il Pil dell’Italia a crescere sarebbe bene che rinunciassimo a una settimana di ferie all’anno, forse non aveva letto il risultato di un interessante studio. In sostanza, secondo questo studio, i contribuenti italiani stanno già regalando allo Stato oltre tre settimane lavorative… per pagare le imposte.

Tanto per cambiare, il dato viene dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, secondo il quale rispetto al 2002 fa i contribuenti italiani lavorano 17 giorni in più per pagare imposte, tasse e contributi. Nessun slancio di amor patrio né magia contabile, solo matematica: negli ultimi 10 anni le tasse sono aumentate progressivamente e, parallelamente, è cresciuto il numero di giorni necessari per pagarle. Se nel 2002 la pressione fiscale era pari al 40,5%, nel 2012 arriverà al 45,1%, ovvero il 4,6% in più. E, a voler essere precisi, dallo scorso anno a questo il numero di giorni è aumentato di 10, 3 dei quali li dobbiamo all’arrivo dell’Imu.

Se 10 anni fa il povero contribuente impiegava ben 148 giorni lavorativi per raggiungere il giorno della cosiddetta “liberazione fiscale”, oggi ce ne vogliono 165. per arrivare a queste cifre illuminanti, la Cgia ha esaminato il dato di previsione del Pil nazionale dividendolo per i 365 giorni dell’anno. Fatto questo semplice calcolo matematico per individuare una media giornaliera, è stato poi considerato il gettito di imposte, tasse e contributi versati allo Stato e il totale è stato suddiviso per il Pil giornaliero: risultato, il sospirato “tax freedom day“, che per il 2012 è arrivato lo scorso 14 giugno.

La ricetta della Cgia di Mestre per fermare questo scandalo è piuttosto semplice e intuitiva e anche noi, nel nostro piccolo osservatorio di Infoiva, la andiamo ripetendo da mesi. La sintetizza bene il segretario dell’associazione mestrina, Giuseppe Bortolussi: “Contraendo in maniera strutturale la spesa pubblica improduttiva possiamo ridurre anche le tasse. Per far questo è necessario riprendere in mano il federalismo fiscale che, a mio avviso, è l’unica strada percorribile per raggiungere questo obbiettivo. Infatti, le esperienze europee ci dicono che gli stati federali hanno un livello di tassazione ed una spesa pubblica minore, una macchina statale più snella ed efficiente ed un livello dei servizi offerti di alta qualità“.

Capito Polillo? Capito professori? Vi preghiamo, non chiedeteci anche le ferie (ammesso che si riescano a fare…). Come vedete, stiamo dando a voi e all’Italia già tanto, molto più di quanto meritiate. Abbiate la decenza e l’intelligenza di capirlo a volo.