Enit al lavoro per portare l’Italia ai vertici

L’Italia piace ai turisti stranieri, che ogni anno visitano il Belpaese attirati dalle sue immense risorse naturalistiche e culturali, ma anche dalle tante proposte enogastronomiche territoriali.

Nonostante ciò, il nostro Paese non si trova tra le prime tre mete turistiche mondiali, anche se avrebbe tutte le carte in regola per stare in cima a questa speciale classifica.

A questo proposito, Andrea Babbi, da pochi mesi direttore generale dell’Enit, Agenzia Nazionale del Turismo, ha dichiarato: “Perché l’Italia torni ad essere tra le prime 3 mete turistiche mondiali, nei prossimi 3-4 anni serve uno sforzo collettivo. Fatto di lavoro duro. Fondato sulla presenza di risorse aggiuntive e teso a riqualificare l’offerta, migliorare la sincronia tra Stato-Regioni-province autonome, attrarre investimenti esteri, innovare agganciando il settore ricettivo all’agenda digitale, rendere il ruolo dell’Enit più incisivo sui mercati del turismo”.

Per poter fare quel salto di qualità ed arrivare ai vertici, servono prima di tutto risorse aggiuntive al settore, che sono quantificabili in 400-500 milioni da riservare, ogni anno per tre anni, all’ospitalità alberghiera.
I soldi stanziati dovrebbero servire per la riqualificazione delle strutture alberghiere, bisognose più che mai di elevare il proprio standard qualitativo.

I contributi saranno distribuiti sottoforma di incentivi, come accade per le ristrutturazioni delle abitazioni, ma anche utilizzando un meccanismo che premi la costituzione di reti di impresa, sul modello di quanto sperimentato per l’industria e dunque favorisca, oltre alla riqualificazione dell’offerta, un ristrutturazione del tessuto imprenditoriale ancora troppo imperniato su piccole aziende famigliari e scarsamente capitalizzate.

Enti, inoltre, dovrebbe ricevere un centinaio di milioni di euro, per essere in linea con i budget degli enti di promozione turistica di paesi come Francia, Germania e Gran Bretagna e rimpinguare le proprie casse, che ora dispongono di soli 18,5 milioni di euro.

Di questi, 16-17 servono per pagare i costi strutturali e meno di 2 milioni possono essere usati per attività di promozione sui mercati.
A questo proposito, Babbi ha precisato: “Si tratta di risorse oggettivamente non sufficienti per riuscire a tradurre in azioni concrete il piano strategico di rilancio del turismo messo a punto nei mesi scorsi e per mettere in condizione le 25 sedi di Enit nel mondo – che occupano 120 dei 200 suoi dipendenti – di investire come dovrebbero”.

Ma non è solo di risorse economiche che il turismo ha bisogno.
Enit, infatti, deve recuperare quella centralità che le permetterebbe di supervisionare il territorio, ora frammentato a tal punto che ogni regione si promuove da sé, con risultati non certo confortanti.
Non tutte, infatti, sono state in grado di farsi conoscere e di attuare la giusta strategia, rimanendo nell’ombra.
Se Enit, al contrario, potesse seguire in filo conduttore buono per tutto il territorio nazionale, il turismo ne beneficerebbe.

E in tempi di crisi, l’Italia ha davvero bisogno di essere “venduta” nel migliore dei modi.

Vera MORETTI

Per gli stranieri, il turismo è Made in Italy

Italia regina delle mete vacanziere 2013. In tempi di crisi, che costringono quasi la metà degli italiani a rinunciare alle ferie, ci pensano gli stranieri ad affollare spiagge e siti culturali del Belpaese.
Attratti anche dall’alta qualità dell’enogastronomia Made in Italy, i turisti scelgono il nostro mare e le nostre montagne per staccare la spina e dedicarsi a divertimento e relax.

A confermare questa tendenza c’è l’Osservatorio nazionale sul turismo di Unioncamere e Isnart nella sua indagine sul turismo organizzato internazionale: un terzo dei viaggi venduti dai tour operator internazionali che hanno l’Italia nei propri cataloghi hanno come meta finale proprio il Belpaese.

Insomma, anche se i valori sono ancora inferiori rispetto al periodo precedente la crisi, si registra, per questa estate 2013, un incremento di 3 punti percentuali rispetto all’anno passato, salendo così al 30%, contro il 38% del 2008.

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha dichiarato a proposito: “La domanda di viaggi e vacanze, dicono gli operatori internazionali, e’ sempre più esigente. L’Italia, che nell’immaginario collettivo e’ la terra della bellezza, della cultura e della unicità delle proprie produzioni, deve continuare a investire sulla qualità, che è la strada maestra per assicurarsi il gradimento dei turisti internazionali“.

Ma cosa spinge il turista straniero a varcare i nostri confini?
Prima di tutto, il binomio, sempre vincente, cultura-enogastronomia (secondo il 60-64% dei tour operator internazionali), poi la sua storia (41%), il patrimonio naturalistico-ambientale (29%) e lo stile di vita italiano (26%).
Queste caratteristiche hanno sbaragliato, almeno per quest’anno, Francia e Spagna.

Questo successo, comunque, dipende molto dal peso che l’Italia ha nei diversi mercati.
Ad esempio, il Belpaese rappresenta oltre la metà della quota di venduto sul totale dei viaggi organizzati quest’anno dai turisti olandesi (l’anno scorso arrivava al 26%), il 48% di quelli australiani (14 punti percentuali in più del 2012), il 47% di quelli statunitensi (+12 punti percentuali), il 45% di quelli russi (era il 28% l’anno scorso), il 43% di quelli argentini (+7 punti percentuali), il 41% dei canadesi (11 punti in più), il 37% dei giapponesi (in aumento di 9 punti percentuali).

E se l’estate 2013 non è ancora entrata nel clou, c’è già chi pensa a quella dell’anno prossimo, con previsioni di stabilità per quanto riguarda le mete preferite,, da parte del 73% dei tour operator internazionali che vendono viaggi e vacanze nel nostro Paese, mentre un operatore su quattro considera possibile un‘ulteriore crescita.

Belle sorprese potrebbero arrivare dai Paesi del Nord Europa, tra i quali l’Austria, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia, oltre alla Cina e alla Corea.

Vera MORETTI

Turismo, una stagione decisiva per le piccole imprese

 

di Davide PASSONI

Non è la prima volta che su Infoiva ci occupiamo dell’industria italiana del turismo. Lo abbiamo già fatto, per esempio, lo scorso anno, quando al tema abbiamo dedicato due focus proprio a cavallo dell’estate, per parlare di prospettive e bilanci. Oppure lo scorso febbraio, in occasione della Bit, la Borsa internazionale del Turismo di Milano

Torniamo sull’argomento a un anno di distanza dagli speciali estivi e lo facciamo perché siamo convinti che quello turistico sia uno degli asset più importanti che il nostro Paese può sfruttare per rilanciare la propria economia e che, guarda caso, vede nella piccola impresa, spesso familiare, il cardine sul quale gira la maggior parte delle realtà del settore.

Un settore che non si sottrae a un vizio tipico dell’impresa italiana: quello di andare in ordine sparso. Regioni, province, città tendono a promuoversi in maniera autonoma, mancano l’idea e la forza di una gestione centrale e unitaria della promozione turistica del Paese. Lo stesso portale Italia.it, che dovrebbe costituire l’ingresso principale per gli stranieri all’offerta turistica a culturale della Penisola, non è ancora al livello di analoghi portali di alte nazioni europee nostre “concorrenti”.

Se a questo si aggiunge una politica che spende sempre meno in tutela del patrimonio artistico e tende sempre di più a fare cassa nei settori che maggiormente possono essere “spremuti” (vedi tassa di soggiorno), ecco che, anche qui, i piccoli che fanno il grosso sono costretti a chinare il capo e a fare i conti con bilanci sempre più magri.

Hai voglia, poi, a parlare dell’apertura al turismo proveniente dai Paesi emergenti come la grande promessa per salvare il turismo… Quanti operatori, albergatori, ristoratori hanno gli strumenti giusti per capire e soddisfare i loro bisogni e le loro richieste, spesso molto singolari e lontani anni luce da quelli del turista straniero “standard”?

Solo due esempi di come, sul turismo, si sentono spesso solo chiacchiere e buoni propositi. Noi ancora aspettiamo fatti e, in questa settimana, cercheremo di capire che aria tira sul settore sentendo voci e analizzando dati. Anche perché la bella stagione (anche se il tempo finora è stato piuttosto ballerino) è ormai avviata e non possiamo fallire: un altro anno di vacche magre e questa volta per le piccole imprese turistiche che ancora tengono botta potrebbe essere la fine.

Per gli italiani la Pasqua è low cost

Il turismo, in profonda crisi già dall’estate scorsa, non si risolleverà con le imminenti vacanze pasquali: complice il meteo, che continua a prevedere freddo e maltempo, e la crisi economica, gli italiani non hanno la voglia, né le possibilità, di “staccare la spina” e organizzare un viaggio.
Ma, in questo caso, contrariamente ai trend che avevano caratterizzato le scorse vacanze, compresi Natale Capodanno e ponti, quando almeno i ristoranti avevano registrato buone entrate, la Pasqua 2013 sarà all’insegna dell’austerity anche per il settore della ristorazione.

I viaggiatori italiani sono in calo del 20%, mentre i turisti stranieri rimangono stabili, con dati molto simili al 2012.
E se a gioire sono le città d’arte, con Roma, Firenze e Venezia in testa, le località minori sono molto lontane dal registrare il sold out. In alcuni casi, anzi, la percentuale di stanze vuote tocca il 50%.
Insomma, ancora una volta gli imprenditori del turismo rimarranno a bocca asciutta e, per il riscatto, dovranno aspettare, e sperare, ancora un (bel) po’.

Ma molti addetti ai lavoro si sono stancati di attendere una rirpesa che non sembra arrivare mai e, infatti, nei primi due mesi del 2013, secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, sono state registrate chiusure pari a 4.700 unità, ripartite tra alloggi e ristorazione.

Le percentuali degli italiani in partenza fanno calare anche il fatturato, in flessione da un minimo del 30% a un massimo del 40%. La spesa media per il viaggio di Pasqua, quest’anno, si aggira intorno alle 300-400 euro per una vacanza di 4-5 giorni e di 200-300 euro per quella di tre giorni. Le famiglie interessate a una settimana di vacanza in mete a lungo raggio spenderanno fino a 8000 euro.
Ma dove andranno i fortunati che possono permettersi una vacanza? Tra le scelte crescono Messico e Namibia, mentre le grandi capitali sono state battute dalle offerte low cost ed alternative.
Una delle proposte che sta riscuotendo maggiore successo è il 2×1 delle Crociere: con 399 euro si parte, alla faccia della crisi e delle spese folli.

Per quanto riguarda il turismo in entrata, il calo previsto varia dal 10 al 15%, con una spaccatura dal punto di vista delle mete: tengono le città d’arte mentre molte località balneari e prettamente turistiche, abituate ad inaugurare la stagione proprio a Pasqua, si sono viste costrette a rimandare l’apertura.

Vera MORETTI

Fare Sistema: la chiave per la ripresa del turismo italiano

 

Infoiva non poteva non salutare questa settimana a tutto turismo senza interpellare Marco Serioli, direttore exhibitions Fiera Milano. La scorsa settimana il polo espositivo ha ospitato BIT 2013, fulcro D.O.C. di un sistema di networking intorno al quale hanno ruotato anche le piccole imprese legate al mondo dell’ospitalità e alle sue risorse. Com’è andata?

Quali prospettive sono emerse dall’ultima Bit relativamente al settore turistico italiano?
Bit 2013 si è aperta con un convegno inaugurale in cui il Ministro Gnudi ha presentato ufficialmente il Piano Strategico per il Turismo. Si tratta di un segnale forte di attenzione verso il settore, un piano atteso da anni. La scelta di Bit come sede privilegiata per presentarlo è la conferma che il settore fieristico, e la Borsa Internazionale del Turismo, in particolare, svolge un ruolo di traino importante.

Avete già avuto un feedback dagli espositori presenti?
Il feedback dei nostri espositori ci dice che, chi si è preparato bene alla manifestazione, ha fatto molto business, incontrando anche molti stranieri. Nonostante la crisi, infatti, il numero degli operatori professionali in Bit è rimasto costante, mentre abbiamo riscontrato un comprensibile calo nel pubblico.
Il punto sta proprio qui: prepararsi, fare sistema. Il turismo italiano ha ancora ampi margini di crescita: abbiamo asset unici al mondo, che nessuno può imitare. Ma, in un mercato sempre più globalizzato, non possiamo più andare in ordine sparso confidando che, per vedere Roma o Venezia, “tanto i turisti vengono lo stesso”.
Basti pensare che oggi sono sul mercato destinazioni che 40 anni fa, quando eravamo primi al mondo, non erano nemmeno aperte al turismo internazionale. La Cina, per esempio, che non a caso quest’anno era ospite d’onore a Bit 2013: è già la terza destinazione al mondo ed entro il 2015 sarà anche il primo mercato outgoing, con importanti flussi verso l’Italia. E le economie emergenti in genere, che alla Bit di quest’anno erano protagoniste.
Dobbiamo coordinarci di più e fare sistema. Se lo facciamo, l’obiettivo indicato dal Piano di passare dall’11 al 13-14% di quota di mercato nella nostra area di riferimento, quella euro-mediterranea, è assolutamente alla nostra portata.

Si tratta di un settore che soffre di molti mali. Quali i più gravi?
Il turismo subisce innanzitutto le stesse dinamiche che affliggono in generale l’economia italiana in questo periodo.
Anche la grande frammentazione dell’offerta diventa un problema quando dobbiamo confrontarci sui mercati internazionali, dove invece i Paesi nostri concorrenti, come Francia e Spagna, possono contare su imprese di grandi dimensioni.
Ma il quadro non è solo negativo: gli imprenditori del settore hanno dimostrato un’eccezionale capacità di risposta in questi anni, sviluppando nuove proposte che rispondono alle esigenze dei target emergenti.

Lo chiediamo anche a lei: quali sono gli “anticorpi” su cui può contare per guarire?
Innanzitutto, come dicevo, l’eccezionale spirito imprenditoriale dei nostri operatori, che in questi anni hanno letteralmente creato dal nulla nuovi segmenti di offerta. Basti pensare al boom degli agriturismi, e all’enogastronomia in generale, ma anche alle molte modalità nuove in cui è stato declinato il turismo culturale, o al turismo della natura.
Per continuare a svolgere un ruolo di primo piano nell’industria turistica globalizzata, l’Italia, considerando anche la nostra struttura dei prezzi, non può che puntare sulla fascia alta e sviluppare un turismo di qualità. Dobbiamo puntare al segmento Affluent, i turisti con alta capacità di spesa, che amano il Made in Italy e lo stile di vita italiano. Il “brand Italia” è di certo un “anticorpo” molto potente: è fortissimo nel mondo ed è particolarmente apprezzato proprio nelle economie che crescono di più, come la Cina o la Russia.
Un anticorpo vincente è senz’altro puntare ancora di più sui turismi tematici, valorizzando l’incredibile varietà di paesaggi, culture, tradizioni enogastronomiche del nostro paese, di un’ampiezza probabilmente unica al mondo.
Dobbiamo anche sviluppare una politica continuativa di grandi eventi che attraggano flussi importanti di turisti, con l’obiettivo di fidelizzarne delle quote importanti. Expo 2015 è l’esempio principe di questo approccio, solo dalla Cina i Tour Operator locali si sono impegnati a portare un milione di persone. Dobbiamo far sì che non rimanga un momento isolato, ma sia il volano di una crescita costante.

In Italia la ricettività turistica è sinonimo, per la maggior parte dei casi, d’impresa familiare. Vantaggio o svantaggio? Perché?
In se stesse le dimensioni non sono né un vantaggio né uno svantaggio, sono una caratteristica. Il nostro intero tessuto economico è dominato da PMI, spesso di eccellenza, che esportano in tutto il mondo. I lati positivi delle dimensioni ridotte sono la flessibilità e la personalizzazione – pensiamo alla riviera romagnola –; quelli negativi, la minore capacità d’innovazione e d’investimento e, talvolta, una preparazione meno adeguata ad accogliere i turisti internazionali. Sarebbe importante rafforzare nella ricettività i nostri campioni nazionali, mettendoli in grado di competere con le grandi multinazionali anglosassoni, francesi e spagnole.
Una “via italiana” potrebbe venire dal nuovo strumento delle Reti d’Impresa, che può riunire aziende che rimangono indipendenti – un requisito spesso irrinunciabile per molti imprenditori italiani – ma uniscono le forze su alcuni punti chiave, moltiplicando la capacità di investire. Anche le associazioni di categoria possono svolgere un ruolo importante, specie nella preparazione, là dove le PMI non possono arrivare con i propri mezzi.

Qual è il suo punto di vista sulla fiscalità che grava sulle imprese turistiche? Eccessiva, giusta, è un freno…?
Non è un segreto per nessuno che in Italia la pressione fiscale sia eccessiva in generale, e le aziende turistiche non fanno eccezione.
A saldi invariati, sarebbe importante riuscire a modulare la leva dell’Iva per portare le aliquote del turismo a livelli paragonabili a quelli dei nostri concorrenti più diretti, Francia e Spagna, che in media hanno aliquote più basse delle nostre.
Il vero problema è il riequilibrio della fiscalità generale, soprattutto liberando dall’eccesso di tassazione il lavoro e le attività produttive.

Per molte imprese italiane il 2013 sarà un anno decisivo: scampare o morire? Anche nel turismo siamo arrivati a tanto?
Non sarei così drastico.. Se consideriamo il mercato globale, che ormai è l’unico vero mercato, il turismo è un settore in costante crescita e anche nel 2013 crescerà, tra il 3 e il 5%. Anche lo scorso anno, il calo di presenze degli italiani è stato compensato dagli arrivi di stranieri e la bilancia dei pagamenti turistica ha incrementato il suo surplus. Anche nel turismo ci sono naturalmente tante imprese in difficoltà, ma un certo livello di ristrutturazione fa parte di qualsiasi crisi. Quello che dobbiamo fare è favorire la riconversione in altri settori delle attività che sono ormai fuori mercato, ad esempio facilitando il cambio di destinazione d’uso per gli immobili della ricettività, e concentrare gli aiuti sulle imprese che invece possono restare sul mercato sviluppando nuovi modelli di business.

Che cosa dovrebbe fare il prossimo governo, a suo parere, per rilanciare l’impresa turistica italiana?
Dovrebbe innanzitutto riprendere e sviluppare l’ottimo lavoro che è stato fatto con il Piano Strategico. Noi come sistema fieristico siamo pronti a dare il nostro apporto in questo senso e già portiamo all’estero molte fiere Made in Italy promuovendo l’Italia come sistema-paese.

 

Paola PERFETTI

Bando per le imprese turistiche laziali

In Lazio è stato pubblicato un bando rivolto alle pmi che operano nel settore turistico, in particolare volto ad incentivare le assunzioni con contratto di apprendistato.

Il finanziamento, erogato dalla Regione, si rivolge alle imprese del territorio disposte ad assumere apprendisti che abbiano compiuto il quindicesimo anno di età al fine di ottenere la qualifica professionale di operatore della ristorazione e operatore ai servizi di promozione e accoglienza.

Le imprese turistiche che parteciperanno al bando dovranno anche garantire la presenza di un tutor o un referente interni all’azienda e disposti a seguire gli apprendisti e trasferire loro le competenze necessarie per ottenere la qualifica sopra descritta.

Le domande per la richiesta degli incentivi vanno presentate entro il 23 marzo 2013 presso la sede della Direzione Regionale Politiche per il Lavoro e Sistemi per l’Orientamento e la Formazione della Regione Lazio.

Vera MORETTI

Il settore del turismo produce posti di lavoro, anche con la crisi

Sono interessanti i dati che emergono dal III Rapporto dell’Osservatorio sul mercato del lavoro nel turismo pubblicato dall’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo.

Salta all’occhio, ad esempio, il numero degli occupati che, in Italia, opera nel settore: si tratta di oltre 954 mila persone, nel 2011, tra lavoratori a tempo pieno ed a tempo parziale.
Di questi quasi il 60% sono donne, mentre l’età media è di appena 36 anni.
Ciò significa che quasi il 5% della forza lavoro dipendente del nostro Paese si occupa di turismo.

Tra questi, il 59% degli occupati risulta assunto a tempo pieno mentre gli stranieri rappresentano il 24% della forza lavoro.
Il numero delle aziende turistiche con lavoratori dipendenti è pari a 170.222 (media annua), di queste 24.653 appartengono al comparto ricettivo, 138.627 ai pubblici esercizi, 6.431 all’intermediazione, 304 al comparto termale e 207 ai parchi di divertimento.

Tra le prime cinque regioni italiane per numero di dipendenti nel turismo c’è la Lombardia con 170.107 lavoratori, seguita da Emilia Romagna con 100.295, Veneto con 96.733, Lazio con 94.076 e Toscana che ne registra 73.297.

Per quanto riguarda le province, la prima, per numero di occupati, è Milano, con 93.703 lavoratori dipendenti. Al secondo posto c’è Roma con 76.398 dipendenti. Terza è la provincia di Napoli con 31.706 lavoratori, quarta la provincia di Venezia che ha registrato 28.105 dipendenti e quinta la provincia di Bolzano con 26.211 dipendenti.
E tutte hanno registrato un aumento degli occupati nell’ultimo anno.

Vera MORETTI

Il turismo è sempre più rosa

Da un’indagine condotta dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza è emerso che le imprese che operano nel turismo sono sempre più rosa.
Più di 1 impresa su 3 legata all’incoming e all’outgoing, è guidata da una donna.

Inoltre, le imprese femminili del settore hanno dimostrato di soffrire meno la crisi, soprattutto se si tratta di ristorazione, che ha registrato un +1,9% annuale, ma bene sono andate anche le agenzie di viaggio e i tour operator (+1,3%).
Le percentuali vedono il 39,8% di agenzie di viaggio e il 33% di ristoranti e affini guidati da donne.

In Lombardia, nel particolare, 1 impresa su 3 legata all’incoming e all’outgoing, è guidata da una donna. Il comparto rappresenta una specificità di genere: in media le imprese femminili in Lombardia sono 1 su 5, nonostante la crisi.
In questo caso, meglio la ristorazione (le imprese rosa fanno registrare in un anno +2%) dei servizi di agenzie viaggio e tour operator (+ 1,6%, meglio della media del settore che si ferma a -0,2%).
Anche in Lombardia le agenzie turistiche “tirano” di più, con il 36,1% guidate da donne, contro il 32% di imprese dedicate a ristorazione e alloggi.

Mina Pirovano, Presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di commercio di Monza e Brianza, ha dichiarato: “Il turismo si conferma un settore traino delle imprese rosa, in tenuta anche nell’ultimo anno a dispetto delle difficoltà economiche. Occorre ripartire proprio facendo leva da queste specificità al femminile, sfruttando le doti imprenditoriali tipiche delle donne come la flessibilità e la creatività che si applicano in tutti i settori, ed in particolare in quelli, come il turismo, dove l’orientamento al cliente fa la differenza”.

Vera MORETTI

BIT 2013: il Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo

 

Cala il sipario sulla 33esima edizione della Bit, la Borsa Internazionale del Turismo, conclusasi a Milano il 17 febbraio 2013. Molti sono stati gli interventi e le proposte avanzate dai professionisti del settore; tra questi, quella di maggiore rilievo è stato senza dubbio alcuno il Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo presentato nel corso dell’evento dal ministro per gli Affari Regionali del Turismo e dello Sport Piero Gnudi. 

L’obiettivo primo dell’ambizioso progetto consiste nell’arricchire il Pil italiano di 30 miliardi entro il 2020, creando 500mila nuovi posti di lavoro attraverso una strategia unitaria che suggerisce un totale di 61 azioni indispensabili nel restituire al turismo italiano il ruolo di leadership e competitività da sempre ricoperto ma perso negli ultimi anni. 

Nonostante siano indiscusse l’inimitabile ricchezza culturale e l’impareggiabile risorsa turistica di cui l’Italia gode, il Paese non può vivere di rendita, anzi, è indispensabile un repentino cambiamento culturale per arrivare a considerare il turismo come una grande opportunità.  Come fare? Ponendo innanzitutto il settore al vertice dell’agenda governativa. Ma questo non basta.

Il Piano strategico analizza la situazione del territorio, sottolineando come negli ultimi anni il turismo italiano abbia perso quote di mercato, scendendo dal primo posto a livello europeo (anni ’80 e ’90) al terzo, dietro a Spagna e Francia. Questa perdita di posizione è dovuta soprattutto alla difficoltà del Belpaese di attrarre investimenti internazionali con il risultato di infrastrutture insufficienti, scarsa formazione delle risorse umane, incapacità di costruire nuovi prodotti turistici, debolezza e frammentazione nella governance di settore. 

Secondo lo studio presentato, l’Italia presenta una forte asimmetria: se le prime cinque regioni hanno generato il 91% della crescita nel periodo 2000-2010, quelle del Sud pesano solamente per il 12% del totale, generando nel decennio sopracitato appena il 5% della crescita totale italiana. Non è dunque un caso se una delle sette linee guida suggerite dal Piano per valorizzare il Sud prevede la creazione di due grandi poli del turismo (sul modello della Costa Smeralda) nella parte meridionale del Paese, con l’intento di attrarre investimenti privati. 

Ad ogni modo, le linee guida presentate saranno la base su cui articolare le 61 azioni specifiche: il rafforzamento del ruolo del ministero del Turismo, il rilancio dell’Enit, il miglioramento dell’offerta che, oltre ai poli del Sud, include anche la creazione di 30-40 nuovi poli turistici rivolti ai segmenti di fascia alta e ai Bric, la riqualificazione delle strutture ricettive, un intervento sul piano aeroporti e collegamenti intermodali, la riqualificazione della formazione turistica e il rilancio delle professioni e, ultimo ma non ultimo, un piano che stimoli gli investimenti internazionali tramite l’erogazione di incentivi fiscali e la drastica riduzione della burocrazia.  

Si tratta dunque di un progetto piuttosto articolato e ambizioso che, a detta del ministro Gnudi, dovrà avvalersi di una task force dedicata che dipenderà direttamente dal ministro del Turismo. 

Nel caso in cui venisse realizzato entro il 2020, il Piano potrebbe portare il contributo del settore turistico al Pil nazionale dai 134 miliardi attuali a 164 miliardi, incrementando i ricavi dell’incoming dall’estero (da 44 a 74 miliardi), mantenendo stabili a 90 miliardi quelli legati al turismo domestico.

Speriamo bene; avremmo tutti bisogno di una bella vacanza made in Italy.

Giulia DONDONI

A Verona, premiate le strutture ricettive di qualità

Il Veneto punta sul turismo e lo fa attraverso l’iniziativa promossa dalla Camera di Commercio di Verona, in collaborazione con le associazioni provinciali di settore e con Isnart, Istituto Nazionale Ricerche Turistiche, che prevede l’assegnazione, per l’anno 2013, di un marchio di qualità per le Imprese Ricettive denominato Ospitalità Italiana come elemento distintivo “a garanzia della qualità del servizio”.

Possono concorrere alla selezione le strutture che operano nella provincia di Verona ed iscritte nel Registro Imprese, in regola con il pagamento del diritto annuale e con le disposizioni normative vigenti.

L’ammissione alla selezione avverrà considerando l’ordine cronologico ma anche la verifica del possesso dei requisiti necessari.
Le strutture verranno visitate senza preavviso da esperti selezionati da un ente terzo, che provvederanno a compilare una scheda di valutazione.

La Camera di Commercio provvederà poi a consegnare l’attestazione relativa al conseguimento del marchio Ospitalità Italiana nel corso di un’apposita cerimonia dove verranno consegnati attestati e vetrofanie e tutto quanto potrà adeguatamente segnalare il marchio Ospitalità Italiana.

Gli operatori selezionati vedranno la propria struttura inserita gratuitamente nel sito Internet 10q.it, nel sito camerale Vr.camcom.it e attraverso varie iniziative promozionali.

La domanda di ammissione, sottoscritta dal legale rappresentante, dovrà pervenire entro il 1° marzo 2013 attraverso PEC o fax all’Ufficio Relazioni con il Pubblico della Camera di Commercio.

Vera MORETTI