2013 positivo per l’edilizia sostenibile

E’ stato pubblicato il rapporto “Il Partenariato Pubblico e Privato e l’edilizia sostenibile in Italia nel 2013“, come sempre curato da Unioncamere, e realizzato in collaborazione con CRESME Europa Servizi.

Presentato a Roma durante lo svolgimento di un convegno di Unioncamere, il rapporto ha confermato le difficoltà in cui versa il settore dell’edilizia, ed in particolare del mercato delle opere pubbliche.
Al contrario, il comparto relativo all’edilizia sostenibile sta attraversando un momento positivo e per questo rappresenta una concreta opportunità di occupazione e di investimenti.

Soffermandoci sulle opere pubbliche, in sofferenza sono sia quelle di sola esecuzione, sia quelle che riguardano il settore del Partenariato Pubblico e Privato, su cui tanto si punta per rilanciare la spesa infrastrutturale del paese.

Le difficoltà del PPP, dopo il crollo degli importi in gara del 2012 (-41%), persistono anche nel 2013 (-34%) e all’origine della frenata vi sono da un lato le difficoltà di accesso al credito, che hanno determinato il crollo del mercato delle grandi infrastrutture di importo unitario elevato, dall’altro permangono diverse criticità legate all’intero percorso decisionale, tecnico e realizzativo.

Parallelamente, nel 2013, al crollo del mercato delle grandi infrastrutture si contrappone una fase di crescita della domanda di interventi di importo medio-grande, trainato da interventi di riqualificazione urbana, con tassi di crescita degli importi in gara del 10% per l’intero mercato e superiori al 30% per le sole operazioni di PPP. Rientrano in questa fascia dimensionale il maggior numero di iniziative di PPP di riferimento per l’edilizia sostenibile.

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha commentato così i dati: “In un mercato come quello delle opere pubbliche, ancora fortemente in crisi, lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente sono leve importanti per rimettere in moto investimenti e occupazione. E’ un ambito che coinvolge asset strategici del Paese e che riguarda interventi indispensabili per mettere in sicurezza i nostri territori: i beni culturali, il riassetto di comparti urbani, l’edilizia scolastica e sociale, le strutture dedicate al tempo libero, al turismo. E’ una strada da percorrere con convinzione mettendo insieme le forze di tutti. Il sistema camerale è oggi impegnato a promuovere la filiera dell’edilizia sostenibile attraverso Unionfiliere e vuole essere ancora di più protagonista di questa partita. Non solo come punto di osservazione del mercato, ma anche come soggetto facilitatore dell’incontro tra domanda e offerta e sostenitore di quella ‘cultura della realizzazione’ che da sempre è propria delle Camere di commercio”.

Vera MORETTI

Doppia etichetta, doppia certificazione!

Il Paese dove è avvenuta la filatura, la tessitura, la nobilitazione e il confezionamento: queste le quattro voci sulla nuova T&F Traceability & Fashion per una più attenta e sicura valorizzazione del sistema moda da parte di Itf-Italian textile fashion, l’organismo di coordinamento delle Camere di Commercio per la tutela della filiera.

Con la duplice certificazione ci si pone l’obiettivo di garantire la tracciabilità e la sicurezza dei prodotti con l’importante specifica del non utilizzo di prodotti nocivi per la salute nel periodo di lavorazione dei tessuti. Ad Unionfiliere dovrà essere richiesta dalle aziende la prima certificazione, mentre all’Associazione Tessile e Salute la seconda.

Intanto, ci pensa Greenpeace, l’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista, a fare il punto sull’impegno dei grandi gruppi italiani del settore tessile. L’associazione, fondata a Vancouver nei primi anni ’70, ha pubblicato sul suo sito una sorta di pagella online che valuta i 18 gruppi della moda che hanno aderito a Detox, la campagna contro l’inquinamento lanciata ormai due anni fa. Sul podio, insieme con altri virtuosi come H&M e Mango, ci sono Valentino e Benetton, che hanno il merito di aver intrapreso un percorso per l’eliminazione delle sostanze tossiche all’insegna della trasparenza e della salute.

Italian Style: una filiera lunga una vita

 

Moda, oreficeria e nautica. Si potrebbe riassumere in queste tre parole il segreto del successo del made in Italy all’estero. In aria di crisi, il comparto oro si conferma un mercato rifugio che acquista il suo valore nel tempo, mentre il settore tessile continua a tirare le file dell’industria più importante in Italia, quella della moda.

Condividendo la necessità distretti e industrie di filiera diventino parte integrante di un’unica strategia Unioncamere e Federazione dei distretti hanno siglato un accordo affinchè  il sistema camerale e quello dei distretti sperimentino forme di collaborazione sempre più incisive per l’industria di filiera italiana.

Il patto è stato sottoscritto dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, e dal presidente della Federazione dei distretti, Valter Taranzano. Con l’apertura dei distretti a nuove logiche di filiera – ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – il sistema camerale ha deciso, lo scorso anno, di adeguare le proprie strutture dando origine a Unionfiliere, nata dalla fusione di Assicor e Itf, strutture specializzate l’una nella valorizzazione dell’oreficeria, l’altra in quella del sistema moda. Unionfiliere  ha nel nome i suoi obiettivi: unire per qualificare, valorizzare, promuovere le filiere che hanno reso famoso il made in Italy nel mondo”.

E a proposito del progetto di fusione, Dardanello aggiunge: “il nostro obiettivo è quello di creare un luogo privilegiato per lo sviluppo di iniziative finalizzate a favorire la competitività delle filiere e dei distretti, attraverso un confronto costante tra sistema camerale e sistema associativo. Una della strategia ‘uno per tutti e tutti per uno’ sotto il cappello di Unioncamere”.

Una mossa strategica e molto promettente se si conta che i tre settori (orafo, nautico e tessile) sono equiparabili per fatturato al complesso delle imprese del Piemonte (Fiat inclusa) o di sette regioni a minor densità industriale messe insieme (Abruzzo, Sardegna, Umbria, Calabria, Basilicata, Molise e Valle D’Aosta). Un po’ di numeri: la moda, l’oreficeria e la nautica che, nel loro complesso, vedono impegnate 341mila imprese (il 5,4% del totale nazionale), l’8,2% degli addetti che operano al di fuori dell’agricoltura (per complessive 1.421.644 persone), e registrano un fatturato che sfiora i 200 miliardi di euro.

Il percorso di fusione tra Unioncamere e Federazione dei distretti la creazione di nuove filiere come quella del legno-arredo e della automazione-meccanica, individuando le Camere di commercio sede di distretti e favorendo la loro adesione a Unionfiliere. Alla fine del periodo di transizione, la cui durata non potrà essere superiore a 2 anni, la Federazione Distretti sarà sciolta a favore del marchio unico Unionfiliere.

La decisione di offrire maggior supporto alle filiere dell’industria simbolo della produzione made in Italy, è stata supportata anche da uno studio, realizzato dall‘Istituto Tagliacarne, che definisce i contorni economici delle tre filiere:  non soltanto produzione e trasformazione del prodotto di base,ma anche imprese che offrono beni e servizi intermedi alle attività produttive principali, e che rappresentano l’11,6% del totale occupazionale.

L’analisi si sofferma poi sull’indagine approfondita dei distretti della moda e della nautica, dove l’articolazione della filiera va ben oltre la realizzazione del singolo prodotto, ma coinvolge attività collegate alle imprese della meccanica (distretto tessile di Prato, dove le imprese operano in tutti i passaggi della lavorazione, dalla filatura al confezionamento dei capi), o estenda la sua articolazione ai servizi collegati (distretto nautico di Genova, che include sia cantieri navali veri e propri, che servizi per il trasporto marittimo di persone e merci).

Ma la crisi quanto ha influito sui singoli comparti dell’industria di filiera del made in Italy?

La filiera tessile, abbigliamento e calzature, con un fatturato stimato di 171 miliardi di euro, ha indubbiamente ricevuto un duro colpo dalla crisi degli ultimi anni. Le sue 303.788 imprese impegnate nelle attività principali (calate dello 0,6% tra dicembre 2010 e giugno 2012), hanno registrato forti riduzioni della produzione (-16,2% ), del fatturato (-4,5%), e dell’occupazione alle dipendenze (-16,4%).

La filiera orafa vanta un fatturato superiore ai 15miliardi di euro. Le province in cui la filiera riveste un ruolo di rilievo in termini di incidenza di addetti sul totale sono Arezzo (8,1%; Italia 0,5%), Alessandria (4,9%), Vicenza (2%), Caserta (0,8%) e Firenze (0,8%).

La filiera navale conta invece 133.409 addetti, di cui 92.300 nelle attività principali e 41.100 nelle attività che producono beni e servizi indiretti. Il fatturato realizzato nel 2010 per le sole attività principali è stimato in 11,5 miliardi di euro.

Alessia CASIRAGHI

Italian Style nella città eterna

 

Imprese della moda, del tessile, dell’oreficeria, passando per la nautica e il design, veri cavalli di battaglia del made in Italy nel mondo. Aziende piccole e grandi divenute il simbolo di quel modo di saper fare impresa che all’estero definiscono Italian Style. 

Per fare il punto su un settore e una realtà industriale che rappresenta ancora la linfa vitale dell’Italia, con un fatturato complessivo che supera i 515 milioni di euro, Unionfiliere e l’Associazione delle Camere di commercio per la valorizzazione delle filiere del Made in Italy si danno appuntamento a Roma il prossimo 20 settembre, nella sede di Unioncamere, in piazza Sallustio 21, a partire dalle 10.30.

Un convegno dedicato alle realtà industriali di filiere e distretti, durante il quale verranno commentati i dati della ricerca curata dall’Istituto Tagliacarne, fondazione di Unioncamere, sulla crescita e lo sviluppo delle filiere industriali e la loro riconversione nell’ultimo decennio. A conclusione dell’incontro sarà siglato un patto tra Unionfiliere e la Federazione dei distretti italiani per sancire l’alleanza tra i due organismi a sostegno dell’industria del made in Italy.