Tempi di pagamento e clausole abusive nel ddl per le partite Iva

Uno degli aspetti del lavoro delle partite Iva che più le fanno imbestialire – e assai spesso le frustrano… – è quello dei tempi di pagamento. I committenti, siano essi imprese, privati o Pubblica amministrazione, tendono infatti a dilatare i tempi di pagamento il più possibile, dai classici e insopportabili 90 giorni a molto di più. Sempre che si ricordino o abbiano voglia di pagare…

Ebbene, il tanto atteso ddl sulle tutele del lavoro autonomo e delle partite Iva, meglio conosciuto come Statuto del lavoro autonomo, punta a dare una sterzata a questo malcostume del tempi di pagamento biblici, che mette in difficoltà le partite Iva nel proprio lavoro, tanto all’avvio di una attività, quanto durante l’attività stessa.

Stando quanto dovrebbe andare in discussione in Parlamento a breve, le fatture emesse dal professionista, dal titolari di un contratto di collaborazione (generalmente un co.co.co.) e da tutte le partite Iva che siano differenti dalle imprese, dovranno essere pagate entro il termine massimo di 60 giorni dalla loro emissione. Qualora il contratto di prestazione d’opera contenesse un termine superiore, questo sarà considerato nullo in quanto ritenuto clausola abusiva.

Un primo passo importante nella tutela del lavoro delle partite Iva, anche se il termine di 60 giorni per molti professionisti è ancora duro da digerire. Certo è che con questa modifica, le cose potrebbero migliorare un poco, anche considerando quelle che sono, nella bozza del ddl, le definizioni di clausole e condotte abusive che vanno a danno delle partite Iva.

Nello specifico sono considerate prive di qualsiasi effetto le clausole inserite nel contratto di collaborazione che attribuiscono al committente una posizione preminente nel rapporto con il prestatore d’opera: tipicamente la facoltà di recedere senza adeguato preavviso da un contratto a prestazioni continuative o quella di modificare unilateralmente le condizioni del contratto.

Altre clausole o condotte abusive nei confronti delle partite Iva sono attraverso le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla data di ricevimento, da parte del committente, della fattura o della richiesta di pagamento. Se si trovassero in presenza di clausole abusive di questo tipo, i collaboratori o le partite Iva avrebbero anche diritto, secondo il ddl, al risarcimento del danno da parte del committente.

Sulla carta si tratta di ottimi propositi per provare a rendere la posizione delle partite Iva meno fragile di fronte ai diktat di molti committenti. Il dubbio è legato a quanto questi committenti potranno far valere una eventuale loro posizione di forza anche di fronte a questa normativa rifiutandosi, magari, di stipulare un contratto non potendo evitare le clausole abusive.

Migliorano (o quasi) i tempi di pagamento

In un quadro macroeconomico che, sia per le imprese sia per le famiglie, continua all’insegna del grigiore, ogni tanto compare qualche notizia positiva a fare ben sperare. Nello specifico si tratta dei tempi di pagamento delle fatture tra famiglie e imprese che, nel 2015, sono scesi a una media di 48 giorni, contro i 75 del 2014.

Il dato emerge da una ricerca effettuata dall’Ufficio studi della Cgia, che ha elaborato dati provenienti da Intrum Justitia. Va sottolineato che il calo arriva quasi al 40%, anche se si tratta di tempi di pagamento che sono oltre il doppio rispetto alla media europea (23 giorni).

Guardando poi ai tempi di pagamento tra famiglie e imprese in altri Paesi, si vede che in Spagna le fatture sono saldate in media dopo 45 giorni, in Francia dopo 33, in UK dopo 15 e in Germania dopo 13.

Un dato significativo questa diminuzione dei tempi di pagamento tra privati e imprese che ha una spiegazione logica, secondo il Coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Al netto delle prestazioni che vengono pagate a vista, in questi ultimi anni le imprese, principalmente quelle artigiane, sono diventate più prudenti. Innanzitutto hanno cominciato a selezionare la clientela e in secondo luogo hanno investito parecchio nel recupero crediti. Nel settore dell’edilizia e dell’autoriparazione, in particolar modo, è diventata una consuetudine farsi anticipare alcune spese dai nuovi clienti, come ad esempio l’acquisto dei materiali e dei pezzi di ricambio. Grazie a questi accorgimenti molte aziende sono riuscite ad accorciare i tempi e, soprattutto, i mancati pagamenti”.

Inoltre, il nostro Paese non rinuncia a vestire altre due maglie nere dei tempi di pagamento, quella delle transazioni commerciali tra Pubblica amministrazione e fornitori e quella dei tempi di pagamento tra imprese private: nel primo caso si tratta, in media, di 144 giorni, nel secondo di 80.

Confronto tra Governo e parti sociali sulla legge di stabilità

Durante l’incontro tra Governo e parti sociali sulla legge di stabilità, Giorgio Guerrini, presidente di Rete Imprese Italia, ha ribadito il ruolo delle imprese, impegnate ad aumentare la produttività del lavoro nonostante la crisi.

Il Governo, dal canto suo, dovrebbe “impegnarsi su altri fattori di competitività per il Paese. A cominciare dal recepimento in Italia della direttiva europea che fissa a 30/60 giorni i tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra Stato, privati e imprese”.

Tra gli interventi urgenti, secondo il presidente RTI, c’è sicuramente la direttiva sui tempi di pagamento, dal momento che gli imprenditori accusano mancanza di liquidità, fondamentale per investimenti sul futuro, a causa dei ritardi nei pagamenti.

A dimostrazione di ciò, Guerrini ha ricordato che in Italia i tempi medi di pagamento della Pa e dei privati verso le piccole imprese sono di 137 giorni , aumentati di 44 giorni in un solo anno.
I tempi di attesa sono addirittura il doppio rispetto alla media Ue per quanto riguarda i privati e il triplo quando si tratta di Pubblica Amministrazione.
Anche se ci sono i casi estremi di imprenditori che devono aspettare anni per essere pagati.

Vera MORETTI