Tassazione e sgravi: alcuni effetti fiscali della legge di stabilità 2015

La legge di stabilità 2015, approvata due giorni prima di Natale, ha portato alcuni “regali” dal punto di vista della tassazione.

Innanzitutto aumenta la tassazione sulla previdenza in generale: sui rendimenti dei fondi pensione, che passa dal 11,50% al 20%, sulla rivalutazione del TFR, dal 11% al 17%, sui rendimenti finanziari delle casse di Previdenza, dal 20% al 26%, sulle polizze vita che passano da 0% a 26%.

Secondo molte sentenze dei tribunali italiani e della Corte di Cassazione, le polizze vita sono strumenti assimilabili ai prodotti previdenziali quando hanno due caratteristiche: sono collegati ad un evento inerente la vita umana e prevedono un premio di maggiorazione per decesso all’età dell’assicurato. In pratica assumono la funzione di integrazione del reddito dei superstiti, beneficiari della polizza.

La tassazione dei rendimenti di tali polizze era pari a zero, nei confronti dei beneficiari, mentre con la nuova legge sono ora tassati ordinariamente al 26% con in più un effetto retroattivo ai rendimenti del 2014.

Rimangono, per il momento, escluse dall’asse ereditario e quindi esenti da imposte di successione o donazione, ma non credo che questo vantaggio rimanga ancora per molto tempo, considerando la media europea in tema di imposte di successione molto più elevata rispetto all’Italia e l’assenza o la scarsa presenza in Europa di esclusioni e franchigie. Ricordo che da noi la franchigia è di 1 milione di euro per erede.

Anche l’aumento della tassazione sui fondi pensione li rende meno appetibili e convenienti per i pensionandi. Considerando anche la scarsa trasparenza sulle gestioni dei medesimi e i rendimenti non esattamente brillanti, viene da pensare se esistono alternative per costruire un reddito supplementare da utilizzare al momento della pensione.

Stesso discorso vale per il TFR: aumentata la tassazione sulla rivalutazione, investire il proprio TFR in strumenti a carattere previdenziale, rimane un investimento utile ad integrare la pensione? Con la nuova legge viene data la possibilità ai lavoratori del settore privato (escluso quello agricolo e domestico) di incassare quanto versato e inoltre di ricevere in busta paga l’importo che l’azienda dovrebbe accantonare. Se queste somme venissero impiegate cum grano salis ed investite correttamente, potrebbero generare risultati integrativi della pensione molto più soddisfacenti rispetto ai tradizionali strumenti previdenziali, seppur appesantite dalla tassazione che in questo caso diverrebbe ordinaria e non più agevolata (ma sempre meno).

Lo Stato sicuramente ci guadagna, perché la tassazione è più elevata, ma forse anche il lavoratore può trarne dei vantaggi, se non fiscali, almeno per quanto riguarda libertà di utilizzo di quanto versato e rendimenti generati nel tempo. Chi aderisce alla previdenza complementare o versa il TFR alla medesima, è vincolato alle regole in materia pensionistica; difficoltà ad ottenere quanto versato se non per casi eccezionali, conversione in rendita almeno del 50% del versato (non viene restituito tutto il capitale a scadenza), e tabelle di conversione in rendita applicate dalle compagnie assicuratrici o dai fondi pensione, che pareggiano la rendita annuale con quanto versato mediamente dopo 18 anni (65+18=83 anni). Se il pensionato vive oltre, inizia a guadagnare qualcosa. Altrimenti, ci guadagna la compagnia o il fondo.

Una buona notizia: è invece aumentato a 30.000,00 euro l’importo massimo per la deducibilità ai fini IRES delle erogazioni liberali in denaro (effettuate in maniera tracciabile) in favore delle Organizzazioni No Profit di Utilità Sociale, aumentando al 26% la percentuale di detraibilità ai fini IRPEF.

Ma c’è il rovescio della medaglia, che è la nuova tassazione degli enti non commerciali, di cui fanno parte appunto gli enti No Profit, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato e i trust. In precedenza questi enti avevano una esenzione di imposta del 95%, pagavano quindi le imposte solo sul 5% degli utili distribuiti. Ora invece l’esenzione è ridotta al 22,76% e pagheranno quindi sul 77,24% degli utili. Retroattiva anche questa, a partire dal primo gennaio 2014. In pratica, se prima pagavano 27,5%*5%=1, 375%, ora pagano 27,5%*77,24%= 21,24%, che significa un aumento di oltre 15 volte l’imposta.

Inoltre, se gli enti hanno dei beneficiari individuati, l’aliquota sarà quella marginale e quindi mediamente 43% invece del 27,5%, con un ulteriore inasprimento per il contribuente.

La ragione del provvedimento è stata motivata con l’equiparazione tra tassazione degli enti non commerciali e quella delle persone fisiche, che appunto pagano mediamente il 43% di aliquota. Però non si comprende la ratio, perché le persone fisiche possono utilizzare gli utili e i dividendi per le finalità che ritengono opportune, mentre gli enti no profit devono reinvestire gli utili per i fini istituzionali e non possono utilizzarli diversamente. Di fatto gli enti No Profit reinvestono gli utili in favore dei propri assistiti o dei beneficiari dell’ente, rimettendo in circolo il risultato generato. Quindi perché equipararli alle persone fisiche?

La retroattività invece non si applica allo sconto sull’Irap di imprese e professionisti, che decorre dal 2015. Potrà essere scalato interamente il costo dei soli lavoratori a tempo indeterminato, esclusi quindi collaboratori a progetto, collaboratori e tutti i lavoratori assunti con contratti a tempo determinato. Sono esclusi gli enti non commerciali.

Ma si tornano però ad applicare le aliquote IRAP del 2013, più elevate rispetto al 2014, aumentando nuovamente dal 3,5% al 3,9% l’aliquota base, questa con effetto retroattivo al 2014. Viene annullato quindi il beneficio concesso lo scorso anno, che non entra in vigore. Chi ha già anticipato, dovrà integrare sulla base della nuova aliquota. Abbiamo scherzato, insomma!

Sempre il bastone e la carota, non c’è verso di cambiare. Se c’è una agevolazione da un lato, subito spunta un aumento dall’altro. Ci sarà un credito di imposta in compensazione, aumentato al 10% dell’imposta lorda, per chi non ha dipendenti; è stato introdotto per bilanciare lo svantaggio di non poter utilizzare il taglio IRAP per i dipendenti per chi non ne ha.

Il bonus IRPEF di 80 euro in busta paga diventa, da credito d’imposta precedente, una detrazione per l’azienda e diventa strutturale, non più provvisorio.

E’ ovvio che più dipendenti, assunti a tempo indeterminato, ha un’azienda, maggiore sarà il vantaggio fiscale, che però, decorrendo dal 2015, diventerà effettivo solo a partire dai versamenti del 2016. Quindi tocca tirare la cinghia anche per il 2015!

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Le assunzioni vanno a mille, anzi a 100mila

Una nuova assunzione su 3 è rivolta agli under 30 e sempre una su 3 sarà a tempo indeterminato. Nei prossimi 3 mesi sono oltre 100mila le imprese italiane che prevedono di siglare nuovi contratti di assunzione. Si tratta in tutto di circa 152mila nuove assunzioni, tra industria (34%) e servizi (66%), anche se i più ricettivi si confermano i settori del turismo (13,5%) e dei servizi operativi (7,8%).

Unico dato negativo, sono sempre le quote rose a faticare a trovare posto nell’industria in Italia: solo nel 9% dei casi è preferita una donna.

Le stime sulle assunzioni sono state elaborate dall’Ufficio studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza, basandosi sui dati Sistema Informativo Excelsior e Registro Imprese.

Restringendo lo sguardo al solo territorio lombardo, nei primi tre mesi del 2012 saranno 28mila le nuove assunzioni, ripartite tra industria (32,6%) e servizi (67,4%). Nella pianura padana sono i servizi avanzati (12,1%) e i servizi alla persona (12,8%) i settori più ricettivi in assoluto.

Nella sola provincia di Monza e Brianza le nuove assunzioni saranno invece circa 1.500, suddivise tra settore della metalmeccanica (21,8%) e dell’elettronica. Il trend positivo riguarda il numero di giovani neoassunti nella provincia di Monza e Brianza: sono circa 35,6%, dato di gran lunga superiore alla media nazionale.

E proprio per questo la Camera di Commercio di Monza e Brianza ha dato vita a ‘Bando Obiettivo Occupazione – edizione 2012′, stanziando 500mila euro per contributi a fondo perduto destinati a favorire l’incremento dell’occupazione nelle piccole e medie imprese di tutti i settori economici del territorio.

Ecco i requisiti per accedere alla domanda di finanziamento: le imprese di Monza e Brianza dovranno testimoniare che tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2012 hanno attuato uno dei seguenti interventi

  • assumere a tempo indeterminato lavoratori disoccupati, in mobilità e di prima occupazione
  • trasformare contratti da tempo determinato in contratti a tempo indeterminato
  • assumere lavoratori con contratto di apprendistato

Ciascuna impresa può potrà beneficiare del contributo per un solo intervento o per l’assunzione di un solo lavoratore. Le domande dovranno essere presentate entro il 30 giugno 2012 (o fino a esaurimento risorse). Per ulteriori informazioni o per scaricare la domanda d’adesione è possibile consultare il sito www.mb.camcom.it o inviare un email a sviluppoimpresa@mb.camcom.it.

Bonus assunzioni: 50% di credito sui costi per le Pmi del Sud

Il decreto sviluppo prevede un credito del 50% sui costi per le piccole e medie imprese che, situate nel Sud Italia, assumeranno con contratti di lavoro a tempo indeterminato. Entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, per ogni nuovo lavoratore svantaggiato o molto svantaggiato assunto in Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, si potrà fruire di un credito d’imposta del 50% dei costi salariali sostenuti nell’anno successivo all’assunzione.

Sarà possibile anche richiedere un’estensione dell’aiuto fino ad un massimo di 24 mesi nel caso in cui il lvaoratore sia molto svantaggiato (lavoratore senza lavoro da almeno 2 anni). Il Bonus assunzioni vuole essere un incentivo alla ripresa economica e in particolare una manovra per favorire le assunzioni regolari in aree svantaggiate.

M.Z.