Tfr in busta paga, ecco la circolare Inps

Se anche non piace, il Tfr in busta paga almeno prende quota per quanto riguarda la parte normativa e di applicazione. L’Inps ha infatti pubblicato la con la circolare n. 82 con la quale fornisce le istruzioni operative per la liquidazione mensile del Tfr in busta paga ai lavoratori che ne fanno richiesta.

Secondo quanto ricordato dall’Inps, la prima busta paga utile per l’erogazione della cosiddetta Qu.i.r. (Quota integrativa della retribuzione) del Tfr in busta paga sarà quella del mese di maggio 2015, riferita alla quota maturata nel medesimo mese. A differenza di quanto ipotizzato con l’avvio della normativa relativa al Tfr in busta paga, le quote di marzo e aprile 2015 non potranno essere corrisposte a causa della tardiva pubblicazione di circolari e decreti attuativi.

I lavoratori che hanno presentato all’azienda la richiesta per ricevere il Tfr in busta paga prima della pubblicazione del modello, devono ora ripresentarla utilizzando il modello ufficiale, di cui il datore di lavoro dovrà controfirmare una copia e rilasciarla al lavoratore per ricevuta.

A beneficio di quanti si sono persi nei ritardi e nei meandri della normativa e nei ritardi relativi al Tfr in busta paga è bene riepilogare alcuni punti essenziali.

  • per chi sceglie di avere la liquidazione mensile della quota maturanda di Tfr, la decisione è irrevocabile fino al 30 giugno 2018;
  • il pagamento mensile della quota maturanda di Tfr non può essere richiesto dai lavoratori il cui Tfr non sia disponibile perché a garanzia di un finanziamento;
  • il pagamento mensile della quota maturanda di Tfr può essere richiesto dai lavoratori con almeno sei mesi di anzianità aziendale
  • il pagamento mensile della quota maturanda di Tfr non può essere richiesto dai lavoratori agricoli o domestici;
  • il pagamento mensile della quota maturanda di Tfr può essere richiesto dai lavoratori che hanno scelto di versare il Tfr in un fondo di previdenza complementare.

Ecco a chi conviene il Tfr in busta paga

Fino ad ora abbiamo scritto di quanto il Tfr in busta paga sia poco o nulla conveniente per chi ne fa richiesta. Ora, invece, direttamente dal governo, arriva la notizia che, invece, per qualcuno potrebbe essere conveniente eccome.

Lo ha sottolineato il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, in risposta ad un question time della commissione Finanze della Camera. Secondo Zanetti, la richiesta del Tfr in busta paga potrebbe essere conveniente per i contribuenti cosiddetti “incapienti“, ossia coloro i quali hanno un reddito così basso da generare un’Irpef netta pari a zero, come conseguenza dell’applicazione delle detrazioni di imposta.

Ebbene, se i contribuenti incapienti sono esclusi dal bonus Renzi (i famosi 80 euro in più in busta paga) poiché non hanno capienza d’imposta, qualora dovessero richiedere di avere il Tfr in busta paga le cose cambierebbero. Il Tfr in busta paga, infatti, è tassato con Irpef ordinaria e, se ci sono redditi con Irpef netta pari a zero, l’aumento di reddito imponibile derivante dalla quota di Tfr incassata in modo da realizzare un’Irpef a debito crea un vantaggio economico che è pari proprio al valore annuo del bonus Renzi.

Ragion per cui se l’Irpef che deriva dal Tfr in busta paga concorre a formare imposta netta a debito, il contribuente diventa capiente da incapiente, anche per poter usufruire del bonus Renzi. Chi l’avrebbe mai detto?

I Consulenti del lavoro e il Tfr in busta paga

I Consulenti del lavoro tornano a occuparsi del Tfr in busta paga e lo fanno con una circolare redatta dalla loro Fondazione Studi Consulenti del Lavoro e diffusa lo scorso 3 aprile, nella quale si approfondiscono alcune questioni legate alla scelta della liquidazione del trattamento di fine rapporto.

Nella circolare, i Consulenti del lavoro analizzano alcuni aspetti della normativa legati ai destinatari, alle misure contributive e fiscali, alle agevolazioni, alle modalità di richiesta e ad altri dettagli.

Secondo i Consulenti del lavoro è bene ricordare che la scelta o meno di destinare parte del proprio Tfr in busta paga sospende temporaneamente gli effetti della disciplina vigente, in quanto misura sperimentale e limitata nel tempi, e non si sostituisce integralmente a essa.

Fatta questa doverosa premessa, i Consulenti ricordano quindi ai lavoratori alcuni punti fondamentali della normativa da avere presenti prima di effettuare la propria scelta. In particolare ricordano che:

  • il Tfr in busta paga è assoggettato al regime fiscale ordinario e concorre a determinare il reddito complessivo del contribuente con ricadute sulle relative imposte sui redditi;
  • la scelta è irreversibile e irrevocabile per il periodo di durata della sperimentazione, ossia fino a giugno 2018.

Quanto avrò in più col Tfr in busta paga?

Fino ad oggi ci siamo occupati principalmente di quanto poco sia conveniente farsi anticipare il Tfr in busta paga, soprattutto dal punto di vista fiscale. Ma, se volessimo invece spezzare una lancia per quanti il Tfr in busta paga lo vogliono fortissimamente, quanto sarebbe il beneficio economico per ciascuno di loro?

Si tratta di una questione di calcoli matematici che ha fatto la Cgia per capire, a seconda dell’inquadramento aziendale del dipendente, quanta liquidità si ritroverebbe in più a fine mese facendosi anticipare il Tfr in busta paga. La Cgia ha ipotizzato lo scenario per un operaio (stipendio 1200 euro netti/mese), un impiegato (stipendio 1600 euro netti/mese), un quadro o dirigente (stipendio 3000 euro netti/mese).

  • Operaio: Tfr in busta paga 71 euro; Tfr netto accantonato 93 euro;
  • Impiegato: Tfr in busta paga 112 euro; Tfr netto accantonato 134 euro;
  • Quadro o dirigente: Tfr in busta paga 214 euro; Tfr netto accantonato 253 euro.

Di fronte a questi calcoli, a ciascuno è lasciata la libertà di scegliere se la somma che riceverebbe mensilmente facendosi anticipare parte del Tfr in busta paga è determinante per migliorare il proprio bilancio familiare o meno. Certo sarebbe bene che l’operaio, l’impiegato, il quadro o il dirigente in questione ricordassero qual è il meccanismo di tassazione del Tfr e del reddito. Il Tfr accantonato è soggetto a una tassazione separata che parte dal 23% e sale parallelamente alla retribuzione superando il 34% in caso di redditi da 94mila euro annui in su. La tassazione ordinaria cui è soggetto il Tfr in busta paga parte invece dal 23% per chi guadagna fino a 15mila euro, passa al 27% per i redditi compresi tra i 20mila e i 25mila euro, al 38% fino a 50mila euro, al 41% fino a 75mila e al 43% sopra i 75mila.

Senza dimenticare che la scelta di avere l’anticipo del Tfr in busta paga va fatta entro settembre 2015 per avere versamenti fino al giugno 2018 e che tale scelta è irreversibile fino al 2018.

Tfr in busta paga, accordo Abi-ministeri

Lo abbiamo scritto ieri: per molte imprese, specialmente quelle con meno di 50 dipendenti, far fronte all’erogazione anticipata del Tfr in busta paga può costituire un esborso pesante che non tutte saranno in grado si sostenere.

Ecco perché si rende necessario fare in modo che possano accedere a un apposito fondo dal quale attingere le risorse utili alla liquidazione del Tfr in busta paga, identificato anche come Quir, ossia “quota integrativa di retribuzione”.

Va in questa direzione l’accordo quadro appena sottoscritto dall’Abi, l’associazione bancaria italiana, e dai ministeri del Lavoro e dell’Economia. L’accordo prevede infatti il finanziamento con garanzia del Tfr in busta paga e vi potranno accedere le aziende con meno di 50 dipendenti che, come scritto ieri, non sono tenute a versare il Tfr al Fondo di tesoreria dell’Inps

In una nota, il ministero dell’Economia spiega che “l’iter di attuazione delle disposizioni della legge di stabilità in materia di erogazione in busta paga del trattamento di fine rapporto (Tfr) si è completato con l’accordo quadro tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Associazione Bancaria Italiana. Grazie all’accordo quadro, le imprese con meno di 50 dipendenti che dovessero registrare problemi nei flussi finanziari necessari a far fronte al maggiore esborso mensile a seguito delle richieste di erogazione mensile dell’importo altrimenti destinato al Tfr, potranno accedere a finanziamenti a tasso agevolato. Le banche aderenti all’accordo quadro potranno erogare finanziamenti a tasso agevolato in virtù della garanzia pubblica”.

Bene, una buona notizia. Ci rimane però il sospetto che, quando il governo ha pensato alla misura dell’anticipo del Tfr in busta paga non abbia considerato del tutto le ricadute che questa avrebbe avuto sulle imprese, guardando più alle tasche del dipendente che alle casse dell’azienda. Aveva ragione Winston Churchill quando scriveva che “alcune persone vedono un’impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito, altri come una mucca da mungere, pochissimi la vedono com’è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante”.

Tfr in busta paga: e se l’azienda non ha i soldi?

Il Tfr in busta paga non è un’incognita solo per il lavoratore, ma anche per l’azienda. Non è detto, infatti, che tutte le imprese che ricevono dai propri dipendenti la richiesta dell’anticipo del Tfr in busta paga abbiano la liquidità necessaria per farvi fronte. Che cosa fare, allora?

Per le aziende con meno di 50 dipendenti, le quali non sono quindi tenute a versare il Tfr al Fondo di tesoreria Inps, è possibile accedere a un apposito finanziamento garantito dal Fondo stesso; a tale finanziamento non è possibile applicare tassi, comprensivi di oneri, che siano superiori al tasso di rivalutazione delle quote di Tfr.

L’accesso al credito attraverso il fondo per poter erogare il Tfr in busta paga deve essere effettuato direttamente dai datori di lavoro all’Inps per via telematica, fornendo all’Istituto tutte le informazioni necessarie all’attivazione del finanziamento. Entro 30 giorni dalla data della richiesta, l’Inps rilascia l’autorizzazione o meno ad accedere al fondo.

Con la certificazione dell’Inps è così possibile accedere al finanziamento per ottenere i fondi necessari all’anticipo del Tfr in busta paga. Il finanziamento può essere acceso tramite un solo intermediario aderente, il quale stipula con il datore di lavoro un contratto ad hoc con garanzia. È necessario che la garanzia in questione preveda la costituzione del privilegio speciale sui beni mobili.

Una volta concesso il finanziamento, l’intermediario aderente comunica all’Inps l’avvio dell’erogazione del finanziamento stesso, il cui importo non può essere superiore a quella della quota di Tfr in busta paga che l’Inps certifica mese per mese.

Dall’Inps arriva mensilmente all’azienda e all’intermediario aderente, entro 60 giorni dal primo giorno del mese successivo a quello di competenza, la certificazione della quota di Tfr in busta paga da finanziare, così come risulta dalle denunce contributive del datore di lavoro.

Il rimborso del finanziamento assistito da garanzia per la liquidazione del Tfr in busta paga è stato fissato al 30 ottobre 2018. Qualora risulti che il finanziamento sia stato utilizzato, anche in parte, per motivi diversi dall’anticipo del Tfr in busta paga, l’erogazione viene interrotta e l’azienda deve rimborsare immediatamente la quota di finanziamento già fruita, con i relativi interessi.

Il Tfr in busta paga può costare oltre 10mila euro

Il Tfr in busta paga non funziona. Lo sappiamo, qualcuno dirà che è troppo presto per giudicare, che le stime elaborate qualche tempo fa da Confesercenti attraverso un sondaggio Swg su quanti sarebbero stati i lavoratori a scegliere l’anticipo del Tfr in busta paga (il 6% solo) sono parziali e premature ecc ecc ecc…

È un dato di fatto, però, che, conti alla mano, farsi versare mensilmente parte del Tfr in busta paga è, attualmente, un’opzione in perdita per chi ne volesse usufruire. Conti alla mano, abbiamo scritto, perché di questo essenzialmente si tratta: contabilità e matematica. E, come si sa, i numeri si possono girare e interpretare ma, in fondo, non mentono mai.

Questi numeri sulla convenienza e sull’opportunità dell’anticipo del Tfr in busta paga li ha messi in fila la Fiba Cisl. Il sindacato dei bancari, attraverso un’elaborazione, ha infatti rilevato come i lavoratori che scelgono di farsi anticipare mensilmente parte del proprio Tfr in busta paga perdono una cifra che oscilla tra i 2mila e i 10mila euro rispetto a coloro che destinano il trattamento di fine rapporto a un fondo pensione o lo lasciano in azienda.

Intanto, come già rimarcato nei giorni scorsi, il trattamento fiscale del Tfr in busta paga è il medesimo cui è soggetto lo stipendio, per cui con un’aliquota progressiva dal 23 al 43%; il Tfr riscosso a fine rapporto viene tassato con un’aliquota media degli ultimi 5 anni di retribuzione (attualmente è intorno al 23%); i fondi pensione sono soggetti a un’aliquota secca del 20%.

Lasciando poi stare il capitolo della possibile perdita delle agevolazioni Isee a causa dell’aumentare del reddito, la Fiba Cisl rimarca come il Tfr in busta paga non sia soggetto a rivalutazioni, diversamente da quanto accade per il Tfr lasciato in azienda (1,5% annuo + ¾ del tasso di inflazione corrente).

Per sostanziare i propri calcoli, quindi, la Fiba Cisl ha fatto una stima con 3 tipologie di lavoratore dipendenti che scelgono di avere il Tfr in busta paga per i 36 mesi previsti dalla misura, per capire quanto perderebbero:

  • Lavoratore 25 anni di età: -9453 euro rispetto a lasciarlo in azienda; -10808 euro rispetto ai fondi pensione;
  • Lavoratore 40 anni di età: -3140 euro rispetto a lasciarlo in azienda; -5667 euro rispetto ai fondi pensione;
  • Lavoratore 55 anni di età: -1044 euro rispetto a lasciarlo in azienda; -2045 euro rispetto ai fondi pensione.

Tfr in busta paga, ci siamo

Alla fine, con qualche difficoltà in più del previsto, il Tfr in busta paga sarà realtà dal mese di aprile 2015. La norma avrebbe dovuto essere effettiva già a partire dal corrente mese di marzo, ma il decreto che l’ha resa operativa è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo il 19 marzo, ragion per cui chi aveva già fatto richiesta del Tfr in busta paga a partire da marzo si è trovato spiazzato.

Uno spiazzamento che, in un certo senso, potrebbe anche essere salutare dal momento che forse non è chiaro a tutti che la misura del Tfr in busta paga, voluta dal governo per rimpinguare le retribuzioni dei richiedenti in modo da poter rilanciare i consumi interni con una maggiore potenzialità di spesa, è in realtà un boomerang. Ossia, non conviene.

L’anticipo del Tfr in busta paga è infatti soggetto alla tassazione ordinaria e non a quella separata, ragion per cui, da più parti si sottolinea come sia più conveniente ricevere l’intero Tfr alla fine della propria carriera lavorativa anziché anticipato in busta paga.

Il Tfr percepito a fine carriera è infatti tassato separatamente secondo la media delle aliquote degli ultimi cinque anni, nelle quali compaiono anche le detrazioni per lavoro e per i carichi familiari. In caso di Tfr in busta paga, la quota di Tfr va a costituire reddito, con conseguente aumento della tassazione con l’aliquota marginale, quella che interessa la parte più alta del reddito.

Naturalmente, l’aumento di stipendio dato dall’introduzione del Tfr in busta paga porta a una riduzione delle detrazioni per i figli a carico e i quelle legati agli assegni familiari. Senza contare che sul Tfr di fine carriera non si applicano le addizionali regionali e comunali Irpef, a differenza di quanto accade con il Tfr in busta paga.

I conti, come scrivevamo, li hanno fatti in molti, e tra questi l’Ufficio Studi della Cgia: “Secondo i nostri calcoli – ha infatti sottolineato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgiarispetto all’erogazione della liquidazione al termine del rapporto di lavoro, chi ne chiederà l’anticipazione pagherà più tasse per un importo che su base annua oscillerà tra i 230 e i 700 euro circa. Ovviamente l’aggravio fiscale tenderà ad aumentare al crescere del livello di reddito del soggetto richiedente”.

L’Ufficio Studi della Cgia ha calcolato che se un dipendente senza familiari a carico sceglie di avere il Tfr in busta paga, l’aggravio fiscale che lo colpisce va da 236 euro all’anno (reddito imponibile Irpef di 15mila euro) a 623 euro (reddito imponibile Irpef di 80mila euro).

La Cgia ha calcolato poi che, se colui che richiede l’anticipo del Tfr in busta paga ha moglie e un figlio a carico, l’aggravio fiscale sarà tra i 362 euro (reddito imponibile Irpef di 15mila euro) e i 696 euro (reddito imponibile Irpef di 80mila euro).

Tfr in busta paga: vantaggi e svantaggi

Di quanto sia ancora fredda l’accoglienza nei confronti dell’ipotesi Tfr in busta paga abbiamo già scritto nei giorni scorsi. Oggi, anche a fronte delle richieste pervenute in redazione, è bene ricordare qualche punto fondamentale relativo all’argomento.

Ricordando che la scelta di destinare parte del Tfr in busta paga è volontaria ma non reversibile (nei 3 anni di durata del piano) e che il Tfr è pari al 6,9% della retribuzione lorda accantonata ogni anno dai lavoratori + uno 0,5% destinato a un fondo di garanzia dell’Inps per erogare ai lavoratori il Tfr anche a fronte del fallimento della propria azienda, ecco qualche dritta per capire meglio i vantaggi o meno del Tfr in busta paga.

Intanto, al di là dell’inserimento del Tfr in busta paga, le quote accantonate per il Tfr vengono rivalutate annualmente dell’1,5%, cui si sommano i tre quarti del tasso di inflazione. Qualora le quote di Tfr fossero destinate in parte alla costituzione di una pensione privata, la loro rivalutazione dipenderà dal tasso di rendimento del fondo pensione che il lavoratore avrà scelto.

Se l’aspetto della rivalutazione è quello che maggiormente favorisce il Tfr, l’aspetto della tassazione è invece da tenere in considerazione attentamente. È infatti diversa la tassazione del Tfr qualora lo si percepisca alla fine della propria carriera lavorativa, se si sceglie di avere il Tfr in busta paga o se lo si vuol far confluire in un fondo pensione privato. Se il Tfr viene riscattato come liquidazione, la sua tassazione avviene in base all’aliquota media che ha inciso sullo stipendio del lavoratore negli ultimi 5 anni. Se confluisce in un fondo di previdenza integrativa, gode di una tassazione agevolata che arriva fino al 15% della rendita maturata e cala fino al 9% fino a quando si allunga la durata del piano di risparmio.

Come anticipato nei giorni scorsi, invece, lo scenario fiscale meno vantaggioso si ha con il Tfr in busta paga, dal momento che l’aumento dello stipendio sarà soggetto all’Irpef. In sostanza, quindi, di fronte a un aumento dello stipendio mensile garantito dal Tfr in busta paga, la prospettiva di avere alla fine del proprio rapporto di lavoro una liquidazione più bassa e, nell’immediato, un’Irpef più alta fanno pendere la bilancia a favore degli scettici.

Tfr in busta paga, tassazione e Isee

Abbiamo dato conto, nei giorni scorsi, della freddezza dei lavoratori nei confronti della possibilità di poter ricevere un anticipo del Tfr in busta paga. Una freddezza dovuta soprattutto ai timori per una fiscalità svantaggiosa che colpisce proprio il Tfr in busta paga.

Dopo che nei mesi scorsi anche i maggiori sindacati italiani si erano mostrati scettici, se non critici, sull’operazione del Tfr in busta paga, muovendosi più a sensazione che dati alla mano, adesso alcuni di questi sindacati i conti li hanno fatti e hanno dimostrato come, dal loro punto di vista, la scelta del Tfr in busta paga sia tutt’altro che vantaggiosa.

Uno studio della Uil ha infatti effettuato alcune simulazioni e messo insieme un po’ di dati per dimostrare come, dai 23mila euro di stipendio lordo in su, l’inserimento del Tfr in busta paga comporterà un appesantimento della tassazione ordinaria e un aumento dell’Isee, con un conseguente aggravio dei costi dei servizi

Secondo la Uil, se un lavoratore che guadagna circa 23mila euro lordi all’anno volesse passare in busta paga i 1209 euro di Tfr maturando, otterrebbe in più circa 97 euro mensili, ma contemporaneamente aumenterebbe l’aliquota marginale Irpef dal 23,9 al 27%; un aumento che, sommato ai minori sgravi fiscali che il rialzo dell’Isee, comporta, andrà a scapito del lavoratore per 330 euro all’anno.

Medesimo discorso riguarda il Tfr in busta paga per chi ha un reddito di 18mila euro lordi: la rata mensile sarà di circa 76 euro, per un totale di 957 euro di Tfr maturando sul quale il lavoratore pagherà l’aliquota del 27%. Peggio ancora andrà a chi ha un reddito di 35mila euro: l’aliquota passa dal 25,3% al 38%, con un aggravio di ben 307 euro.

Oltre agli aggravi della tassazione sulla retribuzione mensile, il Tfr in busta paga, secondo la Uil, inciderà assai pesantemente anche sull’aumento del reddito Isee. Per dimostrarlo, il sindacato ha effettuato diverse simulazioni a livello territoriale.

Per esempio, un reddito Isee di 12.500 euro a Milano dà diritto a una tariffa degli asili nido pari a 103 euro mensili, che diventano più del doppio (232) se l’Isee passa a 12.501 euro. A Roma, il costo per una mensa scolastica con un reddito Isee di 12.500 euro è pari a 50 euro mensili, che diventano 54 se l’Isee passa a 12.501 euro. Sempre a Roma, per l’iscrizione all’università “La Sapienza” si pagano 549 euro all’anno con un reddito Isee di 12mila euro che diventano 600 euro con un Isee da 12001 euro. A Torino, una famiglia con un reddito Isee di 12.999 euro paga in media 156 euro all’anno per la Tassa sui rifiuti: con il Tfr in busta paga, supererebbe la soglia di reddito di 13mila euro e la Tasi arriverebbe a 202 euro. Sempre in tema Tasi, a Bari con un reddito Isee di 10mila euro non si paga la Tasi, ma superandolo grazie al Tfr in busta paga la tassa si pagherebbe con l’aliquota al 3,3 per mille.